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domenica 15 ottobre 2023

Una “patente di vita”?


 A volte mi vien da pensare che, per arginare questa violenza maschile che non cessa di aumentare, i corsi di educazione civica, quando e se vengono fatti (nella mia esperienza scolastica direi che avremo speso in tutto un’oretta…) sono chiaramente insufficienti. 

 

Forse potremmo ispirarci alla patente di guida. Instaurare l’obbligatorietà per tutte le persone di età superiore a una certa età (esempio, 14 anni), di accedere, tramite corsi organizzati da istituzioni e/o organizzazioni del settore, a una specie di “patente di vita”, con un punteggio di base di, che ne so, 20 punti (a me verrebbe da pensare che i maschi dovrebbero partire da un punteggio ridotto, data la loro predisposizione alla violenza) e che, a ogni infrazione constata (a scuola, sul luogo di lavoro, nei campi sportivi o simili) vengano persi dei punti che si possono poi recuperare dopo aver seguito un corso di aggiornamento presso delle istituzioni certificate (organizzazioni femministe o simili).

 

La “patente di vita” potrebbe diventare un documento obbligatorio per presentarsi a concorsi pubblici e/o di carriera militare (e simili): chi fosse al di sotto di un limite, diciamo 16 punti, non potrebbe accedere ai concorsi (e/o ai centri di ricerca di lavoro).

 

Io butto lì l’idea, che potrebbe essere pensata e discussa con calma, così da fissare meglio i contorni legali e il suo uso che vorrebbe chiaramente ispirarsi a un principio di formazione continua, da un’età giovane e poi via via fino alla vecchiaia.

 

Per conseguirla si potrebbe pensare a una parte teorica e una pratica, da adattare alle fasce di età. Il suo uso iniziale sarebbe testato su cittadini e cittadine italiane, con possibilità di estenderla anche alle altre nazionalità, previo adattamento culturale, con lo stesso principio educativo e non repressivo.

 

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