Avendo preso l’ex presidente Gbagbo, le domande adesso sono tutte sulla questione della stabilizzazione del paese: pace e ricostruzione. Alcuni ritengono che il ruolo svolto dalla Francia di fatto pregiudicherá le chances del Presidente Ouattara (che rischierebbe di esser visto come il pupazzo delle potente coloniali), altri pronosticano un rischio di possibili massacri nella zona occidentale del paese (dove Gbagbo ha un buon sostegno locale), mentre alcuni ritengono che le capacitá professionali di Ouattara (economista) e la sua precedente esperienza politica lo rendano capacissimo di fare per lo meno la parte relativa alla ricostruzione (economica e finanziaria). Piú critica la parte sulla pace, tema sul quale molte nubi si addensano anche in funzione della prossima competizione che molti pronosticano fra il Presidente e il suo Primo Ministro, giovane ed ambizioso. Molti scenari diversi, molte incognite, alle quali vorrei anch’io aggiungere la mia.
Parto sempre dalla questione risorse naturali, terra in particolare. Ricordiamoci che l’argomento usato da Gbagbo per far fuori politicamente Ouattara era stato quello della “presunta” nazionalitá (ivoriana o burkinabé). Un concetto inventato di sana pianta per mantenersi al potere, che peró ha avuto delle ripercussioni catastrofiche in campagna dove l’essenziale della produzione di caffè e cacao era svolta da mani burkinabé, molti dei quali installati da molti anni (decenni) nelle piantagioni del sud. L’iniziativa del Piano Fondiario, con l’idea di immatricolare le parcelle di terra a nome dei primi aventi diritto ha dato un’altra spinta allo scontro: gli “ivoriani” sono corsi a chiedere l’immatricolazione a loro nome, inquanto “proprietari”, cacciando via chi stava lavorando quelle terre per evitare che potessero richiedere un riconoscimento dei loro diritti. L’incendio ha preso velocemente e continua a covare sotto le ceneri (mai spente) soprattutto nelle zone sud-occidentali e occidentali.
Ouattara, per sua formazione professionale ed intellettuale difficilmente potrá capire queste complessitá, a parte la necessitá di rimettere assieme i cocci di nazionalitá (etnie) diverse che hanno pochissima fiducia una dell’altra. Dietro di lui si ritroveranno i poteri economici forti, Banca mondiale e FMI la cui ideologia per quanto riguarda le risorse naturali è ben conosciuta: lasciare il libero mercato fare il suo gioco ed incentivare grossi impresari ad investire nell’economia di piantagione. Questo è esattamente il contrario di quello di cui ci sarebbe bisogno: cercare di ricreare un “patto” territoriale sulla base di una politica agraria che appoggi l’agricoltura di piccola scala e non continuare delle scelte in funzione degli interessi degli impresari, grossi commercianti di caffè e cacao (nazionali ed internazionali). Pensare che Ouattara capisca questa complessitá, in un terreno, le zone rurali, che non conosce, e spalleggiato da finanziatori che quello che vedono sono le terre e non la gente, è probabilmente una pura illusione. Che poi sia la Francia a dirgli queste veritá, io non ci conterei molto dato che i problemi sorti col Piano Fondiario vengono da una assistenza tecnica francese. Malgrado i decenni di ricerche locali fatte dall’Orstom ed altri centri, il pregiudizio contro gli agricoltori famigliari, ed in favore dell’economia di piantagione (controllata dalle grosse imprese di caffè e cacao) continua. Lo scenario che abbiamo quindi davanti, e sul quale spero ovviamente di esser smentito, è quello di una ripresa, lenta ma costante, dei problemi legati alle terre, partendo da quelle zone, sud-occidentale ed occidentale, dove una base politica di sostegno a Gbagbo esiste. Conflitti di natura economica e di scelte di politiche in favore o contro i contadini saranno visti sotto l’angolo del conflitto Gbagbo-Ouattara, sbagliando e di molto la loro lettura.
Delle iniziative per cercare di ricreare un dialogo sociale fra i vari gruppi di contadini locali in quelle zone erano in fase di elabroazione l’anno scorso e poi sono state interrotte bruscamente. Vedremo presto s eil governo riuscirá a dare una svolta, con segnali chiari per ridurre questa conflittualitá, se riuscirá a tenere a bada la Banca e il FMI e per ultimo se le nazioni unite riusciranno ad avere una visione sistemica e storica di questi problemi ed il coraggio di prendere in mano una zona che potrebbe diventare una bomba per l’intera regione centroafricana. Io resto pessimista, ma forse questo è anche il mio limite. Appuntamento a p[rima di Natale per vedere come saranno cmabiate le cose.
martedì 12 aprile 2011
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