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lunedì 18 giugno 2018

Italia, migranti, aiutiamoli a casa loro? Alcuni elementi per capirci qualcosa


Scrivevo ieri su FB che fra il 2006 e il 2016 il monte aiuti della cooperazione italiana verso i paesi a sud del Sahara sono scesi da 1053.56 a 296.51 (milioni USD: fonte OECD  https://stats.oecd.org/qwids/...). Questo per chiarire il gap esistente tra il dire e il fare da parte di governi modaioli e arroganti e sostanzialmente allineati al capitale bancario e finanziario.

L'ultimo rapporto annuale della Cooperazione italiana aggiorna i dati al 2017 segnalando un aumento del budget dal 2016 al 2017. Peccato non siano disponibili i dati disaggregati per regione del mondo. Ecco la ragione per cui sono andato a cercare chiarimenti sulla rete, e lì trovo questa fonte, che vi invito a leggere:  (https://www.truenumbers.it/aiuti-internazionali/)

Copio qui sotto alcuni estratti, giusto per ricordare dove vadano realmente a finire i soldi che ci vantiamo di spendere per "aiutarli a casa loro".

GLI AIUTI IN RAPPORTO AL PIL
In media i Paesi europei destinano agli aiuti internazionali lo 0,51% del proprio Pil, […] (Obiettivo OCSE: 0.7%, giusto per ricordare)

L’Italia ha raggiunto una percentuale dell’0,26% del Pil destinato agli aiuti internazionali. 

A questo proposito bisogna fare un’importante precisazione. Una parte dell’aumento dei fondi europei per i Paesi in via di sviluppo è destinata in realtà all’assistenza ai richiedenti asilo giunti nei diversi Paesi. Di fatto non sono soldi che vanno agli Stati in via di sviluppo, ma rimangono in Italia, Germania o Svezia per gestire l’emergenza sbarchi o arrivi.

Di seguito un grafico che indica come sono aumentati i fondi per lo sviluppo (Oda: “Official Development Assistance”) con o senza questi aiuti, che vengono chiamati “in donor refugee costs”.

Come si vede negli ultimi anni c’è stato un aumento del gap tra le due voci. Considerando solo l’assistenza, senza i fondi “in donor”, si rimarrebbe poco sopra quota 70 miliardi di dollari, mentre nel totale si vola a circa 85 miliardi di dollari spesi nel 2015.

Nel 2016 sono stati 6 miliardi e 125 milioni di dollari gli aiuti “in donor” utilizzati dai tedeschi, il 25% del totale, e sono stati 1 miliardo e 650 milioni di dollari, addirittura il 34% del totale, nel caso dell’Italia.

L’Italia appunto è stato il paese che ha dedicato la maggiore proporzione dei propri fondi per lo sviluppo a… se stessa, ovvero alla gestione interna dell’emergenza sbarchi. Ovviamente a questi fondi vanno aggiunti anche quelli destinati all’accoglienza e che vengono gestiti dai ministeri dell’Interno dei diversi paesi.

A CHI VANNO I SOLDI DELL’ITALIA
Guardiamo quindi più in profondità cosa fa l’Italia con questi fondi.
Dal 2012 vi è stato un deciso aumento dei soldi messi a disposizione. Da 2 miliardi e 129 milioni di euro si è passati ai 4 miliardi e 391 milioni del 2016.

Siamo arrivati allo 0,26% del Pil, un record. Come abbiamo visto tuttavia una parte decisiva di queste risorse, il 34%, non viene destinata ai Paesi in via di sviluppo, bensì alla gestione dell’emergenza immigrazione sul suolo italiano. Secondo le stime per il 2017 è previsto che si salga anche al 39,6%.
Gli aiuti globali (Oda) infatti secondo le previsioni rimarranno stabili e ammonteranno a 4 miliardi e 819 milioni di dollari, ma calerà l’assistenza ai Paesi in via di sviluppo, da 3 miliardi e 162 milioni a 2 miliardi e 910 milioni di dollari. Crescerà invece la parte destinata ai rifugiati, da 1 miliardo e 650 milioni a 1 miliardo e 909 milioni.

I NOSTRI FONDI DESTINATI AGLI ARABI NON IN FUGA
A livello di paesi assistiti dall’Italia nel 2015 al primo posto si trova l’Afghanistan, con più di 103 milioni di dollari. A seguire ci sono l’Iraq e, poi, il Pakistan. Paesi da cui quasi nessuno è sbarcato sulle nostre coste.
L’obiettivo è, anche nel caso italiano, quello di un intervento nello scacchiere geopolitico, nei luoghi più “caldi” e al centro delle cronache internazionali. Solo così si possono spiegare i finanziamenti alla Palestina e le briciole destinate ai Paesi in via di sviluppo dell’Africa Sub sahariana. Nel grafico appare evidente che a Senegal, Mozambico, Sudan, Somalia arrivano dal nostro paese poche decine di milioni.


Se il motto dovrà essere quello di aiutare a casa propria i cittadini dei paesi africani che partono per giungere a Lampedusa e negli altri porti, allora si dovrà ripensare la politica di aiuti per lo sviluppo condotta dall’Italia. Ci dovrà essere un trasferimento di risorse da aree importanti solo politicamente a zone in difficoltà, quali quella dell’Africa Sub sahariana. Il paese dovrà quindi aiutare quegli Stati che, seppur semi-sconosciuti, hanno più bisogno di sostegno per lo sviluppo.

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