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giovedì 9 aprile 2015

Colombia in marcia verso la pace?



Primo post da Bogotà, dopo giornate intense sia alla Cumbre Mundial de Arte, Cultura para la Paz sia di riunioni extra per discutere con la Segreteria di sviluppo economico del Comune di Bogotà di temi di sviluppo ambientale sostenibile e modelli partecipativi e poi con la federazione delle camere di commercio dei settori legati all’agricoltura (risicoltori, produttori di concetrati per l’allevamento animale, molini etc.).

Il tema è sempre lo stesso: la irreversibilità del dialogo in corso all’Avana fra governo e guerriglia della FARC, prospettive di pace nel paese e come prepararsi a questo futuro che sembra avvicinarsi rapidamente.

La prima constatazione che ho condiviso con tutti loro è che al giorno d’oggi il centro geopolitico mondiale sta molto lontano dall’America Latina, per cui del negoziato di pace in Colombia, detto in soldoni, al di là dei diretti interessati e dei pochi che per ragioni professionali o affettive lo stanno seguendo, non interessa a nessuno. Il che obbliga i colombiani a rimboccarsi le maniche e ricordarsi che è un problema loro, trovare il modo di fare la pace ma soprattutto evitare di ricreare le condizioni che facciano ripartire il conflitto nel prossimo futuro.

Ci sono circa 3 milioni di desplazados, ai quali vanno sommati le circa 70 mila combattenti armati ancora in circolazione. Insomma un numero grande, non impossibile da gestire ma che richiederà uno sforzo adeguato. 

L’interessante della storia  sono tre momemti chiave:
1.       Il primo al Teatro Gaitàn dove sono stato invitato a condividere le nostre esperienze in materia di conflitti legati alle terre. Non c’erano star che richiamassero il pubblico, nessuno aveva l’obbligo di venire, ma il teatro era pieno. Varie centinaia (a occhio direi un 500 posti) di persone da mattina a sera e, più interessante, in gran parte giovani, ventenni o poco più. Lascia ben sperare per il futuro, e quindi un Bravi agli organizzatori (Comune di Bogotà, retto da circa 12 anni da maggioranze di sinistra)
2.       Il secondo riguarda il programma di sviluppo rurale che sta portando avanti il comune di Bogotà (il 75% del territorio comunale è rurale, incredibile vero?): esattamente quello che da quasi quindici anni veniamo predicando col nostro approccio di Sviluppo Territoriale Negoziato, in più con una attenzione particolare alla dimensione ambientale. Da ricordare che si lavora in zone dove la guerriglia comanda. Da ricordare anche che il modello organizzativo che vogliono spingere è quanto di più inclusivo, partecipato e orizzontale io conosca. Ossia, un programma che questione centralmente il meccanismo di potere (paternalista e assistenzialista) portato avanti fin’ora dal governo centrale. Un team giovane, motivato, al quale ho fatto alcune raccomandazioni perché capiscano a cosa stanno giocando. Troveranno molti ostacoli, proprio perché la centralità dei poveri attori locali, che loro vogliono portare a diventare i gestori del territorio, assieme alle istituzioni comunali, è esattamente il contrario dell’oppressione contadina storica. Saremmo onorati di poterli aiutare. Soprattutto perché dimostra, in vista del futuro scenario post-conflitto armato, che è possibile ricostruire il paese su basi diverse, più democratiche, partendo dal locale.
3.       Ultimo, ma non meno importante, la riunione con i settori produttivi del campo. Interessante vedere la disponibilità a dar una mano a un processo che, anche se ne sanno poco, dato che le informazioni filtrano col contagocce, giudicano oramai irreversibile. Si arriverà a firmare la pace, ma bisognerà darsi da fare per creare lavoro, ridurre il deficit sociale, accettare una buona dose di pragmatismo nel perdono per atti commessi dalle varie parti, e cercare una strada loro per andare avanti.

Torno a casa domani con un animo più leggero. Il cammino sarà lungo, ma questa volta sento che sarà la volta buona. Già una volta partecipai a un processo che sembrava essere in dirittura d’arrivo. A me toccò formulare la componente legata alla Terra del programma ProderPaz, che però all’ultimo momento non partì causa il rapimento di Ingrid Betancourt. Oggi è diverso, il senso della storia va nella direzione della pace. 

Dopodichè resterà da sormontare le immense fratture sociali esistenti nel corpo colombiano, in termini di diritti, di accettazione della diversità (afro, indio) e di guardare avanti nel rispetto degli altri.

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