Inizio serio per
un finale più lieve, citando W. Allen.
L’altro giorno mi
trovavo all’Expo a parlare del tema diritto alla terra e diritto al cibo, nel quadro
di un seminario su Fede, agricoltura e alimentazione, organizzato da una rete
di organizzazioni di base cattoliche. Dopo un inquadramento storico, ho
presentato gli strumenti approvati dalle Nazioni Unite in questi ultimi dieci -
dodici anni, riflettendo poi sulla loro congruità rispetto alle dimensioni del
problema che abbiamo davanti.
In sintesi, mi
ponevo il dubbio gramsciano fra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della
volontà. Pessimismo di fronte ai fatti che ci assalgono ogni giorno e che ho
così riassunti:
(i)
Lo Stato-Nazione,
nato sull’idea del Patto Sociale di Rousseau, ma modellato sugli interessi
economici dei nascenti mercati nazionali, sta chiaramente morendo, sostituito
da una “società liquida” dominata da interessi transnazionali, privati e che
non rispondono a nessuna costituency democratica.
(ii)
Sempre
più le Corporates (Multinazionali …) soppiantano questa generazione di mediocri
politici e, quel che è peggio,
(iii)
stanno
passando il potere a un grumo finanziario non più legato a nessun prodotto
materiale.
(iv)
Il
risultato è quello di crescenti disparità e asimmetrie di potere tra gli attori
forti e quelli che non contano nulla, il tutto al di fuori dei confini
“tradizionali” dello Stato, in un contesto di
(v)
Turbocapitalismo
(Capital-intensive (distruttore di lavoro), alta concentrazione di risorse
naturali – suolo, soprassuolo e sottosuolo
(non necessariamente nella vecchia forma di proprietà totale), sempre più
legata (o meglio, sottomessa) alla finanza internazionale, con un limitatissimo
interesse per le dimensioni ambientali, sociali etc. etc.
Perché sostengo
questo? La mediocrità dei politici attuali, non solo italiani o europei, si
badi bene, la stiamo vivendo in prima linea in questi giorni. L’avanzata dello
Stato Islamico, oramai alle porte dell’Europa se non già dentro, è frutto, come
ripetono da tempo vari osservatori imparziali (vedasi articolo di Patrick
Cockburn su Repubblica di oggi) degli errori politici e militari dell’Occidente.
L’incapacità di risolvere il problema greco, un granello di sabbia rispetto
alla massa economico-finanziaria europea, conferma questa incapacità di vedere
al di là del proprio naso di tutti i nostri leader. La crisi ecologica che ci
viene ricordata ogni giorno di più, senza che si arrivi a decidere alcunché. L’unico
attore mondiale ad aver detto parole chiare e limpide è stato Papa Francesco,
la cui profondità di pensiero risalta ancor di più nella palude del nulla
espresso dagli altri.
Non esprimono
nulla perché oramai contano sempre meno. Quando le basi del trattato TTIP sono
poste da interessi privati di grandi Corporates, è chiaro che, per il fatto
stesso di accettare questo principio, i rappresentanti eletti dello
Stato-Nazione riconoscono che il loro potere vale sempre meno. Monnaie de singe dicono i francesi, per
indicare una valuta che non vale più nulla; da anni oramai ci intontiscono con
la storia della necessità di accettare anche il settore privato al tavolo delle
negoziazioni e dei grandi accordi internazionali. Guardate la Rio+20 del 2012,
migliaia di imprese erano lì a dettare le loro priorità e a frenare sugli
impegni da sottoscrivere. Oggi è anche peggio. La crisi iniziata nel 2008 ha
mostrato come chi conta sul serio siano le banche, non i cittadini. La crisi
greca viene dalla stessa base: un debito privato, in mano alle banche,
(tedesche e francesi soprattutto), creato appositamente per finanziare le
vendite di armamenti tedeschi e francesi ai governi precedenti della Grecia. Si
è voluto salvare le banche affondando l’economia reale e la vita dei cittadini.
E oggi, ancora si insiste che i cittadini devono pagare gli errori imposti
dalla banda di Bruxelles. Oramai solo la finanza conta, e la finanza non risponde
più a nessuno che non siano i soci e detentori delle azioni.
Quando parlo di
crescenti asimmetrie di potere, faccio presente che il risultato è un gap di
fiducia che lascia posto a qualsiasi reazione e avventura politica. Dal comunitarismo
al populismo e alle dittature, nonché al ritorno dei nazisti come stiamo
vedendo in Europa.
Quindi,
pessimismo della ragione o ottimismo della volontà? Ripartire dal basso per
ricreare società più democratiche, dove la centralità dell’essere umano, in
equilibrio rispettoso con Madre Natura trovi il suo modo di evolversi, fuori
dai ricatti della finanza. Strada difficile, ma credo non ci siano alternative.
Quindi domenica si vota NO per ricordare semplicemente che o l’Europa si
ricorda che deve essere una Europa dei cittadini, oppure come ha detto un
toscano molto conosciuto: “Se è questa l’Europa che volete, allora tenetevela”.
Ripartire dal
basso con chi ci sta e abbia a cuore la nostra casa comune. Ed ecco il perché di
cercare ponti con le comunità cattoliche di base, ma non solo loro. Una agenda
di base ce l’abbiamo, cioè si è imposta da sola in questi anni:
dalla Food
security alla Food sovereignty (chi produce, distribuisce e consuma
cibo deve poter controllare i meccanismi e le politiche di produzione e
distribuzione del cibo, e non lasciarle in mano a Corporates o mercati - No all’aumento della produzione ma
enfasi su una miglior distribuzione e un miglior accesso;
Proteggere i
Beni Comuni (Terra,
Acqua, …): No alla privatizzazione e NO alla centralità umana rispetto alla
natura
Promuovere una cultura
basata sui diritti
Promuovere
agricolture familiari locali con preferenza per l’agroecologia – Diversificazione invece di
Omogeneizzazione
Enfasi maggiore
sulla parità di genere e
Occuparsi del gap
crescente di sfiducia tra la gente– cioè ricostruire un Patto Sociale.
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