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venerdì 18 aprile 2014

2014 L17: Venenos de Deus, Remédios de Diabo - Mia Couto



O jovem médico português Sidónio Rosa, perdido de amores pela mulata moçambicana Deolinda, que conheceu em Lisboa num congresso médico, deslocou-se como cooperante para Moçambique em busca da sua amada. Em Vila Cacimba, onde encontra os pais dela, espera pacientemente que ela regresse do estágio que está a frequentar algures. Mas regressará ela algum dia? Entretanto vão-se-lhe revelando, por entre a névoa que a cobre, os segredos e mistérios, as histórias não contadas de Vila Cacimba — a família dos Sozinhos, Munda e Bartolomeu, o velho marinheiro, o administrador, Suacelência e sua Esposinha, a misteriosa mensageira do vestido cinzento espalhando as flores do esquecimento.

Gran libro. Il dominio della lingua portoghese e della storia e cultura mozambicana fanno di Couto realmente un gran scrittore. Sarà nella parte alta della Top dell'anno.

2014 L16: Le cimetière de Prague - Umberto Eco



Trente ans après Le Nom de la rose, Umberto Eco nous offre le grand roman du XIXème siècle secret. De Turin à Paris, en passant par Palerme, nous croisons une sataniste hystérique, un abbé qui meurt deux fois, quelques cadavres abandonnés dans un égout parisien. Nous assistons à la naissance de l'affaire Dreyfus et à la création de l'évangile antisémite, Les Protocoles des sages de Sion. Nous rencontrons aussi des jésuites complotant contre les francs-maçons, des carbonari étranglant les prêtres avec leurs boyaux. Nous découvrons les conspirations des renseignements piémontais, français, prussien et russe, les massacres dans le Paris de la Commune où l'on se nourrit d'illusions et de rats, les coups de poignard, les repaires de criminels noyés dans les vapeurs d'absinthe, les barbes postiches, les faux notaires, les testaments mensongers, les confraternités diaboliques et les messes noires...
Les ingrédients sont donc réunis pour faire de ce savoureux feuilleton un diabolique roman d'apprentissage. Tout est vrai ici, à l'exception de Simon Simonini, protagoniste dont les actes ne relèvent en rien de la fiction mais ont probablement été le fait de différents auteurs. Qui peut, cependant, l'affirmer avec certitude ? Lorsque l'on gravite dans le cercle des agents doubles, des services secrets, des officiers félons, des ecclésiastes peccamineux et des racistes de tous bors, tout peut arriver...

 Leggendo la critica si tratta di un romanzo che ha diviso in due, chi ha amato e chi proprio no. A me, onestamente, è piaciuto, anche se capisco le critiche di chi lo trova un po' troppo complicato, troppe storie una dietro l'altra come un bignami della seconda metà del XIX secolo. Certo non si può comparare al Nome della Rosa, qua siamo più nel piacere personale di raccontare storie, più per sè che per gli altri. Avrebbe potuto osare una costruzione diversa... ma insomma Eco è sempre Eco.

domenica 13 aprile 2014

Il senso di Smilla per la vita






Alcuni di voi forse hanno letto Il senso di Smilla per la neve, gran bel libro di Peter Høeg. Il mondo che l’autore ci fa avvicinare attraverso il suo personaggio, quello di un popolo, gli eschimesi della Groenlandia e della loro cultura. Grazie alla testardaggine di Smilla e alle sue conoscenze sulla neve e i suoi segreti, si arriverà ad una fine non ovvia. Smilla, leggendo gli articoli citati qui sotto potrebbe avere la stessa sorpresa e la stessa inquietudine che porta lei, e noi con lei, ad interrogarci sul senso delle cose, anche le più semplici. Per questo ho intitolato questo post Il senso di Smilla per la vita.

Due serie di articoli, letti in questi giorni su giornali diversi, hanno fatto tilt; i primi riguardano la robotica e, per una volta tanto, la ricerca made in Italy, e i secondi invece riguardano la genetica.

Nuove generazioni di robot: “… Nella robotica marina ne costituiscono esempi a guida italiana i progetti Octopus e PoseiDRONE», entrambi sviluppati all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Octopus mira a carpire i segreti che nascondono la destrezza e l'intelligenza dell'octopus vulgaris, il comune polpo, per riprodurli in una nuova tipologia di robot marini dal “corpo” morbido per intero e permettere complicate applicazioni marine in tema di pulizia, di esplorazione, di monitoraggio delle acque, utilizzabili perfino in operazioni di soccorso avendo la capacità di agire con sicurezza e affidabilità negli ambienti dove l’azione degli uomini si potrebbe rivelare pericolosa. PoseiDRONE è invece costituito per la maggior parte da materiali come gomma o silicone e si ispira ai polpi, alle seppie, ai calamari nella forma e nella destrezza delle sue capacità motorie. Questo robot è in grado di nuotare, di camminare e di manipolare oggetti in acqua e, grazie al suo essere morbido, può deformarsi adattandosi agli spazi angusti” http://pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=17286

La tesi premiata studia la progettazione di una nuova generazione di robot in grado di adattare i movimenti del loro corpo all’ambiente circostante, grazie a particolari motori chiamati attuatori ad impedenza variabile (Via), che Catalano ha innovato nelle loro caratteristiche.
I nuovi Via si chiamano qbmove, hanno la forma cubica e conferiscono ai robot la capacità di compiere movimenti naturali molto simili a quelli di un corpo umano: la rigidezza delle articolazioni è variabile e adattabile all’ambiente circostante, così che il robot può avere un corpo inflessibile nei movimenti che richiedono precisione, ed essere cedevole quando deve muoversi velocemente o entrare in contatto con il corpo delle persone attorno a loro. I moduli qbmove presentano, quindi, una funzione simile a quella della muscolatura umana, dotando i robot di un “corpo intelligente” in grado di coesistere e lavorare con le persone in sicurezza.

Il secondo tema che mi ha colpito riguarda, come dicevo, i passi avanti in genetica. Cito: “A distanza di dieci anni dall'ultima scoperta in campo genetico hanno creato la prima forma di vita artificiale, cioè un essere vivente sintetico.[…] Il lavoro di Venter è un passo verso la realizzazione della vita artificiale e ha lo scopo di sviluppare un "genoma minimo" necessario per la vita, con meno di 400 geni, da inserire in cellule batteriche”.

Mentre alcuni specialisti sostenevano che questa nuova creazione fosse sì affascinante, ma lontana dalla possibilità di produrre vita a tutti gli effetti, ossia un uomo… http://www.edicolaweb.net/edic194a.htm, ne arrivava un’altra, un paio di settimane fa, ancora più inquietante: “La biologie synthétique progresse dans son projet d'artificialiser la vie : pour la première fois, un chromosome appartenant à une cellule eucaryote, c'est-à-dire dotée d'un noyau renfermant son patrimoine génétique - comme celles qui nous constituent -, a été entièrement synthétisé et a pu s'exprimer dans celle-ci. En l'occurrence, il s'agit du chromosome III de la levure de boulanger, Saccharomyces cerevisiae” (http://www.lemonde.fr/sciences/article/2014/03/27/sc2-0-la-premiere-levure-dotee-d-un-chromosome-artificiel_4390343_1650684.html)

Mi chiedo cosà succederà quando queste due branchie della scienza si metteranno assieme:  robot capaci di autoprogrammarsi e capaci di creare cromosomi . Forse allora sarà troppo tardi per interrogarsi sul senso comune che diamoalla parola vita.
Cito da Wiki:  « Il definire la natura dell'entità chiamata vita è stato uno dei maggiori obiettivi della biologia. La questione è che vita suggerisce qualcosa come una sostanza o forza, e per secoli filosofi e biologi hanno provato ad identificare questa sostanza o forza vitale senza alcun risultato. [...] In realtà, il termine vita, è puramente la reificazione del processo vitale. Non esiste come realtà indipendente. »

Riguardo alla definizione di cosa sia la vita c'è ancora dibattito tra scienziati e tra filosofi. Per una delle definizioni scientifiche rigorose è necessario individuare le caratteristiche fondamentali della vita, da un punto di vista materiale. Uno studio approfondito in merito è stato fatto dal fisico Erwin Schrödinger. Nella sua dissertazione Schrödinger nota per prima cosa la contrapposizione tra la tendenza dei sistemi microscopici a comportarsi in maniera "disordinata", e la capacità dei sistemi viventi di conservare e trasmettere grandi quantità di informazione utilizzando un piccolo numero di molecole, come dimostrato da Gregor Mendel, che richiede necessariamente una struttura ordinata. In natura una disposizione molecolare ordinata si trova nei cristalli, ma queste formazioni ripetono sempre la stessa struttura, e sono quindi inadatte a contenere grandi quantità di informazione. Schrödinger postulò quindi che l'unico modo in cui il gene può mantenere l'informazione è una molecola di un "cristallo aperiodico" cioè una molecola di grandi dimensioni con una struttura non ripetitiva, capace quindi di sufficiente stabilità strutturale e sufficiente capacità di contenere informazioni. In seguito questo darà l'avvio alla scoperta della struttura del DNA da parte di Franklin, Watson e Crick; oggi sappiamo che il DNA è proprio quel cristallo aperiodico teorizzato da Schrödinger.
Seguendo questo ragionamento Schrödinger arrivò ad un apparente paradosso: tutti i fenomeni fisici seguono il secondo principio della termodinamica, quindi tutti i sistemi vanno incontro ad una distribuzione omogenea dell'energia, verso lo stato energetico più basso, cioè subiscono un costante aumento di entropia. Questo apparentemente non corrisponde ai sistemi viventi, i quali si trovano sempre in uno stato ad alta energia (quindi un disequilibrio). Il disequilibrio è stazionario, perché i sistemi viventi mantengono il loro ordine interno fino alla morte. Questo, secondo Schrödinger, significa che i sistemi viventi contrastano l'aumento di entropia interno nutrendosi di entropia negativa, cioè aumentando a loro favore l'entropia dell'ambiente esterno. In altre parole gli organismi viventi devono essere in grado di prelevare energia dall'ambiente per sostituire l'energia che perdono, e quindi mantenere il disequilibrio stazionario. Questo è ciò che in biologia è stato riconosciuto nei fenomeni di metabolismo e omeostasi
Secondo Ernst Mayr, è un'entità viva, quindi con peculiarità che la distinguono dalle entità non viventi, l' organismo vivente, che soggetto alle leggi naturali, le stesse che controllano il resto del mondo fisico. Ma ogni organismo vivente e le sue parti viene controllato anche da una seconda fonte di causalità, i programmi genetici. L'assenza o la presenza di programmi genetici indica il confine netto tra l'inanimato e il mondo vivente.
Unendo il concetto del disequilibrio con quello della riproduzione (cioè della trasmissione ordinata delle informazioni), come espressi da Schrödinger, si ottiene quello che può essere definito vivente:

  • un sistema termodinamico aperto, in grado di mantenersi autonomamente in uno stato energetico di disequilibrio stazionario e in grado di dirigere una serie di reazioni chimiche verso la sintesi di se stesso.

Questa definizione è largamente accettata nell'ambito della biologia, nonostante ci sia ancora dibattito in merito.
Basandosi su questa definizione un virus non sarebbe un organismo vivente, perché può arrivare a riprodursi ma non può farlo autonomamente, in quanto si deve appoggiare al metabolismo di una cellula ospite, così come non sono esseri viventi le semplici molecole autoreplicanti, in quanto sottoposte all'entropia come tutti i sistemi non viventi.






sabato 5 aprile 2014

Kabul, Kigali e il nostro fattore K





La lettera del giorno è indubbiamente la Kappa. Mi permette di legare tre momenti importanti per molta gente qui da noi ma soprattutto fuori dai nostri confini. La K di Kabul è per ricordare, oggi giorno di elezioni per sostituire l’incredibile presidente Karzai, le promesse di portare la democrazia e la libertà che ci vennero spacciate da quella banda capitanata da Bush figlio, con al seguito il Renzi inglese, Toni, e tutti gli altri, noi compresi. Grazie a quella guerra sbagliata, mal pensata e peggio condotta, oggi i Talebani si riavvicinano al potere e da quelle parti non possiamo neanche più provare a parlare di democrazia e libertà. Parole inflazionate e senza senso quando vengono impersonate da tipi come il Presidente uscente, corrotto lui e la famiglia, e che sta cercando di trafficare anche il voto di oggi. Un pensiero va a quei milioni di afgani e afgane che, malgrado tutto, si stanno recando ai seggi, malgrado le intimidazioni, il tutto nel sogno che il loro bollettino conti qualcosa. Non adesso, ma magari un giorno sarà così.
La K di Kigali, capitale del Ruanda è la Kappa della vergogna che ci avvolge tutti, nessuno escluso. Se i servizi segreti francesi ci sono dentro in prima fila (http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20140207.OBS5581/rwanda-une-barbouze-francaise-au-c-ur-du-genocide.html) resta comunque un senso profondo di dolore per la conferma che l’uomo, dopo la Shoah, non ha imparato assolutamente nulla. Già ci avevano provato i cambogiani, all’epoca di Pol Pot, a provare a sterminarsi da soli, ed anche lì le sterili condanne internazionali non erano servite a nulla. Ma il Ruanda è figlio dei tempi moderni, del primo internet, di cose che si sapevano e che si sono risolte solo grazie all’intervento armato dei fuoriusciti Tutsi che si erano rifugiati in Congo. Un milione di morti, e noi lì a guardare. Lunedì saranno vent’anni.
L’ultima K la vogliamo dedicare a colui che ne ha fatto materia elettorale. Alberto Ronchey, rimpianto grande giornalista italiano, coniò questo neologismo nel lontano 1979 per spiegare il mancato rinnovo delle forze al governo in Italia. La Kappa di Kommunizm a significare che l’ingombrante presenza di un forte partito comunista bloccava tutto riformismo serio dato che quel partito non sarebbe mai potuto arrivare al potere. L’ex Cavaliere resuscitò quel concetto nel 1994 quando si lanciò a spada tratta a difendere le sue ruberie attraverso lo strumento politico. Fu bravo a farne una bandiera, del secolo scorso, ma che in tanti abbracciarono, e lo votarono e rivotarono. Adesso che ricorrono i 20 di quell’avventura, pian piano cominciano i bilanci: ed il nulla assoluto, a parte la difesa strenua della sua roba… è sempre più evidente. L’Avaro di Arcore aveva promesso di tutto, ne aveva veramente dette di tutti i colori: Ci sono gli alberghi e nelle tendopoli sentitevi come in campeggio (7 aprile 2009). Offrirò le mie case agli sfollati (10 aprile 2009) – ricordiamo l’indennità pari a 800 euro al mese per i lavoratori autonomi rimasti senza lavoro: un’indennità che ancora alcun lavoratore ha percepito. Domani sarà il quinto anniversario, e sono ancora lì ad aspettare.

giovedì 3 aprile 2014

2014 L15: Les sauvages 3 - Sabri Louatah

Chaouch sort de son coma : l « homme le plus sexy de l année » ressemble désormais à un monstre. Pendant la rééducation du Président élu, la République tremble sur ses bases. L ennemi public numéro 1 court toujours ; ceux qui le traquent butent sur ses véritables motivations. Nazir Nerrouche
est comme un spectre, en qui s incarnent tous les non-dits de l histoire de France depuis cinquante ans. à l enquête officielle s ajoute celle de son frère, Fouad l acteur, aidé d une journaliste d investigation aux méthodes et au charme sauvages. Le tout jeune Krim se retrouve en détention provisoire, auteur d un attentat dont le seul commanditaire est peut-être le Destin...

Scritto bene.. ma alla fine si resta un po'sorpresi, per non dire delusi. Ci pensavo stanotte dopo averlo finito del perché di quell'amaro in bocca. Ecco, il primo tomo, difficile da seguire, ma é una corale interessante, tanti personaggi, dove ci si puó perdere, ma é chiaro il tentativo di dipingere la societá francese attuale, fatta di un melting pot che funziona sempre meno. Poi nel secondo tomo cominciano ad apparire sempre piú le storie individuali... ma almeno uno si porta dietro il sapoere del primo tomo. Cosí quando arrivi al terzo.. ecco il problema.. rimangono solo le storie individuali... si perde totalmente il paesaggio dietro e sembra di entrare in una di quelle storie americane dei gialli di oggi... un intrigo interessante ma surrealista... insomma non so se compreró il prossimo...

BoBo et BoBo

Les French ont leurs BoBos…

Le terme bobo, contraction de bourgeois-bohème, est une expression désignant des personnes relativement aiséesNote 1 dont les valeurs se situent à gauche. À partir de cette définition générale, différents attributs peuvent être ajoutés à l'archétype du bobo : urbain, écologiste, idéaliste, hypocrite… Il s'agit ainsi d'un sociostyle, c'est-à-dire d'une tentative de caractériser un groupe social selon les valeurs que ses membres partagent, plutôt que selon leurs caractéristiques socio-économiques ou démographiques. (Wikipedia)

On aurait plutôt l’idée de les penser comme des parisiens nantis, qui votent à gauche parce que cela fait « tendance » ce qui pourrait expliquer pourquoi les gens de droite se foutent de leur gueule.
Hier soir, deux bobos assumés, sont passé chez Arte pour defendre la catégorie : voilà le reportage de les Inrockuptibles (http://www.lesinrocks.com/2014/02/06/actualite/la-republique-bobo-marre-du-bobo-bashing-11469944/)

Les bobos en auraient-ils assez de se faire injurier à tout va depuis quelques années ? Comme l’éclairent Laure Watrin et Thomas Legrand, bobos assumés, dans leur livre La République bobo, sorte d’esquisse pour une auto-analyse, la petite musique répétitive du “bobobashing” commence à devenir usante, pour ne pas dire absurde.  Angéliques et déconnectés de la réalité du pays, loin du peuple, “ils sont au mieux naïfs et utopistes, au pire hypocrites et cyniques”. Pire, ils seraient “des velléitaires individualistes et superficiels, une secte écolo-immigrationniste, infiltrée dans tous les rouages du pouvoir, une loge composée d’intermittents profiteurs, de journalistes moutonniers, de communicants prétentieux, d’artistes indignés…”. Les professionnels de la politique n’hésitent plus à s’emparer du filon, tant il incarne une figure de détestation efficace.
Pour la droite, notent les auteurs, les bobos sont “des apatrides, les idiots utiles de l’immigration et de la globalisation”. Pour la gauche de la gauche, ils sont plutôt “les incubateurs du capitalisme, des gogos privilégiés qui singent la révolte, persuadés que leurs indignations sociétales sont subversives”, ou encore “des rats qui ont quitté le navire de la lutte des classes”, “des inquisiteurs du bon goût et de la pensée unique”, des “profiteurs boursouflés de bons sentiments“, des “terroristes intellectuels”. Rien que ça.

Au bout de cinq minutes j’en avais marre.

Vive l’Italie et vive notre BOBO…