La vita (penso a quella professionale) a volte è proprio strana. Per chi si occupa dei temi come i nostri, fame nel mondo, riforme agrarie e conflitti legati alle terre, mai ci saremmo aspettati che questi venissero priorizzati da un Presidente eletto sulla scia di un continuismo con una politica militare, di destra molto dura, come quella che era stata implementata dal Presidente Uribe negli anni scorsi in Colombia.
In America latina ci si aspettava molto da governi classificati come progressisti, e vediamo tutti come i risultati siano piuttosto magri da questo punto di vista; ed ecco che ti appare la questione terra, pensando in particolare alle persone desplazadas dalle loro terre e dalle loro comunitá, da parte della Presidenza Santos.
Ci pare importante ricordarlo in questo blog fin da adesso, perché lo scetticismo è ancora grande, molti (che non hanno votato per lui) si chiedono quanto ci creda realmente, fin dove vorrá andare avanti e fin dove lo lasceranno andare.
Per questioni professionali seguiremo questo tema e questo paese. Ma il punto da sottolineare è come sia necessario essere aperti alle novitá e cercare di approfittare delle opportunitá che si aprano, come è questo caso. Tutti sappiamo che regolare la questione terra, in un paese dove il trend va esattamente in senso contrario, verso maggior concentrazione in sempre meno mani, non sará una cosa facile. Si spara ancora molto, le mine sono ancora un problema endemico cosí come le bande di paramilitari che insanguinano il paese.
Nel mondo intero, come si è ascoltato la settimana scorsa durante i dibattiti sul Comitato di Sicurezza Alimentare alla FAO, la questione dell’accaparramento delle terre diventa ogni giorno di piú un problema di difficile gestione. Sempre piú terra in sempre meno mani, gente cacciata via da casa sua per far spazio agli agrocarburanti e tutto questo senza una sola speranza che questo modello possa servire a ridurre la fame e la povertá. Anzi, sappiamo da decenni oramai che questo modello ci porterá dritti contro il muro. Quindi qualcosa dobbiamo fare, cominciare a pensare, ad alleanze, a testare sul terreno la costruzione di nuovi tessuti sociali, ripartendo dal basso, con la pazienza del certosino. Processi lunghi, per i quali nessuno conosce la fine, e nessuno puó garantire che andranno a buon fine, ma almeno dobbiamo provarci. E questo con le orecchie e gli occhi aperti, perché a volte le sorprese arrivano da dove meno te le aspetti.
Adesso sta a noi prepararci per raccogliere questa sfida e proporci come dei possibili alleati in un programma di governo tremendamente complicato.
Torneremo su questo piú avanti….
giovedì 21 ottobre 2010
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