Entrare in politica è come entrare in un mondo nuovo, soprattutto quando lo fai da giovane. Sogni e passioni sono ancora lì, forti, la voglia di cambiare il mondo anche… Il problema è di capire rapidamente come funziona questo mondo e soprattutto essere abbastanza obiettivi e non farsi troppe illusioni.
Il messaggio di questa seconda lettera è semplice: i politici non riescono mai ad anticipare i fenomeni sociali o, nel peggior dei casi, non vogliono vedere.
Cominciamo dalla crisi mondiale del 2008: esempio lampante di occhi chiusi da parte di vari governi, l’ americano in primis, ma anche quello islandese che addirittura funzionava come servizio marketing promuovendo all’estero i titoli spazzatura che le loro micro banche spacciavano come la soluzione miracolosa, per non parlare dei nostri governi europei.
Continuiamo poi con quello che è successo nei paesi arabi da gennaio in poi. Non uno dei governi del mondo, men che meno i loro governi, aveva visto venire la rabbia popolare che montava. E finalmente guardiamo ancora più vicino a noi; prendiamo per esempio lo scandalo Parmalat: anche lì nessuno ha visto venire nulla. E potremmo continuare per parecchio. Il punto è che per vincere un’elezione bisogna avere un programma, promettere (cose più o meno ragionevoli) in modo da installare nei votanti l’immagine di qualcuno che sabbia guidare la nave.
La realtà, una volta che si arriva sul ponte di comando, per quanto piccola sia la nave, è che l’unica qualità che conta è la capacità di guardarsi attorno, esser attenti a quello che succede in modo da saper reagire velocemente, quasi in tempo reale (ma comunque sempre un attimo dopo). Bisogna saper mostrarsi compassionevoli ed andare sui luoghi, in mezzo alla gente, in caso di disastri, naturali od umani e promettere che si farà di tutto per aiutare. Bisogna avere in riserva qualche soldo per le emergenze e qualche idea nel cassetto in caso sia necessario. E’ per questo che chiamiamo “mestiere” la politica, perché come un attore consumato, si impara ad avere i toni e le promesse giuste e a sapere di non impiccarsi troppo con le promesse fatte in campagna elettorale.
In Francia si usa dire che le promesse impegnano solo quelli che ci credono. Prendete quest’ultima campagna: quanti sono andati a chieder conto agli ex sindaci delle loro promesse di quando furono eletti? Nessuno. Perché tutti abbiamo la memoria corta.
Quindi, per qualcuno che inizia, ed ha dietro di sé l’entusiasmo suo e del gruppo che l’appoggia, quel che ci vuole è un bagno di realismo, condito sempre da una dose di sogno e speranza. Buttare tutto all’aria per mettersi a fare il mestierante sarebbe troppo brutto. Ma non fare conto “solo” sulle promesse elettorali sembra un modo realista per iniziare. Restate aperti mentalmente a “leggere” e capire cosa succede attorno a voi, andare anche dove non andava prima, per “sentire” il territorio e “perdere tempo” a parlare anche con chi non vi vuole. Flessibilità e prontezza sono importanti; ma lo sono anche il saper essere coerenti con un’idea, una visione dei rapporti umani e sociali che avete dentro di voi, ed anche essere coerenti, fin dove sia possibile, con alcune delle promesse fatte. Non sognate di poter implementare tutto, ma non buttate via lo sforzo che avrete fatto per preparare il programma. Piccole dosi di realismo quotidiano con dosi di energia e voglia di continuare a sognare. Il mix giusto poi verrà dall’esperienza.
Quanto più resterete modesti e vi ricorderete che la politica è un servizio, quanto più andrete avanti nel vostro e nel nostro cuore.
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