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mercoledì 6 febbraio 2019

Degradazione delle risorse naturali: gli intellettuali e la scoperta dell’acqua calda



Per ragioni di lavoro e di interesse personale mi sono andato a rileggere un libro di due ben conosciuti intellettuali del ramo (Jean-Marie Baland e Jean-Philippe Platteau) intitolato: Halting degradato of natural resources, con sottotitolo: Is there a Role for Rural Communities?, pubblicato dalla FAO nel lontano 1996, con una prefazione di un altro famoso intellettuale, l’economista americano Mancur Olson. Per dirla in modo spiccio: un libro che non vale la pena di leggere!

All’epoca, quando lo lessi per la prima volta una ventina d’anni fa, mi era interessata l’analisi proposta ma c’era qualcosa che non mi quadrava. Adesso che gli anni sono passati, e che ho potuto misurare la quantità di energia necessaria per smuovere le acque sia a livello di campo che a livello politico, la rilettura del libro mi ha provocato altre reazioni, una in particolare. 

Un sentimento di stanchezza per delle ovvietà che qualsiasi persona di buon senso che sia andato solo un po’ a frequentare delle comunità agricole, pastorali o forestali in Africa o altrove, conosce benissimo. Il fatto che eminenti specialisti ci passino sopra anni, ovviamente senza mai andare realmente a tastare il polso della situazione sul terreno, permette loro di scrivere e dibattere sul fenomeno dell’acqua calda.

Quasi 400 pagine scritte fitte fitte per dibattere della tesi se la gestione delle risorse naturali sia fatta meglio da privati o dallo Stato centrale, per poi arrivare alla conclusione che la soluzione migliore è il co-management tra comunità e Stato:

“co-management must operate within a framework where the state integrates the populations concerned early on in the design stages of the resource-preserving strategy.” Ammazete, come direbbero a Roma, ci sono arrivati anche loro alla fine. A questo punto avrebbero potuto fermarsi e chiuderla lì. Sfortunatamente gli autori continuano la frase con una affermazione che conferma quanto poco abbiano frequentato le comunità locali: 

“Also, considerable effort must be devoted to explaining to them the objectives pursued and the benefits they will gain from restricted and careful use of the resource involved”.

Insomma, bisogna spiegare con tanta pazienza a questi ignoranti, che ci saranno benefici se seguono le direttive politiche dello Stato.

Ora, a parte trovare estremamente deboli questi argomenti, non suffragati da nessuna evidenza di campo, mi preoccupa il fatto che questi intellettuali “progressisti” facciano perdere una quantità considerevole di tempo, per leggerli, e di risorse, per farli pubblicare così la loro carriera andrà avanti, mentre ci sarebbero tante cose più concrete da fare. Concludo pensando che se questo è il massimo che i grandi intellettuali “progressisti” sono capaci di produrre, non dobbiamo stupirci del fatto che il grabbing delle risorse continui. 

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