10 cucchiai di parmiggiano grattugiato in una scodella. Aggiungere 2 cucchiai di farina. Un po' di pepe (o timo). Mescolare bene.
Prendere pentola antiaderente, fare scaldare bene: prendere un cucchiaio del composto farina-parmiggiano e metterlo sulla pentola schiacciandolo un po'.
Cottura circa 2 minuti da ogni parte (girarlo!).
Servire freddo o caldo per l'aperitivo.
domenica 28 novembre 2010
venerdì 26 novembre 2010
Cinquantaquattresimo libro 2010: La forma della paura - Giancarlo De Cataldo e Mimmo Rafele
Einaudi
SuperET 2010
«Tutti i media di questa e dell'altra parte del mondo avrebbero mostrato l'immagine del cadavere crivellato di colpi dello sciita che voleva compiere una strage a Roma. E milioni, miliardi di cittadini di questa e di quell'altra parte del mondo avrebbero provato un brivido di paura».
Un thriller estremo. Inverosimile. Assolutamente vero.
Grande!! entra di diritto nella top ten.
Cinquantatreesimo libro 2010: Stella Avvelenata - Sebastiano Vassalli
Einaudi
2010
Anno 1441. Leonardo Sacco, giovane chierico di Casale Monferrato diretto a Parigi per studiare, cambia itinerario e decide di imbarcarsi su una grande nave insieme con uno strano equipaggio: il capitano Cat, l'uomo di tutte le certezze; il reverendo d'Ulbach, con i suoi sogni di un mondo migliore; la Grosse Berthe, sempre pronta a sperimentare le gioie del Libero Amore... A spingerli è la certezza che di là dall'Oceano li attenda la mitica Atlantide, un mondo perfetto dove potranno essere felici. Ma i doni della vita nascondono sempre qualche insidia, e non c'è stella che non sia avvelenata. In questo romanzo, Vassalli torna a raccontare una «grande storia» di voci che vengono dal Tempo per parlare del nostro tempo, di un viaggio al termine dei sogni e delle illusioni umane.
un Vassalli si legge sempre con molto piacere
lunedì 22 novembre 2010
Mozambico: Carlos Cardoso, un giornalista vero 10 anni dalla morte
Una sera di quattro anni fa (l'articolo è del 2004) ma oggi si celebra la memoria di Carlos Cardoso, per questo ho voluto ricordarlo citando questo articolo), due uomini a bordo di una Toyota attraversavano il traffico di Maputo di ritorno a casa dopo una giornata di lavoro. Avevano appena girato l’angolo in Avenida Martires de Machava, quando la vettura di fronte alla loro frenò inspiegabilmente, obbligandoli a sterzare verso il marciapiede. Un’altra macchina arrivò da dietro, bloccandoli al lato della strada. Due uomini scesero dalle rispettive macchine con i mitra spianati e aprirono il fuoco. Pochi istanti dopo, ufficiali di polizia e personale dell’ambulanza estrassero dalla Toyota crivellata il corpo senza vita del giornalista investigativo Carlos Cardoso. Il suo autista, Carlos Manjate, era ancora vivo.
La notizia dell’omicidio fece il giro del mondo. Cardoso, editore del quotidiano Metical e noto per le sue inchieste scomode, stava indagando su una truffa bancaria da 14 milioni di dollari, la più grande mai registrata in Mozambico. Vi erano coinvolti troppi uomini d’affari e l’omicidio fu la riprova che Cardoso era arrivato a toccare alcuni nervi scoperti all’interno della rete criminale che si era richiusa con violenza su di lui.
Il 31 gennaio 2003, Momade Abdul Satar fu condannato a ventiquattro anni di carcere con l’accusa di omicidio. Assieme a lui furono condannati a ventitre anni e sei mesi di detenzione Ayob Addul Satar, Vincente Ramaya, Manuel Fernandes e Rashid Cassamo. La sera prima, a Pretoria, in Sudafrica, la polizia catturò un latitante mozambicano, da poco evaso dal carcere di massima sicurezza di Maputo. Era Anibal dos Santos junior, alias Anibalzinho, il coordinatore della squadra della morte che uccise Cardoso. Fu estradato immediatamente e, mentre le autorità lo riportavano in patria, il tribunale penale di Maputo lo condannò a 28 anni di carcere e 15 di interdizione dai pubblici uffici.
Oggi Anibalzinho è di nuovo libero. Lo scorso lunedì 10 maggio i secondini del carcere di Maputo hanno trovato il suo materasso vuoto. La sua fuga ha indignato chi credeva che Carlos Cardoso avesse avuto giustizia. Tra essi l’associazione francese Reporters Sans Frontieres (Rsf), che ha espresso seri dubbi sull’efficacia e la funzionalità delle carceri mozambicane e chiesto indagini sulla seconda scomparsa di dos Santos.
Secondo Rsf, l’evasione di quest’ultimo indica che solo parte del rebus che avvolge l’omicidio del giornalista è stato risolto: “Questa fuga conferma la teoria, già avanzata nel novembre 2003, secondo la quale molti dei mandanti dell'assassinio di Carlos Cardoso restano impuniti”, è la dichiarazione dell'associazione che si batte per la libertà di stampa.
Nelle ultime ore tre ufficiali della polizia hanno pagato con l’arresto la rocambolesca fuga di Anibalzinho. E il presidente mozambicano, Joaquim Chissano, è intervenuto sulla televisione nazionale per condannare l’episodio e chiedere che l’uomo venga subito ricondotto in cella.
Sicuramente l’episodio getta nuove ombre sul sistema giuridico del Mozambico, e impone una riflessione generale sulla libertà di stampa nel continente africano, dove ogni giorno centinaia di giornalisti sono alle prese con governi e burocrati corrotti, e con leggi che non sempre ne tutelano l’incolumità.
http://it.peacereporter.net/articolo/2434/Fuga+di+un+assassino
from wikipedia
Cardoso was shot dead in central Maputo on 22 November 2000, while investigating a US$14 million fraud connected with the privatisation of Mozambique's largest bank, Banco Comercial de Moçambique. In the 2002 trial of six murder suspects, three suspects described Nyimpine Chissano, the son of Mozambican president Joaquim Chissano, paying Cardoso's murderer by cheque. Anibal dos Santos, a Portuguese citizen who was said to have masterminded Cardoso's murder, was convicted in absentia in 2003 after escaping from prison; and a retrial in 2006 (following dos Santos' second escape) upheld his sentence of 30 years in prison.
Nyimpine Chissano was charged with "joint moral authorship" of Cardoso's murder, and various economic crimes by the Mozambican Public Prosecutor's office in May 2006. The Mozambique News Agency AIM reported on 11 May 2006 an anonymous claim that an arrest warrant for Chissano had been rescinded following the intervention of former president Chissano and his wife.
domenica 21 novembre 2010
KANIMAMBO - grazie
La giornata inizia con un BYIXILE, che in Xangana (la lingua del sud del paese) vuol dire Buon Giorno!
Siamo a un'ora al nord di Xai-Xai, cittadina che sorge nel mezzo della valle del Limpopo river, quello che nel 2002 esondò e tutta la valle fu sommersa: un'oceano d'acqua, della quale ricordiamo solo la foto della donna che partorì sull'albero. Oggi nemmeno di lei si sa più nulla. La strada ed il ponte sono stati rifatti, la città ha ripreso il suo ritmo, agitato, essendo uno snodo importante nell'asse nord sud. Da li si continua un po' a nord e poi si piega verso la spiaggia e dopo vari kilometri si arriva nella casa in riva al mare.
Momenti importanti per il team building, lunghe discussioni sul ruolo nostro, fin dove possiamo spingere su temi delicati come l'appropriazione dele terre da parte di un'elite nazionale e internazionale, con i piccolo contadini (soprattutto donne) che continuano a perdere i loro diritti.
Abbiamo fatto una visita ad una comunità a Manhiça ieri, con alcune delle ong con cui lavoriamo: poco a poco le bocche si sono scucite e le storie di oppressione e diritti calpestati hanno cominciato ad uscire dalle loro bocche e diventare una sequenza che non finiva più. Paura nei nostri confronti prima, i bianchi, che quando si fano vedere è solo per prendergli qualcosa. Fiducia che pian piano si installa, anche perchè sono anni che lavoriamo su questi temi in questo paese. Povere donne che vengono cacciate dalla Azucarera, e poi gli prendono anche il pezzetto di terra che coltivano. Un gruppo di loro è stato mandato a coltivare terre a 20-25 Km oltre l'Azucarera: la loro giornata inizia all'una di notte, per camminare ore per arrivarci, o chieder eun passaggio a qualche camion dato che non hanno soldi per pagare l'autobus. Arrivare la, lavorare la terra sotto il sole e poi camminare verso casa. Giornate pesanti, dove la parola d'ordine HIXIKANWE (estamos juntos - siamo uniti nella stessa lotta) arriva con molta fatica e non supera l'epidermide.
La giornata è finita, RIPELILE (buona notte), a domani.
Mozambico: cosa si mangia
Partiamo da una cosa di casa: la polenta, che qui viene fatto o con il mais o con la manioca. Il nome locale è XIMA. Anche il riso è una base comune, servito con fagioli, verdure o pesce.
Oggi, per accompagnare il pesce che ci hanno portato stamattina, mangeremo la MATAPA, folgie di manioca cotte in salsa di arachidi. Un'altra specialità è la Galinha a Zambeziana (pollo con salsa di limoni lime, aglio, pepe e piri-piri).
Dappertutto si trovano le CHAMUSAS (triangoli di pasta - tipo pasta filo - fritta, ripieni di carne o verdure) e i piatti a base di CARIL (curry). Il pesce ovviamente non manca mai e il pescatore ieri insisteva per propormi delle ostriche, che però non riesco proprio a mandar giù. I calamari (LULAS) sono un punto fisso di tutti i menu.
Per accompagnare questi piatti normalmente la birra, 2M o Laurentina, ma anche del buon vino sudafricano, cileno o portoghese. Ci sono ovviamente anche bevande fermentate, che però non ho assaggiato, a base di manioca, cajù, mango e canna. Con la palma fanno anche qui un vino chiamato SURA.
Oggi, per accompagnare il pesce che ci hanno portato stamattina, mangeremo la MATAPA, folgie di manioca cotte in salsa di arachidi. Un'altra specialità è la Galinha a Zambeziana (pollo con salsa di limoni lime, aglio, pepe e piri-piri).
Dappertutto si trovano le CHAMUSAS (triangoli di pasta - tipo pasta filo - fritta, ripieni di carne o verdure) e i piatti a base di CARIL (curry). Il pesce ovviamente non manca mai e il pescatore ieri insisteva per propormi delle ostriche, che però non riesco proprio a mandar giù. I calamari (LULAS) sono un punto fisso di tutti i menu.
Per accompagnare questi piatti normalmente la birra, 2M o Laurentina, ma anche del buon vino sudafricano, cileno o portoghese. Ci sono ovviamente anche bevande fermentate, che però non ho assaggiato, a base di manioca, cajù, mango e canna. Con la palma fanno anche qui un vino chiamato SURA.
1975-2010: Mozambico: 35 anni di indipendenza
Nel 1975 usciva uno degli albums più famosi della seconda parte della carriera di Bob Dylan: DESIRE, con la famosa canzone Hurricane (This is the story of the Hurricane, ..). Nel disco c'era anche un omaggio ad un paese che iniziava il suo cammino d'indipendenza: Mozambique. Le parole sono ancora bella da ascoltare oggi: I'd like to spend some times in Mozambique... mi piace restare un po' in mozambico; l'indipendenza significò subito guerra civile che durò fino ai primi anni 90. Accordi di pace con una partecipazione italo-vaticana e da lì l'inizio del recupero. Oggi si vede un paese diverso, la capitale prende ogni giorno di più una sembianza di quel modernismo che le rende tutte uguali: bar, ristoranti, hotels, servizi vari (che per fortuina in genere funzionano), povertà spinta ai margini per non disturbare la nascente industria del turismo. Nelle atre città chiaramente tutto questo si vede meno, ma comunque soldi ne girano, la base di risorse naturali attira sempre di più, prima per le foreste e adesso per coltivare: jatropha o canna per fare biodiesel, spostando le coltivazioni di base su terre sempre più marginali.
L'indipendenza, il sogno di un paese libero, la voglia di sognare e gli ideali di un tempo.. tutto sembra roba da museo.. adesso è tutto individualismo e business. Forse è giusto così, ma a noi sembra the same old story: qualcuno ne approfitta e molti restano tagliati fuori.
Aiutare questa gente, far si che questo processo torni ad essere un sogno di democrazia popolare .. mah, forse è troppo anche per noi, e dobbiamo interrogarci su questo.
martedì 16 novembre 2010
Eccoci in Mozambico
Arrivati oggi, quindi iniziamo dal galateo.
Suggerimenti trovati nella guida turistica:
1. stringendo la mano a qualcuno, in molte zone si usa toccarsi il gomito destro con la mano sinistra
2. salutate sempre il vostro interlocutore e informatevi sul suo stato di salute prima di chiedergli informazioni o iniziare una conversazione. E' consuetudine anche salutare coloro che si trovano in una stanza, sia entrando che quando si esce (bom dia, boa tarde, tudo bem comsigo?)
3. quando ricevete un regalo, in molte zone è un gesto di cortesia accettarlo con entrambe le mani e a volte con un leggero inchino
4. i ringraziamenti verbali non sono così comuni come nella cultura occidentale, perciò non stupitevi se non venite ringraziati quando offrite un regalo a qualcuno.
Alcuni dati: popolazione oltre i 21 milioni,
superficie 800 mila e più Km2 (Italia 300 mila Km2 circa)
aspettativa di vita: 41 anni (il doppio in Italia)
tasso di alfabettizzazione: 48% (98,9 in italia, contando anche i leghisti)
domanda finale: si muore di più di aids o di malaria? (ve lo dirò alla fine)
Le due foto: una è il nostro gruppetto al lavoro (margret, chris e marianna), appena arrivati dall'aeroporto; l'altra è il giuardino del baretto dove ci siamo presi un buon garoto (caffè macchiato)
Risposta: MALARIA
domenica 14 novembre 2010
Cinquantaduesimo libro 2010: Perdas de Fogu- - Massimo Carlotte e Mama Sabot
Edizioni E/O 2008
Sardegna 2008.
Pierre Nazzari è un disertore ricattato e costretto a fare il lavoro sporco in operazioni segrete o illegali.
Finisce nelle mani di una struttura parallela al servizio di un comitato d’affari locale e viene obbligato a spiare Nina, una giovane ricercatrice veterinaria che studia gli effetti dell’inquinamento bellico sugli animali nella zona del poligono di Salto di Quirra.
Mentre l’ex militare tenta di conquistare la fiducia della giovane donna, il suo passato ritorna per chiudere un conto lasciato in sospeso. Entrambi saranno costretti a giocare una partita complicata e pericolosa il cui premio è la sopravvivenza. Sullo sfondo un mondo di affaristi e politici, ex contractor e strutture di sicurezza privata, militari e industrie di armamenti legati dal grande business della produzione bellica.
Frutto di una lunga e meticolosa inchiesta condotta da Massimo Carlotto e dal gruppo di scrittori uniti nella sigla Mama Sabot, Perdas de Fogu segna il ritorno di Carlotto al grande romanzo d’inchiesta contemporaneo.
Un’indagine mozzafiato con una trama fitta di colpi di scena, il cui protagonista rappresenta una forte novità nel panorama del noir.
Una denuncia coraggiosa dei giochi sporchi che ambienti politici e militari fanno a danno della nostra salute e sicurezza.
Il solito ottimo Carlotto: divorato in due ore e mezza. Altamente consigliato. Sarà nella top ten.
Dal giornale DNews (grazie Catherine): 28 Febbraio 2011 - Trovato l'uranio nel Poligono. Tracce di uranio arricchito nel poligono militare di Perdas de Fogu. Sono state rinvenute in uníspezione disposta dalla Procura dopo i casi di linfoma di Hodgkin diagnosticati nella zona
sabato 13 novembre 2010
Ricetta Xuor (in realtà della Consuelo): torta all'ananas
200 gr zucchero
150 gr burro
250 gr farina
3 uova intere
1 barattolo ananas
1 bustina lievito
Lavorare il burro con lo zucchero, poi versare la metà sul fondo della teglia. Il resto lo lavoro con la farina, uova e lievito e l’acqua dell’ananas finchè non ho più grumi.
Metto le fette d’ananas sul fondo della teglia e versare sopra il composto.
In forno a 200 gradi per 40 minuti circa; forse servono 5 minuti di forno sopra. Controllare con stuzzicadenti la cottura. Tirar fuori e girarlo finchè è caldo.
150 gr burro
250 gr farina
3 uova intere
1 barattolo ananas
1 bustina lievito
Lavorare il burro con lo zucchero, poi versare la metà sul fondo della teglia. Il resto lo lavoro con la farina, uova e lievito e l’acqua dell’ananas finchè non ho più grumi.
Metto le fette d’ananas sul fondo della teglia e versare sopra il composto.
In forno a 200 gradi per 40 minuti circa; forse servono 5 minuti di forno sopra. Controllare con stuzzicadenti la cottura. Tirar fuori e girarlo finchè è caldo.
Ricetta Xuor: Purèe
Metà carote e metà patate
Farle cuocere nell’acqua fredda salata, finchè il coltello entra senza difficoltà. Passare col presse-purèe e aggiungere un po’ di burro e sale, pepe.
Farle cuocere nell’acqua fredda salata, finchè il coltello entra senza difficoltà. Passare col presse-purèe e aggiungere un po’ di burro e sale, pepe.
Ricetta Xuor: Soupes -zuppe
1. Zuppa di pomodori
Ingredienti: 1 cipolla, 3 patate (medie) e 1 kilo pomodori
Fare rosolare la cipolla. Aggiungere le patate tagliate a dadetti (2 cm) e i pomodori (meglio se pelati prima). Sale, pepe e foglie di basilico o maggiorana (spezie varie, anche prezzemolo va bene). Cuocere a fuoco lento 20-30 minuti. Passare con il mixer e servire.
Per pelarli basta nell’acqua calda 2 secondi; si fa una croce sul pomodoro e la tuffi nell’acqua bollente; tirar fuori e pelare.
2. Zuppa di zucchine
Grosso modo stesse proporzioni
Fare rosolare, aggiungere le patate e le zucchine. Coprire d’ acqua (fino alle verdure). Si può mettere un po’ di dado. Verificare se c’ è bisogno di sale e pepe…
Sempre 20-30 minuti e poi mixer
3. Zuppa di spinaci
Lavare gli spinaci; almeno una busta intera.
Rosolare la cipolla, mettere 3 patate (più patate qui). Mettere gli spinaci, coprire d'acqua. (se si vuole un po' di dado). 20-30 minuti e poi mixer. Servire caldo con panna e parmiggiano
4. Zuppa di porri (vhicyssoise)
Lavare i porri e tagliarli prima in quanttro e poi a striscette fine (lasciando un pezzetto di verde).
Due patate, ma niente cipolla.
Far rosolare un po' il porro e le patate (con burro e olio), aggiungere un po' di brodo in polvere. Coprire con acqua fino al livello dei porri e delle patate.
Cuocere fuoco lento 30 minuti e poi passare nel mixer.
Ingredienti: 1 cipolla, 3 patate (medie) e 1 kilo pomodori
Fare rosolare la cipolla. Aggiungere le patate tagliate a dadetti (2 cm) e i pomodori (meglio se pelati prima). Sale, pepe e foglie di basilico o maggiorana (spezie varie, anche prezzemolo va bene). Cuocere a fuoco lento 20-30 minuti. Passare con il mixer e servire.
Per pelarli basta nell’acqua calda 2 secondi; si fa una croce sul pomodoro e la tuffi nell’acqua bollente; tirar fuori e pelare.
2. Zuppa di zucchine
Grosso modo stesse proporzioni
Fare rosolare, aggiungere le patate e le zucchine. Coprire d’ acqua (fino alle verdure). Si può mettere un po’ di dado. Verificare se c’ è bisogno di sale e pepe…
Sempre 20-30 minuti e poi mixer
3. Zuppa di spinaci
Lavare gli spinaci; almeno una busta intera.
Rosolare la cipolla, mettere 3 patate (più patate qui). Mettere gli spinaci, coprire d'acqua. (se si vuole un po' di dado). 20-30 minuti e poi mixer. Servire caldo con panna e parmiggiano
4. Zuppa di porri (vhicyssoise)
Lavare i porri e tagliarli prima in quanttro e poi a striscette fine (lasciando un pezzetto di verde).
Due patate, ma niente cipolla.
Far rosolare un po' il porro e le patate (con burro e olio), aggiungere un po' di brodo in polvere. Coprire con acqua fino al livello dei porri e delle patate.
Cuocere fuoco lento 30 minuti e poi passare nel mixer.
venerdì 12 novembre 2010
lunedì 8 novembre 2010
Cinquantunesimo libro 2010: Un automne à River Falls - Alexis Aubenque
En ce début d'automne, deux assassinats commis coup sur coup viennent troubler la tranquillité toute relative de River Falls, déjà ébranlée par un sordide fait divers quelques mois plus tôt. Le premier crime fait grand bruit : Robert Gordon, un avocat brillant, philanthrope à ses heures, est retrouvé électrocuté dans le Jaccuzi de sa luxueuse demeure, sur les hauteurs de la ville...
Tout laisse penser que le meurtrier a voulu faire croire à un suicide, mais le subterfuge est grossier. le même jour, le corps d'un SDF roué de coups et jeté dans la rivière arrive à la morgue, sans susciter beaucoup d'émoi. A priori, aucun lien entre les deux affaires.
Le shérif Mike Logan, épaulé par sa compagne, la célèbre profileuse Jessica Hurley, va devoir élucider les meurtres... Commence alors une plongée inquiétante dans les profondeurs de l'âme humaine qui révélera des secrets dévastateurs...
Alexis Aubenque, ancien libraire mais jeune écrivain, féru de littérature de genre, est entré dans le domaine du thriller en 2008 avec le premier volume de sa trilogie, 7 Jours à River Falls. Il revient un an plus tard avec le deuxième opus de cette trilogie.
un buon gillo per un lungo viaggio
Cinquantesimo libro 2010: Un petit boulot – Iain Levison
Le narrateur, Jake, vit dans une ville sinistrée des Etats-Unis où l'usine locale a fermé. Sa copine l'a quittée, les créanciers le harcèlent... Une offre d'emploi du bookmaker mafieux, Gardocki, le séduit il accepte et devient tueur à gages. On vivra, durant deux cents pages noires et loufoques et cyniques, ses aventures, ses réflexions sur l'économie, sur son nouvel emploi (...)
Primo romanzo di Iain Levison che merita assolutamente di dedicarci un fine settimana autunnale.
Quarantanovesimo libro 2010: Espiazione – Ian McEwan
Einaudi Collana Supercoralli
A tredici anni un amore che sboccia può sembrare un plagio. Una ragazzina che assiste a una violenza può convincersi di aver riconosciuto il responsabile e far condannare un innocente, rovinandolo e rovinandosi. Perché tutta la vita sarà segnata dalle conseguenze. La ragazzina crescerà, diventerà una scrittrice, ma non si libererà del peso dell'ingiustizia inferta a un innocente, alla propria sorella innamorata e in fin dei conti anche a se stessa.
Guai a raccontare la storia troppo nei dettagli: qui la suspense non è tanto un espediente narrativo (peraltro perfettamente funzionale) quanto una modalità di percezione della realtà, e di quelli che sono ancora i suoi vuoti. Vale in generale, per tutto il romanzo, quello che viene osservato all'inizio a proposito del personaggio di Cecilia: "Si rese conto che fin dal mattino si era sentita strana, e che guardava alle cose in modo insolito, come se tutto fosse già passato da un pezzo ed esaltato da ironie postume che lei non era in grado di afferrare appieno". Fino all'ultimissima pagina, almeno alcune di queste "ironie postume" (vedrà il lettore che l'aggettivo è scelto con grande precisione) restano davvero imprendibili, e si farebbe un grande disservizio a rivelarle anzitempo.
domenica 7 novembre 2010
Nepal: Namaste! Namaskar!
Chiudiamo qui queste brevi note, le foto le metterò sul face book, a cui vi rimando. Qui vi lascio con una foto presa nella Stupa buddista in centro a Katmandu: una foto di bandiere su un fondo di un bel cielo celeste.
A me ispira fiducia, gioia e speranza; iniziamo un lavoro che sarà molto complicato, forse non riusciremo nemmeno ad andare oltre la prima tappa laggiù nel Far West, ma almeno ci proveremo. Il tema terra è una rogna grossa dappertutto, e qui non fa eccezione.
Chiudo quindi con mani giunte ed un inchini: Namaste!, che vuol dire sia buongiorno, benvenuto, arrivederci, buon viaggio. Lo si dice sempre all’inizio ed alla fine di un incontro con una persona. E’ la puntazione sociale tipica del Nepal: se poi vogliamo andar ancora più in la, onorare una persona in modo ancor più particolare, allora diventa Namaskar!
A me ispira fiducia, gioia e speranza; iniziamo un lavoro che sarà molto complicato, forse non riusciremo nemmeno ad andare oltre la prima tappa laggiù nel Far West, ma almeno ci proveremo. Il tema terra è una rogna grossa dappertutto, e qui non fa eccezione.
Chiudo quindi con mani giunte ed un inchini: Namaste!, che vuol dire sia buongiorno, benvenuto, arrivederci, buon viaggio. Lo si dice sempre all’inizio ed alla fine di un incontro con una persona. E’ la puntazione sociale tipica del Nepal: se poi vogliamo andar ancora più in la, onorare una persona in modo ancor più particolare, allora diventa Namaskar!
Nepal: la coltura del riso (foto ricordo)
Il riso è la coltura di base dei nepalesi: il ciclo colturale del riso – su terrazze di varie dimensioni (FOTO) è cosi suddiviso: gli uomini lavorano la terra con aratri in legno, seguiti da erpici sempre in legno e poi le zolle più grosse vengono battute con un martello in legno a manico lungo (uomini e donne).
Un passaggio finale con una zappetta in ferro è fatto dalle donne. La distribuzione del letame è femminile. La semina maschile. La raccolta è femminile (FOTO). Una volta raccolto il riso va battuto in campo (FOTO: donne e giovani/bambini): lo fanno sia le donne che i più giovani. Il riso va poi separato dalle impurezze, e questo lo fanno, manualmente, le donne (FOTO). Il trasporto della paglia dal campo a casa viene fatta dalle donne (FOTO). La paglia viene messa su dei pagliai sollevati da terra, come quello che sta preparando questo contadino sull’albero (FOTO) oppure in questi pagliai che vedete nella foto.
Nepal: ultime foto di Baizanath
Nepal: Riforma Agraria Rivoluzionaria o Scientifica?
Questo è il dilemma: almeno 4 partiti comunisti principali (pare siano una ventina in tutto) sono lì da anni a discutere della necessità di una riforma fondiaria o agraria. Deve essere scientifica dicono alcuni, altri la vogliono rivoluzionaria, noi cerchiamo solo di capire quali siano i concetti dietro a queste parole. La Banca mondiale ha cercato di metterci lo zampino, con suo classico cavallo di Troia di spingere per il libero mercato via una riforma che sarebbe guidata dalle comunità.
Per adesso si è ritirata, ma siccome la Banca si porta sempre dietro soldi, e con i soldi si comprano tante cose, e siccome qui in Nepal tante cose sono in vendita, non bisogna stupirsi se un giorno, gli stessi che hanno fatto la rivoluzione e la guerriglia si mettessero le giacche e cravatte per andare ai seminari della Banca a parlar bene di questo approccio.
Chiacchere se ne fanno molte, ma va ricordato che durante il periodo quando i maoisti hanno guidato sia il governo che la commissione per la riforma agraria, non hanno prodotto nessun risultato tangibile.
Conflitti ce ne sono, diversi e simili allo stesso tempo: per esempio si entra ad occupare le terre forestali statali, tagliando un albero qua e uno là… poi ci si mette un pagliaio in mezzo, buona giustificazione, ma intanto un segnale di occupazione viene dato.. poi passa il tempo e quel pagliaio diventa l’inizio di un diritto. (vedi foto)
Terra buona per l’agricoltura scarseggia sempre più, leggi per regolare l’uso agricolo o urbano, nemmeno l’ombra… e l’unico risultato certo (che secondo me farà scattare ancora più su l’indice di conflittualità futura) è che il prezzo al metro quadro in città e nelle zone agricole vicine ai centri urbani oramai è diventato più alto che a Parigi o a Roma (fonti diverse confermano queste stime un po’ a occhio). Si compra e si vende, si truffa molto, ma oramai questi valori non hanno nessun rapporto con l’uso agricolo: nessun paddy field (campo di riso) potrà mai retribuire abbastanza da compensare il prezzo della terra: si compra per costruire, approfittando del caos attuale, istituzioni deboli che tutti vorrebbero (a parole) più forti, ma che nel frattempo permettono, ungendo un po’, di fare affari d’oro. Dovremmo consigliarlo al nostro cavaliere: qui troverebbe i partiti comunisti adorati, terreni per farci su un Katmandu 2 o 3 e poi anche la prostituzione infantile (non le chiamano ancora escort): in somma, un paradiso per quelli di Arcore.
Nepal: 4 ore e mezza
Se è vero che l’anima pesa 21 grammi, una cosa che abbiamo imparato qui è che il passaggio finale (cenere eri e cenere tornerai ad essere), prende lo stesso tempo per tutti: ricchi e poveri, bramini e dalit, uomini e donne, giovani e vecchi. Sia gli indù che i buddisti seguono questo rituale.
Qui a fianco vedete i Burning Ghat (roghi per le cremazioni). La posizione sociale è comunque marcata: più ci si allontana dal tempio più si scende nella scala sociale; si comincia dalla famiglia reale (ma adesso non hanno molto da bruciare, anche se l’ex Re è rimasto in esilio a Katmandu), poi i bramini e giù giù fino ai dalit (gli intoccabili). Quanto a caste ce ne sono a bizzeffe, sullo stesso schema dell’India.
Siamo andati al tempio, e ci siamo seduti anche noi ad assistere alle cremazioni: bisogna farlo entro 12 ore dalla morte; il figlio maggiore ha il compito di dar fuoco alla pira; se è la madre a morire invece tocca al minore. I corpi vanno orientati verso nord, in direzione dell’Himalaya, culla degli dei. La differenza sociale la trovi anche nel tipo di legname, essendo il più caro e pregiato destinato alle famiglie ricche.
Un addetto fuochista si incarica di mantenere il fuoco ben vivo. Nel frattempo la vita al tempio scorre, bimbi giocano, altri pregano, turisti vanno e vengono. Alcuni vecchi meditabondi (saddhu) stanno lì, in attesa della foto, che si faranno pagare immancabilmente. L’odore nell’aria è di un corpo che brucia, non resisti molto se non sei abituato.
Non ce l’abbiamo fatta a restare fino in fondo, e ci siamo incamminati verso l’uscita, lungo il fiume dove vengono poi gettate le ceneri; bambini lerci e affamati si lavano e giocano la dentro, ti tirano per la manica chiedendo soldi e cioccolato. L’acqua è sporca, le corone di fiori vanno a finire lì così come pezzi di giornale, plastica. A fianco si medita, si fanno rituali (nel tempio Indù non possiamo entrare), un poliziotto sorveglia e poi gli immancabili venditori che parlano più lingue del traduttore google.
Son passate alcune ore, ed i corpi che abbiamo visto metter su, stanno consumandosi .. altri arrivano… e la vita va e viene…
Nepal: che giorno è?
Per noi è sabato, 6 novembre 2010 e su questo non ci piove. Potrei anche dire che ore sono in Italia: 4 e 45 in meno rispetto a qua. Il perché di questo strano fuso non l’ho ben capito. Ma spieghiamo adesso il calendario: intanto ne hanno più di uno. Mentre noi ci basiamo sul sole, loro si basano sulla Luna. Ne presento due, i più usati (a parte in nostro): calendario newar (Nepal Sambat), che risale alla fondazione della città di Bhatkapur e inizia nel 879 (anno zero; quindi noi siamo nel 1130 adesso. Quello ufficiale si chiama Vikram Sambat, serve per l’amministrazione statale e calcola l’inizio a partire dall’anno 57 a.C. (mese di aprile). Questo calendario è diviso in dodici mesi, di durata variabile dai 29 ai 32 giorni. Ogni mese poi si divide in due metà, una chiara che corrisponde alla luna crescente ed una scura nel periodo della luna calante.
Secondo il calendario newar, questa settimana cadeva la Festa delle Luci (Deepavali), il capodanno per i newar. Si rende allora omaggio, in sequenza, ai corvi, ai cani, alle vacche, ai tori e, per ultimi, fratelli e sorelle (domenica 7), mettendogli al collo delle ghirlande di fiori (gran parte dei quali importati dall’India).
La Festa delle Luci cambia la faccia di Ktm: dappertutto si fa a gara per appendere ghirlande e luci, simbolo sociale di benessere per cui tutti cercano di metterne il più possibile. Dura circa 5 giorni e poi si ritorna alla luminosità, e smog, normale. La gran differenza fra i gironi normali e la Festività delle Luci è che il traffico si riduce a un quarto, e allora puoi andare in giro anche a piedi con molta meno paura di farti tirar sotto. Respiri meglio del solito, anche se sempre contaminato. Stasera finisce la festa per noi, domani riprendiamo l’aereo e torneremo a festeggiare i nostri cani (senza ghirlande però perché all’aeroporto te le sequestrano). Non festeggiano i gatti, che abbiamo visto molto raramente, vabbè i nostri li festeggeremo lo stesso: crocchette per tutti.
Secondo il calendario newar, questa settimana cadeva la Festa delle Luci (Deepavali), il capodanno per i newar. Si rende allora omaggio, in sequenza, ai corvi, ai cani, alle vacche, ai tori e, per ultimi, fratelli e sorelle (domenica 7), mettendogli al collo delle ghirlande di fiori (gran parte dei quali importati dall’India).
La Festa delle Luci cambia la faccia di Ktm: dappertutto si fa a gara per appendere ghirlande e luci, simbolo sociale di benessere per cui tutti cercano di metterne il più possibile. Dura circa 5 giorni e poi si ritorna alla luminosità, e smog, normale. La gran differenza fra i gironi normali e la Festività delle Luci è che il traffico si riduce a un quarto, e allora puoi andare in giro anche a piedi con molta meno paura di farti tirar sotto. Respiri meglio del solito, anche se sempre contaminato. Stasera finisce la festa per noi, domani riprendiamo l’aereo e torneremo a festeggiare i nostri cani (senza ghirlande però perché all’aeroporto te le sequestrano). Non festeggiano i gatti, che abbiamo visto molto raramente, vabbè i nostri li festeggeremo lo stesso: crocchette per tutti.
Nepal: mangiare e bere
Bisogna ripeterlo sempre: niente acqua che non sia quella in bottiglia (minerale). L’unica possibilità se non avete altro è di bollirla molto e prenderla sotto forma di thè o caffè.
Mangiare: dovete amare il riso se venite qui. Altrimenti rischiate di mangiare pochino. Mattina, mezzogiorno e sera esiste un piatto, basato sul riso in bianco (bath) insaporito da un po’ di lenticchie (dal). A fianco mettono anche un po’ di curry di verdure e una miscela di spezie varie. Un pickle di mango a volte fa la differenza, così come un po’ di carne che mettono in una coppetta grande come una tazzina di caffè. In realtà sono più ossa che carne, per cui tanto vale andare col ritmo vegetariano.
Fanno delle piadine interessanti, chiapati, ed anche del pane-focaccia con aglio (garlic naan) molto buono. In campagna le uova si fanno rare, ed anche qui all’hotel al mattino ti servono delle uova senza tuorlo: chissà cosa ne faranno. Sulla strada che ci portava nel Far West ci siamo fermati a far colazione e devo dire che ho mangiato dei noddles (pasta simile a spaghetti tagliati corti) conditi con spezie e peperoncino molto ma molto buone. (vedi foto del piatto, in basso a destra)
Chiaro che se poi andate nei ristoranti, trovate anche altre cose interessanti: per esempio i momo (ravioli al vapore (pare ce ne siano anche fritti) che vengono direttamente dalla cucina cinese: vegetali o con carne, hanno le stesse dimensioni e sapore di quelli che troviamo da noi.
Il pollo si trova in varie forme, e uno può scegliere di accompagnarlo con patate fritte, non industriali. Pesce poco, ovviamente, ma non inesistente. Alcuni ristoranti allevano trote, piccoline ma buone. Al Summit hotel ho mangiato anche delle costicine di maiale piccoline ma ben arrostite, condite con una specie di curry: buone.
Nei ristoranti trovate anche del vino (al Summit hanno addirittura vino di Zonin, garganego e pinot grigio, sembrava di stare a casa); birra (la nazionale, Everest, è buona) ma soprattutto thé. Servono anche dei lassi, bevanda a base di yogurt, che piace molto al nostro consulente. La guida dice però di non fidarsi a berlo. In città adesso si trovano anche dei caffè che servono un buon espresso e/o cappuccino (1 dollaro a tazza).
Ovviamente che fra stare a Katmandu, negli hotel degli occidentali, o andare in campagna come abbiamo fatto noi, nel Far West, passa una bella differenza: nessuno dei senior officers con cui ci siamo visti era mai andato da quelle parti e tutti ci guardavano come fossimo andati … nel far west… Laggiù mangi riso con dal e curry.. la mattina se ti va bene invece del riso ti danno le piadine (chiapati), ben ripassate nel burro, assieme alle solite pietanze. Poi mezzogiorno, e poi la sera, e poi il giorno dopo…; dimenticavo, coltivano anche delle zucche e, avendo poca terra, lo fanno sui tetti delle case. (foto in alto a destra)
Finalmente, in campagna producono anche della moutarde – la foto in alto a sx mostra la moutarde liquida, appena spremuta nella macchina in secondo piano. I resti della spremitura (foto sotto) servono sia per fertilizzare i campi, sia per dar da mangiare agli animali sia per trattamenti del viso.
mercoledì 3 novembre 2010
Nepal: standards di vita ...
Solo tre foto, per mostrare (i) le case di campagna, né le migliori né le peggiori; (ii) due esempi di cucine, una presa nel villaggio di Banzainath e l'altra al ristorante lungo la strada.
Gli standards igienici sono quelli che colpiscono di più: acqua ne trovi dappertutto ma nonostante questo l'impressione è che se ne servano poco; forse sarà il prezzo del sapone (che non si trova da nessuna parte in campagna) ma i vestiti, anche quelli dei cuochi, sono abbastanza lerci per noi. Carta igienica non se ne trova proprio fuori dagli hotels della capitale (e immagino dove ci siano hotels per turisti), quindi se vi capita di andare in zone rurali portatela. Lo stesso vale per asciugamani. Non preoccuparsi troppo per la polvere, che si accumula dappertutto e non viene spazzata di frequente.
Il fatto che più ci colpisce è sicuramente quello che riguarda la pulizia personale dopo le necessità fisiologiche e la preparazione e consumo dei cibi, il tutto realizzato a mano (ricordarsi dell'assenza di sapone).
Insomma, meglio saperlo prima ed essere preparati. A noi avevano semplicemente evitato di dircelo, forse anche perchè in un posto così lontano (very far remote area..) quelli del mio ufficio non c'erano mai andati di persona. Ma se riusciremo a portare avanti il lavoro come vogliamo, stiamo pensando alla fine fare una cerimonia finale per la consegna dei titoli sulle terre, portando ministro e capi delegazione UN.. insomma, bisognerà pensarci bene...
martedì 2 novembre 2010
Nepal: Cosa costa di più, un asino o una donna?
Avrei dovuto specificare: donna contadina. Quella che vedete nella foto è una contadina sorridente, anche se non sorride. Sta sicuramente pensando che noi non capiremo mai cosa voglia dire portarsi in spalla quelle balle di paglia, che rappresentano la parte più leggera dei carichi che devono trasportare. Quante ne abbiamo incrociate che portavano ceste di letame, ammassato con le mani, fino alle parcelle di terra che vedete in lontananza (quei puntini neri), per poi spartirli a mano. Kilometri e kilometri a piedi, e non solo su e giù per i pendii, dove forse metterci una carriola sarebbe difficile, ma anche e soprattutto in orizzontale, sulle strade e lungo le terrazze di terra, dove non dovrebbe esser difficile metterci delle piccole carriole. Questo le libererebbe da un lavoro faticoso e umiliante, ma sembra troppo difficile da fare; proverò a parlarne con i colleghi quando torno a casa. Se non la carriola allora magari un asino. Ma forse l’asino costa troppo e poi non fa da mangiare, non fa figli .. insomma meglio una donna, che in più non recrimini per eredità che tanto non avrà.
Cantava Claudio Baglioni: quanta strada da fare però quanta strada … ancora non lo so !
Nepal: Un inno alle scarpe spagnole
Un inno alle scarpe spagnole: non dirò la marca per non fare pubblicità non retribuita, ma le scarpe che vedete hanno permesso a Xuor di fare il viaggio e la marcia fino al villaggio in modo più che egregio.
Abbiamo attraversato ponti sospesi (vedi foto), parecchio barcollanti, siamo saliti su pendii molto ripidi, Xuor è anche caduta, e poi siamo finalmente arrivati sul posto.
Esperienza interessante quella delle scarpe perché ha permesso di capire quanto machista sia la società nepalese: gli altri membri del gruppo (esperti del catasto) erano tutti lì a ridere fra di loro per questa signora che veniva con i tacchi a camminare su quelle strade, in più fumando (cosa che non si fa se si è donna). Avevano anche preparato il piano B, ovvero due accompagnatrici che le permettessero di camminare lentamente e lasciare noi uomini andare avanti a trattare le cose serie. Poi in realtà lei non si è fatta distanziare e grazie alle magiche scarpe è arrivata assieme al gruppo, quindi un viva e scarpe spagnole.
Nepal - la parola del giorno: sanskar
In Nepal la parola sansa vuol dire rito di passaggio. Concetto antico ma ancora molto vivo fra gli Indu, Buddisti e tutti gli atri influenzati da loro. Questo è il periodo nel quale sta vivendo il paese da quando, nel 2006, venne firmato il cessate il fuoco.
Un passaggio che ha un inizio ma non ha ancora chiara la fine. Il nostro avvicinarsi al Nepal è chiaramente influenzato dai nostri modi di pensare e vedere, pregiudizi che ci portiamo dietro anche quando diciamo (e crediamo) di essere obbiettivi.
Ci aspettiamo quindi un paese che, all’uscire da una guerra pesante per durata e morti, abbia chiaro il ruolo di ognuno nella ricostruzione morale ed economica dello stesso. Non solo abbiamo un generico anteguerra e un postguerra (da definire), ma passiamo da un medioevo incarnato dai monarchi che governavano fino a pochi anni fa ai dibattiti “moderni” sullo Stato federale, comunitarismo, decentralizzazione. Un salto che solo delle istituzioni forti potrebbero reggere, ma qui siamo in un paese dove la guerriglia che combatteva per la giustizia sociale (i maoisti) voleva essenzialmente distruggere questo Stato e le sue istituzioni.
La stessa sopravalutazione che abbiamo noi, agenzie UN e donanti, quando chiediamo loro, a queste istituzioni deboli e fragili, di prendere in mano un processo che non hanno neanche mai visto prima. Di fatto si vuol creare uno Stato nuovo, una nazione nuova, una passione che ha preso piede anche in altri paesi, vedi l’Irak. E solo dopo anni si comincia a rendersi conto che così non si fa. Ma la vera domanda non è come si dovrebbe farlo, ma che senso ha pensare di costruire uno Stato nuovo?
Le istituzioni locali, i leaders politici nepalesi vengono considerati da chi interviene da fuori, come dei protagonisti. La stessa vista corta che abbiamo normalmente noi “cooperanti”. Ma protagonista non lo diventi perché lo ha deciso una comunità di donanti. Guardandoli meglio, a come le istituzioni locali, incluso il sistema dei partiti nel suo assieme, siano sopravissuti al conflitto, e che alla fine sono gli stessi maoisti a cominciare a cambiare, per entrare in questo mondo reale, in queste istituzioni fatte così, con i loro limiti, ecco allora l’indicazione di come dovremmo muoverci, da dove partire. Capire chi sono, il loro modo di vedere le cose, come base per degli obbiettivi realisti, meno intrisi della nostra (implicita) ideologia, e più a portata di mano.
I leaders politici si vedono più come dei purohits, delle specie di preti Indu, piuttosto che dei protagonisti attivi. Sono dei custodi di valori e tradizioni antiche piuttosto che innovatori. Meglio non considerarli come degli eroi perché non lo sono. Nel dubbio meglio non far nulla, e la gente accetta (o sembra accettare) questo modo di governare. Anche i maoisti stanno cambiando e la loro retorica di cambiare il mondo va pian piano cambiando. Discussioni interne sono in corso e questo spiega perché non arrivano ad un accordo su nulla: non sanno cosa vogliono e ogni giorno scoprono delle faccettature che non conoscevano prima.
Capire come andrà a finire fra quelli che preferiscono lo status quo, l’ andreottiano tirare a campare (che è sempre meglio del tirare le cuoia) e chi vuol provare ad andare avanti, e fino dove.. ecco il tema del prossimo futuro. Noi lottiamo lì in mezzo, cercando di capire come costruire un percorso che esca dal non far nulla e cominci ad avere il coraggio di toccare la dove duole. Chissà se ce la faremo.
una foto al giorno: lo facciamo per lui e per i piccoli come lui.
lunedì 1 novembre 2010
Nepal ottobre 2010: i numeri magici 25-12-2
Questo primo blog dal Nepal lo dedico ai miei lettori della Credit Union. Innanzitutto il perché: mi son detto che forse anche voi, che vedete passare tanti officers davanti al vostro tavolo, magari a volte vi è venuta voglia di sapere cosa diavolo fanno nella loro vita professionale, al di là della loro (eventuale), simpatia. Per cui questo messaggio è per voi. Dunque, dove siamo andati a finire? E perché? Queste sono le domande iniziali; i numeri magici del titolo indicano la quantità di tempo che ci è voluto per arrivare fino al villaggio di Baizanath, distretto di Acham, perduto nel Far West (vero nome della regione) del Nepal: 25 ore di volo da quando si è chiusa la porta a Roma e si è riaperta all’aeroporto di Nepalgunj; 12 ore di jeep (ne riparleremo in seguito) e altre 2 ore di marcia a piedi. Lascio a voi immaginare lo stato in cui siamo arrivati. (foto iniziale alla partenza della marcia a piedi, la seconda un gruppo del villaggio con cui lavorare)
Perché venire fin qui, alla fine del mondo? Dove di officers UN non è che ne vedano tutti i giorni? La questione parte da lontano, 10 anni di guerra civile dove uno degli elementi scatenanti è stata la questione fondiaria, le terre, sempre quelle. Per la terra (e cosa c’è sotto o sopra) si fanno guerre dappertutto oramai; lo sappiamo tutti ma in realtà abbiamo una fifa blu a provare a far qualcosa per riportare un minimo di pace fra i belligeranti. Chi segue questo blog sa che sono appena tornato dalla Colombia, dove la questione terre, la riforma agraria avvelenano i rapporti umani da più di 60 anni. In Nepal 10 anni di guerra civile, solo per contare la storia più recente, hanno riportato alla luce, per tutti i partiti, la necessità di fare una Riforma Agraria Scientifica (torneremo anche su questo).
Come ben sappiamo dai nostri politici nostrani, è molto più facile dire che fare; risultato è che, da quando è iniziato il periodo di transizione (cioè il “dopoguerra”), nel 2006, a parte le continue dichiarazioni sulla necessità e urgenza della Riforma Agraria Scientifica, non si è visto nulla. I Donanti e le agenzie ONU hanno girato abbastanza alla larga, soprattutto perché senza i “danè” dei Donanti, al giorno d’oggi non si va molto lontano e poi per la semplice ragione che mettere il dito lì dentro vuol dire andar a cercar rogne. E siccome voi sapete come sono fatte queste agenzie, inutile che vi spieghi il resto. Ma siccome anche conoscete il sottoscritto, non vi sorprende molto ritrovarlo in mezzo a sta storia.
L’antecedente antico data dei primi anni 90 quando, per sbaglio, il monarca dell’epoca si lasciò sfuggire un’elezione, vinta dai comunisti (qui è pieno di partiti comunisti, conosco uno ad Arcore che finalmente sarebbe contento di trovarli in carne ed ossa) i quali, immediatamente, fecero una richiesta per un appoggio FAO sulla riforma agraria. Il governo durò meno del tempo necessario a cominciare a scrivere il progetto, i comunisti furono cacciati, da lì a poco iniziò la guerra vera e buonanotte a tutti.
La guerra non è stata proprio vinta da uno dei belligeranti. L’unico ad aver perso sul serio è stato il re, che è stato poi cacciato e così il Nepal è diventato una repubblica (di che tipo lo stanno ancora negoziando adesso, per cui ne sapremo di più nei prossimi mesi). L’ esercito non è riuscito a battere la guerriglia maoista, la quale pur dimostrandosi molto forte e quasi vittoriosa, non ebbe la forza sufficiente per dare il colpo finale. Risultato fu un cessate il fuoco con un accordo di pace con i principali partiti i quali pensavano di mangiarsi vivi i maoisti alle elezioni che vennero indette subito dopo. Calcoli mal fatti e il risultato fu che il partito maoista uscì vittorioso, diventando il maggior partito nel parlamento, ed iniziando una transizione non finita verso una forma-partito che gli permetta di riciclarsi nel sistema parlamentare (anche su questo torneremo).
Insomma, se siamo andati fino in fondo al far west è perché qualcuno deve provare a mettere le mani sulla questione terra: mancano titoli, ci sono migliaia di famiglie senza terra, nessuna pianificazione territoriale, oltre 60 leggi che trattano del tema sovrapponendosi una sopra l’altra .. questi sono solo alcuni dei problemi. Abbiamo fatto un primo passo a febbraio con il workshop sulla politica sulle terre.
Iniziato una discussione che prenderà tempo ancora. Da lì sono partite le discussioni per mostrare che qualcosa sappiamo fare. Acham è stato identificato come il posto più “semplice” da cui partire, e quindi, anche se in culo al mondo, da li bisognava partire. Siamo arrivati, ci siamo seduti, ed abbiamo cominciato a parlare, con la gente, con i responsabili dell’ufficio catastale e alcuni rappresentanti di partiti…. Domani il seguito.. non necessariamente cronologico, dato che ci sono così tante cose da raccontare. Questo primo pezzo viene da appena rientrati a Katmandu, presa una doccia calda e connesso internet.
Iscriviti a:
Post (Atom)