Visualizzazioni totali

martedì 19 luglio 2011

Ne valse la pena?

Ecco l’articolo che avrei voluto leggere in questi mesi, proveniente dai movimenti sociali e ONG varie.

Cinque anni fa, mese più mese meno, arrivammo all’approvazione della Dichiarazione finale della Conferenza mondiale sulla riforma agraria e lo sviluppo rurale (ICARRD, www.icarrd.org). Una serie di principi chiari e di proposte di azione su alcuni degli aspetti più controversi dell’eterna questione dell’accesso alla terra, il tutto legato al tema dello sviluppo di quelle stesse aree e con una difesa chiara e forte dei diritti dei soggetti più deboli.

Cinque anni dopo, in questi mesi e settimane, la stessa organizzazione, lo stesso dipartimento, ha presentato, per discussione e negoziazione, una bozza di linee guida per la buona governance delle terre. Al di là di quel che sarà il cammino futuro durante le negoziazioni fra gli Stati membri (e dopo una settimana così intensa da necessitare una sospensione dei lavori), la vera questione che dovrebbe esser posta riguarda quella del titolo di questo post: ne valse la pena?
La lettura comparata dei due testi, la dichiarazione finale da un lato e la proposta per le VG come vengono chiamate, lascia chiaramente intravvedere una serie di similitudini di contenuti, con alcune piccole differenze. Riporterò solo il commento di un rappresentante di uno dei paesi membri che, in plenaria, ha detto: questo documento (riferendosi alle VG) non fa sognare, non propone una visione come era quello dell’ICARRD, è un passo indietro.

Cinque anni fa si arrivò ad un risultato molto positivo a detta di tutti, in primis i movimenti contadini, per il modo in cui fu organizzata e per la conduzione sapiente che seppe assicurare il tandem Filippino-Brasiliano fin dalle riunioni preparatorie. Il fatto che organizzazioni come la banca mondiale avessero deciso di non partecipare, quasi avessero paura di processi democratici non controllati da loro, non toglie (o forse proprio per quello) che si trattò di un risultato alquanto positivo.

Ricominciare lo stesso processo, con una spesa che alla fine supererà vari milioni di dollari, per ritrovarsi a negoziare parola per parola dei principi che erano già stati raggiunti, lascia molto perplessi. I Paesi membri sono soliti giudicare, periodicamente, quello che la FAO fa o non fa, ed è giusto così. Altrettanto corretto sarebbe poter riflettere assieme sul senso di operazioni come queste: perché mai paesi come la Germania e la Norvegia hanno sentito il bisogno, invece di appoggiare un processo democratico come fu quello dell’ICARRD, di rilanciare da capo una discussione che, nel migliore dei casi, porterà agli stessi principi della precedente? Dico nel migliore delle ipotesi perché è chiaro che il ruolo paritetico che le organizzazioni contadine si erano guadagnate durante l’ICARRD non potrà essere ripetuto nelle negoziazioni finali del testo che, per definizione, saranno guidate dai paesi membri e le loro delegazioni.

Riportare indietro le lancette dell’orologio. Ecco a cosa assomiglia questa operazione. Se va bene, e ovviamente lo speriamo di cuore, le negoziazioni in corso porteranno ad ottobre alla approvazione di un testo emendato e concordato, cinque anni dopo che gli stessi principi erano stati approvati a Porto Alegre. Verrebbe da dire che si sono persi cinque anni, anni nei quali sarebbe stato possibile agire, paese per paese, per testare e mettere a prova i principi per un accesso più democratico alla terra, per il rispetto dei diritti delle donne sulla terra e per i riconoscimenti dei diritti territoriali dei popoli indigeni.

Tutto questo non è stato fatto, per l’opposizione di paesi, del nord, che non hanno mai osato dire apertamente la loro paura di un processo che era stato troppo democratico per i loro gusti. Adesso riprendiamo gli stessi e ricominciamo. Tempo perso, soldi spesi per rifare le stesse discussioni e nel frattempo la riconcentrazione della terra va avanti, così come l’accaparramento delle terre.
Che poi tutto questo abbia trovato anche l’appoggio dei movimenti contadini, resta una domanda alla quale un giorno dovranno (forse) dare una risposta.

Cosa succederà una volta approvato questo documento, anche questo resta avvolto nella nebbia, dato che si è visto come le resistenze per tradurre in pratica questi principi fossero forti. Il rischio che il tutto si esaurisca nella negoziazione ed approvazione di un testo da mettere in bacheca esiste, come confermatomi in questi giorni da un delegato di uno dei paesi partecipanti alla discussione. Ritorneremo su questo tema a fine ottobre, dopo la sessione del Comitato di Sicurezza Alimentare che chiuderà questo tema ed allora gli scenari futuri saranno (forse) più chiari.

1 commento:

  1. sembra che da un lato le delegazioni vogliano ripulirsi la coscienza e dare il loro contributo e metterci poi la firma per dire che il lavoro c'e stato; dall'altro sembra solamente un modo per ricentrare la discussione sugli stati e non sui movimenti contadini. togliendo difatti tutta la legittimita conquistata dei contadini nel processo di negoziazione internazionale... sinceramente non mi stupisce affatto, perche chi ha il potere e chi e a capo decide finche la gente non ha le palle di ribellarsi e non ha piu niente da perdere. Dei due casi l'uno: o i movimenti contadini non hanno le palle di dire cosa ne pensano, oppure ci sono altri interessi dietro...
    Pero c'e una cosa positiva in tutto questo, dicevi che dopo l'ICARRD nessuno si muoveva piu, almeno ora si ricomincia a discutere del tema! Rimango ancora una gran ottimista (purtroppo?).
    Bacioni, Charlotte

    RispondiElimina