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venerdì 26 settembre 2014

Le giostre della vita



Poco a poco nuove notizie arrivano permettendo così di cominciare a pensare a scenari futuri per questo povero pianeta e noi che ci stiamo seduti sopra.
unque, riassumendo: abbiamo una potenza globale in lenta ma progressiva perdita di importanza strategica. Se guardiamo all’esperienza Inglese e Francese, la perdita dell’Impero e/o delle Colonie è qualcosa che non hanno ancora digerito dopo tutti gli anni passati. La sostituzione dell’Inghilterra con gli Stati Uniti durante il secolo scorso, foriero di salti in avanti tecnologici e democratici molto evidenti in parecchi paesi, ha lasciato credere a molti che il nuovo equilibrio fosse qualcosa, se non perenne, almeno di lungo periodo.

Non è stato così, probabilmente perché il modello di sviluppo americano, molto dispendioso in energie di tutti i tipi, può reggere finché l’accaparramento viene fatto solo da loro. L’emissione di valuta mondiale, sotto il loro controllo, li ha fatti diventare un problema globale, con un debito che potrebbe diventare un mega problema per tutti. Soprattutto è diventato chiaro che le carte erano truccate: lo erano anche prima ma si faceva finta di non vedere, tanto dall’altra parte ci stavano i Russi ed era evidente che non si poteva stare con loro. Adesso però, caduto il muro, sono caduti tanti tabù, e le verità vengono in superficie. Perdono potere anche perché il loro modello di fatto sta transitando nelle mani di entità sempre più esterne al gioco istituzionale democratico. Oramai non è più la lobby ebraica, o araba o chissà quale.. ma sono le lobby delle Corporates, delle Transnazionali che influenzano gran parte delle decisioni strategiche, dentro e fuori il paese. Le negoziazioni nascoste sul Trattato transatlantico di fatto pur se gestite da entità statali, dietro servono solo gli interessi di queste mega compagnie.

Quindi gli States perdono spazio e potere anche se hanno ovvie difficoltà ad ammetterlo, per cui si cacciano in nuove avventure, con un piede dentro ed uno fuori, come è sta storia della guerra allo Stato Islamico. Noi, piccoli europei, incapaci di una posizione propria, li seguiamo a ruota, con le stesse limitazioni. Entriamo in guerra, cosa che in Francia è stata chiaramente detta alla televisione, e quindi adesso corriamo dei rischi e cioè che la guerra arrivi anche da noi. Qui se ne parla poco, ma ricordate che, ci piaccia o meno, siamo in guerra. Punto e basta.

L’America perde terreno, la Cina avanza, anche se non sembra affatto pronta a prendere quel vuoto che viene lasciato un po’ dappertutto. Mandano avanti le imprese, per conquistare mercati, capire quanto sia forte il rigetto verso i cinesi nei vari paesi dove arrivano, ed intanto cercano di assicurarsi quello che più gli serve, cioè buone terre e grano da mettere nei piatti o trasformare in carne, per una popolazione che non solo aumenta, vuol mangiare di più ma soprattutto meglio.

La Cina non è pronta a fare il gendarme del mondo. Gli Stati Uniti da soli non ce la fanno più. Il nostro aiuto europeo è risibile. La Francia, con le sue basi africane, continua a volersi credere in un’altra epoca storica, ma a parte proteggere i giacimenti di Uranio sembra difficile capire cosa riescano a risolvere i suoi soldati. Molti in Francia pensano che le uniche due ragioni per cui la Francia vuol essere in prima linea contro lo Stato Islamico è la necessità del Presidente Hollande di risalire nei sondaggi e dall’altra di convincere l’Arabia Saudita a chiudere il contratto per la fornitura di armi per un valore di 20 miliardi (ripeto, miliardi) di euro, piazzandoci in mezzo anche il maledetto aereo Rafale che nessuno al mondo vuole perché troppo caro. Se fossero queste le ragioni per cui si va in guerra, incrociamo le dita. Ricordiamoci cosa ha combinato l’intervento francese in Libia. Fatto fuori Gheddafi, dopo che era stato osannato da tutti i capi di stato, primi ministri, Blair, D’Alema, Berlusconi e quanti altri… lasciando dietro un casino che, molto probabilmente, porterà alla spartizione del paese in almeno due tronconi.

Quindi entriamo in guerra senza capire bene il perché, al di là dell’emozione per i decapitati, strategia voluta dall’Is per attirare gli occidentali in un altro ranello. Sul terreno tutti gli specialisti sono d’accordo nel dire che le forze militari esistenti, contro l’Is, non ce la faranno a resistere, per cui servirà l’invio di uomini, nostri, della famosa Coalizione di 40 paesi, esattamente quello che Obama si ostina a negare.

Andiamo in guerra perché gli interessi delle grandi compagnie sono minacciati. Quelle stesse grandi compagnie che continuano a produrre povertà in Africa e quindi migrazione verso casa nostra. Ne avremo sempre di più di immigrati, e nessuno sa realmente cosa fare con loro.

La finanza oramai sta diventando padrona dell’economia globale. Un modello produttivo che ha bisogno di sempre meno mano d’opera si sta imponendo dappertutto, e là dove serve ancora, si lotta per ridurre diritti e remunerazioni. I soldi si trasferiscono dal lavoro al capitale (privato). Chi comprerà in futuro i prodotti che usciranno da quelle industrie è un punto interrogativo al quale nessuno sa rispondere. Abbiamo un altro paio di miliardi di persone da sistemare su questa terra. Le risorse si fanno già rare adesso, terra, e acqua. I capitali privati cercano di accaparrarsi le fonti d’acqua pubblica. Investimento strategico per il futuro, quando bisognerà decidere chi avrà accesso all’acqua e chi no.

Abbiamo una ruota economico-finanziaria che gira e gira. Nella ruota ci sono caselle di speculazione contro una moneta o l’altra, o i vari spread. Ci sono altre caselle con i tassi di interesse variabili, e c’é anche l’accesso al credito, in certi momenti e per certi attori. Poi ci sono i debiti, e i programmi di aggiustamento che le varie Troike hanno pronti per tutti. La ruota gira in un senso. Non sappiamo su quale paese e su quale gruppo sociale si fermerà.

Ma abbiamo anche la ruota dei problemi che gira e gira. Troviamo l’Ebola e gli altri 300mila virus non ancora scoperti ma stimati dalle università americane, che ci faranno sudare sette camicie. Troviamo l’Esercito islamico e i degni comprimari di Al Qaeda che si sente trascurato perché nessuno se lo fila più. Abbiamo lo Stato-nazione che sta sparendo e i conflitti etnici che ritornano, più forti di prima. Abbiamo le ondate di migranti …

Potremmo anche metterci un’altra ruota, delle macro-calamitá se vogliamo chiamarla così: troviamo il cambio climatico che minaccia interi paesi di scomparire, ma abbiamo anche l’accaparramento delle risorse, terra, acqua, sabbia, risorse genetiche…, abbiamo i programmi dei paesi del Nord, tipo il REDD, che riescono a creare conflitti anche dove non ce n’erano prima… Magari ci sono anche caselle positive lí in mezzo.. valle a trová …

Tre ruote che girano.. e che magari finiscono col fermarsi ed allineare caselle negative in tutte e tre le ruote. Ed allora succede il patatrac. Ecco a cosa stiamo giocando. Un giorno può capitare di svegliarci con gli islamici vicini ad Israele, malgrado le nostre difese, assieme all’Iran e ad Hassad (cioè i famosi nemici di ieri). Israele può essere preso dal panico e mollare una bomba atomica e allora salta il banco.

Ma magari molto più semplicemente Al Qaida o i fanatici islamici possono prendere il controllo delle basi pakistane dove si trovano le bombe atomiche.. e salta tutto lo stesso.

Oppure, senza arrivare a questo, basta che una nuova Chernobyl succeda in uno dei tanti paesi a rischio, che parallelamente i milioni di migranti in arrivo in Europa da Africa e medio Oriente si facciano vedere, minacciosi, sulle nostre rive.. noi tutti passeremmo a votare estrema destra… Marine Le Pen è già pronta.. Oppure ci arriva un Ebola in casa.. oppure  oppure oppure…

Stiamo giocando, su tre ruote, sulle quali non si vince. Non esiste la combinazione +++, ma invece esiste la meno, meno, meno. Ci fanno vedere tutti i pezzetti separati, io provo solo a metterli in fila e ricordare che statisticamente le possibilità che le tre ruote si fermino sul meno, meno, meno.. esistono.. eccome.


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