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martedì 31 gennaio 2023

Operaismo e dottrina sociale della chiesa: due facce dello stesso problema

(sottotitolo: perché questi partiti e partitini di sinistra non servono a nulla)


Leggere oggi gli scritti di alcuni dei teorici storici dell’operaismo, uno fra tanti Mario Tronti, usando una chiave di lettura più aperta, salta subito agli occhi, per noi moderni, l’errore di prospettiva storica: la nascita del movimento operaio di massa, scrive Tronti, si situa negli USA nel periodo tra le due guerre, e da lì si diffonde poi nel mondo occidentale prima e altrove in seguito. Centrando la loro analisi su questo periodo recente, quando le grandi fabbriche dominavano il territorio economico di molti paesi, ed essendo perlopiù maschi quelli addetti alla catena di montaggio, tutta l’analisi diventa così centrata sull’operaio, il famoso operaio massa, maschio sfruttato alla catena di montaggio e che diventa, una volta organizzato nel “movimento” l’asse centrale della futura rivoluzione sociale. 

 

Cosa faccia questo maschio quando esce dalla fabbrica (dove è sfruttato), non interessa a nessuno. Il fatto che vada a casa e ripeta esattamente gli stessi schemi di dominazione patriarcale che si porta dietro da secoli, non merita nessuna analisi. Quando alcune femministe, in particolare a Padova (Mariarosa Dalla Costa in primis), lanciano la tematica del lavoro domestico, vengono trattate come delle incompetenti, che non hanno capito che non bisogna disperdere le forse rivoluzionarie con temi inutili di quel genere.

 

Io ero piccolo, ma siccome mio fratello aveva studiato col gruppo di Scienze Politiche di Negri a Padova, attorno cui giravano tante persone conosciute, spesso molto poco, ma non sempre, come Ferruccio Gambino, Guido Bianchini, Luciano Ferrari Bravo, “Lisi” Del Re, Mariarosa Dalla Costa, mi capitava di sentire ogni tanto citare i nomi di queste due donne, la “Lisi” e Mariarosa, come delle eccentriche, ai margini del gruppo vero che, spesso, pendeva dalle labbra del Vate, Negri. Mio fratello se ne staccò presto, per sua fortuna e, vivendo a Parigi, dove mi trasferii anch’io anni dopo, si vedeva spesso con Guido Bianchini, che diventò anche un amico mio e di mia moglie. Guido era, parole sue, il “traduttore” di Negri quando andava a parlare nelle fabbriche, tipo Marghera. Negri parlava, ci diceva Guido, nessuno capiva, e allora toccava a lui tradurre in un linguaggio comprensibile le sue tesi. Guido era una persona carissima, oltreché un ottimo cuoco, per cui questo fu l’aggancio con mia moglie. Ma anche lui vedeva il mondo col paraocchi maschile, per cui le due professoresse erano sempre ai margini, per non dire escluse dal giro che contava.

 

Sono passati decenni, gli operai-massa sembrano in via di estinzione di fronte a nuove forme di lavoro precario, subordinato, sfruttato, ma soprattutto i paraocchi di una volta iniziano lentamente a scomparire. La velocità di comprensione di questa transizione è ovviamente molto ridotta, soprattutto all’interno di quel partito democratico nato dalla fusione di un partito comunista che era figlio in buona parte delle idee operaiste (basti pensare ai grandi ideologi come Giorgio Napolitano, Massimo Cacciari, Alberto Asor Rosa, Aldo Tortorella e lo stesso Mario Tronti - vedi il famoso libro:  Napolitano, Tronti, Accornero, Cacciari, Operaismo e centralità operaia, pubblicato dalla casa editrice del PCI Editori Riuniti nel 1978) e di una democrazia cristiana nata e cresciuta all’interno della dottrina sociale della Chiesa.

Per il filone operaista del PCI la colpa fu della Trilaterale che decise di “andare oltre” e di spingere al tramonto del capitalismo industriale il che segnò la fine della centralità operaia e, di conseguenza, il mondo del lavoro si frantumò in tanti rivoli (Giulia Gigante. 2023. O centro o sinistra. Per Tronti il Pd deve scegliere da che parte stare. Formiche, 29.01). Da quel momento in poi il PCI non seppe più cosa mettere al centro dell’azione, finché non arrivarono le varie svolte e il PD attuale.

L’altro filone che ha portato al PD, viene dalla Democrazia Cristiana, figlia della dottrina sociale della Chiesa, le cui origini vengono fatte risalire, nella versione breve, a papa Pio XII, anche se storicamente è stato papa Leone XIII con l’enciclica Rerum Novarum del 1891 a dare il via alla riflessione, la centralità della famiglia (e del suo capofamiglia, maschio) è la pietra miliare della costruzione.

 

Al centro della predicazione cattolica, da sempre, ma con maggior enfasi e chiarezza in questo ultimo secolo, l’idea della famiglia, con un ordine gerarchico ben chiaro: l’uomo è il capo e la donna segue e aiuta, da sottomessa. Che la visione del ruolo delle donne non sia cambiata molto, ce lo ricorda lo stesso Papa Francesco quando ancora era cardinale a Buenos Aires:


“Bergoglio non ha fatto mistero della sua posizione arcaica sul ruolo delle donne: "Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici. L'ordine naturale ed i fatti ci insegnano che l'uomo è un uomo politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che le donne da sempre supportano il pensare e il creare dell'uomo, ma niente più di questo". E a rincarare la dose, il cardinal Bergoglio sottolineò: "Abbiamo avuto una donna come presidente della nazione e tutti sappiamo cosa è successo", riferendosi all'ex presidente Maria Estela Martinez de Peron.”

 

L’incontro di queste due culture non poteva che dare risultati infausti, se leggiamo con occhi femministi la storia recente. Ambedue queste correnti, una più estemporanea (l’operaismo) e l’altra più storicamente incarnata (la famiglia patriarcale cattolica), non consideravano in alcun caso l’idea di ruoli egualitari fra uomini e donne, con corresponsabilità condivisa nella sfera domestica da parte degli uomini, senza avere nessun ruolo di “pater familias” per diritto divino.

 

Pensare quindi che si possa smuovere questo elefante invecchiato precocemente come è il PD attuale, è tempo perso. Non sarà da questa classe dirigente che potrà aiutare a pensare nuovi modi di stare assieme, di crescita nella diversità.

 

Fin quando si continuerà a teorizzare che il nemico sia l’organizzazione capitalistica della società (Tronti nell’intervista citata sopra), e non si capisca che il problema di fondo nasce da un paternalismo dominante imposto dagli uomini, che fa sì che lo sfruttamento sia pratica comune nei confronti della metà del mondo, non solo nelle fabbriche o nel mondo del lavoro in generale, ma anche e soprattutto all’interno del nucleo familiare.

 

Se la lotta per l’uguaglianza vera, all’interno della sfera domestica, fosse stata assunta seriamente dai partiti di sinistra francesi da quando sono andati al potere nel 1981, probabilmente oggi non avremmo (parlo per la Francia) questi milioni di cittadine e cittadini a protestare contro una riforma delle pensioni che farà del male soprattutto alle donne, per la semplice ragione che le loro carriere sono state spezzettate dai periodi di maternità (che hanno dovuto assumere da sole, senza condivisione maschile e senza pagamenti di contributi). Se gli uomini avessero iniziato a cambiare sul serio 40 anni fa, avrebbero iniziato a condividere i periodi “senza lavoro”, cioè di care dei figli, così rendendosi conto, da grandi, cosa vuol dire non avere i contributi sufficienti per la pensione, a causa della non considerazione del lavoro domestico.

 

Questo solo per dare un esempio concreto di cosa porterebbe una uguaglianza a partire dal basso, dalla famiglia. 

Che poi sia fondamentale l’educazione scolastica, una nuova classe dirigente di nuovi partiti e movimenti, per incarnare questa visione, tutto questo è ovvio. Ma per questo dobbiamo cominciare a cambiare dalle nostre coppie e dalle nostre vite.

 

Fra qualche secolo poi magari anche la chiesa cattolica cambierà, ma non possiamo certo aspettarla. Lo stesso vale per i partiti di “sinistra” (parlavo prima del PD per una questione di peso specifico, ma non è che Sinistra Italiana, Unione Popolare o gli altri gruppetti siano diversi): tutti a cercare il nemico fuori, lontano, mentre il primo passo sarebbe di guardarsi nello specchio e provare a riempire la griglia che ho condiviso pochi giorni fa, giusto per concretizzare lo sfruttamento femminile in casa.

 

A seguire

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