Einaudi, 2009
È il 1889, eppure si direbbe l'inizio del mondo. Michele Angelo e
Mercede sono poco più che ragazzini quando s'incontrano per la prima
volta, ma si riconoscono subito: «lui fabbro e lei donna». Quel rapido
sguardo che si scambiano è una promessa silenziosa che li condurrà
dritti al matrimonio, e che negli anni verrà rinnovata a ogni nascita.
Dopo Pietro e Paolo, i gemelli, arriveranno Gavino, Luigi Ippolito,
Marianna...
La stirpe dei Chironi s'irrobustisce e Nuoro la segue di pari passo: se
prima «la campagna e la roccia abitavano insieme agli uomini, che
avevano i ritmi dimessi del sole e delle bestie», ora i pastori e i
mercanti devono fronteggiare quel fermento di modernità che pare voler
travolgere ogni cosa. Le strade cambiano nome e si allargano, accanto
alla pesa per il bestiame spuntano negozi e locali alla moda, e se
circolano più soldi nascono anche bisogni che prima non c'erano. Come i
balconi da ingentilire lungo via Majore, ad esempio, e Michele Angelo -
che sa del ferro come nessun altro, ed è capace di toccare la materia
con lo sguardo prima di plasmarla - si spezza la schiena in officina per
garantire prosperità alla sua famiglia. Ma «la felicità non piace a
nessuno che non ce l'abbia», e infatti quei Chironi venuti su dal nulla,
così fortunati, sono sulla bocca di tutti.
È l'inizio della stagione terribile: i gemelli vengono trovati morti, i
corpicini fatti a pezzi e nascosti in un cespuglio, mentre la Prima
guerra mondiale raggiunge anche Nuoro, e bussa alla porta di casa
Chironi proprio quando Gavino e Luigi Ippolito - taciturno e riflessivo
il primo, deciso e appassionato il secondo - sono in età per essere
arruolati...
La voce unica di Marcello Fois squaderna il Novecento con una forza
poetica e infallibile, e ci consegna un romanzo che abbraccia in un solo
sguardo le storie piccole e quelle grandi, la luce calda dei ricordi
d'infanzia e le ombre fitte dell'età adulta. L'epica del quotidiano
accompagna le sorti dei Chironi a ogni pagina, seducendo il lettore con
un racconto in cui la memoria del sangue - ciò che davvero,
sotterraneamente, tiene unita una famiglia - si allea alla potenza della
letteratura. E ciascun personaggio sembra quasi a proprio agio,
sballottato dalle onde degli anni che s'inseguono, forse perché
impegnato a cercare dietro di sé il passato dal quale proviene - umile o
nobile, vero o inventato che sia. L'importante è non cedere mai di
fronte alle sventure: «perché non c'è genia, da che mondo è mondo, che
sia nata forte e invincibile se nutrita di lacrime».
Un libro che richiede molta attenzione, nonchè conoscenze del dialetto sardo che io non ho per cui vari termini mi sfuggono. Di lettura non facile, interessante, da rileggere l'autore in altre occasioni.
lunedì 2 novembre 2015
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