Points 2013
Le commissaire Erlendur est parti en vacances sur les lieux de son
enfance, il ne donne aucune nouvelle, on a retrouvé sa voiture
abandonnée en rase campagne. Mais son équipe continue à travailler.
Tandis qu'Elinborg, la fine cuisinière, s'occupe d'une affaire de viol,
Sigurdur Oli, le jeune homme moderne formé aux Etats-Unis, reconnaît par
hasard dans la rue l'un des témoins d'une affaire de pédophilie en
partie résolue et le suit.
Dans le même temps, un ami lui demande d'aider discrètement un couple de
jeunes cadres qui, partiquant léchangisme, fait l'objet d'un chantage.
Troublé par son divorce, surveillé de près par sa hiérachie qui
n'apprécie pas ce type d'aide, Sigurdur Oli va aller jusqu'au bout d'une
histoire surprenante, révélant la cupidité qui s'est emparée de la
société islandaise avec l'expansion mondiale des modèles financiers.
Commencé comme un polar classique, tissant les trames de plusieurs
affaires, ce roman montre au lecteur comment, à l'image de la muraille
de lave, au pied de laquelle un remous violent engloutit toutes les
embarcations qui l'approchent, et surnom donné au siège d'une grande
banque à l'architecture sombre et aux pratiques discutables, l'impudeur
de l'amour de l'argent peut entraîner dans son tourbillon la perte de
tout critère moral.
Un po'difficile da leggere dato il tema scelto (i traffici della finanza islandese poco prima della crisi). Si vede in translucido il penchant dell'autore per l'Occidente americano, e contro quelle scuole "piene di comunisti" come dice il personaggio principale... ci sono momenti in cui il dialogo sembra un po' decalé rispetto all'atmosfera del posto... insomma una sufficienza per l'impegno, ma potrebbe fare meglio...
lunedì 27 luglio 2015
lunedì 20 luglio 2015
2015 L31: E disse - Erri De Luca
"Mosè, primo alpinista, è in cima al Sinai.
Inizia così il suo corpo a corpo con la più potente manifestazione della
divinità." Erri De Luca racconta l'eroe Mosè con la grazia del grande
scrittore che reimmagina, attraverso la Scrittura, la grandezza
sofferente dell'uomo alla guida di un popolo in fuga. "E disse": con
questo verbo la divinità crea e disfa, benedice e annulla. Dal Sinai che
scatarra esplosioni e fiamme, vengono scandite le sillabe su pietra di
alleanza. Nell'impeto di un'ora di entusiasmo un popolo di servi appena
liberati si sobbarca di loro: "Faremo e ascolteremo". Luogo di
appuntamento è il largo di un deserto, dove la libertà è sbaraglio
quotidiano. Notizia strepitosa: nell'antico ebraico, madrelingua, le
parole della nuova legge sono rivolte a un tu maschile. Le donne
guardano con tenerezza gli uomini commossi e agitati. Il dito
scalpellino che scrive in alto a destra: "Anokhi", Io, è il più
travolgente pronome personale delle storie sacre.
A costo di andar controcorrente, a me il libro non é piaciuto affatto.
A costo di andar controcorrente, a me il libro non é piaciuto affatto.
2015 L30: Un paradis trompeur - Henning Mankell
Le froid et la misère ont marqué l'enfance de Hanna Renström dans un hameau au nord de la Suède.
En avril 1904, à l'âge de dix-huit ans, elle s'embarque sur un vapeur en partance pour l'Australie dans l'espoir d'une vie meilleure. Pourtant aucune de ses attentes – ou de ses craintes – ne la prépare à son destin. Deux fois mariée brièvement, deux fois veuve, elle se retrouve à la tête d'une grosse fortune et d'un bordel au Mozambique, dans l'Afrique orientale portugaise. Elle se sent seule en tant que femme au sein d'une société coloniale régie par la suprématie machiste des Blancs, seule de par la couleur de sa peau parmi les prostituées noires, seule face à la ségrégation, au racisme, à la haine, et à la peur de l'autre qui habite les Blancs comme les Noirs, et qui définit tout rapport humain. Ce paradis loin de son village natal n'est-il qu'un monde de ténèbres ?
Non é il migliore di Mankell. I personaggi, alcuni almeno, sono un po' troppo grossolani e la storia sembra un po' troppo tirata per i capelli.
En avril 1904, à l'âge de dix-huit ans, elle s'embarque sur un vapeur en partance pour l'Australie dans l'espoir d'une vie meilleure. Pourtant aucune de ses attentes – ou de ses craintes – ne la prépare à son destin. Deux fois mariée brièvement, deux fois veuve, elle se retrouve à la tête d'une grosse fortune et d'un bordel au Mozambique, dans l'Afrique orientale portugaise. Elle se sent seule en tant que femme au sein d'une société coloniale régie par la suprématie machiste des Blancs, seule de par la couleur de sa peau parmi les prostituées noires, seule face à la ségrégation, au racisme, à la haine, et à la peur de l'autre qui habite les Blancs comme les Noirs, et qui définit tout rapport humain. Ce paradis loin de son village natal n'est-il qu'un monde de ténèbres ?
Non é il migliore di Mankell. I personaggi, alcuni almeno, sono un po' troppo grossolani e la storia sembra un po' troppo tirata per i capelli.
martedì 14 luglio 2015
Houston, abbiamo un problema!
Un grosso problema, e si chiama
Germania. “Si è persa la fiducia” diceva pochi giorni fa la Cancelliera. Ed
aveva ragione, sbagliava solo l’oggetto del contendere che non era la Grecia,
pulviscolo atmosferico nella stratosfera economico-finanziaria mondiale, ma la
sua Germania.
Quando un problema diventa
ricorrente, c’è di che preoccuparsi. Si da stura a tutti quelli che pensano
che, sotto sotto, la vera natura tedesca sia quella guerriera, già vista all’opera
nel 1870, e poi nella prima e seconda guerra mondiale. Erano rimasti calmi per
alcuni decenni, ma dal momento della riunificazione i vecchi spiriti mal sopiti
sembrano tornati a dominare lo spirito tedesco.
Nipotini dello Sturm und Drang,
lo tradiscono nel momento del massimo parossismo del Faust di Goethe: "Il sentimento
è tutto!". Per loro si potrebbe parafrasare dicendo che “il rigore
finanziario è tutto!”.
Dicevo ieri che comunque andasse
a finire l’Europa aveva chiuso. Dopo aver letto le condizioni imposte ai greci,
mi vien da citare quanto detto dall’ufficiale francese Ferdinando Foch all’indomani
del trattato di Versailles imposto alla Germania dopo la fine della prima
guerra mondiale:
“Questa non è una pace, è un
armistizio per vent’anni”
Nessuno dei commentatori
ascoltati ieri sera sulle televisioni estere e nazionali crede che queste
condizioni possano essere realmente rispettate, in particolare il pozzo di San
Patrizio dei 50 miliardi. Un economista francese concludeva dicendo che fra
pochi mesi ci ritroveremo a dover iniziare un’altra volta a discutere della
Grecia perché con queste misure recessive gli equilibri macroeconomici potranno
solo peggiorare per cui nessuno degli indicatori potrà passare al verde. Allora
o sono incompetenti quelli che lo hanno imposto, oppure volevano sul serio fare
una “rappresaglia” come dice un giornalista di Repubblica oggi. Parola forte,
che rimanda inevitabilmente all’ultimo tentativo militare tedesco di imporsi al
mondo e ai fatti di via Rasella (https://it.wikipedia.org/wiki/Rappresaglia_%28film_1973%29).
Al netto di tutto resta la
percezione popolare sempre più forte che chi comanda sia Berlino e che lassù
nessuno si interessi dell’Europa dei popoli. Ecco perché se l’unico simbolo
rimasto è l’Euro, bisogna essere coerenti e dire che questa moneta, simbolo di
una imposizione che oggi schiaccia la Grecia e domani tutti gli altri, non ci
sta bene, meglio chiudere questa avventura e ricominciare da capo. Solo
rimescolando le carte esiste una possibilità che anche i tenori del rigorismo
finanziario paghino in parte per le assurdità delle loro ricette.
Un’Europa della finanza,
incapace di vedere la montagna di problemi che il loro modello economico sta
creando dappertutto, dalla distruzione del clima, al terrorismo oramai in casa,
e ancora peggio alla rottura del patto sociale, .. un’Europa così non serve più
a nulla. O si cambia la Germania, o cambieremo l’Europa a partire dal basso. La
Grecia ha fatto il primo tentativo, andato così così, ma almeno ha avuto il
coraggio di dire che il Re è Nudo!. Fra poco sarà la Spagna a poter mandare un
segnale forte, … chissà se un giorno ci sveglieremo anche noi. Il rischio è che
sia l’estrema destra a trarne beneficio. I prossimi mesi ci diranno chi avrà
avuto ragione.
lunedì 13 luglio 2015
Nasce il Quarto Reich sulle ceneri dell’Europa?
In queste ore il
disegno di Wolfgang S. diventa sempre più chiaro. Quello che non è riuscito al
piccolo austriaco, lui vuole provare a crearlo attraverso il dominio
economico-finanziario. Non c’è più bisogno di comandare territorialmente,
rifare l’Impero, adesso basta imporre i dogmi neoliberali e oltreché a piegare
le reni alla Grecia, come blaterava il nostro, uno alla volta dovremo tutti
metterci in ginocchio a Wolfgang il Terribile.
Qualunque sia la
fine del tormentato negoziato, al momento di scrivere sono ancora lì a
discutere, quel che è chiaro è che l’Europa è morta. L’Europa come sogno, come
attore importante nella storia attuale, si è sciolta come neve al sole.
Incapace di risolvere un microproblema, tanto da farlo diventare un problema
mondiale, i paesi europei si presentano totalmente divisi alle grandi sfide che
attendono l’umanità. Quattro sono i mostri che avanzano e che hanno cominciato
a fare squadra, il che avrà un effetto moltiplicatore su tutti noi.
La crisi
ecologica, da decenni sottovalutata da tutti i governi e al massimo considerata
come una sciocchezza da lasciare ai verdi, sta diventando ogni giorno più
evidente. Il cambio climatico, il depauperamento delle risorse naturali, la
desertificazione che avanza e la degradazione crescente delle terre, il tutto
per un costo vicino ai 500 miliardi di dollari annui stimati dalle nazioni
unite.
Questa crisi
non viene più sola. La crisi finanziaria sta moltiplicando i problemi
ecologici, dato che i triliardi fantasma che si scommettono ogni millisecondo
non sanno più dove andare per portare a casa tassi di profitto per gli ingordi
detentori dei pacchetti azionari. Ed ecco che la finanziarizzazione della
Natura diventa la sponda ideale. Sfruttare tutto quello che Madre Natura ci ha
lasciato, metterlo sul mercato, dare un prezzo anche a Dio oramai….Un Cavaliere
dell’Apocalisse che nessuno oramai riesce più a controllare. 2500 miliardi di
dollari bruciati in pochissimo tempo alla borsa di Shangai, stime cautelative,
e tutti lì ad aspettare il vero botto che arriverà fra non molto. I computer
fanno le transazioni in microsecondi, in automatico, fuori dalla portata di
comprendonio anche di Zio Paperone, che pur di soldi ne capiva qualcosa.
Questa finanziarizzazione
è figlia di una crisi economica che sta arrivando all’apogeo. La
terziarizzazione dei servizi, la ricerca disperata di ridurre il costo del
lavoro, come se fosse questo che determina il prezzo finale, sta riportando in
auge cose viste anni fa nello Stato del Parà, in Brasile, e raccontatemi da un
collega che ha lavorato tutta la vita nell’Africa francofona. La servitù e la
schiavitù come ultima frontiera: costo quasi zero per avere prezzi sempre più
bassi. Un’economia che è uscita di testa, perché non ci sono più acquirenti,
per cui devono disperatamente convincerci ogni minuto che dobbiamo comprare
qualcosa, anche senza soldi, magari prendendoli a prestito, ed ecco il legame
con la finanza.
Da piccolo quando
vedevo una Mercedes non riuscivo nemmeno a pensare quanti stipendi di mio padre
muratore ci sarebbero voluti per comprarla. Oggi ti dicono che bastano qualche
cento euro al mese ed è subito tua. Qualcosa non mi funziona. Poi guardi le
scritte in piccolo e capisci (non tutti a dire il vero) il tranello. Vogliono
portarci tutti dentro il mondo finanziario, dove compri a rate e dove ti vendi
il tuo futuro. Guardate gli studenti delle università private americane, o
delle grandi scuole francesi e inglesi: esci con un bel diploma e con un debito
tale per cui non potrai mai permetterti di avere delle opinioni libere, ma
sarai obbligato a pensare quello che
vuole la Casta, e così ti garantiranno di poter rimborsare i tuoi debiti e fra
40 anni magari potrai anche comprarti una casetta.
Tutto questo si
basa sull’ultimo grande postulato, detto con semplicità disarmante da The Iron Lady:
la società non esiste, conosco solo individui. Rompere il patto sociale, la
convivenza pacifica, ognuno pensi a sé stesso. Individualismo che fa a botte
con la storia dell’Umanità. Ma nessun capo di Stato sembra ergersi contro di
questo, l’unico a farlo resta il Papa che oramai tutti chiamano il Comandante
Francesco.
Rompere i legami
comunitari, voler aprire mercati per beni occidentali in tutto il mondo
attraverso anche la guerra se serve. Un modello che abbiamo visto all’opera con
la guerra in Irak e che ci viene ancora venduto oggigiorno.
Oramai la Storia ha
cambiato strada. Il tramonto americano è iniziato, e dato che la Cina non potrà
sostituirlo per la semplice ragione che l’America oltre a un dominio
tecnologico, economico e finanziario aveva anche un dominio culturale popolare
a cui tutti ci siamo sottomessi volontariamente. La Cina potrà avere un impero
economico, finanziario forse, militare certamente, ma resta etnicamente troppo
lontana da tutto il resto del mondo. Per cui potrà espandersi economicamente ma
dietro di sé lascia spazi aperti. Ed è lì dentro che da un lato si inseriscono
i salafiti e tutte le sette terroristiche che si fanno scudo della religione.
Fenomeni che sarebbero stati marginali cinquant’anni fa ma che adesso hanno
davanti a loro un’autostrada a quattro corsie. L’America non riesce a
contenerli, l’Europa si è squagliata, i cinesi non possono nemmeno provarci
dato che non hanno nulla da offrire, ma solo da prendere.
In questo casino
di scioglimento culturale e di arrampanti finanzieri d’assalto, la Germania,
anzi Wolfgang il Terribile pensa di poter far nascere un nuovo Reich. Forse i
suoi occhiali gli permettono di vedere bene da vicino, ma di sicuro non vede
oltre i confini europei. Capace di far crollare l’Europa pur di imporre la
dittatura del Marco tedesco, sembra convinto che ci sia un destino imperiale
per il suo paese. Non riesce proprio a capire che o si cambia radicalmente
strada o la prossima guerra asimmetrica del tutti contro tutti porterà via lui
e tutti quelli che la pensano come lui.
Tsipras magari
perderà, ma almeno avrà messo al centro il vero problema dell’Europa e del
mondo attuale. Non si può continuare ad andare avanti contro la maggioranza dei
popoli. Non si può distruggere la natura in nome della finanza, non si può
distruggere il lavoro in nome di benefici per gli azionisti e non si può
distruggere la democrazia in nome dell’efficienza.
Wolfgang il
Terribile e la sua controfigura politica sono un passato che ci ha portato
guerre e dolori, dal 1870, al 1914, al 1939…. Questa è la Germania che
conosciamo e questa è la Germania che nono vogliamo. Il rischio è una guerra non
di territori da conquistare o di carri armati da distruggere. Sarà diversa, con
il sud del mondo che vorrà venire da noi, per il semplice principio dell’acqua:
mio padre muratore mi insegnava che l’acqua fa livello, per cui tende ad andare
là dove ce n’è meno per pareggiare il livello. Nello stesso modo gli sfruttati
del sud del mondo vengono e verranno da noi finché i nostri livelli di vita non
si uguaglieranno. Se non ce la faranno a piedi verranno con altri mezzi, tanto
oramai i diseredati del sud ce li creiamo in casa, a Kilometro zero, nostrani. Sono
sempre più arrabbiati e dato che non abbiamo risposte alle loro domande, vanno
da chi dà loro queste risposte, anche se a noi non piacciono. L’Isis e tutti
sti terroristi hanno uno story-telling che fa breccia, mentre noi non abbiamo
più nulla da contrapporre.
Intanto andiamo
avanti a distruggere il pianeta, in nome dei nostri piccoli egoismi non
guardiamo mai il senso di quello che le nostre Ditte fanno all’estero. La
stessa ragione per cui abbiamo lasciato prosperare la mafia prima e adesso una
mafia verde che vive e prospera sui rifiuti, quelli nostri. La logica è la
stessa, dove non c’è più Società, Comunità, l’Homo Economicus cerca profitti immediati,
confortato da decenni di acculturamento che andava in questa direzione.
Non riusciremo a
venirne fuori senza aver capito che oramai tutto si tiene, le quattro grandi
crisi non si possono più trattare separatamente; bisogna quindi iniziare da
quanto abbiamo più vicino, cioè l’ALTRO. Ama il prossimo tuo un po’ più di te
stesso, dice il Comandante Francesco. Ecco, a questo si riassume il nodo
centrale: da lì si deve ripartire.
martedì 7 luglio 2015
Renzi: “Europa cambi o è finita!”
Per una volta
tanto, sono d’accordo con il nostro Primo Ministro (http://www.repubblica.it/politica/2015/07/06/news/grecia_renzi_domani_da_bruxelles_via_definitiva_per_risolvere_emergenza_-118459969/).
Certo, pensare che questa Europa possa cambiare, ci vuole tanta speranza, ma
magari la crepa introdotta dal popolo greco riuscirà a scalfire il muro dell’indifferenza
eretto a Bruxelles.
Si potrebbe
comunque anche dire che l’Europa che avevamo imparato a sognare fin da bambini
alle elementari, ai tempi del MEC, sia oramai morta, date le prove
inconcludenti che ha dato di sé in questi ultimi mesi.
Tutte le guerre iniziano
a partire da un evento più o meno rilevante che serve poi per temporizzare gli
avvenimenti; così con la morte del Arciduca Ferdinando per la prima guerra e l’invasione
della Polonia per la seconda. La terza guerra, essendo per sua natura diversa
dalle altre, non ha ancora trovato una data o un periodo che possa considerarsi
a detta di molti, come l’inizio. E questo malgrado il fatto che personalità
come il Papa dicono da tempo che siamo già entrati nella terza guerra mondiale.
http://it.euronews.com/2015/06/06/papa-francesco-a-sarajevo-terza-guerra-mondiale-combattuta-a-pezzi/
Credo che il 2015
potrebbe diventare l’anno ufficiale d’inizio di questa guerra. Ricordiamo l’11
gennaio a Parigi con la strage di Charlie Hebdo, la strage del Bardo a Tunisi,
seguita dalla recente strage in spiaggia sempre in Tunisia, paese colpito a morte
(lo Stato d’emergenza è già stato decretato dal Presidente della Repubblica).
Possiamo poi dimenticare l’inabissamento del cargo il 18 aprile scorso con
quegli 800 affogati? http://www.corriere.it/cronache/15_maggio_07/arrestato-scafista-ligure-sbarco-migranti-puglia-8dfbf9a8-f4a3-11e4-83c3-0865d0e5485f.shtml
Mettiamoci infine
la guerra di Crimea e d’Ucraina e la conclamata incapacità dell’Unione Europea
di risolvere il piccolissimo problema della Grecia, 2% del suo budget, e farlo
diventare un problema mondiale del quale oggi, 7 luglio, non si sa
assolutamente come e se ne verranno fuori.
Per noi europei è
chiaro che la guerra è iniziata e, quel che è peggio, che non siamo
assolutamente preparati, politicamente, ad affrontarla. A capo della
Commissione abbiamo un fantasma, Jun-chi? Sparito nel nulla dopo le roboanti
dichiarazioni in favore del SI in una contenda referendaria di uno stato
membro. Non solo non aveva il potere di intervenire a dire la sua, ma in più ha
sbagliato in pieno, di fatto autoescludendosi da qualsiasi possibile ruolo di mediatore
in futuro. L’autoproclamato asse franco-tedesco, quello che a parte i guai
finanziari non è stato in grado di risolvere nulla, ha deciso di prendere in
mano i destini di quella unione europea che sta cadendo a brandelli. Nessuna
legittimità democratica, nessuno ha dato a quei due il potere di sostituirsi alle
istituzioni europee, ma lo fanno lo stesso. Già portano il peso di aver creato
questa situazione, loro due e le banche e il mondo della finanza che hanno
dietro, adesso avranno anche la responsabilità di non aver risolto un bel
nulla.
Ma una volta
tanto guardiamo oltre la Grecia. Per quanto sia capitale quello che sta
succedendo in quel paese, il problema maggiore sta nella conferma che l’Europa
come è messa non ha nessuna idea di come prendere in mano i destini dei suoi
popoli e meno ancora dei popoli vicini. Abbiamo la guerra davanti casa in
Libia, l’Isis che si sta impiantando in Tunisia distruggendo l’unico stato democratico
di quelle sponde del mediterraneo, abbiamo la guerra in casa dalla Crimea all’Ucraina,
dentro le frontiere oramai abbiamo terroristi pronti a passare all’azione, un’economia
che non si muove e soprattutto nemmeno uno straccio di idea in quelle teste
bloccate su ricette grottesche che solo ci porteranno alla guerra ancor prima.
Cito un articolo
che vi invito a leggere sulla Repubblica di oggi a firma di Lucio Caracciolo
(un altro pericoloso estremista …):
“L’Europa tedesca
è altrettanto realista dell’acqua secca o del legno ferroso. Lo conferma la
tragedia greca, di cui stiamo sperimentando solo le prime battute. Pur di
preservare la sua stabilità la Germania ha esportato instabilità nel resto d’Europa,
a cominciare dalla periferia mediterranea. Sotto il profilo economico e
monetario, propugnando una ricetta unica – la propria – per contesti
radicalmente diversi, sicché senza le pressioni americane e il pragmatismo di
Mario Draghi l’eurozona sarebbe già saltata da tempo sotto i colpi dell’austerità.
Sotto il profilo geopolitico, rifiutandosi di assumere ogni responsabilità
nelle crisi del Mediterraneo e lasciando che lo scontro sull’Ucraina fosse
appaltato ai baltici, per i quali la distruzione della Russia è obiettivo
appetibile. E adesso lasciando andare Atene alla deriva.
Smottamento
economico, sociale e geopolitico che infragilisce l’euro e completa la
destabilizzazione delle nostre frontiere mediterranee dopo la disintegrazione della
Jugoslavia (incentivata dalla coppia austro-tedesca) e della Libia (follia franco-britannica),
per tacere del Levante in fiamme e del solipsismo turco.”
Quello che si sta
negoziando a Bruxelles per trovare una soluzione sulla Grecia è solo l’aperitivo.
Questa classe politica ci sta portando dentro una guerra del quale non vogliamo
capire le ragioni profonde, non abbiamo un’idea di quali siano gli interessi in
gioco e le moventi alleanze.
Il segnale di
risveglio ai popoli europei datoci dal popolo greco è importante, ma non
pensiamo che sarà sufficiente.
lunedì 6 luglio 2015
Grazie Popolo greco
Cocente sconfitta del turbocapitalismo made in Bruxelles.
Angela Merkel e il suo lacchè Hollande costretti a riaprire una discussione
considerata già conclusa.
Una lezione di democrazia come non si vedeva da tanto tempo.
Per restare ai casi nostri, andrei indietro fino al 1974 quando il referendum
sul divorzio sancì l’entrata dell’Italia nel XX secolo, malgrado le fortissime
resistenze della Chiesa e del suo partito di riferimento, la DC.
Quanta strada da allora. Ci si batteva pro o contro, il nano
Fanfani era il nemico da abbattere, ma era una cosa vera, fra uomini, non come
è diventato il mondo e la nostra povera Europa da tanti, troppi anni. L’idea
stessa di consultare il popolo su scelte strutturali, come quelle che la Troika
dal nuovo nome voleva imporre al popolo greco, ecco, a tanti è sembrata una
idea balzana. Questo significa che il processo di formattazione mentale,
portato avanti dal capitale finanziario e dai suoi seguaci di vari colori, col
controllo dei mass media di ogni scuola e tendenza, oramai ha fatto scuola.
Domina, anzi dominava quasi dappertutto, finchè un piccolo Calimero non è
uscito fuori a dire che il Re era nudo.
L’Unione Europea che ci avevano venduto da piccoli era diventata
un contenitore per proteggere i grandi capitali bancari, a scapito dei popoli
che dovevano farla. I segnali erano stati tanti, pervicacemente inascoltati da
una classe politica autoreferenziale che trova incredibile l’idea stessa che
qualcuno al di fuori del loro gruppetto osi andare a chiedere cosa ne pensano
quelli che subiranno le misure.
I ladri di Brussels, quelli che hanno imposto il salvataggio
delle banche tedesche e francesi, trasferendo il debito privato greco, creato
per far comporare materiale bellico tedesco e francese, ricordiamolo, nelle
casse statali, e poi imponendo misure di cui alcuni, pochi, economisti dello
stesse FMI si sono pentiti ed hanno fatto un mea culpa tardivo ed inutile, ecco
questa casta al cui confronto il nostor mondo di mezzo del Cecato e compagnia
sembrano una compagnia di giro di mezza tacca, hanno continuato a volere la
morte del popolo greco.
La ragione era ed è molto semplice. Tsipras ha detto basta a
questa serie di misure che avrebbero salvato ancora una volta le banche
creditrici europee, le banche greche e l’euro, e ha semplicemente chiesto al
suo popolo cosa ne pensava.
Malgrado le interferenze esterne, degne della CIA all’epoca
nel Cile democratico di Allende, con l’impresentabile presidente della UE
Junker a schierarsi pubblicamente in un processo nazionale, nel quale non aveva
assolutamente in diritto di intervenire, ecco, malgrado questi personaggi, o
forse grazie ai loro interventi, il popolo greco ha detto un rotondo OKI. No a
questa idea di Euranza, una europa finanziaria dove i popoli non contano nulla.
Il tenativo di riportare indietro le lancette della storia verso un medio evo
di servitù, non ha funzionato.
La Grecia ha mostrato che si può dire di no alla Finanza
mondiale, anche quando si nasconde dietro personaggi che, se avessero il minimo
senso dell’onore, e parlo di Junker, dovrebbero dimettersi, per un
comportamento squallido a difesa delle banche. Ma Junker lo conosciamo bene,
per tutto quello che ha combinato a casa sua. Peggio ancora è stata la piccola
cancelliera, incapace di ergersi nemmeno al ginocchio dei grandi politici
tedeschi. Una piccoletta, schiava degli interessi delle banche e finanze
nazionali. Parlare poi degli altri, a partire da Hollande o del nostro premier,
sarebbe tempo sprecato. Tutti lì a tifare per il SI.. e adesso? Con che faccia
si presenteranno davanti a Tsipras, ma soprattutto davanti alla Storia?
Hanno contribuito a distruggere l’idea di Unione,
grazie a loro l’estrema destra avanzerà
in molti paesi ma almeno i popoli resistenti, cominciando dalla Spagna, seguiti
dal Portogallo, ricorderanno che un altro futuro è possibile.
E’ finita una battaglia, vinta, contro il Goliah bancario.
Non confondiamo però battaglia e guerra. La guerra è ricominciata, e la voglia
di rivincita dei ricchi è sempre presente. Non possono ammettere la possibilità
di un pareggio, per cui cercheranno la vendetta.
Oramai il declino di una bella idea, come fu l’ Europa degli
Spinelli, gli Altieri e gli altri, non esiste più. L’asimmetria di potere è
ancora fortissima, per cui poche sono le speranze di vincere questa guerra, per
costruire una Europa dei popoli. Ma almeno da ieri sappiamo che la speranza
esiste.
La destra ha perso, e ha perso di brutto. Ma ha perso anche
una sinistra europea incapace di capire dove siano gli interessi del popolo.
Venduti al capitale e al neoliberalismo, sono indistinguibili dalla destra.
Avere il PD al governo con Berlusconi quasi non ha fatto scandalo, adesso con
Alfano sembra tutto normale, ce lo propagano come un governo progressista. Da
noi in Italia come altrove. Non vi vogliamo più, lo avete capito? Non
rappresentate più nulla al di là dei vostri interessi. La lotta sarà di lunga
durata, poche certezze di vittoria, ma questa lotta la dobbiamo anche ai popoli
del sud del mondo, che imparino anche loro a ribellarsi. Il dominio del
capitale, della finanza, che ci sta portando alla distruzione del pianeta terra
e di chi ci abita, va fermato, democraticamente, dicendo OKI.
Oggi è un giorno felice. Da stasera riprende la lotta.
giovedì 2 luglio 2015
2015 L29: Respiro corto - Massimo Carlotto
Einaudi Stile Libero 2012
Un mafioso russo, un criminale paraguayano, il rampollo di un'aristocratica e agiata famiglia parsi e un truffatore americano sono costretti ad abbandonare i loro paesi. I loro destini si incroceranno a Marsiglia. Bernadette Bourdet, chiamata ironicamente B. B. per la sua scarsa avvenenza, è un commissario della narcotici che ascolta solo Johnny Hallyday e comanda una squadra di agenti reietti, cacciati da tutti i commissariati. Agisce al di fuori della legge ma i capi la lasciano fare perché i suoi metodi funzionano. Il suo sogno è fare pulizia dei politici e degli amministratori corrotti, ma non le è permesso oltrepassare i confini dei bassifondi. B. B. condivide una strana amicizia con un anziano boss della mala corsa. Entrambi pensano che la Marsiglia di un tempo fosse migliore e tentano di arginare un destino ineluttabile.
Bello, il Carlotto futuribile che accellera a 200 all'ora... forse troppo veloce... si perdono i contorni, il paesaggio sparisce, omicidi, violenze di tutto a una velocità che arrivi in fondo e ti chiedi: ma mi é piaciuto?
Un mafioso russo, un criminale paraguayano, il rampollo di un'aristocratica e agiata famiglia parsi e un truffatore americano sono costretti ad abbandonare i loro paesi. I loro destini si incroceranno a Marsiglia. Bernadette Bourdet, chiamata ironicamente B. B. per la sua scarsa avvenenza, è un commissario della narcotici che ascolta solo Johnny Hallyday e comanda una squadra di agenti reietti, cacciati da tutti i commissariati. Agisce al di fuori della legge ma i capi la lasciano fare perché i suoi metodi funzionano. Il suo sogno è fare pulizia dei politici e degli amministratori corrotti, ma non le è permesso oltrepassare i confini dei bassifondi. B. B. condivide una strana amicizia con un anziano boss della mala corsa. Entrambi pensano che la Marsiglia di un tempo fosse migliore e tentano di arginare un destino ineluttabile.
Bello, il Carlotto futuribile che accellera a 200 all'ora... forse troppo veloce... si perdono i contorni, il paesaggio sparisce, omicidi, violenze di tutto a una velocità che arrivi in fondo e ti chiedi: ma mi é piaciuto?
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