50 anni fa Mariarosa Dalla Costa aveva mostrato la strada: se si voleva iniziare un cammino di uguaglianza donne-uomini (pur nella diversità) bisognava mettersi a lavorare sulla questione dello sfruttamento domestico delle donne, la base su cui poggia il sistema patriarcale e, di conseguenza, il sistema capitalistico.
All’epoca la questione del salario era centrale nei dibattiti e nelle lotte della sinistra, estrema e non. Pare quindi abbastanza logico che la rivendicazione chiave fosse quella di un salario per il “lavoro non retribuito”.
Considerato un tema molto periferico nelle lotte che i leader, maschi, cercavano di portare avanti, Dalla Costa venne marginalizzata e con lei la (scarsa) attenzione data al tema.
Negli anni 90 una conosciuta teologa ecofemminista americana, Rosemary Radford Ruether, nel suo libro Gaia and God: An Ecofeminist Theology of Earth Healing, Harper-Collins (1994) riprese a parlare del tema:
“Sono gli stili di vita degli uomini, più che quelli delle donne, a dover subire i cambiamenti più profondi. Gli uomini devono superare l'illusione individualistica dell'autonomia, che ha come correlato un potere esercitato sugli altri, a partire dalle donne con cui sono in relazione.
Come amanti, genitori e colleghi di lavoro, devono impegnarsi con le donne nelle relazioni essenziali per il sostentamento della vita: produzione di cibo, vestiti, pulizie, cura dei bambini dalla nascita, cucina, gestione dei rifiuti. Solo quando gli uomini saranno pienamente integrati nella cultura dei compiti di sussistenza quotidiana, uomini e donne potranno iniziare a ridisegnare insieme la vita economica, sociale e politica.”
Nemmeno lei però ebbe grande fortuna, e il tema non riuscì a imporsi nemmeno allora.
Nel frattempo il movimento (eco)femminista ha perso forza e si è disperso in mille rivoli. Adesso che, pur tra mille difficoltà, cerca di riemergere, noi sosteniamo che sia ora di riprendere in mano questa questione, che è centrale, molto di più di tutte le altre battaglie, compresa quella per la giustizia climatica, che inondano i giornali e i talk televisivi.
Senza mettere al centro il necessario riequilibrio delle fondamenta del sistema, il sogno di un mondo migliore non ha nessuna possibilità di realizzarsi. Ve lo dice uno che è geometra di base, figlio di un muratore e che, con muratori della cittadina dove vivo, ci ha passato e ci passa molto tempo.
Raddrizzare le fondazioni di questa casa (patriarcale-capitalista) sbilenca, vuol dire riaprire la discussione sulle asimmetrie di potere nella sfera domestica. In soldoni: fare sì che i maschi mettano più tempo nei compiti necessari a tenere a galla una coppia/famiglia, così da liberare tempo per la partner femminile.
Oggigiorno questa questione della sfera domestica, per chi può permetterselo, viene risolta pagando una domestica (quasi sempre donna e molto spesso proveniente da realtà socio-economiche inferiori). Questa non può essere considerata una soluzione strutturale. Non possono esserci scuse del tipo: io (maschio) lavoro tutto il giorno e spesso anche il week-end, mentre la mia compagna è a casa; quindi è logico che si occupi lei dei compiti domestici. No! No! E No!
Andare verso una ripartizione equa dei compiti (e del tempo), così da liberare tempo femminile per fare quanto sia desiderato dalla donna, senza intromissioni maschili.
Su questo tema abbiamo iniziato una riflessione con un piccolo gruppo di esperte/i (femmine e maschi). Il testo iniziale sarà in discussione con un gruppo ristretto di persone e, successivamente, lo metteremo a disposizione di chi fosse interessata/o.
Metto a disposizione la mia mail per contatti: paologroppo60@gmail.com
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