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venerdì 11 maggio 2018

Power to the People (2): un'Europa da cambiare


Una sintesi stringata, ma condivisibile secondo me.
Avevamo tante speranze, e ci ritroviamo con un pugno di mosche. Allo stato attuale pochissimi paesi, uno in testa, la Germania, profittano di questa Europa tecnocratica politicamente sottomessa al diktat neo liberale. Di sociale oramai non rimane più nulla, e il crescente peso di paesi governati da neofascisti o simili dovrebbe preoccupare tutti i democratici sulla deriva di questo sogno che avevamo tutti da piccoli. 

Negli ultimi 25 anni e oltre, l'Unione Europea è diventata sempre più protagonista delle nostre vite. Da Maastricht a Schengen, dal processo di Bologna al trattato di Lisbona, fino al Fiscal Compact, le peggiori po- litiche antipopolari vengono giustificate in nome del rispetto dei trattati. I ricchi, i padroni delle grandi multinazionali, delle grandi industrie, delle banche, le classi dominanti del continente approfittano di questo ”nuovo” strumento di governo che, unito al “vecchio” stato nazionale, impoverisce e opprime sempre più chi lavora. L’Unione Europea è uno strumento delle classi dominanti che favorisce l'applicazione delle famigerate e impopolari “riforme strutturali” senza nessuna verifica democratica. Il “sogno europeo” dei tanti che hanno creduto nella possibilità di costruire uno spazio di pace e progresso si è scontrato con la dura realtà di un'istituzione al servizio degli interessi di pochi. Noi ci sentiamo naturalmente vicini ai tanti popoli che vivono nel nostro stesso continente, con i quali la nostra storia si è intrecciata e si intreccia tuttora e che soffrono come noi a causa di decenni di politiche neo-liberiste; insieme a tutti costoro vogliamo ricostruire il protagonismo delle classi popolari nello spazio europeo. 

Alcune idee di lotta per il futuro, sicuramente migliorabili, soprattutto sul ruolo che una nuova Europa, più solidale, potrebbe giocare eni tanti scacchieri internazionali di conflitto e nella agenda delle migrazioni e dello sfruttamento del sud del mondo:


rompere l'Unione Europea dei trattati;
• costruire un'altra Europa fondata sulla solidarietà tra lavoratrici e lavoratori, sui diritti sociali, che promuova pace e politiche condivise con i popoli della sponda sud del Mediterraneo;
• rifiutare l'ossessione della “governabilità”, lo svuotamento di potere del Parlamento, il rafforzamento degli esecutivi, l'imposizione di decisioni dall'alto perché “ce lo chiede l'Europa”;
• il diritto dei popoli ad essere chiamati ad esprimersi su tutte le decisioni prese sulle loro teste a qualunque livello – comunale, regionale, statale, europeo - pregresse o future, con il ricorso al referendum. 

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