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sabato 14 novembre 2015

Parigi 13 novembre 2015: A mente fredda

Innanzitutto un momento di silenzio per tutte le vittime di ieri sera che, molto probabilmente, saranno solo alcune delle tante che verranno.

Di fronte a questi atti, che sembrano inumani, come dice il Papa, abbiamo il dovere di porci le domande giuste se vogliamo capire cosa sta succedendo e cosa si prepara.

Noi del Nord siamo cresciuti in un mondo che ci ha convinti di essere dalla parte del giusto, portatori di valori morali e di risultati economici e sociali che hanno fatto di tutti noi, anche involontariamente, degli ambasciatori del “giusto”. Chi fa come noi avrà gli stessi risultati, basta impegnarsi, quante volte l’abbiamo sentito dire a casa nostra o attorno a noi. Il modello importato dagli americani nel dopoguerra ha funzionato in Europa. Ricordo che eravamo usciti dalla guerra come dei morti di fame e i nostri paesi erano deficitari in alimenti di base. Il rischio che potessimo cadere sotto la propaganda sovietica, comunista, era forte. Ed ecco che il Piano Marshall ci riempie di soldi ma, ancor più importante, le novità agricole arrivano da noi. Motomeccanizzazione, chimizzazione e varietà migliorate hanno fatto si che, in una quindicina d’anni, l’ovest europeo diventasse esportare netto di derrate alimentare. Dagli anni sessanta cominciamo ad avere i noti problemi di sovraproduzione e di distruzione di cibo, frutta e tutto il resto.

Si tratta di un modello che funziona perchè siamo nelle stesse condizioni agroclimatiche, le istituzioni esistono e l’educazione basica dei contadini è sufficente per fare il salto. Tanti di loro usciranno dal settore agricolo, ma siccome siamo ancora in un modello economico basato sul lavoro manuale, la manovalanza agricola si sposta: dal Veneto alla Lombardia, dal Sud a Torino.

Le forze sociali si organizzano, e grazie ai sindacati le condizioni materiali di miglioni di italiani migliorano in modo strutturale. Fosse stato per gli Agnelli e i Pirelli, saremmo continuati ad essere degli schiavi alla catena di montaggio, ricordiamocelo.

Lo stesso modello proposto al sud del mondo non funziona. Non ha funzionato mai, da nessuna parte. Le ragioni sono molteplici, ne ricordo alcune. Le condizioni agroclimatiche sono diverse, per cui sarebbe stato necessario uno sforzo di ricerca in agricoltura per mettere a punto le varietà possibili su quei climi e su quei suoli. Ma questo significava rafforzare istituzioni pubbliche. I paesi nati dalla decolonizzazione al contrario non hanno mai avuto la vera possibilità di scegliere. Quando dei capi di Stato visionari hanno provato a cercare strade nuove, sono stati semplicemente ammazzati (da Ben Barka a Sankara la strada è lunga). Gli stessi limiti geografici dei nuovi Stati non rispondevano che ai nostri interessi occidentali. Abbiamo messo dei fantocci al governo, con una serie di esperti nostri a tenerli a bada. Hanno fatto le nostre politiche ma non andava ancora bene. Negli anni 80 le nostre istituzioni finanziarie li hanno costretti a degli “aggiustamenti strutturali”, centrati su tre temi chiave: tagli alla salute pubblica, all’educazione e ai servizi agli agricoltori. Li abbiamo messi in ginocchio.

Non contenti, abbiamo continuato a mostrare le nostre ricchezze, permettendo solo alla loro casta al governo di venire a spendere i soldi rubati al popolo nelle nostre boutique, in modo che almeno loro potessero condividere il nostro sogno di sviluppo giusto. L’importante era che i soldi rubati li mettessero nelle nostre banche, da cui non sarebbero mai tornati ai legittimi proprietari, i popoli africani e arabi.

Non ci siamo resi conto che l’andare a braccetto fra l’economia e la finanza di rapina e il nostro clero stava cominciando a far bollire un fuoco primordiale pericoloso. Noi facevamo i soldi, avevamo sempre più “libertà”, loro si travano ogni giorno di più la cinghia ma cominciavano a pensare.

Abbiamo avuto un primo segnale dell’eruzione vulcanica che si sta preparando, quando il GIA vinse democraticamente le elezioni in Algeria. Il risveglio fu brutale: lasciare in mano a degli estremisti uno dei più ricchi paesi del mediterraneo? Giammai. Ordine fu dato ai militari algerni che a prezzo di più di diecimila vittime eliminarono il GIA e si mantennero al potere.

Nemmeno quello fu però sufficente a capire cosa bolliva in pentola. Mi ricordo in quegli anni spiegare ai miei giovani consulenti che il gioco è lo stesso di quando siamo bambini. Quelli più forti dettano le regole, si gioca e vincono sempre loro. A un certo punto, il calimero dice “basta, non gioco più” e se ne va. Questo è successo già allora. Il GIA rifiutava in toto il nostro modello, economico, finanziario, culturale e religioso, per loro tutto si teneva. La povertà e la crisi delle loro società tradizionali erano il frutto dello stesso movimento di occidentalizzazione.  Hanno perso in Algeria, e noi siamo stati contnti di celebrare.

Quando sono tornati con la faccia di Bin Laden, in tanti ci siamo detti che tanto era un problema con gli americani. Abbiamo assistio, e partecipato, alla crociata per portare la nostra democrazia a casa loro, non capendo che era esattamente contro quello che lottavano.

Nel frattempo abbiamo fatto sprofondare ulteriormente le condizioni di vita di milioni di poveri del sud, distruggendo i loro territori, deprendando le loro risorse e quanto altro.

Da anni avevano cominciato a dircelo in faccia, diventando specialisti nell’unica arte che sembra contare davvero: la comunicazione. Verremo anche da voi, non sentitevi al sicuro.

Hanno cominciato ad arruolare nelle nostre periferie, e ancora una volta non abbiamo capito che siamo noi all’origine del male, col nostro modello che si crede oramai superiore anche a Dio, comanda la natura con i Deriviati finanziari, dove dieci Corporations decidono cosa dobbiamo seminare nei nostri campi e cosa mangiare, dove ci dicono come vestirci, che film vedere e che musica ascoltare, il tutto contrabbandandolo come democrazia e libertà.

Non vogliono nulla di tutto questo, e il problema è che hanno fatto di tutta l’erba un fascio. Si mescolano progressi innegabili dell’umanità, in particolare per le donne, ma anche questo è un affronto per loro, perchè spingiamo per cambiamenti accellerati dello loro società, e non sono pronti per questo. Le nostre nonne avevano tutte il velo nero in testa, estate e inverno, ma non ricordo marce o manifestazioni di piazza per la libertà delle nonne. C’è voluto del tempo, e battaglie, vinte e perse, tutto ciò che neghiamo a loro. Li neghiamo da decenni nel loro essere. Noi, dall’alto della nostra superiorità non accettiamo più l’altro. L’alterità è un concetto che non si studia più. Siamo noi e basta, gli altri devono adattarsi (t’a d’adattà, come dicono a Roma).

Peccato che questo modello non funzioni più. E’ finita. Adesso sono pronti a rispondere colpo su colpo. Guerra asimmetrica, ma sempre guerra è. Noi bombardiamo (convinti di aver ragione) a casa loro, e loro vengono a metterci le bombe o a sparare a casa nostra. Occhio che oramai hanno truppe già qui, le stiamo nutrendo ogni giorno che passa nelle nostre periferie degradate. Quando dei governi di sinistra o dei movimenti hanno provato a criticare queste politiche che ci stanno portando in maniera accellerata alla terza guerra mondiale (già iniziata, come ha detto anche il Papa), vengono trattai come si trattavano i paesi africani.

Eppure i soldi ci sono, spesi male, ma ci sono. La massa di soldi spesi in armamenti è 5 volte più grande (ogni anno) di quanto ci vorrebbe per debellare la fame nel mondo e creare dinamiche di sviluppo. Quindi se non vogliamo cambiare modello, so cazzi nostri. Ma ricordiamoci che, come hanno annunciato ieri sera, il prossimo attacco sarà qui a Roma e a Londra. E non avremo nulla per fermarli, perchè in realtà li stiamo incitando ogni giorno che passa.  

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