Di fronte a
questi atti, che sembrano inumani, come dice il Papa, abbiamo il dovere di
porci le domande giuste se vogliamo capire cosa sta succedendo e cosa si
prepara.
Noi del Nord
siamo cresciuti in un mondo che ci ha convinti di essere dalla parte del
giusto, portatori di valori morali e di risultati economici e sociali che hanno
fatto di tutti noi, anche involontariamente, degli ambasciatori del “giusto”.
Chi fa come noi avrà gli stessi risultati, basta impegnarsi, quante volte l’abbiamo
sentito dire a casa nostra o attorno a noi. Il modello importato dagli
americani nel dopoguerra ha funzionato in Europa. Ricordo che eravamo usciti
dalla guerra come dei morti di fame e i nostri paesi erano deficitari in
alimenti di base. Il rischio che potessimo cadere sotto la propaganda
sovietica, comunista, era forte. Ed ecco che il Piano Marshall ci riempie di soldi
ma, ancor più importante, le novità agricole arrivano da noi.
Motomeccanizzazione, chimizzazione e varietà migliorate hanno fatto si che, in
una quindicina d’anni, l’ovest europeo diventasse esportare netto di derrate
alimentare. Dagli anni sessanta cominciamo ad avere i noti problemi di
sovraproduzione e di distruzione di cibo, frutta e tutto il resto.
Si tratta di
un modello che funziona perchè siamo nelle stesse condizioni agroclimatiche, le
istituzioni esistono e l’educazione basica dei contadini è sufficente per fare
il salto. Tanti di loro usciranno dal settore agricolo, ma siccome siamo ancora
in un modello economico basato sul lavoro manuale, la manovalanza agricola si
sposta: dal Veneto alla Lombardia, dal Sud a Torino.
Le forze
sociali si organizzano, e grazie ai sindacati le condizioni materiali di
miglioni di italiani migliorano in modo strutturale. Fosse stato per gli
Agnelli e i Pirelli, saremmo continuati ad essere degli schiavi alla catena di
montaggio, ricordiamocelo.
Lo stesso
modello proposto al sud del mondo non funziona. Non ha funzionato mai, da
nessuna parte. Le ragioni sono molteplici, ne ricordo alcune. Le condizioni
agroclimatiche sono diverse, per cui sarebbe stato necessario uno sforzo di
ricerca in agricoltura per mettere a punto le varietà possibili su quei climi e
su quei suoli. Ma questo significava rafforzare istituzioni pubbliche. I paesi
nati dalla decolonizzazione al contrario non hanno mai avuto la vera
possibilità di scegliere. Quando dei capi di Stato visionari hanno provato a
cercare strade nuove, sono stati semplicemente ammazzati (da Ben Barka a
Sankara la strada è lunga). Gli stessi limiti geografici dei nuovi Stati non
rispondevano che ai nostri interessi occidentali. Abbiamo messo dei fantocci al
governo, con una serie di esperti nostri a tenerli a bada. Hanno fatto le
nostre politiche ma non andava ancora bene. Negli anni 80 le nostre istituzioni
finanziarie li hanno costretti a degli “aggiustamenti strutturali”, centrati su
tre temi chiave: tagli alla salute pubblica, all’educazione e ai servizi agli
agricoltori. Li abbiamo messi in ginocchio.
Non
contenti, abbiamo continuato a mostrare le nostre ricchezze, permettendo solo
alla loro casta al governo di venire a spendere i soldi rubati al popolo nelle
nostre boutique, in modo che almeno loro potessero condividere il nostro sogno
di sviluppo giusto. L’importante era che i soldi rubati li mettessero nelle
nostre banche, da cui non sarebbero mai tornati ai legittimi proprietari, i
popoli africani e arabi.
Non ci siamo
resi conto che l’andare a braccetto fra l’economia e la finanza di rapina e il
nostro clero stava cominciando a far bollire un fuoco primordiale pericoloso.
Noi facevamo i soldi, avevamo sempre più “libertà”, loro si travano ogni giorno
di più la cinghia ma cominciavano a pensare.
Abbiamo
avuto un primo segnale dell’eruzione vulcanica che si sta preparando, quando il
GIA vinse democraticamente le elezioni in Algeria. Il risveglio fu brutale:
lasciare in mano a degli estremisti uno dei più ricchi paesi del mediterraneo?
Giammai. Ordine fu dato ai militari algerni che a prezzo di più di diecimila
vittime eliminarono il GIA e si mantennero al potere.
Nemmeno
quello fu però sufficente a capire cosa bolliva in pentola. Mi ricordo in
quegli anni spiegare ai miei giovani consulenti che il gioco è lo stesso di
quando siamo bambini. Quelli più forti dettano le regole, si gioca e vincono
sempre loro. A un certo punto, il calimero dice “basta, non gioco più” e se ne
va. Questo è successo già allora. Il GIA rifiutava in toto il nostro modello,
economico, finanziario, culturale e religioso, per loro tutto si teneva. La
povertà e la crisi delle loro società tradizionali erano il frutto dello stesso
movimento di occidentalizzazione. Hanno
perso in Algeria, e noi siamo stati contnti di celebrare.
Quando sono
tornati con la faccia di Bin Laden, in tanti ci siamo detti che tanto era un
problema con gli americani. Abbiamo assistio, e partecipato, alla crociata per
portare la nostra democrazia a casa loro, non capendo che era esattamente
contro quello che lottavano.
Nel
frattempo abbiamo fatto sprofondare ulteriormente le condizioni di vita di
milioni di poveri del sud, distruggendo i loro territori, deprendando le loro
risorse e quanto altro.
Da anni
avevano cominciato a dircelo in faccia, diventando specialisti nell’unica arte
che sembra contare davvero: la comunicazione. Verremo anche da voi, non
sentitevi al sicuro.
Hanno
cominciato ad arruolare nelle nostre periferie, e ancora una volta non abbiamo
capito che siamo noi all’origine del male, col nostro modello che si crede
oramai superiore anche a Dio, comanda la natura con i Deriviati finanziari,
dove dieci Corporations decidono cosa dobbiamo seminare nei nostri campi e cosa
mangiare, dove ci dicono come vestirci, che film vedere e che musica ascoltare,
il tutto contrabbandandolo come democrazia e libertà.
Non vogliono
nulla di tutto questo, e il problema è che hanno fatto di tutta l’erba un
fascio. Si mescolano progressi innegabili dell’umanità, in particolare per le
donne, ma anche questo è un affronto per loro, perchè spingiamo per cambiamenti
accellerati dello loro società, e non sono pronti per questo. Le nostre nonne
avevano tutte il velo nero in testa, estate e inverno, ma non ricordo marce o
manifestazioni di piazza per la libertà delle nonne. C’è voluto del tempo, e
battaglie, vinte e perse, tutto ciò che neghiamo a loro. Li neghiamo da decenni
nel loro essere. Noi, dall’alto della nostra superiorità non accettiamo più l’altro.
L’alterità è un concetto che non si studia più. Siamo noi e basta, gli altri
devono adattarsi (t’a d’adattà, come dicono a Roma).
Peccato che
questo modello non funzioni più. E’ finita. Adesso sono pronti a rispondere
colpo su colpo. Guerra asimmetrica, ma sempre guerra è. Noi bombardiamo
(convinti di aver ragione) a casa loro, e loro vengono a metterci le bombe o a
sparare a casa nostra. Occhio che oramai hanno truppe già qui, le stiamo nutrendo
ogni giorno che passa nelle nostre periferie degradate. Quando dei governi di
sinistra o dei movimenti hanno provato a criticare queste politiche che ci
stanno portando in maniera accellerata alla terza guerra mondiale (già
iniziata, come ha detto anche il Papa), vengono trattai come si trattavano i
paesi africani.
Eppure i
soldi ci sono, spesi male, ma ci sono. La massa di soldi spesi in armamenti è 5
volte più grande (ogni anno) di quanto ci vorrebbe per debellare la fame nel
mondo e creare dinamiche di sviluppo. Quindi se non vogliamo cambiare modello,
so cazzi nostri. Ma ricordiamoci che, come hanno annunciato ieri sera, il
prossimo attacco sarà qui a Roma e a Londra. E non avremo nulla per fermarli,
perchè in realtà li stiamo incitando ogni giorno che passa.
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