Come molti di voi sanno, il mio lavoro consiste ad occuparmi delle questioni legate all’accesso e alla gestione a certe risorse naturali, la terra in particolare. Come rendere più sicuro questo accesso, come riconoscere i diritti dei vari attori, popoli indigeni, comunità locali, privati cittadini etc… ecco come riempio le mie giornate, fra progetti da seguire e rapporti da leggere.
Con gli anni uno impara anche a non farsi troppo trasportare dalle mode che, inevitabili come i temporali d’agosto, periodicamente vengono lanciate come soluzioni miracolose a problemi complessi. In fondo questo è il sogno di tutti, trovare risposte semplici e facili da mettere in opera a problemi così complessi che richiederebbero una energia e una quantità di voglia troppo grande per i politici che abbiamo, noi tutti, nel mondo.
Una di queste mode riguarda il tema del catasto. Da molti anni si legge e si sente dire come con l’avvento di un catasto moderno, gran parte dei problemi di insicurezza della terra saranno risolti. La Banca mondiale spinge (ha spinto?) per decenni su questo tema, cosí altre organizzazioni finanziarie internazionali. Da noi si è (parzialmente) seguito lo stesso cammino; poco serviva raccontare come il catasto italiano ci abbia messo cent’anni a nascere e che, dal momento che fu completato, già aveva bisogno di essere aggiornato perché era vecchio. Nel sud del mondo non ne trovi uno che funzioni, dato che le risorse, umane e tecniche, necessarie vanno ben al di là delle capacità delle fragili istituzioni locali.
Leggo stamattina su un giornale satirico francese un articolino sulla crisi greca e sulle soluzioni per venirne fuori: constatando l’impossibilità della Grecia di pagare un prestito contratto alcuni anni prima, un rappresentante francese (Ambasciatore?) suggeriva una serie di riforme amministrative fra cui l’introduzione del catasto. Questo succedeva nel 1859. L’ultimo numero della rivista francese “Studi Fondiari” che esce a giorni, riporta una notizia, già apparsa anche su vari siti italiani a dire il vero, che la Grecia non ha un catasto. Ci sono pezzi di informazioni qui e lá… e adesso, cento cinquant’anni dopo aver capito la natura strategica del catasto, pare che il governo si metterà al lavoro su questo tema. Si stima che siano 110.000 (centodiecimila) i volumi che riposano presso la Conservatoria dei registri immobiliari, che dovrebbero essere digitalizzati. Buona fortuna. Ne riparleranno i nostri nipoti.
giovedì 22 marzo 2012
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Bel post. Sembri alludere al fatto che l'enfasi sul catasto sia uno slogan del momento. Per me non è in sè sbagliata perchè mette il dito su un elemento critico, però dovrebbe essere solo un primo passo per farsi delle domande ulteriori. Se il catasto non funziona non è infatti un caso. E non è una questione solamente tecnica naturalmente. Andrebbero capite meglio le condizioni in cui l'amministrazione riesce a migliorare la sua base di informazioni sulle proprietà immobiliari. (Tra l'altro in Italia, a Roma tanto per dirne unma a caso, non è che siamo messi benissimo.)
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