Riassunto webinar 2:
La seconda sessione è stata dedicata alla questione ambientale. Usando l’analogia dei lanci spaziali, il primo stadio dell’attacco ha riguardato più direttamente i produttori agricoli, quasi scomparsi dalla faccia della terra, trasformandoli in grande maggioranza in “operai massa” (nel senso che storicamente gli hanno dato Tronti e Negri parlando del settore industriale) lasciando poche nicchie di contadini che ancora resistono ma non influiscono sulle dinamiche mondiali. Ma sarà su queste nicchie che ci appoggeremo nelle conclusioni finali…
Il secondo stadio è quello ambientale, e anche stavolta le origini siamo andati a cercarle nel secondo dopoguerra, quando il saggio di profitto a ha cominciato a scendere, obbligando così i detentori di capitale (per il momento ancora capitale fisico) a cercare nuove strade per fare profitti, la vera chiave di volta per analizzare e capire quello che succede nel mondo.
Eccoci quindi al 1971 e la svolta impressa dagli americani. L’amministrazione Nixon viene messa sotto pressione e decide di annunciare la fine del sistema detto “Gold Standard”, la parità aurea fra oro e dollaro (e monete associate). Da quel momento in poi ogni valuta dovrà navigare in mare aperto senza difese che non siano quelle della forza del paese rappresentato. Inutile dire che il dollaro, valuta del paese dominante economicamente, nonché valuta di riserva per gli scambi internazionali e stampata a piacimento dalla Banca Federale americana, avrebbe avuto un vantaggio considerevole su tutte le altre.
Con questa decisione si apriva il fronte delle speculazioni monetarie, foriere di notevoli profitti. Inoltre, l’anno successivo, alla borsa di Chicago venne aperto un nuovo mercato, quello sui “futures” (i moderni derivati), che permetteva di speculare non solo sulle monete ma anche sulle “commodities”.
L’anno successivo, il 1973, i principali paesi arabi produttori di petrolio, decisero di rompere il legame di sottomissione che li legava alle “sette sorelle” americane nel settore petrolifero, costringendoli ad accettare prezzi molto bassi per l’oro nero. Quello che fu definito come il primo “shock” petrolifero in realtà fu un giusto riallineamento dei prezzi, che ovviamente il mondo occidentale presentò come un segnale di avidità degli arabi. Un massiccio trasferimento di capitali si realizzò quindi a favore di questi ultimi, senza però che avessero delle strategie chiare su cosa fare di questa montagna di soldi.
Come già detto nella sessione precedente, fu in questo periodo che si inventò l’industria del debito. Con l’appoggio delle grandi istituzioni finanziarie, i paesi del Sud vennero obbligati ad accettare proposte per mega-progetti che sarebbero stati finanziati con questi capitali. Scritti in fretta e male, quasi nessuno di questi progetti andò a buon fine per le popolazioni locali e i risultati furono: una corruzione dilagante fra i governanti e debiti enormi per i paesi. Questa sarebbe stata la giustificazione fondamentale per i successivi programmi di aggiustamento strutturale di cui abbiamo parlato in precedenza.
Questo nuovo mondo in preparazione, basato sul “libero” mercato delle speculazioni, necessitava però di forti coperture politiche e queste arrivarono nel 1980. L’America democratica di Carter venne spazzata via dal populismo reaganiano, mentre Margaret Thatcher prendeva il posto dei labouristi alla guida dell’Inghilterra. Iniziava così il dominio neoliberale, la cui preparazione era iniziata anni prima nei circoli universitari e politici americani (basti pensare alla politica imposta dai Chicago boys al Cile di Pinochet dopo il colpo di Stato del 1973) e inglesi. Si trattava di un mix di individualismo e di assenza di regole, dove il governo e le politiche pubbliche venivano viste come parte dei problemi e mai delle soluzioni. Si ricorda la celebra frase, attribuita a M. Thatcher secondo cui “non esiste la società, ma solo individui”.
Da lì in poi, in modo pervasivo e occupando tutti i settori della vita quotidiana, dall’economia alla cultura, educazione e salute, il nuovo credo avrebbe iniziato il suo lungo cammino che ancora non è terminato.
Per quanto riguarda le questioni ambientali, il cambio fu generato innanzitutto negli USA: migliaia di impiegati dell’agenzia per la protezione dell’ambiente (la EPA), furono licenziati e una serie di leggi per la protezione dell’ambiente vennero abrogate. Il successore di Reagan, Bush Sr., che era stato il suo vice-presidente, continuò su questa strada e durante il suo mandato venne approvata la famosa “No Net Loss Policy” e la creazione delle prime banche di compensazione per le zone umide e palustri (Wetlands Mitigation Bank). In questo modo un operatore (finanziario, industriale) che avesse voluto “sviluppare” una zona umida (cioè un ecosistema particolare e fragile), doveva acquistare delle azioni di “compensazione” presso queste WMB per ottenere i permessi governativi. I soldi così raccolti sarebbero stati usati per proteggere le specie in pericolo (ritorneremo più avanti su questo).
Le successive amministrazioni democratiche mantennero questa politica, inoltre va ricordato che fu durante la prima presidenza Clinton che venne firmato l’accordo di Kyoto che portava la logica delle compensazioni ambientali all’intero mondo. Poter speculare e/o distruggere risorse naturali nel Sud del mondo diventava così una politica approvata dalle nazioni unite, in cambio di “compensazioni” da acquisire al nord. Dopo Clinton arrivò Bush Jr. che ampliò queste politiche in modo da coprire altri settori (Clean Air Act e Clean Water Act). La riduzione dello staff della EPA continuò, e nuovi permessi per forare i ghiacci in Alaska (altre zone protette) vennero elargiti a petrolieri (di cui la famiglia Bush faceva parte).
Nel frattempo l’Unione Sovietica era scomparsa, sostituita da una Russia debole e sottomessa alle scorrerie di banditi finanziari di tutti i tipi, lasciando così campo aperto alla sola potenza rimasta, quella americana e il suo New Economic Order.
Il nuovo millennio arrivò in fretta: per molti la data d’inizio fu l’11 settembre del 2001, con la caduta delle Torri Gemelle a New York. Io credo che sarebbe interessante considerare il 2005, quando l’uragano Katrina colpì la città di New Orleans: i danni furono enormi, mettendo in luce le cattive politiche di difesa territoriale portate avanti dalle amministrazioni cittadine, tutte a sfavore dei cittadini (neri) poveri. La stima dei danni assicurati fu di 75 miliardi di dollari, ma se includevano anche i beni non assicurati, la cifra raddoppiava: 150 miliardi, una cifra stellare che nessuna amministrazione pubblica avrebbe mai potuto mettere assieme. Il mondo delle assicurazioni e della finanza intuì che era quella l’apertura per nuove e fruttuose speculazioni.
Nuovi strumenti finanziari, sempre più complessi (le options, i swap, i CDS e i Catastrophe Bonds, tanto per citarne alcune categorie) diventarono moneta corrente. La raccolta fondi aumentò esponenzialmente, grazie a promesse di tassi di interesse molto vantaggiosi, ancorché i rischi incorsi erano molto grandi e soprattutto molto difficili da valutare, anche per le stesse istituzioni che li emettevano. Piazzare questi ingenti capitali non era difficile dato che, come imposto dalle teorie neoliberali, i governi dovevano abbassare le tasse per favorire i settori economicamente produttivi ed attirare gli investimenti esteri. Questo ha significato che i debiti dei paesi (anche quelli del Nord, come mostra il grafico qui sotto relativo all’Italia) sono aumentati in maniera rapida e costante e che i governi – qualsiasi fosse il colore politico – non avevano più le risorse per le politiche che volevano mettere in atto. Ecco quindi la necessità di andare sul mercato finanziario per finanziarsi.
Come possiamo vedere dalla figura qui sotto, l’economia mondiale accelerò il suo spostamento verso il mondo finanziario. Sempre più risorse venivano distolte dall’economia reale per entrare nel mondo delle speculazioni finanziarie, altamente volatili e precarie. Capitali alla ricerca di un profitto immediato, a scapito di qualsiasi remore, morale, etica, ambientale o altro.
Per far sì che questo “New Economic Order” funzionasse al meglio, era necessario anche un passaggio a una scala superiore del terreno di gioco. Così come la creazione dello Stato-Nazione alla fine del XIX secolo era stata funzionale al nuovo sistema economico mercantile che si stava preparando (spazi di mercato omogenei e più grandi rispetto ai limitati mercati regionali o sub-regionali che vigevano all’epoca), diventava adesso necessario aumentare ulteriormente questi spazi omogenei, al di là delle ristrette dimensioni nazionali. Ecco allora il gran lavorio per creare entità supra-nazionali (come l’Unione Europea) oppure trattati economici che legassero regioni intere del mondo (come il Nafta, il Mercosur,…). Il sistema economico dominante (che già aveva sottomesso la costruzione sociale dello Stato-Nazione ai suoi bisogni) oramai andava al di là delle ristrettezze nazionali: si inizia a parlare di globalizzazione, cioè il rimpiazzare la dimensione nazionale-statale con delle entità superiori che, tutte, soffrono dello stesso problema strutturale: mancanza di partecipazione e sottomissione degli individui e dei gruppi sociali al potere economico (e finanziario) dominante. Lo stesso processo verrà portato avanti con le classi politiche precedenti, che vengono pian piano sostituite con delle nuove elite (formate nel nuovo credo neoliberale), su su fino ad arrivare alle entità senza corpo ne anima che non rispondono più a delle istituzioni democratiche ma diventano autoreferenziali (come i GAFA) e possono permettersi di imporre le loro politiche ai vari governi sottomessi.
E’ questo mix di orientamento liberale, con giocatori dal potere immenso, senza controlli e con l’unico obiettivo di far soldi e subito, che porta alla crisi del 2007-2008. In mezzo a questo Far-West speculativo, le risorse naturali possono diventare un’occasione ancor più ghiotta per fare affari. Ecco allora che, nel 2005, viene lanciata la nuova religione dei Servizi Ecosistemici. Ci penserà il gruppo di esperti riuniti nel Millennium Ecosystem Assessment, pubblicato quell’anno, a dare il via all’operazione. La logica di fondo è sempre la stessa, e cioè far sì che sia possibile speculare (cioè fare soldi) su queste risorse limitate: la Natura deve essere gestita attraverso i Servizi Ecosistemici. Quindi, prima si crea il problema, e cioè si specula e si distruggono le risorse naturali, terre, acque, foreste, e poi si inventa la medicina a questo male: le risorse naturali non sono difese perché la gente non ha idea del loro valore (cioè del loro prezzo), questa sarà la linea seguita da allora fino ad oggi, da parte dei neoliberali convinti e dagli esperti ingenui che mettono la loro firma su politiche il cui risultato era evidente fin dall’inizio. Il capitale privato aveva bisogno di nuove aree dove investire per fare soldi nel breve termine. Credere che la protezione ambientale fosse una preoccupazione seria, vuol dire credere alle favole oppure, come spesso succede, essere conniventi.
Ed infatti, parallelamente allo sviluppo di questa nuova religione, che troverà sussidi per tutti quei centri universitari, politici e culturali che la sostengono, e che gode ancora dell’appoggio di moltissimi governi e agenzie delle Nazioni Unite, assistiamo a una deriva verso nuovi livelli di corruzione a livello delle istituzioni governative dei paesi interessati. I tagli all’educazione, imposti dai SAP negli anni 80, danno gli effetti desiderati: una nuova classe di funzionari impreparati, semi-analfabeti, prendono le redini delle amministrazioni locali, mentre al centro pochi specialisti, formati nelle università del credo neoliberale del nord, assicurano che si portino avanti le ricette volute. Ai piani alti della politica, bustarelle e “mazzette” (come diciamo in italiano) servono ad oliare il sistema.
La battaglia intellettuale, che si gioca nelle università e nelle agenzie delle Nazioni Unite, e che la gente normale non ha capito, riguarda il cambio semantico dal concetto di “biodiversità” a quello di “servizio ecosistemico”. Mentre la concezione di base della biodiversità era il rispetto della vita in tutta la sua diversità, con il nuovo lessico si introduce una piccola, ma fondamentale, modifica: rispetto per la vita in base alla sua utilità per l’essere umano. In concreto questo significa passare da una logica di gestione come bene comune a una che è la monetarizzazione della Natura.
Ecco allora che il vero concetto diventa evidente: i “servizi ecosistemici” che ci interessano sono quelli che servono a noi umani, e a questi bisogna dare un prezzo: la nuova pubblicistica inizierà ad invaderci con questa nuova terminologia: Payment for Ecosystem Services. Ricordando che il prezzo è un rapporto di scambio tra due beni, introduciamo il mercato come premessa per salvare la natura; quello stesso mercato asimmetrico dove i potenti comandano e i deboli obbediscono. La Natura, non avendo diritti e nessun rappresentante legale a difenderla, diventa quindi la più debole fra i deboli. Ecco allora aprirsi un mondo alla speculazione più sfrenata.
Un elemento filosofico di base della visione basata sulla biodiversità era l’umiltà necessaria che noi umani dobbiamo avere rispetto alla complessità di ecosistemi che esistevano prima, durante e dopo l’arrivo della razza umana su questa terra. Troppo complesso per poter capire tutto in tutti i minimi dettagli; una visione che ovviamente non piace al mondo neoliberale finanziario che oramai vive solo di matematica e algoritmi. Di conseguenza, la Natura viene scomposta e, all’interno di un ecosistema, si simula il ruolo di una pianta o un animale, per capire quanto importanti siano. Confondendo realtà e fantasia, le nuove banche di compensazione (create all’epoca di Bush Sr.) diventano ora delle Species Bank. Chi vuol fare affari in ecosistemi fragili, estrazioni minerarie o altro, deve solo andare in queste banche e comprare delle azioni dedicate a certe piante, o animali, con cui “compensare” gli effetti negativi delle sue opere altrove. Questi fondi saranno poi investiti per proteggere l’elemento X di un ecosistema reale, senza che si sappia bene cosa succederà nella vita vera e non nel modello. Ma in questo modo si è raggiunto lo scopo filosofico superiore: non solo fare soldi, e subito, ma dichiarare la superiorità dell’essere umano rispetto alla Natura.
Noi, ultima specie ad essere apparsa sulla Terra, ci ergiamo a “dominus” di tutto, in nome del Dio Mercato e del suo figlio il Profitto.
La filosofia della Laudato Sì non potrebbe essere più lontana da questo principio. Predicando l’umiltà dell’uomo e la ricerca dell’equilibrio con le risorse naturali, chi si batte in suo nome diventa immediatamente un nemico da distruggere, ed è bene che voi giovani ne siate coscienti.
L’evoluzione prossima potrebbe essere l’emissione di quelli che io chiamo gli Indio-Bond: in nome della protezione delle foreste e della loro funzione di assorbitrici di CO2 (il cui mercato è stato creato, anche se funziona ancora male), le popolazioni indigene locali vengono allontanate, per evitare che creino delle “esternalità negative”, lasciando così la superficie forestale (i cui diritti Cos sono stati già venduti al mercato) sotto la protezione di guardie armate che impediscano l’entrata di chi ci viveva da sempre. A questo punto la popolazione indigena si ritrova in pericolo, costretta com’è in zone più piccole e senza la biodiversità a cui erano abituate. La soluzione diventa quella di preparare un prodotto finanziario (un derivato o altro) per “salvare” questi indios. Ecco allora che l’investitore può comprare azioni sul mercato della CO2 (per salvare il mondo, anche se distrugge l’habitat delle popolazioni locali) e poi comprare anche Indio-Bond per salvare quelle stesse popolazioni che anche lui ha contribuito a mettere in pericolo. Con tutte queste azioni “positive” potrà compensare qualsiasi altra distruzione vorrà fare nel Sud o nel nord del mondo.
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