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sabato 5 aprile 2014

Kabul, Kigali e il nostro fattore K





La lettera del giorno è indubbiamente la Kappa. Mi permette di legare tre momenti importanti per molta gente qui da noi ma soprattutto fuori dai nostri confini. La K di Kabul è per ricordare, oggi giorno di elezioni per sostituire l’incredibile presidente Karzai, le promesse di portare la democrazia e la libertà che ci vennero spacciate da quella banda capitanata da Bush figlio, con al seguito il Renzi inglese, Toni, e tutti gli altri, noi compresi. Grazie a quella guerra sbagliata, mal pensata e peggio condotta, oggi i Talebani si riavvicinano al potere e da quelle parti non possiamo neanche più provare a parlare di democrazia e libertà. Parole inflazionate e senza senso quando vengono impersonate da tipi come il Presidente uscente, corrotto lui e la famiglia, e che sta cercando di trafficare anche il voto di oggi. Un pensiero va a quei milioni di afgani e afgane che, malgrado tutto, si stanno recando ai seggi, malgrado le intimidazioni, il tutto nel sogno che il loro bollettino conti qualcosa. Non adesso, ma magari un giorno sarà così.
La K di Kigali, capitale del Ruanda è la Kappa della vergogna che ci avvolge tutti, nessuno escluso. Se i servizi segreti francesi ci sono dentro in prima fila (http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20140207.OBS5581/rwanda-une-barbouze-francaise-au-c-ur-du-genocide.html) resta comunque un senso profondo di dolore per la conferma che l’uomo, dopo la Shoah, non ha imparato assolutamente nulla. Già ci avevano provato i cambogiani, all’epoca di Pol Pot, a provare a sterminarsi da soli, ed anche lì le sterili condanne internazionali non erano servite a nulla. Ma il Ruanda è figlio dei tempi moderni, del primo internet, di cose che si sapevano e che si sono risolte solo grazie all’intervento armato dei fuoriusciti Tutsi che si erano rifugiati in Congo. Un milione di morti, e noi lì a guardare. Lunedì saranno vent’anni.
L’ultima K la vogliamo dedicare a colui che ne ha fatto materia elettorale. Alberto Ronchey, rimpianto grande giornalista italiano, coniò questo neologismo nel lontano 1979 per spiegare il mancato rinnovo delle forze al governo in Italia. La Kappa di Kommunizm a significare che l’ingombrante presenza di un forte partito comunista bloccava tutto riformismo serio dato che quel partito non sarebbe mai potuto arrivare al potere. L’ex Cavaliere resuscitò quel concetto nel 1994 quando si lanciò a spada tratta a difendere le sue ruberie attraverso lo strumento politico. Fu bravo a farne una bandiera, del secolo scorso, ma che in tanti abbracciarono, e lo votarono e rivotarono. Adesso che ricorrono i 20 di quell’avventura, pian piano cominciano i bilanci: ed il nulla assoluto, a parte la difesa strenua della sua roba… è sempre più evidente. L’Avaro di Arcore aveva promesso di tutto, ne aveva veramente dette di tutti i colori: Ci sono gli alberghi e nelle tendopoli sentitevi come in campeggio (7 aprile 2009). Offrirò le mie case agli sfollati (10 aprile 2009) – ricordiamo l’indennità pari a 800 euro al mese per i lavoratori autonomi rimasti senza lavoro: un’indennità che ancora alcun lavoratore ha percepito. Domani sarà il quinto anniversario, e sono ancora lì ad aspettare.

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