Pian piano l’Ebola avanza. Ed è giusto così. Dopo di lui ne
arriveranno altri, più forti o più deboli questo lo vedremo a suo tempo. Mi
interessa qui ragionare sul panico che comincia a diffondersi e sulle misure
che si intendono prendere. Una volta di più si tratta di svuotare l’oceano col
cucchiaio, non interessandosi mai alla fonte, ma sempre allo sbocco finale.
Quindi i francesi mettono presidi sanitari negli aeroporti, subito imitati dai
nigeriani a Lagos. Gli americani si dividono sul rimpatrio di quel medico
infettatosi dopo aver lavorato per salvare tante vite umane. Alcuni di loro,
tipo Donald Trump, noto filantropo “de noantri” sostiene pubblicamente che
questi medici che vanno ad aiutare i poveri ammalati africani devono poi
accettare di subirne le conseguenze. Al caro Donald il premio di stupido (per
non dire di peggio) dell’anno.
Resta il fatto che nessuno sembra stupirsi che gli unici ad
intervenire siano organizzazioni straniere, europee, americane od altro. Le
interviste televisive mostrano dei responsabili sanitari nazionali chiaramente
oltrepassati dal problema, senza mezzi, senza uomini e senza preparazione.
Tutto questo affararsi di Medici senza frontiere o simili fa perdere di vista l’essenziale:
da un lato i francesi sono fieri di avere l’ONG più forte del mondo, premio
Nobel e tutti quanti, che va a salvare i poveri neretti africani… ma mai che
uno si fermi a chiedersi come mai i settori sanitari di gran parte dei paesi
africani siano ridotti in quelle condizioni.
E torniamo ancora una volta dai soliti noti, quella banda
chiamata Banca Mondiale e Fondo Monetario che hanno imposto delle politiche di
aggiustamento strutturale basate sul concetto di tagliare i servizi essenziali
dello Stato: salute, educazione e servizi ai contadini. Era una scelta
ideologica, ammantata da scuse di tipo economico, per aprire un’autostrada alla
privatizzazione di tutto quanto sia possibile. In Africa adesso si trovano
cliniche di livello internazionale, e lo stesso dicasi per le scuole. Basta
pagare, caro, e si ha tutto. Il che vuol dire tagliare fuori dall’essenziale i
quattro quinti della popolazione locale. Quindi, stupirsi che l’Ebola si stia
sviluppando nei paesi poveri, quelli dove i conflitti alimentati dai nostri
produttori di armi (ricordiamoci che anche noi italiani siamo fra i primi
esportari di armi al mondo) si incrociano con povertà croniche, dovute a classi
politiche che noi abbiamo scelto ed imposto, e da sistemi agricoli decisi a
Washington per produrre prodotti per il mercato internazionale a scapito dell’autosufficenza
alimentare.
I francesi dicono “tout se tient”. Tradotto vuol dire che 2
più 2 non può dare che quattro. Abbiamo distrutto la base di quei paesi,
artificialmente creati sulla base di considerazioni geopolitiche europee e non
rispondenti a una storia locale, gli abbiamo imposto classi politiche
affidabili alle nostre potenze e ideologie, abbiamo distrutto le loro campagne
e, per finire, abbiamo eliminato quel poco di servizio pubblico che rimaneva
nella scuola, nella salute e nelle campagne.
Ben venga l’Ebola, sperando che riesca ad arrivare
rapidamente a Washington e a Bruxelles. Solo con qualche milionata di morti
bianche forse qualcosa si muoverà.
Per chi volesse approfondire consiglio il vecchio ma sempre
utile libro di Susan George, Il Rapporto Lugano (e il sequel uscito poco tempo
fa col titolo italiano di “Come vincere la guerra di classe”). Cito: ‟C’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia
classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo.”
Warren Buffett, investitore finanziario, la terza persona più ricca al mondo.
Stava già tutto
scritto.
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