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mercoledì 7 settembre 2011

Nine Eleven

Tanto sta settimana non riusciremo a scappare da questo ricordo. E sará propinato in varie salse, toni eroici, piú intimisti, e tutte le gamme intermedie. Fatto salvo il dolore per le famiglie che hanno perso qualcuno quel giorno e in tutte le azioni di rappresaglia seguenti (ascoltate la canzone Manhattan-Kabul di Renaud), resta il fatto che probabilmente pochi oseranno dire quello che oramai abbiamo sotto gli occhi.

Il nine eleven è stato il funerale della superpotenza americana. Un funerale pubblico come si addice ad un paese dove tutto avviene sotto gli occhi di tutti e dove la televisione oramai conta di piú di qualsiasi altro potere. Ma sempre funerale é.

E’finito un secolo americano e ne comincia un altro, disputato da altre (super) potenze, alcune con sembianze di paesi (la Cina, l’India, il Brasile..) ma altre molto piú insidiose perché impalpabili (la Finanza, le Transnazionali, peggio delle meduse al mare).

Il sogno di una Nuova Era proclamato da Bush padre, un uomo che con la sua storia era lí a ricordarci ancora la seconda guerra mondiale, forse l’unica cosa buona per cui saranno ricordati gli americani nel lungo periodo, è finito sotto gli occhi attoniti del Bush figlio, incapace non solo di capire cosa gli stavano dicendo quel giorno i suoi consiglieri (e lui che restava lí seduto alla scuola con un libretto per bambini in mano) ma profondamente incapace di intuire che quel giorno finiva il loro mondo, l’Impero che avevano costruito e che adesso gli sfuggiva di mano e passava ad altri padroni.

Dal sogno di Reagan, che era riuscito a mettere in ginocchio l’Orso Russo, al Nine Eleven sono passati pochissimi anni, meno di venti, una bazzeccola nella storia moderna. Ma sufficienti per chiudere i conti. Un secolo che ad un certo punto pareva potesse diventare un secolo di libertá e democrazia, poi velocemente digeriti dalle forze al comando e trasformato in un baraccone da circo dove tutte le storie trovavano i loro quindici minuti di celebritá. Adesso toccherá agli storici pian piano iniziare l’opera di digestione di tutto questo, chiedersi e chiederci cosa ci ha lasciato questo ex Impero, se siamo piú forti o meno, di prima, e come ci apprestiamo al passaggio di consegne.

La mia impressione è che l’abbassarsi del sipario, in un modo cosí brusco, non sia stato né capito né accettato dai principali contendenti. La risposta americana dopo il 9-11 è costata 3mila miliardi di dollari (adesso lo scrivo perché vi rendiate conto di quanto grande è: 3.000.000.000.000.000) e 500mila soldati feriti, seimila caduti e centinaia di migliaia di caduti “collaterali” e, quel che è peggio, non solo non ha risolto nessuno dei problemi che pretendeva risolvere ma anzi ha accellerato l’inabissarsi del convoglio americano (e noi dietro).

Alcuni hanno approfittato del buco creatosi e ne sono venuti fuori piú grossi economicamente, anche se non hanno nessuna visione delle relazioni internazionali e di come dovrebbe andare il mondo: emblematico in questo è il caso della Cina e della sua politica estera basata su chiudere gli occhi e fare soldi. Fosse cosí facile, anche il “cummenda”di Arcore sarebbe riuscito a governare l’Italia. Ma purtroppo non è cosí. I BRICS sono arrivati sul palcoscenico prima di aver imparato bene la parte e adesso dobbiamo aspettarci una serie di improvvisazioni anche perché, malgrado la pasisone per gli acronimi che tende a etterli tutti vicini, ognuno di loro gioca una partita personale, e non certo un gioco di squadra. A questo si aggiungano i “maghi”della finanza che hanno giá dimostrato le loro grandi capacitá di portarci giú all’inferno. Sono tutti lí adesso a spartirsi un’isoletta dove cominciamo ad essere troppi e dove sappiamo sempre meno come stare assieme. Chi è religioso troverá ragione di pregare per sperare di venirne fuori. Per gli altri, vedremo ….

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