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martedì 5 aprile 2011

Favorire l’accesso alla terra attraverso la definizione di modelli innovativi per la promozione del diritto d’uso sul diritto di proprietà

il mio caro amico Leonardo Gallico ha appena pubblicato questo interessante articolo nella rivista BAC (Bio Agri Cultura), n. 126 marzo/aprile 2011 sui temi legati alla terra e mi sembrava una buona idea condividerlo:

Già nel giugno 2008, in una risoluzione del Parlamento Europeo, si constata che “principale elemento condizionante per il ringiovanimento dell'imprenditoria agricola è l'accesso alla terra, visto il suo costo elevato”.
Sicuramente il sistema di mercato non è quello che garantisce una migliore allocazione del bene, tanto è che in Italia gli scambi sono molto limitati e ogni anno solo il 2% della superficie è interessata da attività di compravendita. Lo stesso ex-ministro Zaia nel luglio 2009 aveva lanciato la proposta di utilizzo delle terre demaniali (circa un milione di ha) per “ favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell'imprenditorialità agricola giovanile”, senza specificare però le modalità di attuazione del progetto.

La questione non è certo di facile soluzione, tuttavia, questo numero di BioAgriCultura vuole dare una mano a comprendere il fenomeno, in Italia e all’estero, favorendo il dibattito per la definizione di modelli innovativi per la gestione delle risorse fondiarie che possano facilitare l’accesso ai terreni da parte di giovani agricoltori.

Non è una chimera che in Italia, come del resto in Europa, diminuiscono a colpo d’occhio le aziende agricole. Dal 2000 ad oggi il numero degli operatori lungo lo Stivale è calato del 40% e le aziende che sono rimaste sono cresciute, favorendo cosi quel processo di concentrazione della proprietà fondiaria.
La chiusura di tante aziende agricole di piccole e medie dimensioni, in teoria, dovrebbe aumentare l’offerta di terreni, in realtà queste superfici da un lato sono diventate aree boschive (i boschi sono aumentati di 3,5 milioni di ettari negli ultimi 20 anni) e dall’altro si sono trasformate in superficie artificiale, mentre una larga parte della superficie incolta, (circa 500.000 ettari) rimane ‘ferma’. Queste superfici non sono né lavorate, né utilizzate a fini boschivi, né trasformate in suolo urbano, sono in attesa di divenire qualcos’altro e bloccate dal diritto di proprietà. Proprio per questo potrebbero tornare utili gli strumenti già definiti negli anni passati, come le Università Agrarie che puntualmente affittano i terreni ai loro soci promuovendo il diritto d’uso detenuto in forma collettiva rispetto al diritto di proprietà. Solo per citare un caso, basti pensare che nella sola Regione Lazio esistono oltre 500 mila ettari gestiti in questa modalità.
A causa di un mercato fondiario inaccessibile ai piú, con prezzi che in media si aggirano sui 20.000 €/ha , oggi abbiamo, da un lato terreni incolti gravati da vincoli di proprietà e in attesa di essere utilizzati, probabilmente per processi di urbanizzazione o a fini patrimoniali, e dall’altro operatori del settore che o non riescono ad insediarsi, o non possono ingrandire le proprie superfici.
Questa dinamica dei prezzi ha spinto gli investitori agricoli a spostare i propri interessi verso il mercato dell’Est Europa e del resto del mondo . Per cui, nonostante vi sia in Italia abbondante disponibilità di terreni atti alle lavorazioni agricole, i capitali si spostano altrove per cercare di speculare e favorire processi di privatizzazione delle risorse naturali. Come osservato anche durante gli incontri per l’elaborazione delle Voluntary Guidelines on Responsible Governance of Tenure of Land and Other Natural Resources promossi dalla FAO nel corso del 2010 , nei paesi dell’Est Europa i valori fondiari si attestano intorno ai 200 euro/ha. Questo divario tra i prezzi ha favorito una ‘corsa all’oro’ nel profondo Est, dove il processo di smantellamento delle antiche cooperative statali è stato uno dei primi passi dei meccanismi di riforma verso un’economia di mercato. Paesi come la Polonia, per difendersi da questo nuovo fenomeno di land grabbing, hanno imposto vincoli alla proprietà: non più di 300 ettari per un privato, e non più 500 ettari per una società di capitali.
Ma il fenomeno del land grabbing si sta allargando a macchia d’olio, come ci ricorda la dichiarazione approvata lo scorso febbraio al Forum Sociale Mondiale di Dakar, e la necessità di una moratoria sull’acquisto dei terreni nei Paesi terzi diventa fondamentale per lo sviluppo sia delle agricolture del Sud come del Nord del pianeta.

Nelle pagine di questo speciale Accesso alla Terra vengono presentate delle analisi sull’attuale situazione fondiaria in Italia ed in Europa ed alcune buone pratiche in atto su accesso ed uso della terra, per cercare di fare il punto ed alimentare un dibattito che ha oggi più che mai bisogno di una scossa.
L’articolo di Antonio Onorati ci descrive, con la schiettezza analitica dei numeri, la drammaticità del fenomeno: la concentrazione della proprietà fondiaria nel continente è ormai un’evidenza, e ne consegue la necessità di avviare un processo di redistribuzione del capitale fondiario.
Laura Genga, invece, evidenzia il fenomeno della pessima gestione che in Italia si è fatta del territorio, in particolare fa riferimento alla profonda analisi di Salvatore Settis sulle trasformazioni del paesaggio agrario italiano.
Alzando lo sguardo sulle dinamiche globali della crescente competizione tra diversi attori, Luca Colombo fa il punto sulle iniziative intraprese in seno alla FAO e concordate con la società civile mondiale per definire nuovi e più equi accordi di cooperazione sul tema della gestione della terra e delle altre risorse naturali.
Infine vengono riportati due casi: da un lato quello esemplare di Libera Terra che in Italia, attraverso alcune cooperative, gestisce i terreni confiscati alla mafia, e dall’altro l’esperienza di Terre de Liens in Francia, attraverso la quale è stato possibile promuovere un patto tra cittadini e produttori, sino al punto che sono i consumatori ad acquistare il fondo e darlo in gestione ad un contadino di loro fiducia.
Promuovere nuovi meccanismi, accordi tra singoli che definiscano modelli per la creazione di servizi nelle aree rurali è il nuovo paradigma di crescita delle campagne italiane.
L’AIAB con questo speciale vuole partecipare alla campagna mondiale sulla difficile questione del diritto alla terra, promossa dalle associazioni contadine di tutto il mondo, e ribadire che questo fenomeno riguarda il nord come il sud anche se si manifesta in forme diverse. Più nello specifico la campagna di AIAB ha come obiettivo la liberazione dei 500.000 di ettari di superficie agricola del nostro Paese in attesa di trasformazione. Cinquecentomila ettari che, attraverso un uso civico e di servizio, dovranno diventare un serbatoio per i cittadini, a vantaggio dei giovani agricoltori che si vogliano impegnare in tale processo.

Siti di interesse:
www.reclaimthefields.org/
http://www.foodsovereignty.org
http://viacampesina.org
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/
http://accessoallaterra.blogspot.com
www.agter.asso.fr
http://www.fian.org/programs-and-campaigns/access-to-land

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