Visualizzazioni totali

domenica 26 febbraio 2017

Riflessioni dopo aver letto Congo


L’autore, parlando della politica dell’amministrazione Clinton nei confronti del Congo di Kabila, scrive:

Il cinismo con cui il governo Clinton voleva rompere col passato lasciò campo a un nuovo genere di cinismo: umanitario nelle intenzioni, estremamente ingenuo nelle analisi, e di conseguenza disastroso nei risultati.

Dopo aver speso oltre trent’anni in questo mondo detto della “cooperazione all sviluppo”, un’affermazione del genere mi verrebbe voglia di estenderla paro paro a molti degli attori che infestano questo mondo. Non contesto ovviamente la bontà delle intenzioni, la voglia di darsi agli altri per fare “qualcosa” di utile. Quello che mi ha fatto pena in tutto questo tempo è stato il vedere sia l’impreparatezza di tanti “specialisti”, “cooperanti” o “esperti”, che la loro ignoranza, mancanza di curiosità verso delle realtà diverse e già pre-giudicate prima di intervenire. Il trasporre ideologie di cui non si rendevano nemmeno conto, parole d’ordine imposte più o meno velatamente sempre dagli stessi poteri del nord.

Il libro Congo è stato come ripercorrere le ferite che mi hanno angustiato in questi anni. Ritrovare quel cinismo del XIX secolo quando almeno era chiaro che le uniche cose che interessavano a noi del Nord erano le risorse di quelli del Sud, risorse naturali, da prendere in qualsiasi modo, e negando qualsiasi ruolo a quelle stesse popolazioni nel determinare il proprio futuro.

Cent’anni e oltre di guerra, un paese distrutto ma non interessa più a nessuno, tanto in modo legale o illegale le sue materie prime arrivano da noi. Che siano i diamanti, il legname, il cobalto o il tanto ricercato coltan per i nostri telefonini (80% delle riserve mondiali stanno lì sotto, nel Congo detto “democratico”), queste sono le cose che ci servono. Le piccole guerre locali, fomentate dal Ruanda e dall’Uganda, e da un’infinità di gruppuscoli locali che lottano per controllare miniere dove manderanno bambini morti di fame… Di quello non ci interessa più nulla, ma forse è addirittura meglio così se pensiamo che gli interventi precedenti dei Belgi, Francesi, Olandesi in quella parte dell’Africa detta dei Grandi Laghi hanno servito ad aiutare generosi come quello del Ruanda dal quale non siamo ancora usciti.

La triade delle intenzioni umanitarie, analisi scadenti e risultati disastrosi è ancora la parte positiva della cooperazione, perché poi arrivano quelli delle istituzioni finanziarie, FMI e Banca Mondiale, il cui cinismo, associato a un’arroganza senza fine, una ignoranza e un disinteresse totale per le conseguenze sociali dei loro programmi sono senza pari. Dalle mie parti si diceva spesso: i migliori hanno la rogna… ecco a cosa è ridotto il mondo della cooperazione.. i francesi, al solito più cinici nel loro umorismo, hanno modificato leggermente l’aggettivo terzomondismo che da loro equivale alla nostra cooperazione: terzomondismo che viene, come si capisce, da Terzo Mondo. Adesso dicono, un terzo monismo (un Tiers - mondiale) e un terzo mondano (Tiers - mondain), 

Congo sarà il mio libro dell’anno perché bisogna ricordare il passato, soprattutto quando questo passato, come nel caso del Congo, è il precursore probabile del nostro futuro: 
“La violenza etnica nell’Ituri (l’autore parla di una delle regioni del Congo dove una decina d’anni fa era ristoppiata una guerra interna, una delle tante non ancora finite) non era atavismo, né un riflesso primitivo, ma la logica  conseguenza della mancanza di terre in un’economia di guerra al servizio della globalizzazione - e in tal senso annunciatrice di ciò che attende un pianeta sovrappopolato. Il Congo non è in ritardo sulla Storia, è un precursore”.


Non potrei non essere più d’accordo con l’autore. Rileggete post precedenti sull’avvento della Terza Guerra dove da tempo sviluppo questi stessi argomenti. 

ricordo qui sotto la copertina del libro che invito tutti a leggere

Nessun commento:

Posta un commento