Ancora una volta mi tocca sentire parlare della scarsità d’acqua, senza che venga ricordato dalle grandi agenzie ONU la responsabilità dell'agricoltura industriale che consuma quasi il 70% dell'acqua totale. Ricordo quanto dice l'analisi delle Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition: "Se si allarga lo sguardo all'industria agroalimentare, il consumo è del 90%" - https://www.agrifoodtoday.it/ambiente-clima/barilla-acqua-consumi.html).
Tante genericità sulla questione globale ma, ancora una volta, nella riunione a cui ho partecipato stamattina, la questione di genere non viene nemmeno citata.
Ricordiamo allora che il SDG 6 dice, testualmente: Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e dei servizi igienici per tutti
Mete: Entro il 2030, raggiungere un accesso universale ed equo all'acqua potabile sicura ed economica per tutti.
Entro il 2030, raggiungere un accesso equo a servizi igienici adeguati e all'igiene per tutti e porre fine alla defecazione aperta, prestando particolare attenzione ai bisogni di donne e ragazze e delle persone in situazioni vulnerabili.
Abbiamo dei numeri per chiarire perché la questione dell’acqua sia, innanzitutto, un enorme problema di genere: “quasi 800.000 donne muoiono ogni anno perché non hanno accesso a servizi igienici sicuri e acqua pulita” https://www.sportellodeidiritti.org/news/item/acqua-sporca-uccide-piu-donne-dellaids-e-del-cancro-al-seno-sec
Nel nostro immaginario italiano abbiamo sempre l’idea della donna (o bambina) africana che, appena alzatasi, deve partire con un paio di secchi alla ricerca di acqua per lavare sé stessa e il resto della famiglia. Gli effetti reali (sulle donne e bambine) del tempo impiegato per recuperare l’acqua è che non riescono a lavorare per guadagnarsi da vivere o a dedicare del tempo al proprio sviluppo personale. Per molte bambine e ragazze il tempo da dedicare alla scuola diminuisce a tal punto da indurle ad abbandonarla.
L’altro grande problema legato all’acqua che pesa sulla vita di donne e bambine riguarda l’igiene. Secondo WaterAid, 1 donna su 3 non ha accesso a servizi igienici sicuri. In India, la stragrande maggioranza della popolazione, ancora oggi, fa i suoi bisogni fuori in mezzo ai campi e questo significa un rischio di violenza sulle donne molto forte.
Inoltre, molte donne e ragazze che vivono in condizione di povertà non dispongono di prodotti sanitari puliti. Questo accade perché tali prodotti costano troppo, oppure perché non sono disponibili in alcune aree e comunità. La combinazione di ciclo mestruale, povertà, stigmatizzazione e scarsa igiene ha importanti conseguenze sulla salute e il benessere della vita di donne e ragazze.
Ultimo punto che voglio ricordare qui è quello della (scarsa) partecipazione delle donne e ragazze nella gestione dell'acqua, una partecipazione che però non riguarda quasi mai avere influenza nel processo decisionale, dove sono sempre gli uomini ad avere il comando. Prendiamo un caso particolare, il Cile: per quanto riguarda il numero totale di posizioni nelle Organizzazioni di Utenti dell'Acqua in Cile, l'84,95% corrisponde a membri maschi, solo il 12,41% dei loro membri sono donne e il restante 2,64% corrisponde a persone giuridiche.
Insomma, pensiamo all’acqua ma non pensiamo mai alle persone che ci sono dietro, e in particolare non pensiamo mai alle donne e alle ragazze che sono quelle che pagano il prezzo maggiore.
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