sabato 28 gennaio 2012
2012 L11: Pierre Borromée - L'hermine était pourpre
Dans le village de Villecomte, Juliette Robin, une jeune femme mariée depuis cinq ans à un célèbre avocat, est assassinée dans des circonstances épouvantables. On découvre que la malheureuse victime est toujours vierge. Très vite l'époux est soupçonné d'être l'auteur du crime. Le procureur confie l'enquête au commissaire Baudry, un flic à l'ancienne subtil, coléreux et opiniâtre, qui apprend qu’un crime analogue a été commis sept ans plus tôt jour pour jour...
Prix du Quai des Orfèvres 2012 è un bel gialletto che si legge facilmente, la stria scorre via bene, anche se l' arrivo della cavalleria finale è un po' scontato... comunque una lettura consigliata per un week end di pioggia.
giovedì 26 gennaio 2012
2012 L 10: Yasmina Khadra: L'Olympe des Infortunes
résumé du livre
Coincée entre une décharge publique et la mer, hors du temps et de toute géographie, l'Olympe des Infortunes est un terrain vague peuplé de vagabonds et de laissés-pour-compte ayant choisi de tourner le dos à la société. Là vivent Ach le Borgne, Junior le Simplet, Mama la Fantomatique, le Pacha, sa cour de soûlards et bien d'autres personnages aussi obscurs qu'attachants. C'est un pays de mirages et de grande solitude où toutes les hontes sont bues comme sont tus les secrets les plus terribles. Ach le Borgne, aussi appelé 'le Musicien' parce qu'il sait, en quelques accords de banjo, faire chanter la lune, a pris sous son aile un jeune et naïf va-nu-pieds qui lui voue une admiration sans limites. Auprès de Ach, Junior s'initie à la philosophie des Horr. Le Horr est un clochard volontaire qui a pris le parti de vivre en marge de la ville en rejetant toutes ses valeurs : argent, travail, famille. Refusant jusqu'à la mendicité, le Horr se croit libre de toute attache. Mais lorsqu'une affection, souvent plus profonde qu'il n'y paraît, vient à naître entre les membres de cette communauté d'ivrognes et de bras-cassés, tout détachement s'avère alors bien illusoire.
Pas terrible. PMF (peut mieux faire).
sabato 21 gennaio 2012
2012 L9: Marco Malvaldi - Odore di chiuso
Sellerio Editore
San Carlo, Maremma Toscana. Il conte Alinaro Bonaiuti ha invitato nel suo maniero degli ospiti per la battuta di caccia del fine settimana; tra questi, c’è il noto gourmet Pellegrino Artusi. La prima sera del week-end, a cena, il padrone di casa è di umore allegro. Accenna ad una grossa vincita ai cavalli, quindi invita gli ospiti nella sala da fumo dove brinderanno alla vincita. Poi, scusandosi, spiega di non poter bere champagne per i suoi problemi di stomaco, e ripiega sul suo solito Porto. Durante la notte si sente male. Questa volta Malvaldi si cimenta con un giallo di impianto classico - l’ambientazione ottocentesca, il castello, i delitti, la nobiltà decaduta, il maggiordomo - illuminato però dalla presenza di Artusi, il grande gastronomo che con la sua “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” dette dignità alle pietanze di tutti i giorni. Sarà proprio Pellegrino - studioso di storia naturale oltre che letterato - a trovare con il suo acume e la sua curiosità la chiave per arrivare alla verità, mentre Malvaldi - lasciati per il momento i quattro vecchietti del BarLume - ci consegna il magnifico ritratto di un italiano memorabile che si muove a suo agio in mezzo a personaggi di invenzione.
Bello, bello, bello. Bravo Malvaldi, sottilmente ironico. Un libro che invita alla lettura. Candidato alla Top 12
giovedì 19 gennaio 2012
2012 L8: Margaret Mazzantini - Mare al mattino
Einaudi, 2011
Vito guarda il mare. Sua madre un giorno gli ha detto devi trovare un luogo dentro di te, intorno a te. Un luogo che ti corrisponda.
Che ti somigli, almeno in parte.
Sua madre somiglia al mare, lo stesso sguardo liquido, la stessa calma e dentro la tempesta.
Lei non scende mai a mare, solo al tramonto, certe volte, quando il sole che s’imbuca arrossa le rocce fino al viola e il cielo fino al sangue e sembra davvero l’ultimo sole del mondo.
Vito l’ha guardata incamminarsi sugli scogli, Angelina, i capelli sfrangiati dal vento, lasigaretta spenta in mano. Arrampicarsi come un granchio con la marea. È stato un attimo, per poco. Ha temuto di non vederla compariremai piú.
Sua madre per undici anni è stata araba.
Guarda il mare come gli arabi, come si guarda una lama. Sanguinando già.
Il mio primo Mazzantini. Bello, corre via veloce, ma ti prende dentro. Brava. Candidato alla Top 12
mercoledì 18 gennaio 2012
2012 L7: Loriano Macchiavelli - Strage
Einaudi Editore
Solo un grande scrittore di intrecci polizieschi poteva cimentarsi con la descrizione di poteri sommersi, di crimini mafiosi, di trame destinate a restare in gran parte oscure. (...) Macchiavelli ci fornisce la dimostrazione che la realtà in Italia è in grado di competere con le più ardite fantasie letterarie. Che qui da noi nulla è impossibile e tutto può accadere, perchè tutto è già accaduto.
Libero Mancuso
Ho immaginato un'ipotesi da scrittore per offrirla a chi forse non avrà mai una spiegazione da un tribunale. Ma è una spiegazione verosimile, che parte dai documenti. Ho letto faldoni alti così. Il compito di un narratore è esplorare il non detto nelle pieghe del detto.
Loriano Macchiavelli
Un gran libro, anche se lo scenario dipinto lascia un po'perplessi per chi ha seguito in diretta quel massacro e le indagini successive. L'idea che sia stata compiuta per "errore", mah.. forse é verosimile nella costruzione letteraria, ma lascia un po'perplessi. Candidato alla Top 12 dell'anno.
domenica 15 gennaio 2012
In viaggio da paolo groppo
Il tag della foto è facile: paolo groppo con paolo groppo.
Figlio di un cugino più grande di me, erano decenni che non ci vedevamo. Potremmo dire che non ci conoscevamo affatto e che grazie alle reti sociali siamo entrati in contatto, con lui e col fratello Pietro.
Abita a Fumane, centro del mondo per chi è appassionato di Amarone. Una zona dove ne stanno succedendo di tutti i colori, causa interessi divergenti fra economia ed ecologia, con la politica che non riesce ad esprimere una capacità di mediazione ed articolazione sufficiente. Marezzane, cemento ed amarone potrebbe essere un buon titolo per raccontare cosa sta succedendo, fra i marmisti, il cementificio, i produttori di amarone, alcuni dei quali stanno passando al biologico, un gruppo di cittadini sempre più sensibilizzati sulle tematiche ambientali. Il primo round, al TAR, si è concluso con la vittoria del gruppo ambientalista, ed il ricorso al Consiglio di Stato è in attesa di risposta nelle prossime settimane.
Magari sarà la scusa buona per tornare da Paolo e famiglia, vedersi con Pietro e con più calma con Renato e Maria. Bella terra, ottimo agriturismo, un'osteria d'altri tempi (vino genuino...) quindi consideriamo questa prima serata passata con loro come un inizio benaugurante per il 2012.
Ciao a tutti
giovedì 12 gennaio 2012
2012 L6: Massimo Carlotto - Alla fine di un giorno noioso
Massimo Carlotto torna a raccontarci con equilibrio narrativo e in un ottimo romanzo noir, senza cedimenti e punti deboli, la esemplare vicenda di Giorgio Pellegrini, il protagonista di «Arrivederci amore, ciao» uscito giusto 10 anni fa, un extraparlamentare che era passato dalla lotta armata alla criminalità, seduttore, abile ricattatore che le persone le sa solo usare, attratto dalla violenza ma anche alla ricerca, costi quel che costi e quante vite sia necessario, di un suo onorato posto nella società italiana, in quel Nordest industriale di cui lo scrittore già individuava chiaramente il cuore nero.
Questo scrivono sul Corriere del Veneto a proposito di questo libro. Io l'ho divorato in un giorno; é un Carlotto abrasivo, fa male dentro... bello, bello, bello. Top Ten assicurata!!!!
Soluzioni per la crisi: la battaglia per l’etichettatura
Uno degli aspetti più evidenti della crisi attuale é legata alle progressive delocalizzazioni delle produzioni industriali di moltissimi marchi dai paesi industrializzati verso paesi di recente industrializzazione nonché paesi non industrializzati affatto. In questo modo si riduce il costo di produzione, mantenendo un margine di profitto interessante, con la scusa che questa sia la sola possibilitá di sopravvivenza per tali settori. Nei paesi del nord chiudono le fabbriche, aumenta la disoccupazione e pian piano si riduce il potere d’acquisto di quella classe media che é elemento fondamentale per il mantenimento del nostro sistema democratico, basato su una economia di consumo. Il rischio di questo modello é che poco a poco si riduca il potere d’acquisto nel nord, senza aumentarla in maniera corrispondente nel sud. Quel po’di aumenti che si registrano infatti al sud non permettono, in generale, a quella fascia produttiva-consumatrice di accedere ai prodotti del nord, marche care, mentre trovano un’accessibilità molto più elevata per quanto riguarda prodotti di bassa qualità (controllati dai pesi emergenti, tipo Cina).
In questo modo, quella che a livello individuale diventa una risposta razionale (per assicurare la sopravvivenza della fabbrichetta), diventa, a livello comunitario (e poi nazionale) una scelta non razionale perché di fatto tende a far perdere quote di mercato per I manufatti del nord, con maggiore valore aggiunto e piú cari, a favore di prodotti di quegli stessi paesi dove si stanno delocalizzando le produzioni.
Guardando dall’ottica del piccolo industriale, é difficile non capire la tentazione di questa fuga verso il sud. Dalla parte dell’operaio (e dei governi dei paesi del Nord) si assiste alla perdita di lavoro e di reddito senza che questo venga sostituito da alter forme lavorative/reddituali che permettano di mantenere i livelli di vita precedenti. Per i governi, il rompicapo é ancora maggiore per cui si assiste, da una parte e dall’altra dello spettro politico, a promesse sempre piú vaghe che tanto poi non si riesce a tradurre in realtá, indipendentemente da quale parte le abbia avanzate. Si guardi per esempio la campagna elettorale in corso in Francia per le elezioni presidenziali e la vaghezza dei programmi dei vari candidati che stanno ben attenti a non promettere troppo, coscienti del fatto che quelle promesse avranno poche possibilità di essere mantenute.
Quello a cui sto pensando ha delle analogie con il settore agricolo e, in particolare, con il modello francese dei “terroirs”, oramai da tutti copiato nel comparto vinicolo (e non solo). Per farla breve, quello che i francesi avevano in mente era di instillare nella mente del consumatore, reale o potenziale, il legame fra il prodotto specifico (vino) e l’insieme delle bellezze e valori culturali, paesaggistici ed altro che facevano di quel prodotto un esemplare Unico. In questo modo era anche più facile strappare prezzi anche elevati, il tutto in funzione della specificitá del prodotto e del suo “terroir”. Il marchio diventa quindi la questione centrale. In agricoltura marchio e terroir vanno piú facilmente di pari passo, nel senso che un Brunello di Montalcino o un Amarone non possono essere prodotti in Grecia o Spagna perché sarebbero “altri” prodotti e quindi se un/a consumatore/trice vuole “quel” prodotto, significa che vuole quello che viene da quella zona e basta.
Nel caso degli altri beni di consumo, non alimentari, esiste la possibilitá di dissociare il luogo di produzione originario, quello da cui partí l’avventura industriale (penso per esempio ai jeans Diesel, da Bassano del Grappa), dove quindi si creó il “nome”, o “marchio” e quello dove si produce fisicamente gran parte del prodotto (Diesel produce gran parte dei suoi capi non piú a Bassano ma in qualche remota area asiatica).
Ma quello che il consumatore compra è l’idea originaria di Renzo Rosso, l’inventore del marchio Diesel. Lo stesso vale per le autovetture: quando uno compra un’Alfa Romeo, sogna di comprare un pezzo d’Italia e non una semplice vettura, fatta chissà dove. Se il venditore dicesse all’acquirente: ecco due Alfa, la prima fatta in Italia e la seconda fatta in Brasile, quale delle due vuole? Non credo ci siano dubbi: sceglierebbe l’italiana, perché il marchio Alfa è nato lì.
Ora bene, se noi operassimo per far riconoscere il nome originario del prodotto alla sola zona dove è stato concepito e prodotto inizialmente, cioè dove è diventato il Logo, il marchio tal dei tali, etichettando diversamente quindi i prodotti in Loco da quelli de localizzati, a quel punto potremmo mettere il consumatore nella situazione ideale per ogni economista liberale; un consumatore informato sceglie in funzione di una serie di parametri personali (disponibilitá monetaria o altro) fra due prodotti diversi: quello prodotto dove lui/lei associa Nome e Luogo (jeans Levi’s e America; Alfa Romeo e Italia) e quello, che costa meno, e dove NON VALE la regola Nome e Luogo (Levi’s Filippini e non Levi’s America). In questo modo anche il produttore dovrá fare bene i conti per vedere se è nel suo interesse delocalizzare, ed avere quindi un prodotto che non possa avere il marchio originale, e quello di mantenere la produzione nel paese originario, con costi di produzione superiori (e mantenendo quindi i livelli salariali del Nord) ma fruendo della totalitá del Marchio del prodotto.
Dal punto di vista degli operai (del Nord), questo dovrebbe permettere di mantenere i posti di lavoro, nonché le produzioni che abbiano un mercato affermato. L’industriale del Nord non sará molto contento perché perderá (individualmente) una parte del profitto addizionale che potrebbe fare delocalizzando la produzione; detto questo, quello che a livello individuale potrebbe essere poco apprezzato, lo diventerebbe a livello di societá perché si manterrebbe un potere d’acquisto piú alto e quindi un mercato anche nel nord solvente per prodotti piú cari.
Dal punto di vista del Sud, nulla impedisce che il marchio locale possa competere ed eventualmente anche soppiantare quello originario del Nord, ma questo dipenderá dalle capacitá produttive, di marketing e di induzione del consumatore che i responsabili del sud dovranno mettere in atto.
Anche la lotta alla contraffazione potrebbe non essere cosí complicata come l’attuale. Ricordiamoci che una parte della contraffazione viene dal fatto che gran parte delle produzioni “ufficiali” vengono fatte al sud, comprese le etichette, e che quindi la capacitá di produrre un di piú rispetto a quanto stabilito nel contratto, da parte delle stesse mani e stesse macchine che fanno la produzione ufficiale, rende tecnicamente impossibile distinguere gli uni dagli altri. In questo caso, per il fatto stesso che la produzione (con quel marchio specifico) si farebbe solo in quel “terroir”, la possibilitá di contraffarlo sarebbe minima. Esiste il problema della contraffazione del prodotto o della truffa sulla indicazione geografica (come per certi vini con terroir cosí limitati che non si capisce come sia possibile trovare sul mercato quella quantitá di bottiglie).
Non dico di avere le soluzioni per tutti i problemi, questo andrebbe studiato. Resta il fatto che non sarebbe un problema in piú, generato dalla nuova modalitá produttiva, ma si tratterebbe dello stesso problema che esiste attualmente.
Una critica a questa proposta potrebbe essere legata al concetto di libera impresa. Se io, industriale di successo, vedo che il mio prodotto X, fatto o inventato nel paese Y, trova un mercato sempre piú grande, perché non dovrei essere autorizzato a aumentare la produzione anche in altre parti del paese oppure direttamente in altri paesi?
Qui entrano in gioco altri due elementi: uno riguarda le scelte nazionali di politica industriale e dall’altro la questione della concertazione fra il settore industriale e le organizzazioni sindacali. Da un lato i governi hanno il diritto dovere di indirizzare le scelte nazionali, senza lasciare al solo mercato questo onere, per cui le scelte individuali dovrebbero essere concertate con le scelte governative e con le collettività territoriali (regioni, province, comuni etc.); lo stesso principio potrebbe poi applicarsi alla concertazione con le forze produttive. Non si tratta di impedire la libertà d’impresa, solo pensare a creare un quadro di riferimento chiaro per tutti, soprattutto per i compratori, in modo che sappiano che prodotto stanno comprando. sarà poi il mercato stesso a fornire degli elementi equilibratori. Per esempio, prendiamo il caso di una fabbrica di motociclette di una marca conosciuta qualsiasi. Nata in una città, diventa un marchio nazionale e poi internazionale per cui si pone il problema di produrla non più solo nella fabbrica vicino casa ma anche nel paese X dove c’è un mercato in crescita. L’interesse del proprietario è di costruirla localmente perché costa meno; l’interesse degli operai del paese originario sarebbe di mantenere la produzione nel paese originario, per creare più lavoro e magari spuntare salari più alti. Tutti e due gli attori invocano i loro interessi ed attueranno per difenderli. L’asimmetria di potere però fa sì che alla fine vince il proprietario e la produzione si delocalizza. Nel breve periodo lui ci guadagna mentre gli operai del luogo originario ci perdono (in termini di nuovo impiego e di possibile pressione salariale in aumento per loro). Chi ci guadagna, un po’, dovrebbero essere gli operai locali, ma date le condizioni dei paesi dove si de localizza, viene da dubitare che questo succeda spesso.
La proposta in questo caso sarebbe di limitare l’uso del Marchio, Moto ZZ, alle sole produzioni del paese originario, mentre per le altre produzioni fatte fuori da quel luogo, dovrebbero esser chiamate con un nome che, pur richiamando il Marchio originale ZZ, chiarisca in modo inequivocabile e visibile che sono fabbricate altrove: per esempio ZZ-China. A quel punto sarà il mercato a fissare il prezzo come punto di equilibrio tra consumatori interessati al prezzo più basso, anche se si comprano una ZZ-China, versus consumatori che vogliono solo l’originale ZZ.
La butto lì, per vedere cosa ne pensano i lettori di questo blog…
In questo modo, quella che a livello individuale diventa una risposta razionale (per assicurare la sopravvivenza della fabbrichetta), diventa, a livello comunitario (e poi nazionale) una scelta non razionale perché di fatto tende a far perdere quote di mercato per I manufatti del nord, con maggiore valore aggiunto e piú cari, a favore di prodotti di quegli stessi paesi dove si stanno delocalizzando le produzioni.
Guardando dall’ottica del piccolo industriale, é difficile non capire la tentazione di questa fuga verso il sud. Dalla parte dell’operaio (e dei governi dei paesi del Nord) si assiste alla perdita di lavoro e di reddito senza che questo venga sostituito da alter forme lavorative/reddituali che permettano di mantenere i livelli di vita precedenti. Per i governi, il rompicapo é ancora maggiore per cui si assiste, da una parte e dall’altra dello spettro politico, a promesse sempre piú vaghe che tanto poi non si riesce a tradurre in realtá, indipendentemente da quale parte le abbia avanzate. Si guardi per esempio la campagna elettorale in corso in Francia per le elezioni presidenziali e la vaghezza dei programmi dei vari candidati che stanno ben attenti a non promettere troppo, coscienti del fatto che quelle promesse avranno poche possibilità di essere mantenute.
Quello a cui sto pensando ha delle analogie con il settore agricolo e, in particolare, con il modello francese dei “terroirs”, oramai da tutti copiato nel comparto vinicolo (e non solo). Per farla breve, quello che i francesi avevano in mente era di instillare nella mente del consumatore, reale o potenziale, il legame fra il prodotto specifico (vino) e l’insieme delle bellezze e valori culturali, paesaggistici ed altro che facevano di quel prodotto un esemplare Unico. In questo modo era anche più facile strappare prezzi anche elevati, il tutto in funzione della specificitá del prodotto e del suo “terroir”. Il marchio diventa quindi la questione centrale. In agricoltura marchio e terroir vanno piú facilmente di pari passo, nel senso che un Brunello di Montalcino o un Amarone non possono essere prodotti in Grecia o Spagna perché sarebbero “altri” prodotti e quindi se un/a consumatore/trice vuole “quel” prodotto, significa che vuole quello che viene da quella zona e basta.
Nel caso degli altri beni di consumo, non alimentari, esiste la possibilitá di dissociare il luogo di produzione originario, quello da cui partí l’avventura industriale (penso per esempio ai jeans Diesel, da Bassano del Grappa), dove quindi si creó il “nome”, o “marchio” e quello dove si produce fisicamente gran parte del prodotto (Diesel produce gran parte dei suoi capi non piú a Bassano ma in qualche remota area asiatica).
Ma quello che il consumatore compra è l’idea originaria di Renzo Rosso, l’inventore del marchio Diesel. Lo stesso vale per le autovetture: quando uno compra un’Alfa Romeo, sogna di comprare un pezzo d’Italia e non una semplice vettura, fatta chissà dove. Se il venditore dicesse all’acquirente: ecco due Alfa, la prima fatta in Italia e la seconda fatta in Brasile, quale delle due vuole? Non credo ci siano dubbi: sceglierebbe l’italiana, perché il marchio Alfa è nato lì.
Ora bene, se noi operassimo per far riconoscere il nome originario del prodotto alla sola zona dove è stato concepito e prodotto inizialmente, cioè dove è diventato il Logo, il marchio tal dei tali, etichettando diversamente quindi i prodotti in Loco da quelli de localizzati, a quel punto potremmo mettere il consumatore nella situazione ideale per ogni economista liberale; un consumatore informato sceglie in funzione di una serie di parametri personali (disponibilitá monetaria o altro) fra due prodotti diversi: quello prodotto dove lui/lei associa Nome e Luogo (jeans Levi’s e America; Alfa Romeo e Italia) e quello, che costa meno, e dove NON VALE la regola Nome e Luogo (Levi’s Filippini e non Levi’s America). In questo modo anche il produttore dovrá fare bene i conti per vedere se è nel suo interesse delocalizzare, ed avere quindi un prodotto che non possa avere il marchio originale, e quello di mantenere la produzione nel paese originario, con costi di produzione superiori (e mantenendo quindi i livelli salariali del Nord) ma fruendo della totalitá del Marchio del prodotto.
Dal punto di vista degli operai (del Nord), questo dovrebbe permettere di mantenere i posti di lavoro, nonché le produzioni che abbiano un mercato affermato. L’industriale del Nord non sará molto contento perché perderá (individualmente) una parte del profitto addizionale che potrebbe fare delocalizzando la produzione; detto questo, quello che a livello individuale potrebbe essere poco apprezzato, lo diventerebbe a livello di societá perché si manterrebbe un potere d’acquisto piú alto e quindi un mercato anche nel nord solvente per prodotti piú cari.
Dal punto di vista del Sud, nulla impedisce che il marchio locale possa competere ed eventualmente anche soppiantare quello originario del Nord, ma questo dipenderá dalle capacitá produttive, di marketing e di induzione del consumatore che i responsabili del sud dovranno mettere in atto.
Anche la lotta alla contraffazione potrebbe non essere cosí complicata come l’attuale. Ricordiamoci che una parte della contraffazione viene dal fatto che gran parte delle produzioni “ufficiali” vengono fatte al sud, comprese le etichette, e che quindi la capacitá di produrre un di piú rispetto a quanto stabilito nel contratto, da parte delle stesse mani e stesse macchine che fanno la produzione ufficiale, rende tecnicamente impossibile distinguere gli uni dagli altri. In questo caso, per il fatto stesso che la produzione (con quel marchio specifico) si farebbe solo in quel “terroir”, la possibilitá di contraffarlo sarebbe minima. Esiste il problema della contraffazione del prodotto o della truffa sulla indicazione geografica (come per certi vini con terroir cosí limitati che non si capisce come sia possibile trovare sul mercato quella quantitá di bottiglie).
Non dico di avere le soluzioni per tutti i problemi, questo andrebbe studiato. Resta il fatto che non sarebbe un problema in piú, generato dalla nuova modalitá produttiva, ma si tratterebbe dello stesso problema che esiste attualmente.
Una critica a questa proposta potrebbe essere legata al concetto di libera impresa. Se io, industriale di successo, vedo che il mio prodotto X, fatto o inventato nel paese Y, trova un mercato sempre piú grande, perché non dovrei essere autorizzato a aumentare la produzione anche in altre parti del paese oppure direttamente in altri paesi?
Qui entrano in gioco altri due elementi: uno riguarda le scelte nazionali di politica industriale e dall’altro la questione della concertazione fra il settore industriale e le organizzazioni sindacali. Da un lato i governi hanno il diritto dovere di indirizzare le scelte nazionali, senza lasciare al solo mercato questo onere, per cui le scelte individuali dovrebbero essere concertate con le scelte governative e con le collettività territoriali (regioni, province, comuni etc.); lo stesso principio potrebbe poi applicarsi alla concertazione con le forze produttive. Non si tratta di impedire la libertà d’impresa, solo pensare a creare un quadro di riferimento chiaro per tutti, soprattutto per i compratori, in modo che sappiano che prodotto stanno comprando. sarà poi il mercato stesso a fornire degli elementi equilibratori. Per esempio, prendiamo il caso di una fabbrica di motociclette di una marca conosciuta qualsiasi. Nata in una città, diventa un marchio nazionale e poi internazionale per cui si pone il problema di produrla non più solo nella fabbrica vicino casa ma anche nel paese X dove c’è un mercato in crescita. L’interesse del proprietario è di costruirla localmente perché costa meno; l’interesse degli operai del paese originario sarebbe di mantenere la produzione nel paese originario, per creare più lavoro e magari spuntare salari più alti. Tutti e due gli attori invocano i loro interessi ed attueranno per difenderli. L’asimmetria di potere però fa sì che alla fine vince il proprietario e la produzione si delocalizza. Nel breve periodo lui ci guadagna mentre gli operai del luogo originario ci perdono (in termini di nuovo impiego e di possibile pressione salariale in aumento per loro). Chi ci guadagna, un po’, dovrebbero essere gli operai locali, ma date le condizioni dei paesi dove si de localizza, viene da dubitare che questo succeda spesso.
La proposta in questo caso sarebbe di limitare l’uso del Marchio, Moto ZZ, alle sole produzioni del paese originario, mentre per le altre produzioni fatte fuori da quel luogo, dovrebbero esser chiamate con un nome che, pur richiamando il Marchio originale ZZ, chiarisca in modo inequivocabile e visibile che sono fabbricate altrove: per esempio ZZ-China. A quel punto sarà il mercato a fissare il prezzo come punto di equilibrio tra consumatori interessati al prezzo più basso, anche se si comprano una ZZ-China, versus consumatori che vogliono solo l’originale ZZ.
La butto lì, per vedere cosa ne pensano i lettori di questo blog…
mercoledì 11 gennaio 2012
Cassoulet versione Xuor
ingredienti (x 6 persone)
6 cosce di anatra confit; (un barattolo)
6 salsicce di Tolosa (salsicce affumicate)
1 salsiccia di Morteau
Mezzo chilo di fagioli secchi bianchi
2 cipolle
2 spicchi d'aglio
1 barattolo di pomodoro concentrato
Foglie di alloro, timo
Sale, pepe e un po' di peperoncino
Il giorno prima mettere in ammollo i fagioli in una grande quantità d'acqua
Il giorno seguente cucinare i fagioli in acqua con una foglia di alloro, la cipolla e un dado per 45 minuti.
In una pentola far scaldare lentamente le cosce d'anatra in modo che perdano il grasso e metterle da parte.
Evacuare il grasso, avendo cura di lasciarne un po' sul fondo. Mettere la cipolla tagliata a pezzettini, i due spicchi d'aglio e far soffriggere. Quando sono dorati aggiungere tre cucchiai di concentrato di pomodoro. Mescolare tutto bene, aggiungere le salsicce, mettere i fagioli, coprire (non di più) il tutto con il brodo di cottura dei fagioli. Aggiungere due foglie di alloro e due rami di timo. Una punta di coltello di peperoncino, sale e pepe. Lasciar cuocere a fuoco lento per 1 ora.
A parte far cuocere la salsiccia di Morteau per 45 minuti in acqua appena in ebollizione (fremissante).
Dopo un ora aggiungere le cosce d'anatra dentro la pentola, la salsiccia di Morteau tagliata a fette, verificate e aggiustate il condimento. Cospargere la superficie con del pan grattato e mettere la pentola al forno (caldissimo) per 30 minuti.
Servire con un rosso corposo, RoncidiNepi, Negroamaro o cose del genere.
6 cosce di anatra confit; (un barattolo)
6 salsicce di Tolosa (salsicce affumicate)
1 salsiccia di Morteau
Mezzo chilo di fagioli secchi bianchi
2 cipolle
2 spicchi d'aglio
1 barattolo di pomodoro concentrato
Foglie di alloro, timo
Sale, pepe e un po' di peperoncino
Il giorno prima mettere in ammollo i fagioli in una grande quantità d'acqua
Il giorno seguente cucinare i fagioli in acqua con una foglia di alloro, la cipolla e un dado per 45 minuti.
In una pentola far scaldare lentamente le cosce d'anatra in modo che perdano il grasso e metterle da parte.
Evacuare il grasso, avendo cura di lasciarne un po' sul fondo. Mettere la cipolla tagliata a pezzettini, i due spicchi d'aglio e far soffriggere. Quando sono dorati aggiungere tre cucchiai di concentrato di pomodoro. Mescolare tutto bene, aggiungere le salsicce, mettere i fagioli, coprire (non di più) il tutto con il brodo di cottura dei fagioli. Aggiungere due foglie di alloro e due rami di timo. Una punta di coltello di peperoncino, sale e pepe. Lasciar cuocere a fuoco lento per 1 ora.
A parte far cuocere la salsiccia di Morteau per 45 minuti in acqua appena in ebollizione (fremissante).
Dopo un ora aggiungere le cosce d'anatra dentro la pentola, la salsiccia di Morteau tagliata a fette, verificate e aggiustate il condimento. Cospargere la superficie con del pan grattato e mettere la pentola al forno (caldissimo) per 30 minuti.
Servire con un rosso corposo, RoncidiNepi, Negroamaro o cose del genere.
martedì 10 gennaio 2012
2012 L5: Giorgio Faletti - Tre atti e due tempi
Einaudi, Stile libero 2011
«Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovare un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve».
Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrisa di umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo piú ad abbandonare.
Con Tre atti e due tempi Giorgio Faletti ci consegna un romanzo perfetto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità.
Un romanzo che stringe in unità fili diversi: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell'amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l'antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.
Un libro tranquillo, da domenica pomeriggio aspettando che inizi la partita fra il Bologna di Signori e l'Atalanta di Doni ... o no?
può far meglio, questo va giù liscio, ma da Faletti ci aspettiamo il gran vino....
Xuor
Une éléphante se tourne contre le vent
bats les oreilles,
mets les voiles,
jusqu’au puits
ou boira son petit
bats les oreilles,
mets les voiles,
jusqu’au puits
ou boira son petit
2012: previsioni (continua)
Adesso che abbiamo messo un numero di base, un indicatore che ci sarà utile nel futuro per poter comparare come sarà stato il 2012 riuspetto a quel che verrà dopo, cerchiamo di prevedere quali potrebbero essere le notizie interessanti dal nostro punto di vista. Un esercizio che ovviamente non ha pretese cabalistiche, ma uno stimolo per riflettere su aspetti e/o paesi che potremmo dimenticare velocemente nelle prossime settimane.
Cominciamo dal Venezuela: la ragione è semplice, legata al carisma del suo Presidente. Che ci piaccia o meno Chavez ha dato un'impronta al Sudamerica attuale, con il suo sogno boliviariano e l'alleanza con Evo Morales in Bolivia, con Corrales in Ecuardor e le simpatie di molti altri presidenti, della maggioranza dei paesi della regione. Lo stato di salute di Chavez è un oggetto misterioso come quello di tutti i capi di Stato; ricordiamoci il tumore che stava divorando Mitterand durante il suo secondo mandato e le falsificazioni mediche imposte da lui stesso in modo da non far sapere che per lui i giorni erano contati. Se queste manipolazioni succedono nei paesi democratici, non è da stupirsi che succeda poi ovunque. Per farla breve girano notizie piuttosto negative sul suo stato di salute, di un tumore che non avrebbe più possibilità di essere contrastato, per cui dobbiamo considerare l'ipotesi che il 2012 veda la sua uscita di scena. I riflessi interni ed esterni sarebbero sicuramente importanti, anche se limitati alla scala regionale (e probabilmente più a quella nazionale). A livello mondiale sarebbe più che altro una notizia da prima pagina per un giorno o due, poi resterebbero le traversie in quel martoriato paese. Il rischio di una guerra civile mi sembra poco probabile, ma sicramente ci sarebbero movimenti e volerebbero parole grosse da molte parti. L'impatto eventualmente più diretto potrebbe essere rispetto alla fine del conflitto interno colombiano. Già quasi distrutte, le ultime avvisaglie di FARC e compagnia si troverebbero con ben pochi aiuti sia locali (dall'altra parte dela frontiera) sia politici internazionali, per cui potrebbe essere la fine anche della parte superficiale di questo conflitto che dura da oltre 60 anni (che poi le vere cause del conflitto rimangano sempre di attualità, questo è un altro par di maniche).
La Nigeria: in questi giorni se ne parla parecchio a causa dei conflitti interni legati alla setta fondamentalista islamica che sta terrorizzando i pochi cattolici residenti. Ma della Nigeria bisognerebbe ricordare anche qualcosaltro: innanzitutto il tasso di natalità altissimo che la porterà a diventare il terzo paese più popolato del mondo entro il 2050, con oltre 700 milioni di abitanti, stime ONU, così come la diversità culturale, geografica, etnica e religiosa delle varie popolazioni che lo compongono. Il rischio di una esplosione del paese esiste a mio parere, con ripercussioni molto più grandi che nel caso precedente. Un gigante del genere che si spappoli e si divida in varie realtà regionali/locali (che di fatto già esistono), verrebbe a mettere in moto un problema conosciuto da molti ma che si spera continuamente non entri mai nell'agenda mondiale: le frontiere dei paesi africani, stabilite a partire da criteri decisi dalle potenze coloniali, non hanno granchè a che vedere con le realtà umane sottostanti, per cui prima o dopo la storia e la geografia assieme si rimetteranno in moto, con esiti totalmente incerti. Un esempio molto vicino a noi lo abbiamo in Libia: tenere assieme gli abitanti della Cirenaica con i tripolini non sarà affatto cosa semplice, dato che nulla li predispone a questo. Ricordiamoci della Jugoslavia, che sembrava tanto tranquilla ... I primi movimenti li abbiamo avuti coin la separazione "pacifica" del sud Sudan dal resto del paese. La questione del petrolio nelle zone di confime non è stata affatto risolta, ma facciamo finta che la situazione sia stabilizzata. A quel punto, ricordando che anche l'Eritrea era riuscita a venir fuori dal giogo Etiope, i Cirenaici potrebbero decidere di andarsene per conto loro e fare un paese nuovo sui bordi del Mediterraneo. Ma se scoppia la Nigeria, non parliamo più di un petardo, ma di una bomba atomica.
Della Siria si parla invece moltissimo, ma secondo me non succederà nulla di straordinario, essendo il potere ben impiantato nella gerarchia militare e non essendoci nessun paese occidentale disposto a entrare in una guerra che avrebbe risvolti sia su Israele sia, inevitabilmente sull'Iran, per cui si continuerà ad appoggiare gli insorti ma senza maggiori speranze.
Le novità invece potrebbero venire dall'Est. C'è chi dice che l'ipotesi che Putin non vinca le elezioni faccia parte della fantascienza, e che comunque i carri armati sarebbero pronti a chiudere i discorsi prima di qualsiasi altra azione da parte dell'opposizione. Ma forse stiamo sottovalutando il ras-le-bol (averne abbastanza) della popolazione civile rispetto a un assolutismo monarchico come l'attuale. Non credo si arriverà a una rivoluzione, ma a scossoni sempre più forti, questo sì. Vale però lo stesso discorso di prima: nessun paese occidentale oserebbe mettersi in mezzo, vuoi per elezioni in vista, USA, Francia, o più semplicemente per una Real Politik che fa sì che tutti i nostri governi preferiscono fare affari (gas) con i russi attuali piuttosto che avventurarsi in altre situazioni stile Jugoslavia, ma a dimensioni più grandi.
Dalle periferie degli imperi, americano e cinese, ci saranno sicuramente delle scosse, rivolte e conflitti, molti dei quali legati all'accresciyuta importanza della variabile agricola nel Risiko mondiale. Ma nessuno di questi sarà così importante da destabilizzare le grosse fortezze. La desertificazione cinese sarà una questione centrale, anche se poco dibattuta. Il governo ha lanciato un mega programma per contenere l'avanzata del deserto, le informazioni sono poche, ma è chiaro che si sta giocanbdo la faccia. Se non ci riesce adesso, la questione stessa della sopravvivenza della capitale potrebbe diventare centrale nel dibattito interno.
Chiudiamo ricordando che nel 2012 le probabilità che un grande leader mondiale ci lasci sono molto alte: parlo ovviamente di Mandela, un Grande uomo, oltrechè un uomo grande.
Cominciamo dal Venezuela: la ragione è semplice, legata al carisma del suo Presidente. Che ci piaccia o meno Chavez ha dato un'impronta al Sudamerica attuale, con il suo sogno boliviariano e l'alleanza con Evo Morales in Bolivia, con Corrales in Ecuardor e le simpatie di molti altri presidenti, della maggioranza dei paesi della regione. Lo stato di salute di Chavez è un oggetto misterioso come quello di tutti i capi di Stato; ricordiamoci il tumore che stava divorando Mitterand durante il suo secondo mandato e le falsificazioni mediche imposte da lui stesso in modo da non far sapere che per lui i giorni erano contati. Se queste manipolazioni succedono nei paesi democratici, non è da stupirsi che succeda poi ovunque. Per farla breve girano notizie piuttosto negative sul suo stato di salute, di un tumore che non avrebbe più possibilità di essere contrastato, per cui dobbiamo considerare l'ipotesi che il 2012 veda la sua uscita di scena. I riflessi interni ed esterni sarebbero sicuramente importanti, anche se limitati alla scala regionale (e probabilmente più a quella nazionale). A livello mondiale sarebbe più che altro una notizia da prima pagina per un giorno o due, poi resterebbero le traversie in quel martoriato paese. Il rischio di una guerra civile mi sembra poco probabile, ma sicramente ci sarebbero movimenti e volerebbero parole grosse da molte parti. L'impatto eventualmente più diretto potrebbe essere rispetto alla fine del conflitto interno colombiano. Già quasi distrutte, le ultime avvisaglie di FARC e compagnia si troverebbero con ben pochi aiuti sia locali (dall'altra parte dela frontiera) sia politici internazionali, per cui potrebbe essere la fine anche della parte superficiale di questo conflitto che dura da oltre 60 anni (che poi le vere cause del conflitto rimangano sempre di attualità, questo è un altro par di maniche).
La Nigeria: in questi giorni se ne parla parecchio a causa dei conflitti interni legati alla setta fondamentalista islamica che sta terrorizzando i pochi cattolici residenti. Ma della Nigeria bisognerebbe ricordare anche qualcosaltro: innanzitutto il tasso di natalità altissimo che la porterà a diventare il terzo paese più popolato del mondo entro il 2050, con oltre 700 milioni di abitanti, stime ONU, così come la diversità culturale, geografica, etnica e religiosa delle varie popolazioni che lo compongono. Il rischio di una esplosione del paese esiste a mio parere, con ripercussioni molto più grandi che nel caso precedente. Un gigante del genere che si spappoli e si divida in varie realtà regionali/locali (che di fatto già esistono), verrebbe a mettere in moto un problema conosciuto da molti ma che si spera continuamente non entri mai nell'agenda mondiale: le frontiere dei paesi africani, stabilite a partire da criteri decisi dalle potenze coloniali, non hanno granchè a che vedere con le realtà umane sottostanti, per cui prima o dopo la storia e la geografia assieme si rimetteranno in moto, con esiti totalmente incerti. Un esempio molto vicino a noi lo abbiamo in Libia: tenere assieme gli abitanti della Cirenaica con i tripolini non sarà affatto cosa semplice, dato che nulla li predispone a questo. Ricordiamoci della Jugoslavia, che sembrava tanto tranquilla ... I primi movimenti li abbiamo avuti coin la separazione "pacifica" del sud Sudan dal resto del paese. La questione del petrolio nelle zone di confime non è stata affatto risolta, ma facciamo finta che la situazione sia stabilizzata. A quel punto, ricordando che anche l'Eritrea era riuscita a venir fuori dal giogo Etiope, i Cirenaici potrebbero decidere di andarsene per conto loro e fare un paese nuovo sui bordi del Mediterraneo. Ma se scoppia la Nigeria, non parliamo più di un petardo, ma di una bomba atomica.
Della Siria si parla invece moltissimo, ma secondo me non succederà nulla di straordinario, essendo il potere ben impiantato nella gerarchia militare e non essendoci nessun paese occidentale disposto a entrare in una guerra che avrebbe risvolti sia su Israele sia, inevitabilmente sull'Iran, per cui si continuerà ad appoggiare gli insorti ma senza maggiori speranze.
Le novità invece potrebbero venire dall'Est. C'è chi dice che l'ipotesi che Putin non vinca le elezioni faccia parte della fantascienza, e che comunque i carri armati sarebbero pronti a chiudere i discorsi prima di qualsiasi altra azione da parte dell'opposizione. Ma forse stiamo sottovalutando il ras-le-bol (averne abbastanza) della popolazione civile rispetto a un assolutismo monarchico come l'attuale. Non credo si arriverà a una rivoluzione, ma a scossoni sempre più forti, questo sì. Vale però lo stesso discorso di prima: nessun paese occidentale oserebbe mettersi in mezzo, vuoi per elezioni in vista, USA, Francia, o più semplicemente per una Real Politik che fa sì che tutti i nostri governi preferiscono fare affari (gas) con i russi attuali piuttosto che avventurarsi in altre situazioni stile Jugoslavia, ma a dimensioni più grandi.
Dalle periferie degli imperi, americano e cinese, ci saranno sicuramente delle scosse, rivolte e conflitti, molti dei quali legati all'accresciyuta importanza della variabile agricola nel Risiko mondiale. Ma nessuno di questi sarà così importante da destabilizzare le grosse fortezze. La desertificazione cinese sarà una questione centrale, anche se poco dibattuta. Il governo ha lanciato un mega programma per contenere l'avanzata del deserto, le informazioni sono poche, ma è chiaro che si sta giocanbdo la faccia. Se non ci riesce adesso, la questione stessa della sopravvivenza della capitale potrebbe diventare centrale nel dibattito interno.
Chiudiamo ricordando che nel 2012 le probabilità che un grande leader mondiale ci lasci sono molto alte: parlo ovviamente di Mandela, un Grande uomo, oltrechè un uomo grande.
2012 L.4: Gianrico Carofiglio - Ad occhi chiusi
Nelle giornate dell'avvocato Guerrieri, ogni tanto piomba una pratica, di quelle che non portano né soldi né gloria, ma solo nuovi nemici. Lui non riesce a rifiutarla, una specie di molla gli scatta dentro. La nuova pratica di "Ad occhi chiusi" gli prospetta una giovane donna vittima di maltrattamenti che ha avuto il coraggio di denunciare l'ex compagno suo persecutore: nessun avvocato vuol rappresentarla per timore delle persone potenti implicate. E la molla che gliela fa accettare sembra essere la ragazza con un'aura di inquietudine, che una sera si presenta assieme all'amico ispettore di polizia nel suo studio per chiedergli di assumere la difesa della donna tormentata.
Una scoperta quasi casuale di questo inverno, ed una bella lettura, leggera e che raccomando.
lunedì 9 gennaio 2012
Una contribución de mi compadre Romualdo
Al leer lo de Saramago (al que le rindo culto y leo cada vez que puedo) recordé el último brindis del antipoeta, al que suelo recurrir cuando debo discursear y no se por dónde empezar:
Lo queramos o no
Sólo tenemos tres alternativas:
El ayer, el presente y el mañana.
Y ni siquiera tres
Porque como dice el filósofo
El ayer es ayer
Nos pertenece sólo en el recuerdo:
A la rosa que ya se deshojó
No se le puede sacar otro pétalo.
Las cartas por jugar
Son solamente dos:
El presente y el día de mañana.
Y ni siquiera dos
Porque es un hecho bien establecido
Que el presente no existe
Sino en la medida en que se hace pasado
Y ya pasó...,
como la juventud.
En resumidas cuentas
Sólo nos va quedando el mañana:
Yo levanto mi copa
Por ese día que no llega nunca
Pero que es lo único
De lo que realmente disponemos.
Nicanor Parra.
Lo queramos o no
Sólo tenemos tres alternativas:
El ayer, el presente y el mañana.
Y ni siquiera tres
Porque como dice el filósofo
El ayer es ayer
Nos pertenece sólo en el recuerdo:
A la rosa que ya se deshojó
No se le puede sacar otro pétalo.
Las cartas por jugar
Son solamente dos:
El presente y el día de mañana.
Y ni siquiera dos
Porque es un hecho bien establecido
Que el presente no existe
Sino en la medida en que se hace pasado
Y ya pasó...,
como la juventud.
En resumidas cuentas
Sólo nos va quedando el mañana:
Yo levanto mi copa
Por ese día que no llega nunca
Pero que es lo único
De lo que realmente disponemos.
Nicanor Parra.
domenica 8 gennaio 2012
2012 L3: Mia Couto: L'Accordeur de silences
Stock, 2011
L'Accordeur de silences est un conte oppressant sur la tyrannie. Tyrannie qu'un veuf, Silvestre, exerce sur ses deux fils, qu'il fait grandir en huis clos au fin fond du Mozambique, dans une zone désertée par presque tous les animaux. Tyrannie d'un amour perdu, qu'une femme blanche traque jusqu'au fond de l'Afrique, faisant fi des moqueries que suscite ce « mal de cornes ».
gran bel libro, scritto in "africano", immagini, odori e colori, un modo diverso di scrivere che richiede pazienza, passione e fantasia per leggerlo. Storie di ieri e di oggi, terre rubate, sogni strappati, l'impossibilità di esser trattati normalmente quando si è donna in Africa... insomma, da leggere e rileggere. Un modo diverso di essere abrasivo rispetto a Paola Bottero, ma stesso filone di storie difficili da digerire.
2012 Le previsioni
Gianni Mura, grande giornalista gastro-sportivo della Repubblica, è solito tirar le sue divinazioni, in particolare per quanto riguarda il campionato di calcio, dalla lettura di una Palla di Lardo. L'esercizio è interessante, e al cominciare un anno che potrebbe essere "peggiore del precedente" come dice la Cancelliera tedesca nel suo discorso di auguri natalizi, ho provato anch'io a riflettere, cercando fra i miei indicatori, quali potrebbero essere le sorti che ci aspettano.
Dico subito che io uso un sistema più scientifico della palla di lardo ma altrettanto aleatorio. Nella mia equazione la variabile X pesa per il 40%, la Y pesa il 35%, questo per quanto riguarda la dimensione nazionale, il tutto poi rapportato a due indicatori relativi all'andamento europeo (W) e mondiale (Z) che pesano rispettivamente 15 e 20%.
Qui sotto il dettaglio delle variabili:
X: misura il ritrovamento lavoro in zona critica dell'economia nazionale, in questo caso il Veneto. Si misura il numero di giorni (in settimane) necessari per ritrovare una collocazione soddisfacente per la persona in esame; non riguarda quindi il primo impiego ma la fascia di età già lavorativa (periodo secondo semestre 2011):
1 / No settimane trascorse dall'inizio effettivo della ricerca lavoro al suo conseguimento
Valore massimo pertanto è 1 (lavoro trovato immediatamente) a valori tendenti a zero (quanto più aumenta il numero di settimane necessarie, cioè impossibilità ritrovare una collocazione soddisfacente). Si usa il testimone D (come Davide per esempio) come indicatore di base.
Y: aspettativa del cittadino medio - del nostro paese - verso il suo futuro immediato. Trattandosi di una variabile chiave - di fatto riguarda il sentimento di fiducia personale verso il nostro futuro più vicino, condensando elementi ponderabili e non, ho deciso di dividerla in due sottocategorie, una per la categoria anziani - più consumatori che produttori, legata al percorso della sotto variabile F (come Fischietto per intenderci) e un'altra legata alle categorie produttive - totalmente aleatoria e legata a un pubblico random definito dall'intorno B (come Bar).
F= da un valore minimo pari a - 1, corrispondente alla situazione "mio povero Paolo, siamo proprio messi male", al valore massimo uguale a 1, corrispondente alla fascia: "Va Bene così", o "Tutto a posto". L'indicatore si misura sul muretto del fontanile sito in via della Mola Vecchia ad Anguillara, aspettando il passaggio della variabile F e rivolgendo la domanda seguente: E allora, come vanno le cose? (il tutto accompagnato da un colpo di claxon per attirare l'attenzione della variabile F). In funzione dei tempi di frenata della sua bicicletta (sul percorso equivalente alla distanza fra le sue capacità uditive della domanda in esame, ponderato per il tempo di autovalutazione necessario a decidere se frenare o meno) si avrà il valore finale della variabile (esempio: domanda lanciata a venti metri dal fontanile, a voce alta e essendo ben riconoscibili: risposta come al caso -1 e senza frenata: caso limite della negatività, che noi veneti chiameremmo: SIAMO DEL GATTO (cioè siamo fritti).
B= da un valore minimo di 1 (equivalente al costo di un cappuccino al bar di fronte la Esso) a un valore massimo aperto, in funzione dell'umore del gruppo di amici che trovi riuniti in una mattinata a caso della prima settimana dell'anno, fra le 10 e le 11 del mattino (per evitare gli affollamenti degli orari da aperitivo).
Y = F/B
W: andamento del commercio al minuto (misurato attraverso l'indicatore Gentil, dal nome del bottegaio dal quale ci serviamo in prelibatezze gastronomiche a Nevers in Francia); indicatore misto risultante dall'andamento economico delle vendite in un determinato periodo (esempio: settimana fra natale e capodanno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso) e relazionato con la percentuale (stimata) di emissione di ricevute/scontrini ai clienti (da 0 a 100%):
(Vendite 2011/Vendite 2010) + % scontrini emessi
(variabile aperta, da valori massimi positivi - aumento degli affari che si somma alla emissione del 100% degli scontrini) a potenziali valori negativi, calo vendite del 10% e emissione scontrini inferiore al 10%).
Z: la lettera di Zorro, imprevedibile giustiziere mondiale, totalmente dipendente dall'umore di chi scrive e dal bilancio fatto a fine anno con un gruppo selezionato di professionisti della Cooperazione e Sviluppo operanti in varie e diverse realtà del sud del mondo.
Z= percentuale di importanti buone notizie professionali ricevute da un gruppo di elementi specializzati (FC+TB+MB+CT+CC+SA) nel suo/suoi paesi di riferimento rispetto alle importanti cattive notizie professionali (problemi) ricevute nello stesso periodo (anno solare 2011). Il tutto moltiplicato per il coefficiente D (stato di salute del nostro cane Djobi Djoba al ritorno dalle vacanze natalizie: valore minimo 1 = tutto a posto a un massimo legato (sommandole) al numero di ferite che avrà rimediato dai vari visitatori con i quali avrà litigato, cinghiali, cani, volpi o altro nella prima settimana di gennaio).
Z= % buone notizie/problemi (range aperto) * D
L'indicatore globale 2012 (IG2012), il primo - benchmark -di una serie che misureremo stabilmente nei prossimi anni, risulta pertanto:
IG = [(X*40%+Y*35%) + (W*15%)] * (Z*20%)
Il risultato dettagliato per l'anno 2012 risulta pertanto essere:
X = 1 ; Y = 1/(1+1) ; W= (-0,1+0,8); Z= (0.8*2); ponderando ogni variabile per il proprio peso specifico nel modello, si ottiene:
IG2012= [(0.4+0.18) + 0.15]*0.32 = 0.73*0.32 = 0.2336
Dico subito che io uso un sistema più scientifico della palla di lardo ma altrettanto aleatorio. Nella mia equazione la variabile X pesa per il 40%, la Y pesa il 35%, questo per quanto riguarda la dimensione nazionale, il tutto poi rapportato a due indicatori relativi all'andamento europeo (W) e mondiale (Z) che pesano rispettivamente 15 e 20%.
Qui sotto il dettaglio delle variabili:
X: misura il ritrovamento lavoro in zona critica dell'economia nazionale, in questo caso il Veneto. Si misura il numero di giorni (in settimane) necessari per ritrovare una collocazione soddisfacente per la persona in esame; non riguarda quindi il primo impiego ma la fascia di età già lavorativa (periodo secondo semestre 2011):
1 / No settimane trascorse dall'inizio effettivo della ricerca lavoro al suo conseguimento
Valore massimo pertanto è 1 (lavoro trovato immediatamente) a valori tendenti a zero (quanto più aumenta il numero di settimane necessarie, cioè impossibilità ritrovare una collocazione soddisfacente). Si usa il testimone D (come Davide per esempio) come indicatore di base.
Y: aspettativa del cittadino medio - del nostro paese - verso il suo futuro immediato. Trattandosi di una variabile chiave - di fatto riguarda il sentimento di fiducia personale verso il nostro futuro più vicino, condensando elementi ponderabili e non, ho deciso di dividerla in due sottocategorie, una per la categoria anziani - più consumatori che produttori, legata al percorso della sotto variabile F (come Fischietto per intenderci) e un'altra legata alle categorie produttive - totalmente aleatoria e legata a un pubblico random definito dall'intorno B (come Bar).
F= da un valore minimo pari a - 1, corrispondente alla situazione "mio povero Paolo, siamo proprio messi male", al valore massimo uguale a 1, corrispondente alla fascia: "Va Bene così", o "Tutto a posto". L'indicatore si misura sul muretto del fontanile sito in via della Mola Vecchia ad Anguillara, aspettando il passaggio della variabile F e rivolgendo la domanda seguente: E allora, come vanno le cose? (il tutto accompagnato da un colpo di claxon per attirare l'attenzione della variabile F). In funzione dei tempi di frenata della sua bicicletta (sul percorso equivalente alla distanza fra le sue capacità uditive della domanda in esame, ponderato per il tempo di autovalutazione necessario a decidere se frenare o meno) si avrà il valore finale della variabile (esempio: domanda lanciata a venti metri dal fontanile, a voce alta e essendo ben riconoscibili: risposta come al caso -1 e senza frenata: caso limite della negatività, che noi veneti chiameremmo: SIAMO DEL GATTO (cioè siamo fritti).
B= da un valore minimo di 1 (equivalente al costo di un cappuccino al bar di fronte la Esso) a un valore massimo aperto, in funzione dell'umore del gruppo di amici che trovi riuniti in una mattinata a caso della prima settimana dell'anno, fra le 10 e le 11 del mattino (per evitare gli affollamenti degli orari da aperitivo).
Y = F/B
W: andamento del commercio al minuto (misurato attraverso l'indicatore Gentil, dal nome del bottegaio dal quale ci serviamo in prelibatezze gastronomiche a Nevers in Francia); indicatore misto risultante dall'andamento economico delle vendite in un determinato periodo (esempio: settimana fra natale e capodanno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso) e relazionato con la percentuale (stimata) di emissione di ricevute/scontrini ai clienti (da 0 a 100%):
(Vendite 2011/Vendite 2010) + % scontrini emessi
(variabile aperta, da valori massimi positivi - aumento degli affari che si somma alla emissione del 100% degli scontrini) a potenziali valori negativi, calo vendite del 10% e emissione scontrini inferiore al 10%).
Z: la lettera di Zorro, imprevedibile giustiziere mondiale, totalmente dipendente dall'umore di chi scrive e dal bilancio fatto a fine anno con un gruppo selezionato di professionisti della Cooperazione e Sviluppo operanti in varie e diverse realtà del sud del mondo.
Z= percentuale di importanti buone notizie professionali ricevute da un gruppo di elementi specializzati (FC+TB+MB+CT+CC+SA) nel suo/suoi paesi di riferimento rispetto alle importanti cattive notizie professionali (problemi) ricevute nello stesso periodo (anno solare 2011). Il tutto moltiplicato per il coefficiente D (stato di salute del nostro cane Djobi Djoba al ritorno dalle vacanze natalizie: valore minimo 1 = tutto a posto a un massimo legato (sommandole) al numero di ferite che avrà rimediato dai vari visitatori con i quali avrà litigato, cinghiali, cani, volpi o altro nella prima settimana di gennaio).
Z= % buone notizie/problemi (range aperto) * D
L'indicatore globale 2012 (IG2012), il primo - benchmark -di una serie che misureremo stabilmente nei prossimi anni, risulta pertanto:
IG = [(X*40%+Y*35%) + (W*15%)] * (Z*20%)
Il risultato dettagliato per l'anno 2012 risulta pertanto essere:
X = 1 ; Y = 1/(1+1) ; W= (-0,1+0,8); Z= (0.8*2); ponderando ogni variabile per il proprio peso specifico nel modello, si ottiene:
IG2012= [(0.4+0.18) + 0.15]*0.32 = 0.73*0.32 = 0.2336
2012 L2: Bottero Paola: Bianco come la vaniglia
Francesco è un ragazzo diciottenne figlio di Calabria. Puro, pulito, carico di vita e di sogni. Francesco è l’ennesima vittima innocente della ’ndrangheta, ma questo romanzo non parla e non vuole parlare di mafie né di sangue. Il racconto della vita di Francesco è un’urgenza per andare oltre la cronaca nera e giudiziaria e restituire alla memoria un fratello, un figlio, un amico, il suo sorriso e la sua gioia di vivere che sono l’unica vera realtà da non dimenticare.
ISBN 9788897656005
208 pagine, cucito a filo refe con cover brossurata
illustrazione di copertina: Caterina Luciano
sabbiarossa EDIZIONI – uscita 31 ottobre 2011
€ 12
I libri di Paola sono come botte di carta vetrata. Raspano, ti fanno male perchè le storie che racconta non solo sono vere ma sono storie che non vorresti esistessero, perchè ti racconta la parte peggiore dell'uomo, quello capace di prendersela anche con un ragazzino. E per questo lo racconta dal punto di vista di un non-umano. Trascendenza? Voglia di andare al di là di noi miseri umani? Insomma, una lettura non facile, impegnativa... ma necessaria.. forza Paola
2012 L1: Mario Vargas Llosa - Avventure della ragazza cattiva
Einaudi (Super ET)
Ricardo conosce la "ragazza cattiva" da adolescente, a Lima, e per trent'anni la rincorre in lungo e in largo per il mondo, colpito da un amore folle e sconsiderato. Lei ama nascondersi sotto false identità, è sempre in fuga da qualcosa, irretita da ideali politici, alla ricerca di libertà, ma anche di patrimoni da depredare. La rincontra a Parigi, dove lei è di passaggio, guerrigliera della MIR destinata all'addestramento a Cuba: sull'isola seduce un capo castrista, poi un diplomatico francese che la riporta con sé in Europa. Seduce poi un benestante inglese, per poi finire con un mafioso giapponese, che la devasta nel morale e nel fisico con ripetute, terribili violenze sessuali. Ogni volta Ricardo è lì a proteggerla. E ogni volta lei riprende la sua via di fuga.
Gran bel libro. Anche quest'anno sarà nella top list. Consigliato vivamente.
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