Leggo sui giornali di questi giorni grida d’allarme che prefigurano un’Italia che a rischio di rimanere senza pane e senza pasta[1]; parlandone con amici vicini e lontani, l’eco di una possibile crisi alimentare ritorna spesso, per cui ho pensato di condividere qualche riflessione.
I trends in corso: da anni osserviamo che un sistema bimodale (con crescenti disuguaglianze) di grandi (e grandissime) aziende (agribusiness) da una parte e di piccole e piccolissime aziende dall’altra si sta imponendo a livello mondiale[2]. A questo si aggiunge il ruolo crescente della finanza nel mondo agrario che induce “processi decisionali esterni all'azienda e al settore agricolo, guidati principalmente dagli interessi degli azionisti”[3]. I risultati combinati di questi processi sono, da un lato, la progressiva trasformazione dei contadini in qualcosa di sempre più simile all’operaio di una volta[4] e dall’altro lo sradicamento territoriale della produzione agricola, oramai dipendente “da processi e attori finanziari sparsi in tutto il mondo, compreso l'uso di valori derivati, staccati dalla loro base materiale, che porta maggiore instabilità ai mercati agricoli e pressioni speculative sui mercati reali e sui prezzi dei prodotti, con effetti sulla sicurezza alimentare”[5].
Malgrado ciò, resta il fatto che un contributo chiave alla produzione totale di generi alimentari viene dalle cosiddette agricolture a conduzione familiare, con l’80% del totale, coltivando il 70-80% dei suoli agricoli[6]. La guerra alle porte di casa nostra tende a farci dimenticare questa realtà: una produzione di base fatta da una miriade di contadini e contadine che sono i grandi dimenticati della Politica Agricola Comune[7] e il cui inserimento all’interno delle catene alimentari è fatto in condizioni di totale subordinazione al sistema dominato dalla Grande Distribuzione Organizzata, che decide cosa comprare, da chi, e soprattutto a prezzi tendenzialmente sempre più bassi ai produttori per lasciare un margine crescente agli azionisti (per 1 euro di spesa solo 15 centesimi agli agricoltori)[8].
La crisi attuale ha una componente speculativa già denunciata da Fabio Truzzi, presidente di Assoutenti[9], il quale chiarisce che il primo problema non è legato agli “approvvigionamenti” bensì all’aumento dei prezzi (tanto della materia prima come dei costi di produzione). Se è vero come è vero che l’Italia produce appena il 36% del grano che le serve[10], delle risposte sono possibili, sulla scorta di quanto il mondo contadino stesso sta proponendo: la prima riguarda l’aumento della produzione, dato che in Italia esistono 700 mila ettari di terre agricole (non utilizzate) di appartenenza del demanio o di enti pubblici che potrebbero essere affidate in comodato o in affitto, potendo fra l’altro favorire l’accesso alla terra da parte di giovani (ragazze e ragazzi) senza capitali.[11] Calcolando poi che Russia e Ucraina sono grandi esportatori di concimi, la crisi attuale potrebbe costituire un incentivo verso pratiche agroecologiche meno consumatrici di prodotti chimici e più sane per l’ambiente. Sulla stessa linea si potrebbe rafforzare il modello di governance territoriale dei biodistretti, all’interno del lavoro in corso sui contratti di filiera che saranno finanziati per 1,2 miliardi grazie al Pnrr. Una strada che sembra in procinto di essere percorsa è quella del contrastare le pratiche sleali storiche imposte dalla GDO, grazie a un’asimmetria di potere flagrante a favore del settore industriale; il DL 198 del mese di novembre scorso riprende, con due anni e mezzo di ritardo, la direttiva UE sullo stesso tema. Chiudiamo poi con le proposte del ministro dell’Agricoltura[12] sulla necessaria ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole; e sulle specifiche misure di sostegno alle filiere più esposte alla crisi.
Insomma, almeno qui da noi, possiamo dire che, malgrado l’orizzonte oscuro che abbiamo davanti, non siamo “del gatto” come si dice dalle mie parti. Soluzioni ce ne sono, e alcune sono già in pista. Resta da vedere se si vorrà profittare di questo conflitto per trasformarlo in un’occasione per accelerare verso una svolta del modello agricolo, riequilibrando le dinamiche di potere verso il mondo contadino, creando lavoro per i giovani, e verso pratiche produttive necessarie tanto per la nostra salute come per il mantenimento della biodiversità e di una migliore gestione territoriale.
Qui ci giochiamo un’opzione per il futuro: diventare un esempio di riequilibrio democratico nel mondo agrario, che possa servire di stimolo non solo a livello europeo, oppure restare schiacciati su un modello di sistema alimentare controllato sempre di più dal mondo industriale e finanziario, attento alle logiche speculative di breve termine invece che a quel nuovo equilibrio di lungo termine tra madre terra e la natura come indicato dall’Enciclica papale “Laudato Sì”.
[1] Lombardi, F. 2022. La guerra del grano: l'Italia rischia di rimanere senza pane e pasta? Quotidiano Nazionale, 9 marzo
[2] Lowder, S.K., Sánchez, M.V. & Bertini, R. 2019. Farms, family farms, farmland distribution and farm labour: What do we know today? FAO Agricultural Development Economics Working Paper 19-08. Rome, FAO.
[3] Wegerif, M. & Anseuuw, W. 2020. Unearthing less visible trends in land inequality. International Land Coalition, Roma
[4] Groppo, P. 2020. La crisi agraria ed eco-genetica spiegata ai non specialisti. Meltemi Ed. Milano
[5] Wegerif, F. op. cit.
[6] FAO. 2019. Introducing the UN decade of Family Farming, Rome.
[7] Daif, Anas. 2021. Europe: les petits agriculteurs, grands oubliés de la politique Agricole commune, France 3 Régions Hauts-de-France
[8] https://www.coldiretti.it/economia/stop-pratiche-sleali-per-1-euro-spesa-solo-15-cent-agli-agricoltori
[9] Lombardi, F. op.cit.
[10] Carli, A. 2022. Crisi Ucraina, dai contratti di filiera all’accumulo di acqua piovana, le 5 mosse dell’Italia per un’autonomia alimentare, Il Sole 24Ore
[11] Boselli, Mariapaola. 2019. Prezzi al consumo: chi ci guadagna nella catena del valore dei prodotti agricoli? Centro Internazionale Crocevia
[12] Marzialetti, S. 2022, Patuanelli: Così la guerra pesa sull’agroalimentare, ristrutturare il debito delle imprese agricole, Il Sole 24Ore, 10 marzo
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