domenica 17 luglio 2011
L. 36: Sono venuto per servire - Don Andrea Gallo Loris Mazzetti
2010, 171 p., ill., rilegato
Editore Aliberti (collana Storie e personaggi)
Drogati di merda". Così Don saluta i suoi ragazzi che gestiscono l'osteria marinara A' Lanterna in via Milano dove si mangia un pesce da favola. "Solo io li posso chiamare così". Nel saluto c'è tutto l'affetto del mondo per i suoi giovani, per i tanti che sono passati dalla comunità di San Benedetto al Porto, che lui ha aiutato a uscire dal tunnel della droga e del malaffare. Don lo avevo incontrato altre volte, durante un dibattito o un suo intervento in qualche mia trasmissione. Le sue parole mi hanno sempre affascinato, non sono mai buttate al vento, hanno sempre un senso, ti rimangono dentro, ti fanno pensare. Quando è stato ospite a Che tempo che fa, mentre Fazio lo intervistava, io ero seduto dietro la scena, seguivo la ripresa attraverso un monitor di servizio, ascoltandolo pensavo: "Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader". È facile fare il rivoluzionario con il fucile in mano, anche se a volte è inevitabile, soprattutto quando si lotta contro il dittatore o l'usurpatore. Di Andrea Gallo conosco quasi tutto e mi sono reso conto, studiando la sua vita, che è quella di un grande rivoluzionario non solo per il bene che fa, ma per la forza della sua parola, l'esempio dato dal suo modo di vivere, per la capacità di rendere semplice tutto quello che è complicato.
Una frase che mi è piaciuta:
Don Milani mi ha aiutato a capire che l'umanità si divide in due categorie: le persone che contano qualcosa e quelle che non contano. Quando si appartiene alla seconda, dopo un po' diventa naturale pensare di non contare niente. Questo non allevia la sofferenza.
Un'altra: domanda:Se tu fossi in possesso di una bacchetta magica e avessi la possibilità di far sparire un male, un difetto, un'ingiustizia, su cosa cadrebbe la tua scelta?
Non ci devo pensare tanto, perchè non ho dubbi. Farei sparire quello che io ho definito l'ottavo vizio capitale: l'indifferenza. A questo proposito Antonio Gramsci scrisse un testo nel 1917 che ritengo ancora oggi fondamentale:
Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è èarassitismo, è vigliaccheria, non è vita.
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