Nuovo millennio: da dove farlo iniziare?
Sembra esserci un consenso popolare nel far iniziare il secolo nuovo dal 9 settembre 2001, a causa degli attentati alle torri gemelle. Io sarei dell’idea di considerare anche altre alternative: una è quella di considerare il 2005, quando l’uragano Katrina colpì la zona della Louisiana negli Stati Uniti (vedi foto). La ragione tiene ai costi incorsi dal sistema nel suo complesso: le stime aggiornate girano attorno ai 150 miliardi di dollari, di cui solo la metà erano assicurati. Si è trattato finora del disastro più caro da quando vengono contabilizzati. (da notare che 8 su 10 dei disastri più cari sono successi tutti dopo l’anno 2000, quasi ad annunciare un trend di costi crescenti che non si sa bene come coprire).
Sulla prevedibilità dei danni che un uragano del genere avrebbe potuto realizzare nella città di New Orleans sono stati realizzati documentari molto interessanti, in particolare quello del terzo canale francese (Thalassa: https://www.youtube.com/watch?v=0IH-SmTu8tE), a dimostrazione di cosa si poteva e doveva fare prima del disastro annunciato.
L’altra proposta è di prendere il mese di dicembre del 1999 quando due uragani (Lothar e Martin) colpirono a distanza di pochissime ore le stesse zone forestiere della Francia. Lo stato francese, assicurato contro questi rischi, chiese quindi di essere rimborsato: il pool di assicurazioni non concordò con le indicazioni del servizio meteorologico francese che parlava di due uragani. Secondo loro si trattava di un singolo evento, mentre i francesi sostenevano fossero due. Andarono a finire in tribunale, dato che le somme in gioco erano colossali. Al di là del come sia andata a finire, quello che interessa è che questo provocò un cambio di strategia che abbiamo sotto gli occhi tutti noi, ma che abbiamo ancora difficoltà a percepire: la spinta per una progressiva privatizzazione dei servizi metereologici (ci torneremo dopo).
Allora, siamo nel secolo nuovo, ma gli istinti sono sempre gli stessi: come moltiplicare i profitti. Il sistema bancario si è oramai specializzato in creazione fantasiose sempre più complicate: dai futures di cui parlavamo prima, siamo passati agli swaps, poi i CDS (Credit Default Swap) e finalmente i derivati climatici e i Cat-Bond (foto). Il denominatore comune resta lo stesso: con una somma modesta si vien esposti a un rischio molto, troppo grande, difficilmente valutabile dalla stessa Banca che ti vende il prodotto. Una roulette russa che recentemente ha messo sul tappeto l’economia della mia terra veneta e di Vicenza in particolare, grazie ai maneggi di Zonin e compagnia, ma che aveva colpito in modo inequivocabile fin dal 2008 con la crisi dei sub-prime.
Nel settore delle risorse naturali, la vecchia idea di promuovere un mercato delle terre non avendo dato grandi risultati, ci si è spinti ai margini della legalità con un processo di accaparramento conosciuto come “grabbing”. Il più famoso riguarda le terre, ma dietro questo ne vengono altri, quello delle sabbie comincia ad essere conosciuto soprattutto dopo che paesi come la California e, in questi giorni, la Cambogia, hanno vietato l’esportazione delle loro sabbie verso l’estero. https://landportal.info/news/2017/07/cambodia-bans-sand-exports-after-environmental-group-pressure e, soprattutto, questo articolo de The Guardian: https://www.theguardian.com/cities/2017/feb/27/sand-mining-global-environmental-crisis-never-heard
Più volte mi è stata posta l’eterna domanda, se si poteva fare ancora di più: la risposta è ancora una volta: si!
La magia della finanza è quella di riuscire a creare soldi dal nulla; cosi come lo hanno fatto con i derivati immobiliari, sono riusciti a creare un mercato per l’aria che respiriamo. Per arrivare a questo hanno dovuto però rafforzare due strategie parallele: da un lato continuare nello smantellamento delle istituzioni statali responsabili della governabilità dei nostri paesi, attraverso la promozione sostenuta del nuovo mantra della “good governance” allineata ai principi e diktat del mondo occidentale, e dall’altro lato investire risorse nella riflessione intellettuale, in modo da rendere più forte l’armamentario neoliberale a coprire la manbassa fatta sulle risorse naturali.
Sminuire e distruggere le istituzioni pubbliche era stato l’elemento centrale delle politiche di aggiustamento strutturale che negli anni 80 avevano colpito peggio dell’uragano Katrina, gran parte dei paesi africani e vari altri latinoamericani. Basati sull’ideologia neoliberale per cui il mercato risolve i problemi che lo Stato crea, la Banca mondiale e il FMI concentrarono i loro sforzi in pochi settori, chiave per lo sviluppo dei paesi del Sud: educazione, salute e servizi pubblici agli agricoltori. Hanno funzionato benissimo nel distruggere quel poco di Stato che erano riusciti a mettere in piedi. La corruzione, molto presente prima, ha dilagato dappertutto da quegli anni in poi, non essendoci più una società civile educata e pronta a reagire di fronte alle ladrerie perpetuate dai loro governanti, spesso tenuti in piedi da forze militari occidentali.
La distruzione dei servizi sanitari fa sì che a ogni epidemia di minima gravità i morti si contino per migliaia e i rischi di pandemia si espandano rapidamente. Un mercato d’oro è stato offerto alle ONG occidentali invece di preoccuparsi di ricostruire i necessari servizi sanitari pubblici. Finalmente, togliere i servizi di estensione agricola, ha aperto una strada maestra per gli stessi servizi offerti dalle multinazionali della chimica, quelle che controllano sementi, insetticidi e fertilizzanti, macchinari e mercati finali. In questo modo si capisce perché la biodiversità agricola si riduca e prosperino sempre più varietà geneticamente modificate. E chi non sta al gioco ha una sola soluzione: gambe in spalla e avanti verso nord!
(continua)
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