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giovedì 20 luglio 2017

Assicurazioni Catastrofe (Cat-Bond) e la vaselina: quale rapporto?

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Oggi metto per iscritto una ulteriore ragione del mio profondo malessere dovuto al voler ficcare il naso in profondità su tutto quello che circola attorno al tema sviluppo/sottosviluppo. Dopo tanti anni dovrei aver imparato che in fondo in fondo si rischia di ritrovarci nelle fogne e quindi sentir puzza, e non profumo. Colpa mia, non me ne vanto, ma almeno lo spiego.
Premetto che, essendo un inguaribile e pericolo sinistrorso, quello che scrivo è ovviamente soggetto a cautela: dico sempre agli studenti che ho incontrato nella mia vita di non credere mai a quello che viene loro raccontato; di verificare le fonti e di cercare di farsi una idea propria, di controbattere, argomentare, ma non su basi ideologiche. Importante è non farsi intortare, non essere ingenui. Io propongo una lettura storica, che mi sembra coerente, ma che non può pretendere di essere “la” verità. 
La storia parte da molto lontano e magari alla fine la spartirò su post successivi, andando per periodi. Vedremo alla fine.
La ragione per cui la scrivo oggi semplicemente dipende da un ennesimo segnale interno che indica la volontà della mia organizzazione di aiutare ad aprire le porte al mondo delle assicurazioni dentro i temi del terzo mondo. Per capire le ragioni del mio umore nero, ripartiamo dall’inizio.
C’era una volta… sì, ma quando? 1969-1971 
L’allunaggio della Apollo 11 in questo stesso giorno di 48 anni fa (20 luglio 1969) fu il segnale planetario della superiorità raggiunta dagli Stati Uniti nei confronti del dirimpettaio URSS. Questa era la facciata: comandavano loro, gli americani. Per noi italiani o europei dell’ovest andava benissimo, non stavamo lì a chiederci chi fossero questi “americani”: era il governo degli Stati Uniti, cioè la forza pubblica e democratica che reggeva la società americana, o erano altri interessi, privati questa volta, anche se pur sempre americani?
Passarono pochissimi anni e successe qualcosa che non capimmo subito, ma che avrebbe avuto conseguenze strutturalmente devastanti per il nostro mondo: la fine del Gold Standard, cioè della parità oro-dollaro che aveva retto il sistema finanziario mondiale dalla fine della seconda guerra mondiale. Fu il Presidente Nixon a dichiararlo (https://www.youtube.com/watch?v=iRzr1QU6K1o), ma fu ben presto chiaro che dietro di lui non stava il cittadino medio americano, ma forze finanziarie ben più potenti.
Val la pena ricordare quanto scrisse uno dei principali assessori del Presidente francese De Gaulle, J. Rueff immediatamente dopo la dichiarazione di Nixon: “abbandonando il Gold Standard, l’unico sistema che aveva funzionato, il mondo sarebbe andato verso una crisi dopo l’altra, dalla deflazione all’inflazione, dal boom al collasso economico” (Le Péché monétaire de l'Occident).
Col vecchio sistema, esisteva una tassa di cambio fissa per le principali monete del mondo (quelle convertibili, quindi escludendo il rublo) rispetto al dollaro, con l’oro che serviva da base per tutti. Rompere quel sistema significava lanciare nel mare aperto dei tassi di cambio, una serie di monete di peso politico diverso. La principale, il dollaro, poteva fare il bello e cattivo tempo (entro certi limiti), mentre le altre iniziavano a vagare senza idee chiare sul valore rispettivo. Si creava cosi la possibilità dell’inflazione, cioè la perdita di valore di una moneta in un certo lasso di tempo, rispetto a un’altra o rispetto al valore di certe merci. Prima si poteva comprare della merce nel giorno X, chiedendo fosse consegnata mesi dopo, sapendo che il prezzo sarebbe stato lo stesso. A partire da cambi fluttuanti, il prezzo di oggi era conosciuto, ma il prezzo futuro diventava una incognita, una scommessa. Queste scommesse sul valore futuro delle monete diventano il sale del mercato dei “futures”, creato a Chicago nel 1972. Lo si creò li semplicemente perché questo sistema di anticipare prezzi e valori futuri esisteva già nel mondo agricolo americano, con una borsa agricola basata a Chicago, anche se ovviamente era piccolo e ristretto a un solo settore.
In questo mercato si scommetteva sul valore futuro di una moneta: quanto ci sarebbe voluto in Lire, Franchi, Sterline per comprare una certa quantità di merci fra un tot di mesi. Questi contratti, dove si specificava quanta merce sarebbe stata consegnata in tal posto a quel prezzo, prendono il nome di “derivati” (nome che ritroveremo più tardi parlando della crisi iniziata nel 2008).


Prima domanda che mi viene fatta: ma perché gli americani si inventano di rompere un meccanismo che funzionava bene dal 1945? Risposta: perché il tasso medio di profitto sul capitale stava scendendo pericolosamente come mostra il grafico che ho aggiunto. Se si voleva continuare a fare soldi, bisognava inventarsi qualcos’altro: la rottura delle parità monetarie apriva delle possibilità incredibili per i gestori di capitali.

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