Arrivati ieri pomeriggio, ben accolti e portati ad un bel hotel (Yak and Yeti, consigliato). Fatto un primo giro verso Durbar square, subito sommersi da una folla di questuanti. Ti venderebbero anche la loro madre e, ovviamente, a un buon prezzo. Stancano molto perché sono un po’ asfissianti, anche se, onestamente, non rompono le scatole (almeno non troppo). Il problema è che fra lo smog (e questo è ancora un buon mese), loro ed un traffico caotico, con clacson da tutti i lati e di tutti i tipi, dopo un’ora non se ne può più per cui si torna all’albergo a respirare. Da notare che parlano tutti (tanti) un po’ di rudimenti di italiano, prezzi ecc. cosa che ti fa pensare che ne devono essere passati di italiani da ste parti.
Cena, presto, al ristorante dell’hotel, accompagnata da un buon vino. Molta verdura, in mille forme diverse, dato che i nepalesi mangiano poca (pochissima carne). Bella serata, che ha permesso di cominciare a conoscerci meglio sia con Francesca, anche se sono oramai molti anni che ci si conosce, e Lidija, nuova consulente del gruppo giuridico, che sostituisce Margret causa maternity leave.
Bilancio primo pomeriggio positivo, anche se la stanchezza del viaggio si fa sentire per cui a nanna presto.
Una nota sul viaggio: la Qatar (prima volta che la prendevamo) ha guadagnato punti. Chiaro che farla in business o in economy non è la stessa cosa (e la schiena di Christiane glielo ha ricordato bene), ma comunque rispetto ad altre compagnie, la qualità è tale da metterla nella top 5.
Domenica, giornata lavorativa qui. Siamo partiti con l’autista a visitare Bhaktapur, consigliataci da tutti quanti. Fu città reale, rivaleggiando con Patan e Katmandu, fino al XVII secolo (fonte il Routard J). Fondata nel IX secolo sarebbe stata fondata a forma di conca o, come vuole la tradizione, di mandala. Bella da vedere e da girare. Moltissimi l’hanno vista senza saperlo dato che alcune scene del Piccolo Budda di Bertolucci sono state girate qui.
Secondo il Routard di 5 anni fa, era allo studio la soppressione totale del traffico automobilistico; devono avere tempi come i nostri perché fra macchine, moto, camion e carretti devi proprio stare attento a dove metti i piedi. Si paga per entrare, ma pare che almeno qui i soldi siano usati per il benessere locale (la nostra simpatica guida ci dice che li usano per mantenere una specie di ospizio dove i vecchi del posto possono andare a riposare quando stanchi. Vogliamo crederci.
Pavimentazione rifatta quasi interamente, si cammina con piacere, i venditori ambulanti sono molto meno asfissianti che a Katmandu, forse anche perché hanno capito che il turista torna più facilmente (e spende più facilmente) quando viene messo a suo agio. Ci sono poveri in giro, e quindi le richieste di qualcosa (sempre di più in italiano) si fanno continuamente, ma non si ha l’impressione della capitale.
Ci siamo presi una guida, anche per la sua faccia simpatica, un giovane del posto che parla 5-6 lingue col quale abbiamo passato una mezza giornata simpatica. Visti molti dei luoghi da vedere (e prossimamente metteremo anche un reportage fotografico grazie alla nikon di Lidija), girate le piazze e i cortili. In particolare ricordiamo la piscina del re e della regina, all’aria aperta. La questione dell’acqua, per bere, lavarsi e viverci è il cuore del problema. Anticamente pescavano da pozzi, ancora disponibili nella parte vecchia dove ci ha portati, oppure da pompare con le vecchie pompe che si usavano ai tempi di mio nonno. Era acqua buona da bere, una volta, adesso solo per lavare. Ci dice che grazie all’acquedotto hanno acqua in casa, ma non abbiamo la possibilità di vedere. Comunque lui stesso ci dice che acqua vuol dire soldi.
I colori ricordano Bologna, il suo mattone rosso anche se l’atmosfera di templi, induisti, buddisti e nepalesi, uno accanto all’altro, ti ricorda di essere in un altro posto. Gli odori sono pochi,rispetto a quelli che mi aspettavo. Ogni tanto, verso mezzogiorno, senti del curry, ma poco. Rumori un po’, ovviamente, molta musica, soprattutto indiana (anche se per noi non credo sarebbe facile scoprire la differenza).
Le negoziazioni per comprare le pashmina sono un classico di ogni turista, e noi non sfuggiamo al rito. Siamo ovviamente contenti degli acquisti, prezzo e qualità. Loro anche. Girata in lungo e in largo, ci siamo bevuti un the in un baretto simpatico, e poi camminare e camminare. Tante facce, tanti sorrisi, nessuna sensazione di pericolo, in nessun momento. Aria più respirabile di Katmandu. Mangiato un boccone e si ritorna nella capitale (una decina di Km di distanza) il cui traffico, smog, rumori e brutta architettura periferica si riconoscono subito.
In albergo a prendere una doccia, scrivere due righe e poi andiamo a cena con le autorità, per iniziare ufficialmente la missione.
lunedì 22 febbraio 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento