Da giorni, mesi
e, oramai, anni, siamo bombardati da notizie che trattano con sempre maggior
frequenza di: immigrazione (e movimenti di popolazioni), guerre (e attentati),
cambiamenti climatici. Su tutti questi temi le NU continuano ad avere delle
posizioni che chiamare timide sarebbe un eufemismo.
Cominciamo col
terzo tema. Basti ricordare le due foto chiave degli eventi realizzati a Rio de
Janeiro nel 1992 e ventanni dopo nel 2012. Pomposamente chiamati i Sumit della
Terra, la differenza fra i due é eclatante per capire chi stia gestendo il
mondo. Nel 1992 vedrete nella foto finale solo Capi di Stato o di governo e le
piú alte autorità delle NU. Nel 2012 la metà dei partecipanti venivano dal
settore privato, e non certo piccole aziende locali, ma i potenti, quelli veri.
Ancora più vicino
a noi è la riunione realizzatasi a Parigi l’anno scorso, la famosa COP21,
celebrata dalle autorità francesi e mondiali come un successo, quando nella
realtà nessuno degli obiettivi prefissati è stato raggiunto.
Che i cambiamenti
climatici siano dovuti in gran parte all’azione dell’uomo oramai sono in pochi
a negarlo. Che si stia facendo qualcosa sul serio, anche questo sono in pochi
ad affermarlo. Le NU mandano timidi messaggi per non sporcarsi le mani con i
paesi che contano. L’unico risultato é l’eterna ricerca di un compromesso al
ribasso che non scontenti nessuno (di quelli che contano). Il fatto cvhe questi
accordi non servano a quasi nulla, questo interessa poco tanto fra qualche anno
i politici responsabili saranno diversi, potranno dire che chi li ha preceduti
non ha fatto molto ma grazie a loro arriveranno le nuove promesse. Di fattto
vediamo all’opera lo stesso meccanismo autodiscreditante che notiamo attorno a
noi ogni giorno nella nostra politica locale.
Se passiamo a
vedere cosa succede con le guerre e i conflitti in corso, qui nemmeno arriviamo
a parlare di compromessi al ribasso, non abbiamo nulla sulla tavola. Se
qualcosa succede, come il caso della Colombia, avviata a chiudere un conflitto
pluridecennale, sicuramente non sono le NU le fautrici. Da qualsiasi parte la
si voglia prendere, le NU o non ci sono (basti guardare il conflitto contro i
vari tipi di islamismo radicale) o se ci sono non si vedono. Per non parlare
poi della fama che i caschi blu si stanno facendo in parecchi p[aesi come
violentatori di donne locali.
Per quanto
riguarda il problema immigrazioni (e migrazioni interne), vediamo ogni giorno l’incapacità
delle NU di promuovere una qualsiasi discussione foriera di risultati concreti.
L’incapacità dei governi, europei e non, di trattare il tema, dovrebbe essere
uno stimolo ulteriore perchè ai livelli più alti delle NU ci si batta con
maggior impegno, in modo da mettere i governanti dei vari paesi davanti alle
loro responsabilità. Ma non sembra succedere nulla di tutto questo.
Quello che sembra
all’opera é lo stesso meccanismo che vedo anch’io ogni giorno che passa. Da un
lato la precarizzazione contrattuale, che fa sì che le nuove leve di funzionari
NU non possano avere un orizzonte di sicurezza di diritti tali da potersi
permettere di espletare le loro mansioni in piena libertà intellettuale. Questo
porta quindi ad evitare di contrariare capi e/o responsabili dei governi nei
paesi dove si è basati. Non importa che questo essere d’accordo col pensiero
mainstream alla fine sia deleterio per le proprie NU, dato che si veicola l’impressione
di non avere delle idee, dei principi e dei valori vedi da difendere ma di
essere sostanzialmente d’accordo col potentato di turno. Il raziocinio imposto
dalla precarietà serve per mantenere il proprio posto e, coi tempi che corrono,
questa diventa una priorità per molti. Quando però si analizzi la situazione da
un punto di vista storico, come posso fare io che da trentanni navigo nel mondo
delle organizzazioni internazionali, ci si rende conto, soprattutto sul “terreno”,
che quello che è comprensibile nel brevissimo periodo come strategia di
sopravvivenza individuale, constribuisce pian piano a distruggere l’immagine e
la credibilità dell’istituzione per cui si lavora. A forza di essere sempre d’accordo
con chi comanda, si perdono di vista quei gruppi, deboli, che più avrebbero
bisogno di NU aative e impegnate a promuovere una agenda di diritti.
Si torna pian
piano agli stessi difetti della Società delle Nazioni, che venne chiusa per
essere una inetta congrega di nullafacenti. Oggi le NU sono davanti a un bivio.
Continuando su questa strada finiranno per diventare irrilevanti, lasciando
sempre più il loro ruolo a un settore privato avido di comandare e di dettare
una agenda che sia in linea con i loro interessi.
Da ricordare che
l’agenda (o le agende, dato che non sono necessariamente sempre coincidenti tra
di loro) del settore privato e del settore finanziario, non comportano la
risoluzione dei problemi di cui sopra. Loro fanno soldi con i disastri
ambientali (soprattutto il settore finanziario-assicurativo), cosí come fanno
soldi con i conflitti in corso. Per cui non sarà certo lasciando in mano a loro
questi temi che ne verremo fuori.
Alcuni
specialisti (vedi per esempio Serge Michailof http://www.fayard.fr/africanistan-9782213687131)
dopo un diagnostico che personalmente sottoscrivo interamente, concludono che
sia meglio ridurre la collaborazione multilaterale (via NU) e ritornare a un
bilaterale concentrato in alcuni paesi in modo da avere un impatto maggiore. Questo
cammino di togliere di mezzo le NU non è nuovo. Ma mentre nel passto si
arrivava a queste conclusioni per paura che le NU potessero costituire un
baluardo contro il cibo spazzatura, contro i diritti non rispettati o per
promuovere un’agenda ambientale realmente di cambio, oggi si arriva alle stesse
conclusioni partendo dalla costatazione dei pochi risultati raggiunti. Ecco il
grande rischio: continuare come lo stiamo facendo ci porta ad uscire di strada non
per eccesso di velocità, ma per la non volontà di affermarci come un soggetto
attivo, promotore di iniziative che possano anche non piacere a tutti, ma che
almeno avrebbero da un lato il pregio dell’indipendenza, dato il corpus tecnico
di cui le NU possono ancora avvalersi, e dall’altro il coraggio di affermare
una presenza vera di organizzazioni al di sopra delle beghe quotidiane fra i
vari paesi membri. Cercare un compromesso al rialzo, un massimo comun
denominatore dovrebbe essere l’ambizione di chi guida queste agenzie, e questo
sicuramente farebbe di noi funzionari delle persone fiere di esserne parte.
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