Primo post da Bogotà, dopo giornate intense sia alla Cumbre
Mundial de Arte, Cultura para la Paz sia di riunioni extra per discutere con la
Segreteria di sviluppo economico del Comune di Bogotà di temi di sviluppo ambientale
sostenibile e modelli partecipativi e poi con la federazione delle camere di
commercio dei settori legati all’agricoltura (risicoltori, produttori di
concetrati per l’allevamento animale, molini etc.).
Il tema è sempre lo stesso: la irreversibilità del dialogo
in corso all’Avana fra governo e guerriglia della FARC, prospettive di pace nel
paese e come prepararsi a questo futuro che sembra avvicinarsi rapidamente.
La prima constatazione che ho condiviso con tutti loro è che
al giorno d’oggi il centro geopolitico mondiale sta molto lontano dall’America
Latina, per cui del negoziato di pace in Colombia, detto in soldoni, al di là
dei diretti interessati e dei pochi che per ragioni professionali o affettive
lo stanno seguendo, non interessa a nessuno. Il che obbliga i colombiani a
rimboccarsi le maniche e ricordarsi che è un problema loro, trovare il modo di
fare la pace ma soprattutto evitare di ricreare le condizioni che facciano
ripartire il conflitto nel prossimo futuro.
Ci sono circa 3 milioni di desplazados, ai quali vanno
sommati le circa 70 mila combattenti armati ancora in circolazione. Insomma un
numero grande, non impossibile da gestire ma che richiederà uno sforzo
adeguato.
L’interessante della storia
sono tre momemti chiave:
1.
Il primo al Teatro Gaitàn dove sono stato
invitato a condividere le nostre esperienze in materia di conflitti legati alle
terre. Non c’erano star che richiamassero il pubblico, nessuno aveva l’obbligo
di venire, ma il teatro era pieno. Varie centinaia (a occhio direi un 500
posti) di persone da mattina a sera e, più interessante, in gran parte giovani,
ventenni o poco più. Lascia ben sperare per il futuro, e quindi un Bravi agli
organizzatori (Comune di Bogotà, retto da circa 12 anni da maggioranze di
sinistra)
2.
Il secondo riguarda il programma di sviluppo rurale che sta portando
avanti il comune di Bogotà (il 75% del territorio comunale è rurale,
incredibile vero?): esattamente quello che da quasi quindici anni veniamo
predicando col nostro approccio di Sviluppo Territoriale Negoziato, in più con
una attenzione particolare alla dimensione ambientale. Da ricordare che si
lavora in zone dove la guerriglia comanda. Da ricordare anche che il modello
organizzativo che vogliono spingere è quanto di più inclusivo, partecipato e
orizzontale io conosca. Ossia, un programma che questione centralmente il
meccanismo di potere (paternalista e assistenzialista) portato avanti fin’ora
dal governo centrale. Un team giovane, motivato, al quale ho fatto alcune
raccomandazioni perché capiscano a cosa stanno giocando. Troveranno molti
ostacoli, proprio perché la centralità dei poveri attori locali, che loro
vogliono portare a diventare i gestori del territorio, assieme alle istituzioni
comunali, è esattamente il contrario dell’oppressione contadina storica.
Saremmo onorati di poterli aiutare. Soprattutto perché dimostra, in vista del
futuro scenario post-conflitto armato, che è possibile ricostruire il paese su
basi diverse, più democratiche, partendo dal locale.
3.
Ultimo, ma non meno importante, la riunione con
i settori produttivi del campo. Interessante vedere la disponibilità a dar una
mano a un processo che, anche se ne sanno poco, dato che le informazioni
filtrano col contagocce, giudicano oramai irreversibile. Si arriverà a firmare
la pace, ma bisognerà darsi da fare per creare lavoro, ridurre il deficit
sociale, accettare una buona dose di pragmatismo nel perdono per atti commessi
dalle varie parti, e cercare una strada loro per andare avanti.
Torno a casa domani con un animo più leggero. Il cammino
sarà lungo, ma questa volta sento che sarà la volta buona. Già una volta
partecipai a un processo che sembrava essere in dirittura d’arrivo. A me toccò
formulare la componente legata alla Terra del programma ProderPaz, che però all’ultimo
momento non partì causa il rapimento di Ingrid Betancourt. Oggi è diverso, il
senso della storia va nella direzione della pace.
Dopodichè resterà da
sormontare le immense fratture sociali esistenti nel corpo colombiano, in
termini di diritti, di accettazione della diversità (afro, indio) e di guardare
avanti nel rispetto degli altri.