Tanti anni fa (in realtà ancora adesso) ascoltavo per la prima volta una canzone di Crosby, Still, Nash & Young tratta dallo storico album “4 way street”: Chicago. All’epoca il mio inglese era molto basico, ma c’era una frase che risuonava facile nella mente: “We can change the world …” (noi possiamo cambiare il mondo). Era un sogno, condiviso da molti, anche se nessuno sapeva realmente come fare e da dove cominciare.
L’American Dream era anche questo. E noi europei (e non solo) lo prendemmo tale e quale. C’era il movimento Hippie, le droghe per esplorare altre dimensioni, c’era la Route 66 e Jack Kerouac con il suo romanzo “Sulla strada”, lo sbarco sulla Luna e noi tutti dietro a sognare.
Non lo sapevamo, ma quel mondo immaginario era già in fase decadente. Se vogliamo mettere una data, potremmo provare col 1956. De Gregori l’ha cantato quell’anno, inserendoci la frase: “Mi ricordo le fotografie dei carri armati”, ma chi di noi capiva cosa avesse in mente? In quell’anno l’Ungheria, controllata dai soviet russi, aveva provato a sollevarsi, in nome di quella democrazia che i sovietici non potevano vedere nemmeno in sogno. Durò pochissimo, i carri armati russi in pochissimi giorni spensero quel sogno e fecero aprire gli occhi ai primi critici di quel mondo socialista che sembrava poter diventare una alternativa popolare sul finire della guerra. Da quel momento in poi il distacco tra la realtà del socialismo reale e il resto del mondo divenne sempre più marcato. L’inerzia del tempo fece sì che tante lotte per l’indipendenza, varie rivoluzioni, scoppiassero in seguito in nome di quei principi libertari che venivano oppressi ogni giorno nella Russia e nel mondo sovietico. Ma quelle crepe finirono per far crollare tutto l’edificio, e se oggi tendiamo a ricordare il 1989 come l’anno cerniera, con la caduta del Muro di Berlino, non possiamo dimenticare che i sogni di una alternativa popolare e democratica erano già stati infranti prima.
All’ovest ci rifugiammo dentro una democrazia di parole, controllata da forze antidemocratiche grazie ad attentati, bombe, assassini etc. perché non sapevamo più dove guardare. Eravamo cresciuti dicendoci: non morirò democristiano, pensando ad Andreotti che baciava il capo mafia Riina, e poi finimmo per votare un partito, il PD, mezzo democristiano, convinti che fosse l’unica alternativa al mondo proposto da Berlusconi.
Quello che Margaret Thatcher diceva nel momento del suo apogeo (non esiste la società, esistono solo gli individui), frase che a noi sembrava l’essenza della filosofia neoliberale ed individualista, è diventata la nostra realtà attuale. Il senso di comunità si è perso, ognuno va per la propria strada e se le nuove generazioni non hanno voglia di impegnarsi, tanto peggio per loro. In un mercato globalizzato come l’attuale, ci saranno sempre dei poveracci disposti a tutto pur di lavorare, e per i nostri figli saranno c..i amari.
I segnali di un mondo che spazza via i pochi diritti acquisiti li abbiamo davanti a noi tutti i giorni. Ma siccome abbiamo disimparato a leggere e capire, siamo totalmente impreparati e, nella realtà, non abbiamo più nessun riparo mentale al quale appoggiarci.
Le regole di fondo del sistema sono sempre le stesse: tanto per pochi e poco (anzi pochissimo) per tanti. Chi sta in alto nella piramide sociale può permettersi tutto, privatamente, e chi sta in basso, scende sempre più verso un lumpen-proletariat che è un abisso senza fine. La banca mondiale ha imparato a nasconderci i dati globali, presentandoci sempre e solo quelli riguardanti l’estrema povertà. Nel mio libro Crisi agraria ed eco-genetica spiegata ai non specialisti (Meltemi, 2020) riportavo un grafico della Banca dal quale era possibile evincere che solo il 35% della popolazione mondiale viveva (nel 2011) con più di 10 dollari al giorno: in altre parole, quasi i due terzi della popolazione mondiale era da considerarsi povera. Questo succedeva in un mondo dove il sistema capitalista mondializzato e legatissimo alla finanza, dominava da nord a Sud e da est a ovest.
Si tratta di un sistema di sfruttamento dove c’è sempre meno spazio per l’essere umano e, altra novità, per la natura in quanto tale. Quest’ultima l’abbiamo trasformata lessicalmente in “risorse naturali” che servivano a noi, in realtà a chi comanda e sta in alto nella piramide, per farne poi dei prodotti finanziari per speculazioni sempre più azzardate.
Quando anche altri grandi paesi hanno capito come fare, tipo la Cina, abbiamo cominciato a capire che i conti non tornavano più, per noi, e che prima o dopo il conto ce l’avrebbero presentato.
Partiti da un mondo che non volevamo più, quello degli Imperi della fine del XIX° secolo, siamo cresciuti credendo alla favola della democrazia liberale di matrice anglosassone e tradotta in pratica dagli americani, per ritrovarci ora sotto un impero in disfacimento, che non riesce a contenere l’altro impero in fase di espansione. In mezzo ci stanno tutti quelli che si consideravano classe media, protetta dalla povertà, libera nelle sue scelte, e con la possibilità di sognare una scalata sociale.
Tutto questo oramai sta finendo, ci restano solo i frutti marci di questo sistema, contro il quale non esiste nessuna capacità di pensare e proporre valori e una visione che faccia sognare quel 65% di poveri (ai sensi della Banca mondiale).
Possiamo fare qualcos’altro che non sia arrenderci alla fatalità oppure lottare per il nostro orticello? Io penso sia ancora possibile.
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