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domenica 8 maggio 2011

Rispondendo a Giancarlo R.

L’altro giorno ho ricevuto un messaggio da Giancarlo R.: ci eravamo conosciuti anni fa quando cercava uno stage durante il suo percorso che, dall’università di Catania, lo stava portando a un Master in Francia. Mi raccontava delle 1000 telefonate, 1000 curricula, 1000 contatti cercati. Tutto il necessario in termini di formazione, inseguendo un sogno che si è scontrato contro muri di gomma. Scrive: “Forse era altro ciò che serviva. Oggi, dopo laurea, abilitazione, master, dottorato, lingue straniere e pubblicazioni; oggi faccio lezioni privare di matematica, latino e chimica, per arrivare a fine mese ed evitare l'umiliazione di un call center. Il terzo mondo può aspettare...ed io pure”.
Questo messaggio ha provocato qualcosa dentro di me. E probabilmente lo stimolo a lanciare il messaggio nella bottiglia (dell’altro giorno, via mail) alla mia rete di ex volontari, consulenti, giovani e meno giovani, forse è nato proprio da Giancarlo.
In tanti ci siamo interessati ed avvicinati a questo tema che chiamerò, per comodità, “sviluppo”. Motivazioni diverse, forse anche un po’ confuse, con un misto di voglia di aiutare gli altri (componente esterna) aiutando anche noi stessi (componente interna) a sentirci meglio. Un mix di buoni sentimenti, buona volontà e buon professionalità. Con gli anni poi ci rendiamo conto che, come in qualsiasi altro settore della vita, professionale o meno, le porte non si aprono mai come e quando lo speriamo noi, che le strade sono molto più impervie e che non necessariamente portano da qualche parte.
Così succede che ci si perda per strada, si cambi tragitto, magari cambiano anche gli interessi personali perché si cresce e la componente interna della motivazione iniziale magari non è più così forte come prima e quella esterna è dannatamente complicata e non si riesce ad avanzare. E allora capita il giorno in cui ti guardi indietro e dici che forse poteva andar diversamente, che forse “era altro ciò che serviva” come dice Giancarlo.
Sono tante, troppe le variabili in gioco che nessuno può pretendere di controllarne minimamente nemmeno una. Però una cosa forse potremmo farla se tutti ci mettessimo una parcella minima del nostro tempo. La globalizzazione ci ha fatto capire che oramai la vecchia divisione tra Primo e Terzo mondo, equiparata al taglio geografico Nord e Sud, noi e loro, non va più bene. Terzo Mondo siamo anche noi, ce l’abbiamo intorno, che ci piaccia o meno, e pezzi di primo mondo li trovi anche al sud. Per cui fare “Cooperazione allo Sviluppo” non vuol più necessariamente dire “andare al sud”.
Oggi dobbiamo imparare a ridisegnare questo confine, accettando la sua mobilità continua e introiettandolo dentro di noi: un confine che è definito dal concetto dell’alterità. Imparare a capire l’altro, a compatire il suo modo di essere, fare, dire, rispetto da dare ma anche da ricevere, un ritorno alla relazione sociale centrata sull’essere Uomo. Ma non uomo Dominus, ma Uomo parte integrante di una Natura che c’era prima di noi e che dobbiamo imparare a rispettare di più. Mettere l’Uomo al centro delle nostre riflessioni porta a riconsiderare il modo di lavorare nel tema “sviluppo”, perché significa che chi lavora con i Rom qui a Roma, chi si occupa di inviare studenti in formazione all’estero, chi fa teatro di strada e chi si impegna per l’educazione dei nostri e degli altri amici, figli, colleghi ed anche sconosciuti, fanno altrettanto se non di più di chi lavora per un’organizzazione internazionale, una ONG o simili.
Il messaggio di Giancarlo è stato un colpo basso quando l’ho letto la prima volta perché mi ero lasciato dominare da un’onda di rimpianto che traspare nel testo. Ma poi mi son detto che in realtà la ricerca di se stessi e del posizionarsi verso gli altri, di chi siamo e cosa vogliamo fare, in fondo passa anche per queste riflessioni e, caro Giancarlo, il non aver ricevuto una risposta a quei 1000 cv mandati non vuol dire che non sei stato cercato od accettato, ma solo che in realtà la tua strada era diversa e che puoi lo stesso servire gli altri e te stesso anche nelle attività che fai adesso.
Il problema resta quello della condivisione: nel momento in cui chiudiamo le porte di casa nostra, ci rinchiudiamo nella nostra stanza, nel nostro piccolo, e restiamo legati al mondo solo via facebook o altri sistemi simili, il rischio è di non capire la virtualità e la superficialità intrinseca in quei meccanismi e di evitare quindi di andare al fondo di noi stessi. E se tutti facciamo così, non condivideremo più nulla, e non cresceremo più. Un futuro opaco, triste e solitario si aprirà davanti, per tutti, prima o poi. La reazione non è in dichiarazioni che possono sembrare fanfaronate: fare la rivoluzione, cambiare il mondo, ma deve essere a partire da quello che abbiamo di più vicino, cioè noi stessi. Dobbiamo re imparare a guardarci dentro e fuori come quando la prima volta abbiamo sentito la voglia di metterci a fare “sviluppo”: Impegnarci per gli altri e per noi stessi, sognare e darsi da fare. Ma assieme, e non più soli. Condividere, parlarsi, scambiarsi qualcosa di più di un messaggio su twitter, riprendere la faticosa esperienza di star qui, domenica mattina, a pensare e scrivere e mandare un messaggio a voi tutti perché nello scrivere a voi imparo meglio su di me.

PS. Nella fretta l'altro giorno ho dimenticato un po' di persone a cui manderò lo sfogo iniziale: Eugenio, Ilaria, Clarissa, Catia, Francesca, Chiara, Stefano ....

2 commenti:

  1. bellissimo il testo "rispondendo a giancarlo" ma da un lato c'è gente che non può permettersi di sognare né il tempo di guardarsi dentro xke non sa come farà ad arrivare a fine mese...

    i giovani non hanno più la voglia di lottare xke nonostante gli studi che uno fa si ritrova come giancarlo a dare ripetizioni... a me dispiace dirlo ma è vero che non dover dipendere dai soldi porta ad un livello superiore, dove finalmente puoi dedicarti ad altro che al lavoro e basta

    è vero che ci sono mille modi di aiutare gli altri e che anche nel nostro piccolo dobbiamo cercare di poter condividere col nostro prossimo, ma è sicuramente più facile scambiarsi parole ormai su facebook non xke ci nascondiamo dalla realtà, ma xke passiamo il resto del nostro tempo a pensare a come arrivare a fine mese.

    dico passiamo xke immagino come si possa sentire quel giancarlo... ormai perdendo le speranze e dirsi : come posso pensare agli altri quando nessuno pensa a me?

    Charlotte

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  2. molto bello, molto vero questo testo. Lo terro presente nei momenti di decisioni importanti.

    El saludo de siempre

    Claudia

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