Visualizzazioni totali

domenica 16 ottobre 2011

Haiti: paysans, paysannes




Contadini che invecchiano, giovani che se ne vanno, terre che si degradano e società che si sfaldano. Simbolo di un paese allo sfacelo, il casino quotidiano dal quale non si sa come uscirne, un traffico caotico, tutti che vogliono passare sopra, sotto, di lato, tutti più furbi, ma sostanzialmente tutti soli. Se ne va la vecchia società rurale che riusciva a tenere assieme, bene o male, le famiglie ricche e la massa povera. Oggi la risposta è la stessa che troviamo a Lampedusa: nelle gambe e piedi dei giovani che se ne vanno, nelle famiglie che sognano solo che i loro figli riescano a passare la frontiera americana o canadese, le più ambite.

Anche in campagna è oramai così, non siamo nell'America Latina delle lotte contadine, qui La Via Campesina non ha peso, ognuno per sè, a farsi la propria organizzazione ma senza sogni, attenti solo a domattina. Non possono più pensare all'avvenire perchè l'avvenire è a Miami, Monreal, Ottawa, via da qui.

Pensare a una strategia per ridurre la degradazione delle risorse naturali sapendo che lo stimolo per restare non c'è, complica tutto. Non puoi fare sponda con organizzazioni contadine, e nemmeno con Partiti politici che sono dei pesi piuma nel panorama nazionale. Siamo nel medioevo, piccoli feudi elettorali dove ognuno pensa a sè, alla sua elezione e rielezione e negozia il suo voto direttamente col Presidente della Repubblica. Ecco perchè ci hanno messo così tanti mesi a formare un governo. Mille negoziazioni che dovranno continuare domani, e dopodomani e dopodopodomani ancora. Il tutto nella sola ottica dell'immediatismo.

E allora perchè questi vecchi contadini dovrebbero preoccuparsi del futuro? Chi glielo fa fare? Dall'indipendenza ad oggi è risultato chiaro a tutti che lo Stato haitiano non è in grado di risolvere il problema basico della proprietà fondiaria, in città come nelle campagne. Quindi la caccia è aperta: chi può si prende le buone terre e chi non può va a tagliare la legna per farne carbone. Illegale, come lo è in Etiopia e in qualsiasi altro paese, ma alla fame e alla povertà non puoi parlare d'illegalità.

Speranze? Boh, non pare ce ne siano molte, vedremo nelle prossime missioni se riusciremo a montare delle basi minimamente solide, altrimenti lasceremo perdere.

Nessun commento:

Posta un commento