Poi un campo politico scomparve, e questo, invece di
celebrare il trionfo del campo restante, fu il segnale, lo specchio, delle cose
che non andavano anche da quella parte. Dovette venire prima un Papa poco
compreso, Giovanni XXIII, a ricordare che il male era rappresentato dall’ex Unione
Sovietica, anche il Capitalismo aveva i suoi torti. Nessuno volle ascoltarlo.
Oggi un altro Papa è venuto a ricordarci le stesse cose, ma
forse oramai è troppo tardi. La Storia è partita, per un altro giro di guerre e
violenze.
La linea rossa non è più fra due mondi, ma fra un mondo che
sta andando alla distruzione e pochi isolati e disorganizzati individui che
pensano e sperano, a volte anche operano, per un futuro diverso.
Ci siamo lasciati dietro un mondo bipolare, con la vittoria
di un modo di produzione, il capitalismo, che si è oramai trasformato in
qualcos’altro, finanza e interessi individuali all’estremo. Il capitalismo era
una religione di stato nell’occidente, con regole da rispettare; ma oggi gli
Stati occidentali non ce la fanno più a contenere il loro frutto, un
turbocapitalismo finanziario che, novello Kronos, pian piano si disfa del
genitore da cui discende. Oramai è un interesse, fatto suo da compagnie private
che non rispondono più a nessuno, e che vanno oltre gli obblighi
volontariamente contratti dagli Stati. Un turbocapitalismo che, per vendersi
all’estero senza far troppa paura, si è mascherato con i desideri (indotti) dei
giovani, la parola libertà, e l’invito a chi corre più forte. Pian piano poi è
venuto fuori che erano tutte balle, l’impotante era guadagnare spazi e mercati,
distruggere gli avversari ed imporsi in nome e per conto di quei soci che hanno
in mano lo zero virgola zero delle azioni. Pochi ma superpotenti. La World
Company, così venne chiamata da un manipolo di comici francesi.
Gli altri però non sono stati distrutti, anzi, si sono
ritirati, hanno subito l’assalto, e pian piano si sono organizzati. Questi
altri non sono quei pochi individui che cercano di lottare contro le derive di
questo modello che rende schiavi e morti di fame miliardi di persone. Gli altri
sono veramente altri. Sono a casa nostra, come stiamo scoprendo, e sono anche altrove.
Si sono riuniti sotto un denominatore comune, quello del rifiuto di tutto quel
mondo incarnato sotto la parola Occidente. Occidente che ai loro occhi vuol
significare quel modello di turbocapitalismo, ma anche tutte quelle fobie che
non sono mai riusciti a dominare, prima di tutto la liberazione della donna.
Lenin ce l’aveva insegnato cent’anni fa di come sia
importante avere un nemico chiaro per mettere assieme le forze. L’Occidente è
diventato questo, nella percezione di tutti quelli che si ribellano a partire
da una interpretazione personale della religione. Si ribellano a partire dal
momento in cui hanno capito che per loro non c’era posto, non potevano sedersi
e giocare allo stesso gioco, loro erano quei bambini che devono stare sempre
sotto, e i più grandi gli danno le sberle. Un giorno quei bambini si stancano
e, senza dir nulla, se ne vanno. In questo caso, se ne sono andati, ma per
prepararsi alla riscossa. Le Torri del 2001 erano solo l’antipasto. Ben peggio
ci aspetterà nel futuro. E questo perché i ragazzi più grandi non hanno capito perché
i più piccoli se ne sono andati e continuano a giocare allo stesso gioco. I
bambini piccoli sono andati a cercare altri bambini e, la cosa può sorprendere,
li stanno trovando a casa nostra. Ne hanno fatto uno Stato, che nessuno riconosce,
ma che continua ad avanzare, come un’ idra. Un califfato si è già creato
davanti le nostre coste, le primavere arabe sono finite, e la linea rossa
diventa ogni giorno più visibile.
Bisogna tirarsi fuori da questo gioco a due. Non potremo mai
accettare di essere sottomessi a questi rozzi e violenti che non riconoscono i
più elementari diritti alle loro donne, che sgozzano i prigionieri e che hanno
una concezione della società come sottomessa all’ordine divino. Mai e poi mai.
Ma nemmeno potremo mai accettare l’imposizione sotto le sue svariate forme di
questo impero turbocapitalistico, un mostro che usa gli Stati, oramai ridotti a
fantocci, e questo per aumentare i benefici privati di una casta ridottissima.
Sono due entità da combattere, con ugual forza. La parola
diritti non viene accettata nè dagli uni nè dagli altri. La centralità della
persona umana, il rispetto per l’altro, per il diverso, sia esso Rom o
Pariolino, sono elementi costituenti che mancano ad entrambi. Due forze che
vanno verso lo scontro. Ai barbuti perché cercano nel martirio di ripagarsi per
tutte le sofferenze di cui si sentono preda, e i turbocapitalisti semplicemente perché
non sono loro a morire, ma dei poveracci vestiti da soldati mandati a
combattere perché il turbocapitalismo ha eliminato qualsiasi altra forma di
lavoro vero.
Dobbiamo tirarci fuori da questa dicotomia, ed aprire uno
spazio diverso, di pensiero e di azione. Dobbiamo dare un senso diverso alla
linea rossa di Martoriati, a quell’esercito dei poveri che aumenta ogni giorno
di più, renderlo una forza non di disperazione, perché dalla disperazione nasce
l’odio. Dobbiamo aiutarli ed aiutarci a diventare una forza di cambiamento,
partendo da dentro di noi.
Martoriati un giorno fece un Angel@.
Forte, d’acciaio,
asessuato per ricordare che è un essere umano, non un uomo. Il viso rivolto in
alto, così come le braccia. Un segnale, un invito a guardare avanti,
positivamente. Ecco, compiuti i miei 54 e sulla strada dei prossimi compleanni,
volevo ringraziarvi con queste parole, per ricordarvi e ricordarci che la lotta
non finirà mai, ma almeno l’obiettivo è chiaro: riportare l’essere umano al
centro dell’interlocuzione con Madre Natura. L’ essere umano nella sua
diversità, di interessi, voleri e quant’altro. Un essere umano che è
multitudine ma nello stesso che si declina nel rispetto degli altri. Abbiamo
una stella polare verso cui dobbiamo voler andare, quella di un equilibrio
ecologico senza il quale saremo finiti noi e questa Terra dove viviamo.
Un messaggio di speranza, ma soprattutto un incitamento a
tutti noi ad uscire da casa, ad andare verso gli altri e a fare uno sforzo per
accettare anche il diverso, sessuale, politico, di genere e di interessi.
Rimpariamo ad accettarci per quello che siamo, poca cosa di fronte a questa
Pacha Mama che ci accoglie.
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