L’ultimo (in
ordine di tempo) è quello austriaco. Oramai abbiamo perso i conti dei tanti,
troppi muri fisici che si stanno ricostruendo, nella vana speranza di contenere
la fiumana umana che dal sud economico viene a condividere il “benessere”
percepito che esisterebbe al nord.
La storia sembra
non aver insegnato nulla. Il muro che avevamo conosciuto nel dopoguerra è crollato
26 anni fa, e tutti ci rallegrammo di quella che sembrava la fine di un’epoca.
Purtroppo invece il Muro con la M maiuscola ha lasciato in eredità tanti
muretti dove non vanno i giovani per sedersi e fare quattro chiacchiere, ma
muri che dividono e che, soprattutto, muri che mostrano la paura di chi si
chiude dentro.
Quanto sembrano
lontani quegli anni disgraziati quando un soggetto poco raccomandabile eletto
con truffa alla presidenza degli Stati Uniti andava cianciando di esportare la
nostra “democrazia”. Noi eravamo più forti e gli altri, arretrati, dovevano
capirlo. Arrivò il “meticcio” franco-ungherese, quello sempre incazzato, che arrivò
a blaterare che l’Africa non era ancora entrata nella storia … adesso forse
siamo noi che stiamo uscendo dalla storia… ne stiamo uscendo perché non
riusciamo più a capire come vada il mondo, il nostro ruolo come parte di un
tutt’uno e crediamo che l’avvenire sia fatto dal ritorno al medioevo. Ma i muri
fisici sono solo la parte emersa di un iceberg la cui parte sommersa è costituita
dai muri mentali che ci stiamo costruendo attorno. Lo vediamo nei luoghi di
lavoro, nella politica, nelle istituzioni, nazionali e internazionali …
chiudiamo gli spazi agli altri, abbiamo paura di confrontarci, di essere messi
in discussione e allora ciò che ci divide diventa argomento per costruire
effimere piattaforme elettorali. La paura ha già vinto in Ungheria, con i due
terzi degli ungheresi ad appoggiare partiti di ispirazione fascista. Lo stesso
sta accadendo in Polonia, quindi perché stupirci se la Turchia prende la stessa
direzione? Domani magari sarà la Francia, insomma la paura diventa una moneta
spendibilissima.
Nel comune vicino
casa mia, Cesano di Roma, sobborgo che fa parte dell’agglomerato della
Capitale, da qualche settimana sono apparsi dei cartelloni di fantomatici
cittadini “residenti-attenti”, insomma le ronde di leghista memoria. Oramai il
virus ci sta infettando, e noi guardiamo altrove. Nel mio piccolo, a parte
cercare di scrivere queste cose, ogni volta che ne ho la possibilità vado nelle
Università o negli incontri pubblici organizzati da gruppi di varia ispirazione
per spiegare loro la centralità dell’alterità nel patto sociale che ci tiene
tutti assieme. L’evoluzione degli approcci metodologici che usiamo nei nostri
programmi di terreno, ci sta portando verso due frontiere che vanno tenute
assieme: partivamo dai principi del dialogo e la negoziazione, per cercare di
arrivare a dei patti socio-territoriali; ecco adesso diventa strutturale anche
la dimensione della biodiversità ambientale, cercare un equilibrio tra noi
umani e madre natura, attaccando le crescenti asimmetrie di potere che fanno sì
che il “sud” economico ed ecologico sia sempre più tagliato fuori dai
meccanismi di scelta sull’avvenire. Ma a questo aggiungiamo una riflessione centrale
sul necessario cammino verso gli altri,
che diventa un cammino verso il più profondo di noi stessi. Andare verso gli
altri è difficile, poco capito, anche dai giovani che si mettono a far
politica. Anni fa proposi a un gruppetto di giovani simpatici ed attivi che
entravano nell’agone politico di Anguillara, di provare a stimolare una
riflessione cittadina, con mezzi semplici e partendo dalle scuole, sul concetto
di “chi è il mio altro?”. Vinsero le elezioni, sono stati eletti come assessori
di qua e di là, gli anni sono passati e nulla è stato fatto. Non ho comunque
perso la speranza, e malgrado l’assoluta mancanza di risposte dai non più
giovani “anguillarini”, ho proposto l’iniziativa ad una piccola organizzazione
che lavora negli altri due comuni del lago. Le ultime notizie dicono che se ne
stia parlando a Bracciano. Ringrazio l’amico Alberto Tabellini che ci sta
provando. Un muretto da abbattere, prima che diventi troppo grande.
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