Eccoci finalmente partiti con la super macchina blindata per andare a visitare una delle comunità dove stiamo testando l’approccio detto Land CAPP; sempre robe di terra, per dirigere meglio gli interventi emergenziali cercando di capire cosa ci sia sotto a proposito delle dinamiche di accesso e controllo delle risorse naturali, terra in primis.
Per ovvie ragioni di sicurezza non siamo potuti andare oltre i 10 km dalla capitale. Il giorno precedente avevamo fatto una lunga discussione con una serie di professori dell’università locale con i quali lavoriamo, in modo da chiarirci bene cosa vogliamo ottenere con questa operazione pilota e come portare avanti il lavoro.
Il principio base è di ricordarsi sempre che quando si va a visitare qualcuno bisognoso, questo genera sempre delle aspettative, Genuine, legittime o meno che siano, manipolate o spontanee, bisogna sapere che funziona così, per cui non possiamo accontentarci delle prime risposte, soprattutto quando vengono dalle autorità costituite e da riunioni di gruppo dove si mescolano tutti, vecchi e giovani, ricchi e poveri, uomini e donne… insomma dove i rischi di manipolazione sono molto elevati e le fregature sempre dietro l’angolo.
Questi metodi “rapidi” e (falsamente) “partecipativi” in genere piacciono molto a tutto il circo della cooperazione, sia essa di emergenza o meno. Far presto, far presto e poi ancora far presto. Non vale il proverbio della gatta frettolosa che fece i gattini ciechi. Ma succede, spesso e volentieri, proprio così. A forza di voler fare presto, con la scusa di fare di più e assistere tanta gente, alla fine non si sa mai bene cosa si distribuisca, a chi, e per farne cosa. Che poi molti degli aiuti si ritrovino in vendita sui mercati locali non dovrebbe stupire. Effetti collaterali, dicono, minimi, accettabili… Boh, a me pare una gran fregnaccia.
Quindi dopo aver discusso a lungo, siamo partiti. Inutile dire che anche qui siamo stati accolti da una marea di persone con tutte le autorità possibili e, in men che non si dica, è cominciata la litania senza fine dei bisogni urgenti e urgentissimi. Malgrado i nostri insegnamenti, i professori hanno bevuto come oro colato tutta questa lunga lista di “bisogni”, senza mai criticarne né approfondendone uno. Possiamo mettere in conto che, essendo la prima volta che li stimolavamo a una attitudine critica, forse non erano abituati.
Tutto acqua e zucchero, una armonia di facciata che piacerebbe a tante organizzazioni. Poi, quasi per sbaglio, un rappresentante del governatore (chissà come mai), tira fuori la storia che fra agricoltori e allevatori i rapporti sono assai tesi e che ci sono parecchi conflitti. Non potendo entrare nei dettagli oggi, abbiamo deciso di rivederci domani. Nel frattempo, dopo ore di melassa, ci invitano a visitare le due dighe che testimoniano del loro problema con l’acqua.
Nelle foto che vedete sotto si vede la prima, con acqua - poca - usata sia per animali (vedi i ciuchini in attesa delle taniche) e anche per gli esseri umani. Diga vecchia, con oltre 50 anni di buoni e onesti servizi.
Siamo andati poi a vedere l’altra e lì, sorpresa, si vede più acqua e anche di un miglior colore. Gli animali sono pochi e non arrivano alle rive, ma si abbeverano in un fontanile poco lontano.
Una cosa attira la nostra attenzione: un campo di agli in piena produzione, irrigato con acqua proveniente dalla diga via una lunga tubatura in PVC.
Domanda ovvia: dato che avete continuato a dirci che vi manca l’acqua, chi è che sta usando la vostra acqua per irrigare questa produzione di ortaggi? Ovviamente a nessuno dei professori è venuta in mente. La risposta ci ha lasciati molto perplessi: un signore, probabilmente originario della comunità, ma che adesso vive in città, è proprietario di tutta la produzione, fa lavorare un po’ di giovani e si prende tutta l’acqua che vuole senza pagare un soldo. Tipico esempio di capitalismo ladro: privatizzare i benefici (delle vendita, per lui) e socializzare i costi (sempre meno acqua a disposizione per la comunità).
La domanda insistente delle autorità è di costruire un’altra diga e un pozzo acqua per aiutare sia gli allevatori, con una diga per loro, sia i contadini e le famiglie, col pozzo.
Ecco cosa intendevo la scorsa volta di cercare di evitare di diventare parte del problema. Questa sarebbe una ottima soluzione per formalizzare la ruberia degli attori potenti nei confronti delle famiglie povere della comunità. Quindi ci fermiamo, anche a costo che i nostri amici delle emergenze diventino nervosi.
Ne discuteremo di più, torneremo a studiare meglio la cosa e poi vedremo se e cosa si potrà fare.
Morale della storia: trappole come questa ne abbiamo tutti i giorni; imparare ad evitarle costa tempo e energia. Meditate gente, meditate.