martedì 20 dicembre 2011
Per iniziare un anno che sia realmente nuovo (dedicato ai miei colleghi e amici di lavoro) …
Di cosa avremmo bisogno è abbastanza facile dirlo, soprattutto per uno che da oltre vent’anni porta avanti queste lotte contro l’ingiustizia sociale, la povertà, la fame nel mondo e chi la provoca. Chi di noi non ha ancor smesso di sognare sa che ogni giorno dobbiamo lottare, da una parte, con governi che hanno interessi e filosofie che non sempre vanno di paro con gli impegni presi a livello sia internazionale che a casa loro. La retorica fa parte delle relazioni internazionali, inutile nasconderselo, il punto è di non farsi sommergere e non abbandonarsi ad essa. Cosa fare nel lavoro quotidiano per cercare di far cambiare idea a quei governi? Questa è una prima dimensione del lavoro nostro. Al di sopra di questi governi troviamo interessi più grandi con i quali arriviamo raramente, noi tecnici, a interloquire direttamente; ma esistono, e attraverso le loro lobbying condizionano chiaramente le scelte dei governi e delle organizzazioni internazionali, ovviamente in favore dei loro interessi, anche se mascherati da tonnellate di buoni propositi. Restando nel settore privato, agricolo, industriale, turistico o che altro, l’atteggiamento comune nei confronti dei sud del mondo è quello di entrarci come fossero a casa propria, anzi peggio, entrando e prendendo quello che c’è in nome dello sviluppo economico che farebbe del bene a tutti. Abbiamo a che fare con loro, dato che sono quelli che si accaparrano terre, foreste ed acqua e con i quali aprire un dialogo non è esattamente facile.
Poi abbiamo la nostra stessa burocrazia, che sembra fatta apposta per non far andar avanti il lavoro sui temi fondamentali per i quali esistiamo. Non è tanto un problema di regole amministrative che cambiano continuamente, quello fa parte del gioco, ma il rapporto di forza tipico tra chi sta dietro e chi sta davanti a una scrivania. Chi sta dietro conosce a menadito le regole, dato che spesso sono fatte su consigli di quelle stesse persone, e chi sta davanti, nella realtà quotidiana, deve semplicemente abbassare il capo e accettarle, per non farsi trascinar via. Il principio rettore è l’inverso di quello che ci vorrebbe in un’organizzazione chiamata ad essere cosa diversa da un ministero, ad essere quella che sprona i governi a cambiare, a mettersi d’accordo su azioni concrete e poter vedere dei risultati. In un’organizzazione così il capitale più importante sarebbe il capitale umano, con un’importanza crescente mano a mano che ci si allontana dai centri di potere. Chi sta sul terreno (sul serio, non nelle capitali dei paesi), e quindi è a contatto diretto con i nostri interlocutori e così facendo rappresenta l’immagine vera, quotidiana di chi siamo e cosa facciamo, ecco, quelli e quelle lì dovrebbero essere le persone più ascoltate da chi sta sopra, incoraggiate, seguite e riconosciute nel loro lavoro. Un’organizzazione che funziona come un ministero parte invece dal principio che chi sta lontano si possa controllare meno e quindi sicuramente pecca di più, per cui va tartassato e messo continuamente in una posizione di soggezione. Al contrario, chi sta vicino al centro di potere va lodato in modo che non si dimentichi del piccolo favore fattogli, il giorno che ci sarà un concorso interno per far carriera.
Aggiungiamoci poi i managers scelti su criteri più simili a logiche tipo manuale Cencelli che ad altro e che, una volta insediati, devono innanzitutto obbedienza a chi li ha messi e non ai valori che dovremmo difendere, anche a costo di dovere lottare contro quegli stessi paesi che ti hanno messo lì.
La tua possibilità di scelta, quando inizi a lavorare con queste organizzazioni, tende a limitarsi a due alternative fondamentali: abbassare la testa, trovare un angolo dove nasconderti e cercar di far qualcosa che non dispiaccia a nessuno, tirando avanti fra un caffè, cappuccino con cornetto e l’altro oppure provare a lottare per cambiare quel modo di essere e fare. Un vecchio capo, americano, conoscitore della casa, diceva che spesso i funzionari motivati si trovano a fare delle cose “in spite of their chiefs!” cioè malgrado i loro capi.
Quante volte mi sono ripetuto questa frase, quando vedevo quanto poco contavano i contadini e le loro organizzazioni nelle scelte strategiche ed operative della nostra organizzazione. Stare dalla parte della banca mondiale o delle organizzazioni contadine era una scelta già fatta in partenza. Provare a elaborare una propria posizione, per dimostrare che ci siamo anche noi, diventava ancora più difficile perché non è che dal lato delle organizzazioni contadine le cose siano necessariamente meglio.
Quindi in mezzo a tutto questo senti che il tuo livello di stress semplicemente va accumulandosi. Non siamo esposti agli stress improvvisi di molte altre professioni, ma a gocce che vanno accumulandosi e che ti portano alla lunga a un malessere che ha ripercussioni su di te, la tua famiglia e ovviamente anche il tuo lavoro. Ma di questo non si parla, il problema non esiste.
Noi sappiamo invece che il problema c’è ed è più amplio di quanto non si creda. La risposta implicita di chi viene a trovarsi in queste situazioni è, normalmente, quello di lasciar perdere, di fregarsene e mollare tutto. In questo modo, un capitale umano che si è formato (spesso da solo) durante anni di lavoro fra il terreno e i corridoi, apprendendo come portare avanti proposte, leggi, politiche, il tutto “in spite of their chiefs”, arriva a un punto quando, capendo che a nessuno di quelli che stanno sopra gli interessa realmente granchè di quello che fai sul terreno, allora molla. Proprio nel momento in cui più avrebbe da dare, in termini di esperienza accumulata e quindi più potrebbe esser utile, è proprio quando viene perso e la barca continua ad andar avanti con le stesse regole e gli stessi giochetti di sempre.
Chi ci passa un periodo corto, difficilmente può rendersi conto dell’effetto a medio e lungo termine; è come l’erosione della terra, non la vedi l’anno dopo aver fatto una cattiva aratura, ma pian piano, continuando così in alcuni anni ti ritrovi senza terra e non capisci il perché. Ecco, chi di noi ci è dentro da parecchio, può farsi un’idea degli effetti cumulativi delle gocce di cui parlavo prima. Si chiama perdita di credibilità. Tutto qua.
Quello di cui avremmo bisogno sarebbe solo questo: che si capisse da dove circola il sangue e si rovesciasse la piramide, mettendo davanti gli ultimi. Il capitale esiste, non saranno i soldi a far cambiare idea ai governi, ad assumere iniziative più cogenti sui temi della fame e povertà, ambiente e sviluppo, ma il lavoro quotidiano di gente dedicata, che ci crede e che si sente incoraggiata nel proprio lavoro. Fare gruppo, esser presenti, ricordarsi che grazie a chi sta sul terreno siamo riconosciuti.
Metto qui una foto del primo titolo che una donna mozambicana è riuscita ad ottenere per il suo pezzetto di terra, e questo grazie a un progetto nostro assieme a delle ONG locali, nonché, ovviamente, l’azione del governo che, pian piano, ha modificato politiche e leggi su questi temi. Ne abbiamo tre titoli così: anni di lavoro per cui io dico grazie ai nostri sul terreno, grazie a nome dei colleghi con cui seguiamo questo paese da tanti anni. Spero che un giorno qualcuno più in alto dirà grazie anche a noi.
lunedì 19 dicembre 2011
China's land grab is undermining grassroots democracy
interessante articolo sul Guardian:
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/dec/16/china-land-grab-undermining-democracy
The standoff in Wukan exemplifies the growing tensions between state and society in a rapidly urbanising country
After continuous confrontation between villagers and local officials for almost four months, the land grab in the fishing village of Wukan, in Guandong province, China, has now led to the death of one of the elected village leaders in police custody, and further escalated into a violent "mass incident" with tens of thousands of farmers protesting against local officials.
The Wukan case is just one of many mass incidents China has experienced in recent years. In fact, the number keeps rising every year; journalists often cite a figure of 87,000 for 2005, estimates by the China Academy of Social Sciences give a figure of "over 90,000" mass incidents in 2006, and further unspecified increases in 2007 and 2008.
In China, a mass incident is defined as "any kind of planned or impromptu gathering that forms because of internal contradictions", including mass public speeches, physical conflicts, airing of grievances, or other forms of group behaviour that may disrupt social stability. Among China's mass incidents, more than 60% have been related to land disputes when local governments in China worked closely with manufacturers and real-estate developers to grab land from farmers at low prices.
In a drive to industrialise and urbanise, thousands of industrial parks and many thousands of real estate development projects have been, or are being, built at the costs of dispossessed farmers. The land requisition system deprives three to four million farmers of their land every year, and around 40-50 million are now dispossessed.
The Wukan case says a lot about the serious tension between state and society in the fast urbanising China. It is difficult to play the land requisition game fairly under the current system, since farmers are neither allowed to negotiate directly on the compensation package, nor are they allowed to develop their own land for non-agricultural purposes. They have to sell their land to local government first, which defines the price then leases the land to industrial and commercial/residential users for a profit. As land prices keep rising in China, it is not surprising that farmers with rising expectations are becoming increasingly unhappy. As a result, mass incidents, sometimes as violent as in Wukan, are inevitable.
Local authorities in China, in their pursuit of revenue via aggressive urbanisation and industrialisation, are also undermining the country's grassroots democracy. It was usually local officials who would carry out difficult negotiations with village collectives, or who were in charge of coercing defiant farmers to accept government terms. Having village cadres who shared their interests would not only lower the selling price but also determine whether or not the transaction could take place at all. Therefore, township and county officials in localities that experienced greater land requisition had a stronger incentive to manipulate village democracies to make sure that more co-operative cadres were elected.
One township party secretary I interviewed in Fujian province said: "If election rules are followed strictly, [we] will lose control of the rural society. Village cadres will be afraid of villagers, not the township government. They can put off assignments from the township government and compromise the tasks during implementation. Therefore … local officials are willing to introduce rules that subvert the true meaning of village democracy. This is also the case in Wukan in which farmers are protesting not only against local governments, but also against villager cadres who worked with the authorities in abusive land requisition.
As China is urbanising fast, land requisition takes place in more Chinese villages, in particular those closest to the cities. Farmers with rising expectations on the one hand, and local officials with financial stakes in keeping the compensation low on the other, are bound to lead to increasingly violent mass incidents. Local governments in China needs to spend more not only on compensating farmers, but also on maintaining social stability. Wukan should be a signal for China to reform its land requisition system in order to keep local governments away from the financial gains of abusive land taking.
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/dec/16/china-land-grab-undermining-democracy
The standoff in Wukan exemplifies the growing tensions between state and society in a rapidly urbanising country
After continuous confrontation between villagers and local officials for almost four months, the land grab in the fishing village of Wukan, in Guandong province, China, has now led to the death of one of the elected village leaders in police custody, and further escalated into a violent "mass incident" with tens of thousands of farmers protesting against local officials.
The Wukan case is just one of many mass incidents China has experienced in recent years. In fact, the number keeps rising every year; journalists often cite a figure of 87,000 for 2005, estimates by the China Academy of Social Sciences give a figure of "over 90,000" mass incidents in 2006, and further unspecified increases in 2007 and 2008.
In China, a mass incident is defined as "any kind of planned or impromptu gathering that forms because of internal contradictions", including mass public speeches, physical conflicts, airing of grievances, or other forms of group behaviour that may disrupt social stability. Among China's mass incidents, more than 60% have been related to land disputes when local governments in China worked closely with manufacturers and real-estate developers to grab land from farmers at low prices.
In a drive to industrialise and urbanise, thousands of industrial parks and many thousands of real estate development projects have been, or are being, built at the costs of dispossessed farmers. The land requisition system deprives three to four million farmers of their land every year, and around 40-50 million are now dispossessed.
The Wukan case says a lot about the serious tension between state and society in the fast urbanising China. It is difficult to play the land requisition game fairly under the current system, since farmers are neither allowed to negotiate directly on the compensation package, nor are they allowed to develop their own land for non-agricultural purposes. They have to sell their land to local government first, which defines the price then leases the land to industrial and commercial/residential users for a profit. As land prices keep rising in China, it is not surprising that farmers with rising expectations are becoming increasingly unhappy. As a result, mass incidents, sometimes as violent as in Wukan, are inevitable.
Local authorities in China, in their pursuit of revenue via aggressive urbanisation and industrialisation, are also undermining the country's grassroots democracy. It was usually local officials who would carry out difficult negotiations with village collectives, or who were in charge of coercing defiant farmers to accept government terms. Having village cadres who shared their interests would not only lower the selling price but also determine whether or not the transaction could take place at all. Therefore, township and county officials in localities that experienced greater land requisition had a stronger incentive to manipulate village democracies to make sure that more co-operative cadres were elected.
One township party secretary I interviewed in Fujian province said: "If election rules are followed strictly, [we] will lose control of the rural society. Village cadres will be afraid of villagers, not the township government. They can put off assignments from the township government and compromise the tasks during implementation. Therefore … local officials are willing to introduce rules that subvert the true meaning of village democracy. This is also the case in Wukan in which farmers are protesting not only against local governments, but also against villager cadres who worked with the authorities in abusive land requisition.
As China is urbanising fast, land requisition takes place in more Chinese villages, in particular those closest to the cities. Farmers with rising expectations on the one hand, and local officials with financial stakes in keeping the compensation low on the other, are bound to lead to increasingly violent mass incidents. Local governments in China needs to spend more not only on compensating farmers, but also on maintaining social stability. Wukan should be a signal for China to reform its land requisition system in order to keep local governments away from the financial gains of abusive land taking.
La corrupción mina el acceso a la tierra y el desarrollo
La FAO y Transparency International piden una mejor gobernanza
"Ha surgido una presión sin precedentes sobre la tierra, con nuevas áreas dedicadas al cultivo, ocupadas por la expansión de los centros urbanos o abandonadas a causa de la degradación, el cambio climático o los conflictos", asegura un documento elaborado conjuntamente por la FAO y el organismo mundial anticorrupción Transparency International (TI).
Estos hechos han sometido a gran tensión las reglas, procesos e instituciones que determinan que recursos de la tierra se utilizan, quien lo hace, por cuanto tiempo y bajo que condiciones", asegura el documento de trabajo.
Apuntando a una de las cuestiones centrales que afectan a la agricultura y la seguridad alimentaria a nivel mundial, las conclusiones de la FAO y TI en más de 61 países indican que una gobernanza débil incrementa la posibilidad de corrupción en la tenencia y administración de la tierra, al tiempo que intensifica el impacto de la presión sobre su uso.
"Las conclusiones del documento reflejan lo que hemos estado escuchando durante años en boca de los campesinos, ganaderos, inversores, gobiernos y ONGs en muchos países en desarrollo: que donde la gobernanza de la tierra es deficiente, existe un elevado riesgo de corrupción", señaló Alexander Mueller, Director General Adjunto de la FAO para Recursos Naturales.
"El acceso seguro a la tierra y la protección de los recursos naturales de un uso incontrolado es una de las claves para garantizar la seguridad alimentaria, la estabilidad social, las inversiones, un crecimiento económico de amplia base y el desarrollo sostenible", añadió Mueller.
"La transparencia y la rendición de cuentas contribuyen a un ciclo positivo de gobernanza, garantizando que los recursos de tierras benefician a todos, y no solamente a los poderosos", indicó Rueben Lifuka, Presidente de Transparency International en Zambia y miembro de la Junta directiva del organismo.
"Sin embargo, cuando no existe transparencia ni rendición de cuentas, aumenta el riesgo de corrupción y la amenaza de convertir la tierra en una herramienta para la alineación de la gente corriente. Como resultado de la corrupción la gente pierde los beneficios culturales y económicos de sus propios recursos de tierras", añadió Lifuka.
El documento de trabajo concluye que la corrupción con respecto a la tierra varía desde sobornos y fraude a pequeña escala a abusos a alto nivel desde el poder gubernamental y los círculos políticos.
La carrera para invertir en biocombustibles como forma de mitigar el cambio climático es una de las presiones que afectan al uso de la tierra en muchas naciones, en especial desde que "muchos países con dificultades de gobernanza y corrupción son considerados los destinos más atractivos para las inversiones en biocombustibles", según el documento.
http://www.fao.org/news/story/es/item/116487/icode/
"Ha surgido una presión sin precedentes sobre la tierra, con nuevas áreas dedicadas al cultivo, ocupadas por la expansión de los centros urbanos o abandonadas a causa de la degradación, el cambio climático o los conflictos", asegura un documento elaborado conjuntamente por la FAO y el organismo mundial anticorrupción Transparency International (TI).
Estos hechos han sometido a gran tensión las reglas, procesos e instituciones que determinan que recursos de la tierra se utilizan, quien lo hace, por cuanto tiempo y bajo que condiciones", asegura el documento de trabajo.
Apuntando a una de las cuestiones centrales que afectan a la agricultura y la seguridad alimentaria a nivel mundial, las conclusiones de la FAO y TI en más de 61 países indican que una gobernanza débil incrementa la posibilidad de corrupción en la tenencia y administración de la tierra, al tiempo que intensifica el impacto de la presión sobre su uso.
"Las conclusiones del documento reflejan lo que hemos estado escuchando durante años en boca de los campesinos, ganaderos, inversores, gobiernos y ONGs en muchos países en desarrollo: que donde la gobernanza de la tierra es deficiente, existe un elevado riesgo de corrupción", señaló Alexander Mueller, Director General Adjunto de la FAO para Recursos Naturales.
"El acceso seguro a la tierra y la protección de los recursos naturales de un uso incontrolado es una de las claves para garantizar la seguridad alimentaria, la estabilidad social, las inversiones, un crecimiento económico de amplia base y el desarrollo sostenible", añadió Mueller.
"La transparencia y la rendición de cuentas contribuyen a un ciclo positivo de gobernanza, garantizando que los recursos de tierras benefician a todos, y no solamente a los poderosos", indicó Rueben Lifuka, Presidente de Transparency International en Zambia y miembro de la Junta directiva del organismo.
"Sin embargo, cuando no existe transparencia ni rendición de cuentas, aumenta el riesgo de corrupción y la amenaza de convertir la tierra en una herramienta para la alineación de la gente corriente. Como resultado de la corrupción la gente pierde los beneficios culturales y económicos de sus propios recursos de tierras", añadió Lifuka.
El documento de trabajo concluye que la corrupción con respecto a la tierra varía desde sobornos y fraude a pequeña escala a abusos a alto nivel desde el poder gubernamental y los círculos políticos.
La carrera para invertir en biocombustibles como forma de mitigar el cambio climático es una de las presiones que afectan al uso de la tierra en muchas naciones, en especial desde que "muchos países con dificultades de gobernanza y corrupción son considerados los destinos más atractivos para las inversiones en biocombustibles", según el documento.
http://www.fao.org/news/story/es/item/116487/icode/
domenica 18 dicembre 2011
La sporca dozzina del 2011
Ancor più difficile dell’anno scorso. Impossibile dare la palma di Libro dell’anno, dato che i preferiti, ex aequo, sono cinque: Vargas, Markaris, Paasilinna, Attia e Vargas Llosa con suo Celta. Buona lettura a tutti.
La Fiesta del Chivo - Mario Vargas Llosa (gennaio)
Morituri - Yasmina Khadra (marzo)
La voix - Arnaldur Indridason (aprile)
Alger la noire - Maurice Attia (maggio)
Un Léopard sur le garrot - Jean-Cristophe Rufin (maggio)
Bien connu des services de police - Dominique Manotti (maggio)
La moitié du jour, il fait nuit - Stanislas Cotton (giugno)
El sueño del celta - Mario Vargas Llosa (luglio)
La briscola in cinque - Marco Malvaldi (luglio)
L'Armée furieuse - Fred Vargas (agosto)
Le bestial serviteur du pasteur Huuskonen - Arto Paasilinna (settembre)
Prestiti scaduti - Petros Markaris (ottobre)
La Fiesta del Chivo - Mario Vargas Llosa (gennaio)
Morituri - Yasmina Khadra (marzo)
La voix - Arnaldur Indridason (aprile)
Alger la noire - Maurice Attia (maggio)
Un Léopard sur le garrot - Jean-Cristophe Rufin (maggio)
Bien connu des services de police - Dominique Manotti (maggio)
La moitié du jour, il fait nuit - Stanislas Cotton (giugno)
El sueño del celta - Mario Vargas Llosa (luglio)
La briscola in cinque - Marco Malvaldi (luglio)
L'Armée furieuse - Fred Vargas (agosto)
Le bestial serviteur du pasteur Huuskonen - Arto Paasilinna (settembre)
Prestiti scaduti - Petros Markaris (ottobre)
Sodade de você Cesaria Evora (1941-2011)
Quem mostra'b
Ess caminho longe?
Quem mostra'b
Ess caminho longe?
Ess caminho
Pa São Tomé
Oggi ci siamo svegliati tutti un po’ più tristi. Sapere che te ne sei andata così presto ci fa male. Nostalgia e senso della lontananza, la sodade che ci hai insegnato a conoscere e ad amare.
Noi che ci siamo stati in quei posti, a Sao Tomé, a Bissau, nel sogno idealista di Amilcar Cabral di una Patria e due Paesi; siamo stati a cantare i venerdi sera, all’ Ilha, Luanda, con gli emigrati capoverdiani in Angola, comprato i tuoi dischi a Maputo e girato per il tuo paese, fra la tua gente a Capo Verde, a Fogo, Santo Antao… oggi ti piangiamo e cantiamo con te:
Si bo t'screve'm
M’ta screve'b
Si bo t'squece'm
M’ta squece'b
Até dia
Ke bo volta
venerdì 16 dicembre 2011
Chine: Un conflit foncier provoque des émeutes dans le sud du pays
REUTERS Mis à jour le 13.11.11 à 18h06
Des villageois du sud de la Chine, armés de barres et de pierres, s'en sont pris à une zone industrielle pour protester contre la vente de certaines de leurs terres sans qu'ils touchent de compensation financière, ont rapporté dimanche la police et des médias chinois.
L'émeute s'est produite samedi à Zhongshan, dans la province du Guangdong, où les rizières ont reculé face à l'implantation d'usines. Les violences ont été réprimées par la police, qui a interpellé les meneurs présumés, ont indiqué les autorités.
En Chine, la majeure partie des terres agricoles relèvent, en théorie, de la propriété collective des villageois, mais dans la réalité, ce sont les autorités gouvenementales qui contrôlent le sort de ces terres, ce qui donne lieu fréquemment à des conflits fonciers.
En septembre, des milliers d'habitants de Lufeng, dans la province de Guangdong, ont provoqué des émeutes et mis à sac des bâtiments officiels, en protestant contre des réquisitions de terres par les autorités.
Reuters
Des villageois du sud de la Chine, armés de barres et de pierres, s'en sont pris à une zone industrielle pour protester contre la vente de certaines de leurs terres sans qu'ils touchent de compensation financière, ont rapporté dimanche la police et des médias chinois.
L'émeute s'est produite samedi à Zhongshan, dans la province du Guangdong, où les rizières ont reculé face à l'implantation d'usines. Les violences ont été réprimées par la police, qui a interpellé les meneurs présumés, ont indiqué les autorités.
En Chine, la majeure partie des terres agricoles relèvent, en théorie, de la propriété collective des villageois, mais dans la réalité, ce sont les autorités gouvenementales qui contrôlent le sort de ces terres, ce qui donne lieu fréquemment à des conflits fonciers.
En septembre, des milliers d'habitants de Lufeng, dans la province de Guangdong, ont provoqué des émeutes et mis à sac des bâtiments officiels, en protestant contre des réquisitions de terres par les autorités.
Reuters
Limes – Rallar la cancha
Un 2011 molto particolare si sta chiudendo. Si era aperto con le speranze suscitate dagli eventi nel Maghreb: popolazioni per la prima volta si rivoltavano in Tunisia e in Egitto, molti giovani, donne, per strada a dire la loro su come portar avanti la vita pubblica nel loro paese. Mesi di speranza e di letture interessanti: ricordiamoci l’arrivo in Italia del pamphlet Indignatevi!, che tanto aveva scosso la Francia pochi mesi prima.
Ma giá a marzo di quest’anno la FAO lanciava un appello sul rischio di una nuova crisi alimentare nel mondo. Le tensioni sui prezzi delle principali commodities agricole sono continuate con speculazioni che anche adesso,a fine anno, ci fanno predire che il prossimo sará un anno ancora imprevedibile su questo tema, con gli ovvi riscontri in termini di possibili conflittualitá interne in molti paesi legate ai fenomeni di land grabbing ed altro che ho giá descritto in precedenti posts.
La lettura, nel mese di aprile, del libro di Erri de Luca e Danilo de Marco sulle rivolte inestirpabili voleva essere un segnale di speranza, cosí come lo era stata la preghiera laica di Frei Betto pubblicata il 10 gennaio; ma poi pian piano il triste realismo riprese il sopravvento: le rivoluzioni producono l’arrivo di regimi islamici (Tunisia) o militari (Egitto), le nuove insurrezioni sembrano sempre piú o teleguidate da fuori (Libia) .. e insomma ci pensi su…
Guardi altrove, vai al cinema, cerchi da qualche parte l’energia per tirarti su, per ricaricare le batterie tue e di chi ti legge e magari anche condivide le stesse pene. Ma cosa troviamo? La World Company (come anticipato dai Guignols de l’Info (http://fr-fr.facebook.com/pages/la-world-company-des-guignols-de-linfo/383564650626) ?
Ecco, potremmo dire che si sta facendo sempre piú chiaro che qualcosa sopra di noi abbia disegnato il nostro Limes, il limite all’interno del quale possiamo giocare e farci le notre pere di lotta e libertá; la cancha è stata rallada e le regole sono state dettate, ovviamente da chi sta sopra. Nel mondo del lavoro Marchionne chiarisce ogni giorno meglio chi comanda, e gli altri, sindacati, partiti di sinistra etc. semplicemente prendono atto. Nel sud del mondo, quando i piú deboli pensavano di esser riusciti a guadagnarsi uno strapuntino in prima fila (tipo Bolivia) poi devono rendersi conto che ci sono sempre interessi superiori, che rimano sempre con soldi ed energia, e che i loro territori, la biodiversitá, la cultura e tutto il resto, erano solo promesse e che se non stanno zitti gli mandano pure la polizia per calmarli.
Dentro il territorio tracciato per noi, pian piano si cominciano ad avvelenare i pozzi della convivenza civile. Odio e razzismo sta diventando il pane comune: ricorderemo la strage in Norvegia, ma anche i nostri morti recenti (Torino e Firenze) e dico nostri, nel senso di appartenenza alla nostra stessa razza umana, anche se di colore diverso, quel colore che spiace tanto ai partiti xenofobi e razzisti al potere in sempre piú paesi.
Vorremmo tanto tiraci su il morale con le occupazioni di Wall Street, e anch’io partecipo: poi peró penso che il giorno che queste occupazioni le avremo al sud del mondo e che le rivolte tipo quella in corso a Zhongshan nella provincia dello Guangdong in Cina riusciranno sul serio a fermare non solo le polizie che vengono a sbattere in galera chi manifesta, ma anche e soprattutto i meccanismi finanziari, ecco quel giorno là potremo festeggiare sul serio. Ma quel giorno non è ancora scritto nel calendario, né 2011 né, temo, 2012.
Un anno triste, perché se n’è andato Malangatana, il piú grande artista Mozambicano e uno dei piú grandi artisti africani.
Abbiamo sempre meno spazio, e non perché stiamo diventando piú numerosi, ma perché i meccanismi di convivenza civile funzionano sempre meno. Non ci parliamo piú, non andiamo piú verso gli altri, tanto siamo presi da mille altre urgenze.
Approfittiamo dei giorni che vengono da qui a fine anno e facciamo una pausa: dedichiamo un po’di tempo solo a riflettere su cosa è stato quest’anno per noi, dentro di noi, ma anche noi e gli altri, cosa abbiamo saputo dare agli altri, quanto tempo siamo riusciti a liberare per guardarci attorno, fare un gesto d’amore verso qualcun altro. Ripartire da noi stessi e dai nostri rapporti piú semplici, amici e vicini e colleghi per rifare comunitá (piccola) e pian piano societá. Insomma facciamo in modo che il 2012 non sia quello che si annuncia, un anno bisesto e quindi funesto, ma sia un anno dove ritroviamo la speranza. Dipende da noi …
Ma giá a marzo di quest’anno la FAO lanciava un appello sul rischio di una nuova crisi alimentare nel mondo. Le tensioni sui prezzi delle principali commodities agricole sono continuate con speculazioni che anche adesso,a fine anno, ci fanno predire che il prossimo sará un anno ancora imprevedibile su questo tema, con gli ovvi riscontri in termini di possibili conflittualitá interne in molti paesi legate ai fenomeni di land grabbing ed altro che ho giá descritto in precedenti posts.
La lettura, nel mese di aprile, del libro di Erri de Luca e Danilo de Marco sulle rivolte inestirpabili voleva essere un segnale di speranza, cosí come lo era stata la preghiera laica di Frei Betto pubblicata il 10 gennaio; ma poi pian piano il triste realismo riprese il sopravvento: le rivoluzioni producono l’arrivo di regimi islamici (Tunisia) o militari (Egitto), le nuove insurrezioni sembrano sempre piú o teleguidate da fuori (Libia) .. e insomma ci pensi su…
Guardi altrove, vai al cinema, cerchi da qualche parte l’energia per tirarti su, per ricaricare le batterie tue e di chi ti legge e magari anche condivide le stesse pene. Ma cosa troviamo? La World Company (come anticipato dai Guignols de l’Info (http://fr-fr.facebook.com/pages/la-world-company-des-guignols-de-linfo/383564650626) ?
Ecco, potremmo dire che si sta facendo sempre piú chiaro che qualcosa sopra di noi abbia disegnato il nostro Limes, il limite all’interno del quale possiamo giocare e farci le notre pere di lotta e libertá; la cancha è stata rallada e le regole sono state dettate, ovviamente da chi sta sopra. Nel mondo del lavoro Marchionne chiarisce ogni giorno meglio chi comanda, e gli altri, sindacati, partiti di sinistra etc. semplicemente prendono atto. Nel sud del mondo, quando i piú deboli pensavano di esser riusciti a guadagnarsi uno strapuntino in prima fila (tipo Bolivia) poi devono rendersi conto che ci sono sempre interessi superiori, che rimano sempre con soldi ed energia, e che i loro territori, la biodiversitá, la cultura e tutto il resto, erano solo promesse e che se non stanno zitti gli mandano pure la polizia per calmarli.
Dentro il territorio tracciato per noi, pian piano si cominciano ad avvelenare i pozzi della convivenza civile. Odio e razzismo sta diventando il pane comune: ricorderemo la strage in Norvegia, ma anche i nostri morti recenti (Torino e Firenze) e dico nostri, nel senso di appartenenza alla nostra stessa razza umana, anche se di colore diverso, quel colore che spiace tanto ai partiti xenofobi e razzisti al potere in sempre piú paesi.
Vorremmo tanto tiraci su il morale con le occupazioni di Wall Street, e anch’io partecipo: poi peró penso che il giorno che queste occupazioni le avremo al sud del mondo e che le rivolte tipo quella in corso a Zhongshan nella provincia dello Guangdong in Cina riusciranno sul serio a fermare non solo le polizie che vengono a sbattere in galera chi manifesta, ma anche e soprattutto i meccanismi finanziari, ecco quel giorno là potremo festeggiare sul serio. Ma quel giorno non è ancora scritto nel calendario, né 2011 né, temo, 2012.
Un anno triste, perché se n’è andato Malangatana, il piú grande artista Mozambicano e uno dei piú grandi artisti africani.
Abbiamo sempre meno spazio, e non perché stiamo diventando piú numerosi, ma perché i meccanismi di convivenza civile funzionano sempre meno. Non ci parliamo piú, non andiamo piú verso gli altri, tanto siamo presi da mille altre urgenze.
Approfittiamo dei giorni che vengono da qui a fine anno e facciamo una pausa: dedichiamo un po’di tempo solo a riflettere su cosa è stato quest’anno per noi, dentro di noi, ma anche noi e gli altri, cosa abbiamo saputo dare agli altri, quanto tempo siamo riusciti a liberare per guardarci attorno, fare un gesto d’amore verso qualcun altro. Ripartire da noi stessi e dai nostri rapporti piú semplici, amici e vicini e colleghi per rifare comunitá (piccola) e pian piano societá. Insomma facciamo in modo che il 2012 non sia quello che si annuncia, un anno bisesto e quindi funesto, ma sia un anno dove ritroviamo la speranza. Dipende da noi …
mercoledì 14 dicembre 2011
Andar per Monti e per valli
Giusto una piccola nota per ricordarmi che la credibilitá internazionale di Monti non era tanto dovuta alle sue varie cariche universitarie od altro, ma al fatto che, quando si era trovato, come Commissario europeo alla concorrenza, di fronte a mega compagnie come la Microsoft, non aveva calato i pantaloni come di solito fanno tutti, infliggendo una multa non di poco conto.
Con questo argomento, la sua immagine di liberale sul serio e non come quelle macchiette che abbiamo avuto al governo negli ultimi tempi, aveva guadagnato molti punti, facendolo accettare anche in settori di sinistra non proprio felici di ritrovarsi, ancora una volta, a dover dare una mano a rimettere a posto i conti che una destra sfascista e sfacciata aveva mandato a rotoli.
Le prime parole ed azioni avevano fatto ben sperare, e c’era chi giá pensava che il proverbiale “il buongiorno si vede dal mattino”, si potesse sul serio applicare anche in questo caso. Poi uno va a vedere Il Mattino, nel senso del giornale, e legge: “I taxi si salvano dalla liberalizzazione. «Il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea» viene escluso «dall'ambito di applicazione» dalle misure di liberalizzazione delle attività economiche previste dall'articolo 34 della manovra. Lo prevede un emendamento del governo presentato alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera”. A quel punto uno capisce che o l’Italia è un paese molto particolare, dove una casta di tassisti ha piú forza della Microsoft (in quel caso dovremmo usarli, i tassisti, come testa di ponte per conquistare i mercati esteri, imporci sull’America e sulla Cina grazie al loro potere di lobbying) oppure piú prosaicamente anche Monti “tiene famiglia” e quindi dopo tante chiacchere stiamo a zero.
Ma siccome sono uno di testa dura sono andato a leggere il pacchetto di proposte (dato che la settimana scorsa ero all’estero) e alla fine ho dato una scorsa al blog di M. Gramellini giornalista della Stampa che vi invito a leggere dato che avrei tendenza a sottoscriverlo in toto:
Il decreto Petrolini
Quante lauree in originalità economica bisogna prendere per avere l’ideona di tappare i buchi dello Stato aumentando la benzina?
Perché in tutto il mondo i diritti televisivi costano miliardi, mentre in Italia le frequenze sono come i biglietti dei vip: omaggio?
A quale titolo il bar di un oratorio continua a non pagare l'Ici? Forse distribuisce cocacola santa?
Come mai neppure i bocconiani ci permetteranno di scaricare la fattura dell’idraulico, affinché noi ci si senta finalmente motivati a pretenderla?
La vecchina che va nella sede più vicina del sindacato a lamentarsi che le hanno congelato la pensione e raddoppiato l'imposta sulla casa, è al corrente che per quella sede il sindacato non paga un euro d’Ici?
L’Europa ci ha chiesto di alzare l’età pensionabile e noi lo abbiamo fatto. Però l’Europa ci ha anche chiesto di ridurre i privilegi di tutte le caste: perché non lo abbiamo fatto?
Un tetto di 5000 euro alle pensioni d’oro di politici e alti funzionari pubblici quante pensioni di piombo avrebbe permesso di salvare?
Com’è che diceva il padre di tutti i fiorelli, Ettore Petrolini?
Ecco, qui almeno ho la risposta: «Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti».
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1098&ID_sezione=56
Con questo argomento, la sua immagine di liberale sul serio e non come quelle macchiette che abbiamo avuto al governo negli ultimi tempi, aveva guadagnato molti punti, facendolo accettare anche in settori di sinistra non proprio felici di ritrovarsi, ancora una volta, a dover dare una mano a rimettere a posto i conti che una destra sfascista e sfacciata aveva mandato a rotoli.
Le prime parole ed azioni avevano fatto ben sperare, e c’era chi giá pensava che il proverbiale “il buongiorno si vede dal mattino”, si potesse sul serio applicare anche in questo caso. Poi uno va a vedere Il Mattino, nel senso del giornale, e legge: “I taxi si salvano dalla liberalizzazione. «Il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea» viene escluso «dall'ambito di applicazione» dalle misure di liberalizzazione delle attività economiche previste dall'articolo 34 della manovra. Lo prevede un emendamento del governo presentato alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera”. A quel punto uno capisce che o l’Italia è un paese molto particolare, dove una casta di tassisti ha piú forza della Microsoft (in quel caso dovremmo usarli, i tassisti, come testa di ponte per conquistare i mercati esteri, imporci sull’America e sulla Cina grazie al loro potere di lobbying) oppure piú prosaicamente anche Monti “tiene famiglia” e quindi dopo tante chiacchere stiamo a zero.
Ma siccome sono uno di testa dura sono andato a leggere il pacchetto di proposte (dato che la settimana scorsa ero all’estero) e alla fine ho dato una scorsa al blog di M. Gramellini giornalista della Stampa che vi invito a leggere dato che avrei tendenza a sottoscriverlo in toto:
Il decreto Petrolini
Quante lauree in originalità economica bisogna prendere per avere l’ideona di tappare i buchi dello Stato aumentando la benzina?
Perché in tutto il mondo i diritti televisivi costano miliardi, mentre in Italia le frequenze sono come i biglietti dei vip: omaggio?
A quale titolo il bar di un oratorio continua a non pagare l'Ici? Forse distribuisce cocacola santa?
Come mai neppure i bocconiani ci permetteranno di scaricare la fattura dell’idraulico, affinché noi ci si senta finalmente motivati a pretenderla?
La vecchina che va nella sede più vicina del sindacato a lamentarsi che le hanno congelato la pensione e raddoppiato l'imposta sulla casa, è al corrente che per quella sede il sindacato non paga un euro d’Ici?
L’Europa ci ha chiesto di alzare l’età pensionabile e noi lo abbiamo fatto. Però l’Europa ci ha anche chiesto di ridurre i privilegi di tutte le caste: perché non lo abbiamo fatto?
Un tetto di 5000 euro alle pensioni d’oro di politici e alti funzionari pubblici quante pensioni di piombo avrebbe permesso di salvare?
Com’è che diceva il padre di tutti i fiorelli, Ettore Petrolini?
Ecco, qui almeno ho la risposta: «Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti».
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1098&ID_sezione=56
martedì 13 dicembre 2011
Dismissione terre demaniali- Un grave danno all'agricoltura e al territorio - anche FEDERTREK è al fianco della rete dei contadini.
ricevo e volentieri pubblico
Nel link che segue trovate l'articolo 7 della Legge di Stabilità sul quale bisogna fare molta sensibilizzazione in quanto apre il fronte a scenari preoccupanti. Purtroppo le Regioni già si stanno muovendo per predisporre gli elenchi dei terreni da dismettere. La terra deve essere data in dotazione ai giovani e non dismessa per poi con cambio di destinazione d'uso farla diventare edificabile. La volontà precisa di fare cassa da parte dello Stato è insita nel fatto che il plusvalore che verrà fuori dal futuro cambio di destinazione d'uso andrà, ovviamente, in parte allo Stato; immaginate quanti giovani potranno acquistare a trattativa privata 20 ettari al costo di 400.000 euro o quanti potranno partecipare al bando per appezzamenti superiori. . Le terre vanno date in gestione con comodato d'uso ai giovani e non svendute ed alienate, solo così si rilancia l'agricoltura di qualità ed il presidio territoriale ,soprattutto nelle terre abbandonate o marginali. La cosa più grave è che si consente questo anche nelle aree protette; il fatto che ci vuole il parere degli Enti di Gestione non è che preservi automaticamente.
http://www.altalex.com/index.php?idnot=15820#_Toc308949460
Quello che leggete nel link che segue è il giudizio positivo del Presidente della Coldiretti. Quella della Coldiretti è una posizione molto grave perchè nasconde completamente il risvolto del cambio di destinazione d'uso. Altra posizione veramente incomprensibile e sulla quale come FEDERTREK siamo molto interessati a dare battaglia, è la posizione sulla rete dei tratturi che rappresentano un pezzo importantissimo di storia con grosse potenzialità dal punto di vista del turismo escursionistico.
http://www.vita.it/news/view/114943
La FEDERTREK farà rete con tutte quelle associazioni che si stanno mobilitando per chiedere al Governo di rivedere l'art. 7 della legge 183 del 12 novembre 2011
Paolo Piacentini
Presidente Nazionale FEDERTREK
Nel link che segue trovate l'articolo 7 della Legge di Stabilità sul quale bisogna fare molta sensibilizzazione in quanto apre il fronte a scenari preoccupanti. Purtroppo le Regioni già si stanno muovendo per predisporre gli elenchi dei terreni da dismettere. La terra deve essere data in dotazione ai giovani e non dismessa per poi con cambio di destinazione d'uso farla diventare edificabile. La volontà precisa di fare cassa da parte dello Stato è insita nel fatto che il plusvalore che verrà fuori dal futuro cambio di destinazione d'uso andrà, ovviamente, in parte allo Stato; immaginate quanti giovani potranno acquistare a trattativa privata 20 ettari al costo di 400.000 euro o quanti potranno partecipare al bando per appezzamenti superiori. . Le terre vanno date in gestione con comodato d'uso ai giovani e non svendute ed alienate, solo così si rilancia l'agricoltura di qualità ed il presidio territoriale ,soprattutto nelle terre abbandonate o marginali. La cosa più grave è che si consente questo anche nelle aree protette; il fatto che ci vuole il parere degli Enti di Gestione non è che preservi automaticamente.
http://www.altalex.com/index.php?idnot=15820#_Toc308949460
Quello che leggete nel link che segue è il giudizio positivo del Presidente della Coldiretti. Quella della Coldiretti è una posizione molto grave perchè nasconde completamente il risvolto del cambio di destinazione d'uso. Altra posizione veramente incomprensibile e sulla quale come FEDERTREK siamo molto interessati a dare battaglia, è la posizione sulla rete dei tratturi che rappresentano un pezzo importantissimo di storia con grosse potenzialità dal punto di vista del turismo escursionistico.
http://www.vita.it/news/view/114943
La FEDERTREK farà rete con tutte quelle associazioni che si stanno mobilitando per chiedere al Governo di rivedere l'art. 7 della legge 183 del 12 novembre 2011
Paolo Piacentini
Presidente Nazionale FEDERTREK
sabato 10 dicembre 2011
Paraguay: Considerazioni finali
Siamo in partenza per l'aeroporto e gli ultimi pensieri vengono da soli, soprattutto dopo l'ultima intervista con Milda. Paraguay, una società ancora drammaticamente chiusa, con una gerrachia cattolica paurosa del futuro, che non accetta divorzio, omosessualità, che fra i senzaterra e i latifondisti sceglie ancora quest'ultimi.
In un paese cattolico come questo, un potere come quello della chiesa pesa molto e malgrado il fatto che il Presidente venga da li non bisogna confondere le cose. Sono e restano un freno alla modernizzazione del paese. Poi abbiamo l'antica aristocrazia agraria degli allevatori. Hanno occupato lo spazio politico per decenni senza un'idea di Stato, di modernizzazione, solo pura e semplice occupazione territoriale di tutto: dalle risorse naturali al potere economico, militare e finanziario.
I risultati si sono visti, con lo sparire del Paraguay dalla mappa mondiale. La prima scossa l'hanno data i modernizzatori impresariali, che hanno bisogno, per andare avanti, di sopravvivere in una dimensione che va ben al di la delle misere frontiere dove si erano rinchiusi gli strosseristi. Una modernizzazione come tante altre, indotta dalla globalizzazione, quindi di stampo prettamente conservatore e di cui hanno fatto le spese sempre le classi più povere.
Da quel risveglio, che ha necessitato buttare fuori l'antico dittatore per cercare di sostituire la persona ma mantere il sistema, modernizzandolo un po, via un patto allevatori-impresari, sono venute quelle lotte e quell'inizio di coscienza civile che ha portato al Cambio del 2008.
Non bisogna farsi troppe illusioni. Anche se le strade fra impresari delle commodities e gli allevatori sono divergenti nel medio lungo periodo, nel breve fanno ancora casa comune, appoggiandosi alla chiesa, per cui le reali possibilità di una democratizzazione e non solo modernizzazione sono tenui.
Esiste tuttavia un piccolo fuoco di speranza, dovuto proprio al meccanismo interno di questa globalizzazione: si tratta della distruzione massiccia di posti di lavoro, evidentissima nel settore agrario. Sostituire l'agricoltura familiare con quella di commodities vuol dire un salto tecnologico e finanziario verso mondi ancora non del tutto esplorati, ma vuol dire innanzitutto taglaire lavoro alla gente. La dove una macchina riesce a lavorare centinaia di ettari e le raccolte si fanno su dimensioni di tre zeri di ettari, l'equivalenza va con gli stessi numeri in posti di lavoro persi.
Ci fossero alternative urbane magari un equilibrio si potrebbe trovare. Ma qui non c'è nulla, il deserto assoluto dato che non è mai stato costruito nulla. E dal nulla esce solo la violenza, la paura urbana che, essendo la classe agiata essenzialmente residente nel paese, si troverà prima o dopo a fare i conti con questi problemi. Già si vede l'aumento della conflittualità e gli annunci sgangherati dei giornali dell'opposizione denunciare un clima sempre più violento, cosa che non corrisponde assolutamente alle nostre osservazioni; ma è un segnale, che il virus della paura gli sta entrando dentro. Ovviamente pensano alla soluzione poliziale o militare, agitando spettri di Eserciti Popolari di terroristi che aleggiano nella zona di San Pedro e che bisogna controllare con i militari. Ma sono fole; non si controlla (per lungo tempo almeno) la dinamica sociale con la forza. E se avessero mangiato un po più di proteine capirebbero che un governo come questo, che gli sta facendo fare soldi a palate, è l'unica possibilità per governare la barca Paraguay senza andare incontro a conflitti ben maggiori. Ma sperare che gli eroi di Moliere accettino di liberarsi di una parcella, seppur minima, del loro tesoro, sembra quasi Mission Impossible.
Imbarchiamo.
In un paese cattolico come questo, un potere come quello della chiesa pesa molto e malgrado il fatto che il Presidente venga da li non bisogna confondere le cose. Sono e restano un freno alla modernizzazione del paese. Poi abbiamo l'antica aristocrazia agraria degli allevatori. Hanno occupato lo spazio politico per decenni senza un'idea di Stato, di modernizzazione, solo pura e semplice occupazione territoriale di tutto: dalle risorse naturali al potere economico, militare e finanziario.
I risultati si sono visti, con lo sparire del Paraguay dalla mappa mondiale. La prima scossa l'hanno data i modernizzatori impresariali, che hanno bisogno, per andare avanti, di sopravvivere in una dimensione che va ben al di la delle misere frontiere dove si erano rinchiusi gli strosseristi. Una modernizzazione come tante altre, indotta dalla globalizzazione, quindi di stampo prettamente conservatore e di cui hanno fatto le spese sempre le classi più povere.
Da quel risveglio, che ha necessitato buttare fuori l'antico dittatore per cercare di sostituire la persona ma mantere il sistema, modernizzandolo un po, via un patto allevatori-impresari, sono venute quelle lotte e quell'inizio di coscienza civile che ha portato al Cambio del 2008.
Non bisogna farsi troppe illusioni. Anche se le strade fra impresari delle commodities e gli allevatori sono divergenti nel medio lungo periodo, nel breve fanno ancora casa comune, appoggiandosi alla chiesa, per cui le reali possibilità di una democratizzazione e non solo modernizzazione sono tenui.
Esiste tuttavia un piccolo fuoco di speranza, dovuto proprio al meccanismo interno di questa globalizzazione: si tratta della distruzione massiccia di posti di lavoro, evidentissima nel settore agrario. Sostituire l'agricoltura familiare con quella di commodities vuol dire un salto tecnologico e finanziario verso mondi ancora non del tutto esplorati, ma vuol dire innanzitutto taglaire lavoro alla gente. La dove una macchina riesce a lavorare centinaia di ettari e le raccolte si fanno su dimensioni di tre zeri di ettari, l'equivalenza va con gli stessi numeri in posti di lavoro persi.
Ci fossero alternative urbane magari un equilibrio si potrebbe trovare. Ma qui non c'è nulla, il deserto assoluto dato che non è mai stato costruito nulla. E dal nulla esce solo la violenza, la paura urbana che, essendo la classe agiata essenzialmente residente nel paese, si troverà prima o dopo a fare i conti con questi problemi. Già si vede l'aumento della conflittualità e gli annunci sgangherati dei giornali dell'opposizione denunciare un clima sempre più violento, cosa che non corrisponde assolutamente alle nostre osservazioni; ma è un segnale, che il virus della paura gli sta entrando dentro. Ovviamente pensano alla soluzione poliziale o militare, agitando spettri di Eserciti Popolari di terroristi che aleggiano nella zona di San Pedro e che bisogna controllare con i militari. Ma sono fole; non si controlla (per lungo tempo almeno) la dinamica sociale con la forza. E se avessero mangiato un po più di proteine capirebbero che un governo come questo, che gli sta facendo fare soldi a palate, è l'unica possibilità per governare la barca Paraguay senza andare incontro a conflitti ben maggiori. Ma sperare che gli eroi di Moliere accettino di liberarsi di una parcella, seppur minima, del loro tesoro, sembra quasi Mission Impossible.
Imbarchiamo.
Paraguay: un Homenaje
Las palabras son robadas, y le pido disculpa, al grande Pablo Milanes.
Dedico esta canción a todos aquellos
que alguna vez se sintieron lejos estando
tan cerca
Quizás el tiempo pueda decir si al fin regresaré
Y lo pienso en Inglés, acaso en Español
Lo grito hasta en francés ¿Quién soy?
Un homenaje para tu ausencia
Lo llenas todo con tu presencia
Acabamos ahora las tomas y entrevistas del video asi como nuestra mision a Paraguay. No hay tiempo para filtrar las emociones porque es muy tarde y el cansancio te toma rapido despues de una semana de tensiones. Queria dedicarle estas palabras a todos los amigos y colegas que nos han apoyado en estos dias, a las emociones que han despertado y a los suenhos compartidos.
La lucha sera dura, pensar de cambiar un pais que ha estado encerrado durante siglos en una cosa de locos. Pero hay algunos que lo piensan y se han venido metiendo la camiseta. Uno es seguramente Andres, el viceministro que està hablando en esta foto. Quiero darle un saludo particular a Gloria, la ministra de la secretaria de la mujer, a mi derecha en la foto, una luchadora sin presupuesto y casi sin gente pero que sigue metiendole una energia del carajo. Romualdo (en la foto con el vice) cada dia mas se esta ganando un espacio de confianza en el tema de la regularizacion de tierra, un tema que nadie se ha atrevido a tocar antes en el pais. Se necesitaran anhos, y muchos, pero un dia los resultados estaran alli, y nadie se recordara de donde vinieron, por eso que hay que agradecerlo desde ahora.Valter acaba de entrar en este samba, y no tengo dudas que sera un gran aporte debido a la gran experiencia que ha tenido.
El anho que viene sera anho duro, de lucha, contra unos poderes muy furtes, que no quieren sueltar nada. Poco piensan que haya condiciones para afirmar acciones estructurantes por parte del gobierno y que este mismo gobierno simil-Prodi tenga la capacidad de ir abriendo una mesa de dialogo con los sectores empresariales sobre los asuntos de tierra. Nosotros salimos creyendo que todavia algo sea posible.
Y por eso venimos ...
venerdì 9 dicembre 2011
Paraguay: proxima etapa San Pedro, la zona caliente
El otro dia nos fuimos al departamento de San Pedro, un territorio caracterizado
históricamente por la presencia de grandes propiedades de explotación forestal y ganadera, intercaladas entre colonias de familias campesinas. Este es el nuevo territorio de la soja, mientras que la agricultura campesina se configura como la “zona campesina en crisis”.
Por eso fuimos a entrevistarnos con el gobernador Jorge "Pakowa" Ledesma (foto), a visitar unos asentamientos para ver de cerca como viven y producen los asentados de la reforma agraria. Todo esto para que el video en preparacion sea cuanto mas completo y objectivo.
El sur del departamento, donde fuimos, es una zona de agricultura familiar, tranquila, porque la frontera con la soja todavia no ha llegado. La zona norte al reves es una zona complicada donde los conflictos se da con mucha frecuencia y donde resulta esencial implementar mecanismos de dialogo. Esta situacion es oriunda de la entrega de tierras a colonos brasileños promovida por la dictadura de Alfredo Stroessner (1954-1989), quien buscó en Brasil un socio que equilibrara la dependencia paraguaya de Argentina, así como la duplicidad de títulos de propiedad en una nación que no ha conseguido eliminar las prácticas corruptas.
mercoledì 7 dicembre 2011
Paraguay: Does anybody know what we are looking for?
Siamo in piena fase di interviste e girare su varie locations. Massi sul tettuccio della macchina alla ricerca della soya transgenica che si vedeva lontano. Carolina dopo l'intervista fatta a Simona Cavazutti, presidente delle cooperative dell'Alto Paranà, zona di brasiguayos, di soya e di molte cooperative.
La domanda che appare nel titolo, presa dal sacro testo dei Queen, The Show Must Go On, chiede se qualcuno sappia cosa stiamo cercando. Ricordo solo che, mentre sto qui al Grand Hotel del Paraguay a scrivere questo sfogo, in questo stesso albergo, l'ultima volta che ci sono stato, era ospite Viggo Mortensen (foto), l'Aragom del Signore degli Anelli: anche lui, oltre ad essere un attore conosciutissimo, è innanzitutto un uomo che si interroga, un poeta, un artista che cerca negli altri l'altro se stesso.
Forse anche noi, attraverso questo video girato in un paese così lontano, stiamo cercando non solo di capire loro, i paraguagi, ma anche noi stessi, cosa ci spinge ad andare avanti nella ricerca di far qualcosa di utile agli altri.
Forse è il nostro Genius, il dio a cui ciascun uomo viene affidato in tutela al momento della nascita, che ci comanda di essere come siamo e fare quel che facciamo: nel profondo degli sforzi di una società che vuol cambiare, verso un futuro migliore, forse anche noi, via il nostro Genius, stiamo cercando quella strada, per noi e per chi come noi ha ancora la fiamma della speranza accesa.
martedì 6 dicembre 2011
Paraguay: la importancia de documentar lo que estamos haciendo
Paraguay es un paìs de alta concentracion de la tierra. Segun el Censo de 2008 el número total de fincas fue de 289.649 de las cuales 241.956 fincas poseían menos de 20ha. de superficie. Es decir, el 84% de las fincas corresponde al estrato de la Agricultura Familiar (AF) en lo que respecta a la superficie de la finca.
Considerando el periodo 1991-2008 (datos disponibles) el 78% de las fincas que salieron del mercado en el periodo analizado corresponde a la agricultura familiar.
Solo el 15% de los productores con una superficie de finca menor de 20 ha. tiene acceso al crédito. Con respecto al nivel de organización, menos del 30 % de los agricultores familiares se encuentra organizado
Contrariamente a la reducción del número de fincas, la superficie total de las fincas se incremento de 23.8 millones de ha. a 31 millones de ha., lo cual indica que actualmente existe un menor número de unidades productivas con una mayor superficie de producción. En efecto, el tamaño promedio de las fincas paso de 78 ha. a 107 ha. en el periodo mencionado.
Estas cifras confirman que el sector primario en el Paraguay avanza en el mismo sentido de los cambios estructurales observados en el ámbito internacional agrícola, donde existe una fuerte tendencia a la consolidación de la producción: un pequeño número de productores genera la mayor parte de la producción.
En términos relativos en el año 1991 el valor bruto de producción de la agricultura familiar representaba el 70% del valor bruto de producción agrícola (VBPA). Sin embargo, dicho valor se ha reducido al 30% en el año 2008, mientras que el 70% del VBPA es actualmente generado por la agricultura tipo “farmer”.
Frente aprecios internacionales de commodities que siguen siendo elevados, las presiones por parte de los grandes productores en seguir aumentando su superficie productiva va continuar y probablemente intensificandose. En este sentido, es probable que muchos pequeños agricultores cedan sus tierras bajo algunas formas (venta legal/ilegal, arriendo, comodato etc.), para constituirse un capital o un ingreso minimo anual. El no tener alternativas de trabajo una vez que salgan de la agricultura, van a aumentar el numero de lumpen que rodean las calles de las ciudades y de los barrios mas pobres.
La agricultura empresarial y/o de "farmer" funciona intensificando el uso del capital y de la tecnologia, lo que significa que elimina trabajo. Frente a una situacion de este tipo, es obvio que el gobierno debe preocuparse per crear opciones laborales, y en este sentido el fortalecimiento de la AF es una politica necesaria, porque es seguramente mas barata que cualquier otra opcion que implique recrear sistemas de vidas viables en las ciudades. Reforzar la AF tiene la ventaja de partir de familias que todavia estan en el campo, lo que significa una inversion comparada menor necesaria por parte del Estado.
Son razones sencillas como estas que nos hacen apoyar los esfuerzos gubernamentales en prol de una vision del desarrollo donde la variable economica no es la unica, centrandose en los ciudadanos y ciudadans del pais, sus necesidades y posibilidades.
Hace 3 años y medio que estamos en eso, y me parecio que hubiese llegado el momento de documentar estos esfuerzos, a traves d eun video que estamos preparando en estos dias. Con la ayuda de Massimiliano y Carolina, aqui en las fotos, estamos entrevistando varios actores, del gobierno, de los movimientos campesinos (aqui con Jorge Galeano del Movimiento Agrario Popular), del sector empresarial y especialistas internacionales, de manera a que sea posible conocer mas las posiciones de los distintos grupos, las dificultades y las acciones concretas que se estan implementando. Pocas o tantas que sean, esto no seremos nosotros a juzgarlo.
Los datos vienen del documento Competitividad de la Agricultura Familiar
en Paraguay, Jorge Gattini, CADEP 2011
http://idl-bnc.idrc.ca/dspace/bitstream/10625/47106/1/133481.pdf
lunedì 5 dicembre 2011
Paraguay: i primi passi della tartaruga
Oggi siamo stati tutto il giorno a Coronel Oviedo in un seminario organizzato dal ministero, per parlare assieme a varie organizzazioni contadine sullo stato di avanzamento delle azioni del governo, fare il punto con loro e discutere eventuali suggerimenti di priorità per il prossimo anno.
Si tratta di un esercizio di "ciudadania activa" al quale non erano abituati in Paraguay precedente. La politica prima si faceva come a Napoli ai temi di Lauro, promesse, piccoli regali, condizionamenti, tutto assieme in una confusione di ruoli e doveri dove chi tirava le fila erano ovviamente sempre gli stessi: militari, grandi famiglie e poche imprese. Sulla questione terra, che è centrale nel ritrovamento delle proprie radici storiche, non c'era ovviamente spazio per organizzazioni contadine o cose del genere. Solo verso la fine del regime incominciarono a crearsi spazi ma, come vediamo anche noi dopo 3 anni e mezzo che accompagnamo questo governo, i cambiamenti culturali necessitano di tempi adeguati.
Non dico lunghi, perchè questo implica un giudizio di valore che non spetta a me portare. Ma sicuramente tempi che vanno al di la di uno o due anni.
Per questo questi esercizi cittadini, di parlare ed ascoltare, di criticare ma in uno spirito di esercitarsi al dialogo, hanno un'importanza che sembra poca o nulla nell'immediato, ma che invece risulteranno beneficiosi nel medio lungo periodo. Imparare l'esercizio dei diritti di cittadinanza, capire che la relazione del cittadino allo Stato non è solo subordinazione, ma che bisogna crescere nel rispetto di diritti e doveri è fondamentale per ricostruire un Paraguay diverso.
Sarebbe la cosa ideale che anche i settori che più hanno contribuito allo svilimento istituzionale, i grandi allevatori latifondisti nonchè i settori impresariali comunemente raggruppatio sotto il comun denominatore della soia (e quindi sojeros), sentissero il bisogno di contribuire, pur nelle diversità di idee e progetti, a rimettere in piedi quelle istituzioni che hanno contribuito ad abbattere. Ne avrebbero il dovere nonchè l'interesse. Il Paraguay, come altri paesi, esce da un terremoto durato sessantun anni. Ricrearlo dal nulla lasciato dal regime precedente, per non dire dal sottozero dove si trova, servono energie, passioni, cittadini attivi... noi proviamo ad aiutarli, qui come altrove, e invitiamo anche gli altri a tirarsi su le maniche.
Nel giardino avanzava, lenta ma (abbastanza) sicurta, una tartaruga, che speriamo sia il simbolo del nostro cammino attuale: una corazza solida, un passo lento per cercare la strada più adeguata ... ma un passo dietro l'altro. Poi tutti pensano che in una gara di velocità fra lei e una lepre vianca la lepre, ma a volte non succede proprio così...
Nella foto una pausa con Valter e Tomas Palau per fare il punto fra di noi.
domenica 4 dicembre 2011
Encontrarse de vuelta, Bianchini - Groppo en Asuncion, Paraguay
Mucho tiempo ha pasado y ahora hemos vuelto a encontrarnos. En la mitad de los 90s logramos montar una equipa de trabajo en Brasil capaz de implementar en la practica los analisis de sistemas agrarios del Prof. Mazoyer. Diagnosticos locales y despues regionales de los territorios y su gente, sus productores familiares y sus limitantes.
Alianzas con Universidades y con organizaciones campesinas, ademas de contratar una serie de buenos especialistas de varias facetas del tema agrario. Todo esto se tradujo despues en politica, en particular el programa nacional de agricultura familiar (PRONAF) que poco a poco paso a ser conocido en el mundo intero.
Es una pena no haberle dado la debida importancia al tema comunicacional, hacer conocer la "squadra" que estuvo detras durante los largos tiempos necesarios para su puesta en marcha.
Despues Valter entro a trabajar con el gobierno Lula y, mas recientemente con el gobierno de su Estado. De ahora en adelante esperemos poder contar con su experiencia para que nos ayude a estructurar el apoyo tecnico que le estamos dando al gobierno de Paraguay, agricultura familiar, reforma agraria etc... muchas cosas y muchos temas dificiles... pero poco a poco vamos recompactando una equipa verdadera... asi que la esperanza sigue en pié.
sabato 3 dicembre 2011
Land conflicts, carbon piracy and violations of indigenous peoples’ rights: New report by Amazonian indigenous peoples exposes the reality of REDD+ in
riceviamo da FPP e volentieri pubblichiamo
A new report published today by Peruvian indigenous organisations, AIDESEP, FENAMAD and CARE, and international human rights organisation the Forest Peoples Programme (FPP), reveals the impact that REDD projects and programmes are already having on the lives of indigenous peoples. The reality of REDD+ in Peru: Between theory and practice - Indigenous Amazonian Peoples’ analyses and alternatives finds that REDD pilot projects run by some NGOs and companies are already undermining the rights of indigenous peoples, and are leading to carbon piracy and conflicts over land and resources. Persistent advocacy efforts by indigenous peoples’ organisations to secure respect for the fundamental rights of indigenous peoples have resulted in some government commitments to modify national REDD programmes financed by the World Bank. Nevertheless, solid guarantees for respect of these rights are yet to materialise.
Roberto Espinoza Llanos, coordinator of AIDESEP’s Climate Change Programme and one of the lead authors of the report, explains, “The commitments made by the previous government in 2011 were not made lightly, they were assumed by the State and approved in a global meeting of the World Bank’s FCPF [Forest Carbon Partnership Facility]. We hope that the present government and international entities like the World Bank will deliver on their promises to respect land and territorial rights. Continual monitoring will be necessary to make sure they keep their word.”
Carbon piracy
The AIDESEP-FPP report highlights how, without any form of regulation, carbon piracy is already rife in Peru. Project developers are roaming the jungle attempting to convince indigenous peoples and local communities to enter in to REDD deals with promises of millions of dollars in return for signing away their rights to control their land and forest carbon to third parties. Many deals are being conducted using strict confidentiality clauses and with no independent oversight or legal support for vulnerable communities. Some of these peoples are not yet fully literate in Spanish, but are being asked to sign complex commercial contracts in English that are subject to English law. Many communities have already come to regret some early deals made with carbon traders and NGOs, and are now attempting to extricate themselves. One leader from the community of Bélgica in South East Peru explained,
“...We were presented with a trust fund in which the community is obliged to hand over the administration of communal territory and be subject to the decisions of the developer for 30 years….this will not allow us to make decisions about our territory or plan for the future of our children.”
Land grabs
Many other communities have no secure land rights, as an estimated 20 million hectares of indigenous peoples’ customary territories in the Peruvian Amazon still possess no legal recognition (including those of isolated or ‘autonomous’ indigenous peoples). This is in violation of Peru’s international obligation to recognise and secure indigenous peoples’ traditional possession of their forest lands. At the same time, hundreds of formal requests for ‘conservation concessions’ (with the intention of establishing REDD projects) have been submitted to the government by private individuals and environmental NGOs. Many of these 'would be concessions' directly overlie indigenous peoples’ territories still awaiting legal recognition, thereby setting the stage for a state-backed land grab.
Conrad Feather, Project Officer for FPP and the report’s other lead author said, “REDD is not just a policy instrument being negotiated at the UN; unregulated REDD developments are already turning Peru into a centre of international carbon piracy and the site for a potential land grab of indigenous peoples’ territories on a massive scale. Urgent measures are needed to protect the lands and livelihoods of indigenous peoples.”
Indigenous alternatives to REDD+
Indigenous peoples’ organisations, however, are not only ringing alarm bells, they are also proposing alternatives. They are urging the new Peruvian government to re-think the forest and climate plans developed by their predecessors and use REDD funds to secure indigenous peoples’ forest territories and support community-based solutions to tackle climate change.
The report concludes that instead of squandering the money on unproven and unstable carbon markets, more modest and selective funding could be targeted to secure the land and territorial rights of indigenous peoples and support sustainable community forest management. These community and rights-based approaches are cost-effective and proven to protect forests. Community-based alternatives will not only reduce emissions from deforestation and keep forests standing but will also lead to poverty reduction, increased livelihood security and biodiversity conservation. In the words of Alberto Pizango Chota, President of AIDESEP, “Only in this way can REDD truly become an opportunity for indigenous peoples instead of a threat.”
The reality of REDD+ in Peru: Between Theory and Practice: Indigenous Amazonian Peoples’ analyses and alternatives is available for free download at: http://www.forestpeoples.org/the-reality-of-redd-plus-in-peru-indigenous-amazonian-peoples-analyses-and-alternatives
Forest Peoples Programme (FPP) is an international non-governmental human rights organisation working to support the rights of peoples who live in forests and depend on them for their livelihoods. http://www.forestpeoples.org For FPP climate and forests briefings: http://www.forestpeoples.org/topics/climate-forests
A new report published today by Peruvian indigenous organisations, AIDESEP, FENAMAD and CARE, and international human rights organisation the Forest Peoples Programme (FPP), reveals the impact that REDD projects and programmes are already having on the lives of indigenous peoples. The reality of REDD+ in Peru: Between theory and practice - Indigenous Amazonian Peoples’ analyses and alternatives finds that REDD pilot projects run by some NGOs and companies are already undermining the rights of indigenous peoples, and are leading to carbon piracy and conflicts over land and resources. Persistent advocacy efforts by indigenous peoples’ organisations to secure respect for the fundamental rights of indigenous peoples have resulted in some government commitments to modify national REDD programmes financed by the World Bank. Nevertheless, solid guarantees for respect of these rights are yet to materialise.
Roberto Espinoza Llanos, coordinator of AIDESEP’s Climate Change Programme and one of the lead authors of the report, explains, “The commitments made by the previous government in 2011 were not made lightly, they were assumed by the State and approved in a global meeting of the World Bank’s FCPF [Forest Carbon Partnership Facility]. We hope that the present government and international entities like the World Bank will deliver on their promises to respect land and territorial rights. Continual monitoring will be necessary to make sure they keep their word.”
Carbon piracy
The AIDESEP-FPP report highlights how, without any form of regulation, carbon piracy is already rife in Peru. Project developers are roaming the jungle attempting to convince indigenous peoples and local communities to enter in to REDD deals with promises of millions of dollars in return for signing away their rights to control their land and forest carbon to third parties. Many deals are being conducted using strict confidentiality clauses and with no independent oversight or legal support for vulnerable communities. Some of these peoples are not yet fully literate in Spanish, but are being asked to sign complex commercial contracts in English that are subject to English law. Many communities have already come to regret some early deals made with carbon traders and NGOs, and are now attempting to extricate themselves. One leader from the community of Bélgica in South East Peru explained,
“...We were presented with a trust fund in which the community is obliged to hand over the administration of communal territory and be subject to the decisions of the developer for 30 years….this will not allow us to make decisions about our territory or plan for the future of our children.”
Land grabs
Many other communities have no secure land rights, as an estimated 20 million hectares of indigenous peoples’ customary territories in the Peruvian Amazon still possess no legal recognition (including those of isolated or ‘autonomous’ indigenous peoples). This is in violation of Peru’s international obligation to recognise and secure indigenous peoples’ traditional possession of their forest lands. At the same time, hundreds of formal requests for ‘conservation concessions’ (with the intention of establishing REDD projects) have been submitted to the government by private individuals and environmental NGOs. Many of these 'would be concessions' directly overlie indigenous peoples’ territories still awaiting legal recognition, thereby setting the stage for a state-backed land grab.
Conrad Feather, Project Officer for FPP and the report’s other lead author said, “REDD is not just a policy instrument being negotiated at the UN; unregulated REDD developments are already turning Peru into a centre of international carbon piracy and the site for a potential land grab of indigenous peoples’ territories on a massive scale. Urgent measures are needed to protect the lands and livelihoods of indigenous peoples.”
Indigenous alternatives to REDD+
Indigenous peoples’ organisations, however, are not only ringing alarm bells, they are also proposing alternatives. They are urging the new Peruvian government to re-think the forest and climate plans developed by their predecessors and use REDD funds to secure indigenous peoples’ forest territories and support community-based solutions to tackle climate change.
The report concludes that instead of squandering the money on unproven and unstable carbon markets, more modest and selective funding could be targeted to secure the land and territorial rights of indigenous peoples and support sustainable community forest management. These community and rights-based approaches are cost-effective and proven to protect forests. Community-based alternatives will not only reduce emissions from deforestation and keep forests standing but will also lead to poverty reduction, increased livelihood security and biodiversity conservation. In the words of Alberto Pizango Chota, President of AIDESEP, “Only in this way can REDD truly become an opportunity for indigenous peoples instead of a threat.”
The reality of REDD+ in Peru: Between Theory and Practice: Indigenous Amazonian Peoples’ analyses and alternatives is available for free download at: http://www.forestpeoples.org/the-reality-of-redd-plus-in-peru-indigenous-amazonian-peoples-analyses-and-alternatives
Forest Peoples Programme (FPP) is an international non-governmental human rights organisation working to support the rights of peoples who live in forests and depend on them for their livelihoods. http://www.forestpeoples.org For FPP climate and forests briefings: http://www.forestpeoples.org/topics/climate-forests
"Mañana es la única utopía".
grazie a José Saramago per averlo scritto e a Paty Chiò per avermela mandata.
Dedicata a tutti voi che mi avete scritto in questi giorni: GRAZIE!
Dedicada a todos los que me han escrito en estos dìas: GRACIAS!
Frecuentemente me preguntan que cuántos años tengo...
¡Qué importa eso!.
Tengo la edad que quiero y siento.
La edad en que puedo gritar sin miedo lo que pienso.
Hacer lo que deseo, sin miedo al fracaso, o lo desconocido.
Tengo la experiencia de los años vividos y la fuerza de la
convicción de mis deseos.
¡Qué importa cuántos años tengo!.
No quiero pensar en ello.
Unos dicen que ya soy viejo y otros que estoy en el apogeo.
Pero no es la edad que tengo, ni lo que la gente dice, sino lo
que mi corazón siente y mi cerebro dicte.
Tengo los años necesarios para gritar lo que pienso, para hacer
lo que quiero, para reconocer yerros viejos, rectificar caminos
y atesorar éxitos.
Ahora no tienen por qué decir: Eres muy joven, no lo lograrás.
Tengo la edad en que las cosas se miran con más calma, pero
con el interés de seguir creciendo.
Tengo los años en que los sueños se empiezan a acariciar con los dedos,
y las ilusiones se convierten en esperanza.
Tengo los años en que el amor, a veces es una loca llamarada, ansiosa de consumirse en el fuego de una pasión deseada.
Y otras un remanso de paz, como el atardecer en la playa.
¿Qué cuántos años tengo? No necesito con un número marcar, pues mis anhelos alcanzados, mis triunfos obtenidos, las lágrimas que por el camino derramé al ver mis ilusiones rotas... valen mucho más que eso.
¡Qué importa si cumplo cuarenta, sesenta o noventa!.
Lo que importa es la edad que siento.
Tengo los años que necesito para vivir libre y sin miedos.
Para seguir sin temor por el sendero, pues llevo conmigo la experiencia adquirida y la fuerza de mis anhelos.
¿Qué cuantos años tengo? ¡Eso a quién le importa!.
Tengo los años necesarios para perder el miedo y hacer lo que quiero y siento.
José Saramago
Premio Nobel Literatura 1998.
Dedicata a tutti voi che mi avete scritto in questi giorni: GRAZIE!
Dedicada a todos los que me han escrito en estos dìas: GRACIAS!
Frecuentemente me preguntan que cuántos años tengo...
¡Qué importa eso!.
Tengo la edad que quiero y siento.
La edad en que puedo gritar sin miedo lo que pienso.
Hacer lo que deseo, sin miedo al fracaso, o lo desconocido.
Tengo la experiencia de los años vividos y la fuerza de la
convicción de mis deseos.
¡Qué importa cuántos años tengo!.
No quiero pensar en ello.
Unos dicen que ya soy viejo y otros que estoy en el apogeo.
Pero no es la edad que tengo, ni lo que la gente dice, sino lo
que mi corazón siente y mi cerebro dicte.
Tengo los años necesarios para gritar lo que pienso, para hacer
lo que quiero, para reconocer yerros viejos, rectificar caminos
y atesorar éxitos.
Ahora no tienen por qué decir: Eres muy joven, no lo lograrás.
Tengo la edad en que las cosas se miran con más calma, pero
con el interés de seguir creciendo.
Tengo los años en que los sueños se empiezan a acariciar con los dedos,
y las ilusiones se convierten en esperanza.
Tengo los años en que el amor, a veces es una loca llamarada, ansiosa de consumirse en el fuego de una pasión deseada.
Y otras un remanso de paz, como el atardecer en la playa.
¿Qué cuántos años tengo? No necesito con un número marcar, pues mis anhelos alcanzados, mis triunfos obtenidos, las lágrimas que por el camino derramé al ver mis ilusiones rotas... valen mucho más que eso.
¡Qué importa si cumplo cuarenta, sesenta o noventa!.
Lo que importa es la edad que siento.
Tengo los años que necesito para vivir libre y sin miedos.
Para seguir sin temor por el sendero, pues llevo conmigo la experiencia adquirida y la fuerza de mis anhelos.
¿Qué cuantos años tengo? ¡Eso a quién le importa!.
Tengo los años necesarios para perder el miedo y hacer lo que quiero y siento.
José Saramago
Premio Nobel Literatura 1998.
A más de un mes de promulgada la Ley de Protección del TIPNIS
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Entre el 15 de agosto y el 19 de octubre indígenas de tierras bajas y una representación del Conamaq (tierras altas) marcharon entre Trinidad y La Paz en contra del proyecto gubernamental de construcción del tramo II de la carretera Villa Tunari-San Ignacio de Moxos (Cochabamba-Beni), y otras 15 demandas relacionadas con el respeto a sus derechos constitucionalizados desde 2009.
Este movimiento acaparó la atención de bolivianos y extranjeros, quienes cuestionaron la respuesta negativa del gobierno al reclamo indígena y la intervención policial del 25 de septiembre a la manifestación que, a pesar de todos los embates, llegó a la sede de gobierno fortalecida por la opinión pública.
En La Paz, el gobierno promulgó a regañadientes la Ley 180 de Protección del TIPNIS que, entre otros puntos, prohíbe la construcción de la mencionada carretera y, además, declara como zona intangible al territorio.
Este último reconocimiento genera sospechas entre los marchistas, quienes temen que las autoridades nacionales utilicen este término en contra de quienes habitan el territorio. Por ello, a más de un mes de promulgada la mencionada norma, los principales dirigentes del TIPNIS y de la Cidob esperan con urgencia la aprobación y promulgación de un decreto reglamentario que interprete correctamente la Ley 180.
Fundación TIERRA
http://www.ftierra.org/ft/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=96&Itemid=115
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