Così titolava l'altro giorno una delle
grandi radio francesi: Plus de 200 Français sont partis faire le djihad en
Syrie
Altri siti (http://www.jforum.fr/forum/international/article/etude-israelienne-les-jihadistes)
parlano di un migliaio e più e finalmente si arriva anche a stimarli in più di
duemila.
Ovvio che questo cominci a preoccupare. In Francia il dibattito è lanciato
sul perchè questi giovani si lascino facilmente indottrinare e poi partano per
combattere queste guerre.
Preoccupa molto anche il fatto che poi alcuni
rientrino al paese e inizino a reclutare altri giovani da mandare laggiù.
Anni fa scrissi qualcosa sulla confrontazione di valori e disvalori tra il
mondo capitalista e il sud del mondo. In particolare scrivevo che l'imposizione
forzata di un modello consumistico e spendaccione in società a bassi livelli di
reddito, con ancora una forte presa religiosa, poteva generare delle risposte,
variabili da paese a paese, ma basate sul denominatore comune del rifiuto.
Rifiuto di quel mondo esterno visto come una imposizione che rischiava di far
perdere il controllo sulla società, per cui, dagli Amish al GIA algerino non mi
stupivo se questi tendessero a chiudersi sempre di più per evitare di affrontare
una sfida asimmetrica dalla quale sarebbero usciti sicuramenti battuti.
L'Iran di Khomeini entra bene in questo "modello" e certamente i
sogni di Al Qaida di riportare indietro l'orologio del tempo di qualche secolo
fanno pensare a una prima teorizzazione su scala globale del rifiuto (primo
passo) ma anche del contrattacco contro i nemici del Nord. Questa seconda
tappa, che prese il via con l'11 settembre, sta trovando una forma diversa, più
sottile, che passa attraverso l'esportazione nell'occidente di quel sogno del
rifiuto del modernismo e dell'ateismo, tutto visto come parte dello stesso disegno
satanico delle forze capitaliste. Trovano un terreno fertile nelle periferie
degradate e abbandonate dalle istituzioni statali, per cui pian piano il numero
di reclute europee aumenta. Noi vediamo la punta dell'iceberg, cioè quelli che
partono all'estero a fare la guerra, e il numero cresce rapidamente, ma non
vediamo ancora la dimensione che sta prendendo questa campagna di reclutamento
nei nostri paesi perchè siamo talmente presi da altri problemi.
Soprattutto mi sembra manchino nelle analisi (almeno quelle francesi
ascoltate fin'ora, dato che in Italia non ho trovato granchè) il legame tra il
fallimento del modello che vogliamo esportare noi, paesi capitalisti a vario livello,
e quindi la reazione che questo suscita nelle dirigenze politiche e religiose
locali. Voler mettere assieme nel discorso politico occidentale la superiorità
del modello capitalistico con l'idea di esportare la democrazia, il tutto
condito essenzialmente da traffici di armi, ha dato il meglio prima in Afghanistan,
da dove torneremo a casa con le ossa rotte, ma poi è riuscito a superarsi prima
nella Libia e adesso in Siria.
Vogliamo abbattere dei despoti per sostituirli
con facce nuove che però restino ai nostri ordini, condiamo il tutto con le
solite parole di sviluppo e democrazia, ma poi ci aggiungiamo la salsa
dell'ipocrisia per cui facciamo ritornar di moda il vecchio detto: Armiamoci e
Partite.
Solo che adesso, e la Siria ce lo rimanda in faccia ogni giorno di più, la
nostra avanzata è finita e comincia il lento ritorno dalla campagna guerriera
mal concepita e peggio portata avanti. Il riflusso ci porterà più reclute
antisistema nei nostri paesi, una capacità di influenzare le regioni instabili
che si va riducendo ogni giorno di più, lasciando quindi praterie aperte ai
cinesi e quanto altro. Il tutto mentre continuiamo a sperare che quel modello
che ci ha portato alla crisi attuale, un misto di affarismo-gangsterismo
lontano anni luce dai precetti di una economia liberale, possa portarci fuori
da questa crisi. Non succederà, perchè si tratta di un modello essenzialmente
escludente, che elimina lavoro e premia i soliti ricchi, per cui di fatto
prepara il letto per le future reclute alqaediste nei nostri paesi.
Buona giornata
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