Un paio di giorni fa è stato annunciata la scoperta di acqua su un pianeta simile alla terra (http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2019/09/11/scoperta-acqua-su-un-pianeta-simile-alla-terra_b223f7aa-eb79-4054-a70a-cc002ecd25b0.html). Un giorno, quando penseremo a datare l’inizio della Nuova Era della nostra umanità, spero proprio che, invece di pensare sempre alla canzone Aquarius, si finisca sulla data di K2-18b (o altre e prossime scoperte).
Il perché lo spiego in poche parole: il nostro mondo attuale è basato su una struttura mentale di tipo piramidale che vede l’essere umano come l’apice dell’evoluzione e, di conseguenza, come avente diritti superiori sul resto del “creato”. Uso la parola creato volutamente, perché questa superiorità è legata a filo doppio alla concezione che sopra di noi ci sia solo Dio, credenza che che nei secoli generazioni di falsi profeti, preti e quanto altro si sono prodigati di farci credere, sotto le spoglie di religioni diverse nel nome ma unite nello scopo di sottomettere l’uomo ad una casta superiore di tipo religioso (l’apice dell’apice).
Per giustificare questo assioma, l’unicità della nostra presenza nell’Universo era d’obbligo. Da questa unicità discendeva il nostro diritto (divino, ovviamente) di fare e disfare quello che non ci piaceva o che non era conforme ai nostri interessi. La recente sottomissione della Natura, trasformata nell’ultimo Eldorado, non è altro che la logica conseguenza di questa costruzione filosofica.
A partire dal momento che, nello spazio che ci circonda, troviamo possibilità di forme di vita esterne alle nostre, ecco che il mito dell’unicità viene meno. E rompendosi questo mito, a cascata viene giù anche il resto.
Ci vorrà ovviamente del tempo perché questa scoperta (banalissima? Ma sì, diciamolo, banalissima) permei l’orizzonte dell’individuo lambda, ma non ho dubbi che questo succederà. E allora verranno in aiuto anche altre semplici constatazioni come quelle che riporto nella foto qui sotto, presa nel Giardino Botanico di Montreal la settimana scorsa. Possiamo vedere, partendo dal basso, che i primi segni di attività animale datano circa 540 milioni di anni prima di noi. 300 milioni di anni fa comparivano le prime felci (fougères) e i primi rettili. Nel Giurassico apparvero i primi uccelli, seguiti, nel Cretaceo, dai primi fiori. Più vicini a noi, nel Paleogene, arrivano i mammiferi (e siamo a soli 45 milioni di anni fa). Ed eccoci al Neogene quando, buoni ultimi, arriviamo noi.
Insomma, non siamo l’apice dell’evoluzione, ma solo i ritardatari. Tutto quello che chiamiamo Natura, era già lì da parecchio e, cosa ancora più importante, sarà ancora lì dopo che noi saremo scomparsi.
Quindi questa scoperta del K2-18b ci porta a riflettere sia sul fatto che altre forme di vita possono esistere altrove, quindi che non siamo gli unici, ma ci porta a interrogarci sul fatto che non siamo la punta, il vertice, ma semplicemente l’apparizione più recente di un mondo complesso che, ci piaccia o meno, non è stato messo lì per servirci (come certi specialisti dei Servizi Ecosistemici) vorrebbero farci credere, ma è un sistema più grande di noi, che ci invita all’umiltà e al rispetto.
Una Nuova Era basata su questi semplici principi, di umiltà e rispetto, che porteranno con sé l’accettazione della diversità, tanto mai necessaria. Spes Ultima Dea!
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