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domenica 23 aprile 2017

Francia - si vota: diamo i numeri!

Eccoci arrivati al primo giro della giostra francese: degli 11 candidati, di cui 4 compongono il gruppetto di testa, stasera ne resteranno 2, pronti ad affrontare il secondo turno ai primi di maggio.

Il settore della finanza ha già fatto sapere quale sarebbe il risultato ideale: Macron-Fillon, cioè i due campioni della finanza (Macron) e della destra neoliberale (Fillon). Quindi questo è per noi il peggior risultato: incrociamo le dita e facciamo gli scongiuri perché non succeda.

La destra neoliberale preferirebbe invece un altro risultato: Le Pen contro Fillon. In questo modo salverebbero il partito (i cosiddetti Repubblicani, nome inventato da Sarkozy) ed anche il potere dato che il solito fronte repubblicano eleggerebbe Fillon con una marea di voti. 

La paura dei neoliberali per quanto riguarda la tenuta del loro partito, si deve alla mescolanza di voti di origini diverse che stanno convergendo sul candidato della finanza, Macron. Un tipo senza partito ma con solidissimi appoggi, quelli veri, cioè i finanzieri nazionali ed internazionali. Con quella faccia da angoletto, discorsi al limite del mistico e una capacità di non dire nulla di compromettente, si è tirato dietro una coorte che svaria dal vecchio leader comunista a pezzi importanti del partito socialista, come lo spudorato ex-primo ministro Valls, rinchiuso in casa a mangiarsi le unghie a causa di Macron la persona che più odia ma alla quale ha giurato alleanza e rispetto (come aveva fatto qualche settimana prima al momento delle primarie socialiste). Macron però recuperato appoggi anche dentro la destra e il centro, così rischiando di svuotare, almeno in parte, il bacino elettorale dei Repubblicani. Vincesse Macron, il partito rischierebbe sul serio di spaccarsi, nella migliore delle ipotesi, o addirittura di sparire, inghiottito da Macron.

Questa stessa paura abita il condominio socialista. Il candidato ufficiale, il frondista Hamon, malgrado tutte le promesse e i giuramenti dei partecipanti alle primarie di appoggiare chi di loro le avesse vinte, si è trovato ben presto da solo, con Valls che l’ha abbandonato come un cane, da buon traditore politico come è sempre stato, seguito da vari altri vecchi elefanti socialisti. Il povero Hamon non si aspettava di vincere le primarie e da quel giorno lo si vede andar in giro cercando un discorso che piaccia ai suoi vecchi appoggi di sinistra, un terreno che però era già stato occupato nel frattempo dal candidato della Francia Non Sottomessa, Jean Lui Melenchon, ma anche a quel pubblico che nel 2012 aveva eletto Hollande. Non ci riesce, sia perché l’eredità fallimentare del quinquennio di Hollande pesa come un macigno, ma anche perché la rottura interna al partito fra il gruppo di cui fa parte, i frondisti, e i vecchi elefanti, era già totale: visioni diametralmente opposte su quasi tutto, per cui ogni minimo movimento verso gli elefanti gli fa perdere voti a sinistra. Detto questo, Hamon resta il candidato ufficiale del partito e il segretario nazionale, Cambadelis, ha detto chiaro e tondo (ma non lo ha scritto su nessun statuto) che chi non sostiene il candidato ufficiale e tradisce verso altri, cioè Macron, non sarà candidato alle elezioni politiche successive. Vincesse Macron, il rischio è simmetrico che quello della destra e cioè che il PS sparisca. I sondaggi attuali danno molto meno del 10% al loro candidato il che significherebbe pochissimi posti di deputato da vincere alle elezioni successive. 

Quindi per i socialisti la finale ideale sarebbe la stessa dei repubblicani: Le Pen contro Fillon. In questo modo si eliminerebbe non solo Hamon, che non ha nessuna speranza, ma anche Macron e quindi la ricomposizione interna potrebbe rifarsi lungo l’asse Hollande.

Guardando dalla destra estrema, Marine Le Pen spera essenzialmente di essere al secondo turno. Sembra semplice ma tanti sono stati gli errori dei sondagggisti che lei non ci crede finché non avrà visto i numeri. A partire da lì, più o meno vale tutto. L’ambizione ver non è per queste elezioni ma per le prossime fra 5 anni. Con queste elezioni lei ha già raggiunto il primo obiettivo, di presentarsi come un candidato come un altro, cioè si è resa “presentabile”. Questo conta moltissimo in Francia, perché il consenso repubblicano finora era che il Fronte Nazionale non era come gli altri, più o meno la posizione del MSI prima che Berlusconi lo rimettesse in circolazione. Resasi presentabile, al prossimo giro sarà molto difficile chiamare al fronte repubblicano contro di lei, e le sue chances di vittoria aumenterebbero parecchio anche perché, nel frattempo, avrebbe finalmente un gruppo parlamentare, grazie all’effetto traino che le porterebbe il solo fatto di essere arrivata in finale.

Poi resta l’incognita della finale. Fosse contro Fillon, i due si disputerebbero un elettorato simile, ma con forti possibilità che i numeri e il famoso fronte repubblicano, giochino a favore di Fillon. Quindi per lei la migliore opzione, tra quelle sul tappeto, resta di essere contro Macron. Non essendoci i Repubblicani in finale, lei potrebbe attirare una parte dei voti della destra di quel partito, che non sopporta Macron, per cui potrebbe addirittura giocarsela, perdendo di non molto, cioè passando la barra del 40%, il che sarebbe una bomba innescata per il 2022.

Resta da vedere come la vediamo con gli occhi di sinistra. L’opzione minima sarebbe che passasse Fillon, in modo che il partito socialista non riesca a trasformarsi nella base elettorale di Macron e ritorni a dilaniarsi nelle lotte interne. Scenario simile a quello sperato dai socialisti, almeno a quelli che sperano ancora di riuscire a tenere assieme quel che resta del partito. Con un Melenchon attorno al 19%, un Macron di poco sopra (e sorpassato da Fillon) e un candidato ufficiale (Hamon) ridotto al 8%, Melenchon potrebbe avere le carte giuste per dettare, da fuori, la ricomposizione del partito socialista all’interno di una coalizione progressista più amplia.

Da ultimo, il sogno di essere lui a sfidare la Le Pen. Nessun opinionista crede a questa possibilità, che sembra realmente molto remota. Ambedue temuti dalla finanza, la partita potrebbe essere realmente rivoluzionaria, qualsiasi fosse il risultato finale. Ambedue pongono al centro un ripensamento completo del rapporto con Bruxelles, attraverso la stessa minaccia di abbandonare l’Euro (il che vorrebbe dire automaticamente la sua fine). Hanno proposte politiche diverse e in molti casi opposte, ma pescano in parte nello stesso elettorato proletario o sottoproletario che da anni ha abbandonato i partiti di sinistra per spostarsi a destra. Melenchon sta riuscendo a presentarsi come un candidato credibile per queste forze isolate ma numericamente importanti. Vedremo, al sogno non si pone limiti.

Chiudo dando anch’io le mie cifre: 
Le Pen 24%
Macron 21%
Fillon 20,5%
Melenchon 19,%

Hamon 7,5%

e gli altri a seguire 

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