In questi giorni di crisi acuta in un paese ridotto alla fame, mi capita di leggere articoli o prese di posizione da parte di Luciana Castellina, Gianni Minà (quello che nell’agemina telefonica alla lettera F aveva: Fidel) ed anche il Gianluca Melenchon. La prima reazione è stata di chiedermi se siano mai stati in Venezuela o se si siano limitati a leggere gli articoli de Le Monde Diplomatique, il cui direttore era notoriamente un fanatico di Chavez.
Da parte mia, come ho già avuto modo di scrivere, ci sono stato dal 1994 fino a pochi anni fa, grazie a progetti o missioni a cui avevo preso parte, l’ultima su richiesta del governo “rivoluzionario”. Il mio tema di lavoro è sempre stata la questione fondiaria, cioè l’accesso alla terra, quindi riforma agraria e come far funzionare meglio gli “asentamentos”.
Ho potuto conoscere così tanta gente, dai contadini di vari degli dati in cui abbiamo lavorato, a tecnici del governo (di prima e di dopo), nonché il fratello di Chavez e vari intellettuali di sinistra per lo più critici fin dai primi giorni di questa avventura che si spera finisca presto.
L’ignoranza crassa con cui hanno trattato il settore agricolo e in particolare la ridicola “rivoluzione” agraria hanno portato il paese alla fame, e questo non certo per colpa dell’”embargo”. La struttura istituzionale inventatasi da Chavez, con le sue “missioni”, ha creato un sistema parallelo a quello ministeriale aggiungendo confusione e corruzione a qualcosa che di suo era già burocratico e corrotto.
Non si tratta di pensare al buon tempo antico, perché la corruzione e la fragilità di un sistema economico retto solo dal petrolio la conoscevamo da decenni. Qui il punto è di ricordare che non ci si inventa bravi governanti o politici solo perché chi c’era prima non valeva molto. Aggiungiamoci poi il fatto che siano militari, cioè gente che sa solo impugnare le armi e che quanto a livello di preparazione politico-governativa, a parte imparare a memoria qualche massima del Lider, hanno negli anni dimostrato un’incapacità flagrante. Ad esser sincero non tutti i militari sono dei buoni a nulla. Ne avevo conosciuto uno, che aveva studiato a Civitavecchia, che era stato nominato a capo del Catasto (epoca Chavez). Avemmo delle lunghe e interessanti discussioni e quanto sognava di fare sembrava una cosa sensata. Forse però non era troppo ligio al Lider o forse non si faceva corrompere facilmente, fatto sta che pochi mesi dopo non lo trovai più.
Adesso che la stragrande maggioranza dei veneziani cerca di liberarsi di questo giogo, tirar fuori ancora l’imperialismo yanqui fa un po’ sorridere. Che Trump sia entrato a gamba tesa come un elefante in un negozio di porcellane è ovviamente vero. Il punto però che dobbiamo ricordare, cari Castellina, Minà e Melenchon, è che le elezioni presidenziali del 2018 non sono state avallate dalla comunità internazionale a causa dei brogli compiuti dai chavisti. Quindi l’indifendibilità di Maduro, anche secondo le regole democratiche internazionali, era chiara. Che magari poi a qualcuno non faccia Guaidò va anche bene, ma forse varrebbe la pena ricordare che tutti gli altri oppositori o sono in carcere o sono stati costretti all’esilio.
I milioni di venezuelani che hanno già votato con i loro piedi per scappare dal paese, sembra non dicano nulla a una sinistra che sembra storicamente incapace di studiare (sul posto) prima di prendere posizione. Difendere Maduro è come difendere Ortega in Nicaragua, o Castro2 a Cuba: non se ne può più di questi errori storici.
Riguardo ai miei post precedenti su questo tema, ho ricevuto dei commenti da alcuni ex-colleghi dell’organizzazione per cui ho lavorato, altamente negativi e tutti a difendere la rivoluzione. Persone che hanno fatto carriera con lo stesso sistema: clientele e obbedienza assoluta a un capo che, al pari del duo Chavez-Maduro, ha rovinato la nostra organizzazione. Sembra essere questo il destino di una sinistra latinoamericana e europea incapace di riflettere a mente fredda e con razionalità. Voglio ricordare un giorno, verso la fine degli anni 90, ero all’ufficio del Ministro dello Sviluppo Agrario e arrivò una delegazione del MST (il movimento dei contadini senza terra brasiliani). Tornavano da una missione a Caracas su invito del governo locale che cercava appoggi internazionali. Il Brasile era restio ad associarsi a un’avventura di quel tipo per cui il Ministro chiese a quelli del MST di passare da lui al ritorno per sentire le loro opinioni. Il giudizio fu molto duro: una banda di matti dai quali noi, MST e voi, Governo, abbiamo interesse a starne lontani.
Nessun commento:
Posta un commento