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lunedì 25 luglio 2011

Il buon pastore - nuovo video in preparazione


Dopo i video sulla storia agraria recente di Anguillara, sugli agricoltori, gli immigrati, le donne e i pescatori, ci mancava quello sugli ultimi pastori rimasti.

Abbiamo iniziato sabato scorso, con la premiata ditta Fabrizi-Groppo e stamattina abbiamo fatto la prima intervista lunga del Sr. Landi, qui in foto, un buon pastore ottantenne che ci ha raccontato la storia dal periodo della guerra ai giorni nostri. Domani tocca al fratello di Fischietto.. e poi avanti...

domenica 24 luglio 2011

La frase del giorno - Ermanno de Marchi

Un uomo senza panza è come un cielo senza stelle

venerdì 22 luglio 2011

Ricetta Xuor: Aubergines d'été


Melanzane estive, ispirate dal viaggio a Matera.

Ingredienti: melanzane freschissime, un dente d'aglio, 3 rametti di mentuccia, 4 cucchiai d'olio d'oliva (buono), sale e pepe e 80 gr. di uvette di Corinto e 3 cl di aceto balsamico.

In una padella mettere l'olio d'oliva. Tagliare le melanzane a cubetti di 1 cm e metterle nell'olio caldo. Salare e pepare. Aggiungere la mentuccia. Tagliare l'aglio finissimo (ma proprio fino) e aggiungere. Nel frattempo mettere a gonfiare l'uvetta in acqua tiepida. Copro la padella e faccio cuocere a fuoco basso per 30 minuti circa. 10 minuti prima di fine cottura aggiungo l'uvetta e l'aceto balsamico.

Mangiare tiepido o freddo.

mercoledì 20 luglio 2011

Maestro di vita (dedicato a Marcos Lins)

Maestro di vita (dedicato a Marcos Lins)

Incontrarsi per caso, sentendo però di aver incontrato quel padre spirituale che cercavi da tempo.

Barba bianca da babbo natale, occhi vivi e voglia di ascoltare, vivere la vita,
nonostante tanti anni in giro pel mondo, dovendo fuggire da quel Brasile tanto amato, con una passione intatta per aiutare gli altri, per “articolare” persone, metterle assieme seguendo un filo non sempre evidente al primo colpo.

Ma poi, con gli anni, capivi il perché di quelle scelte, il perché insistere nel voler far conoscere una persona e non un’altra, cercare di tessere una tela di gente di buona volontá.

Calmo e compassato, vissuto in un momento storico particolare, per un cattolico di sinistra, in un paese che riscopriva la democrazia, e poi profondo conoscitore di un tema, la riforma agraria, che tanta pena e tristezza ci dà ancora oggi.

Con lui ho conosciuto Josuè de Castro, altro nordestino pulito, semplice e fermo nelle sue convinzioni, diventato per me un altro faro nella notte.

Ecco, voglio ricordarlo cosi, con questa sua forza di mettere assieme gente e idee, con quel sorriso e quel gesto, tanto brasiliano, da dirci ancora adesso: “ ta bom”

Mestre de vida (dedicado a Marcos Lins)

Encontrar-se por um acaso, sentindo porém de ter encontrado um pai espiritual que há tempos procurava.

Barba branca como Papai Noel, olhos vivos e vontade de escutar e de viver a vida, apesar dos tantos anos viajando pelo mundo, tendo que fugir daquele Brasil tão amado, com uma paixão intacta de ajudar os outros, de articular as pessoas, de aproximá-las....seguindo sempre um fio lógico condutor muitas vezes pouco claro a primeira vista.

Mas que depois, com o tempo, sobressaía e entendia-se finalmente o por quê daquelas escolhas, o por quê da insistência de querer aproximar pessoas específicas, e não quaisquer, mostrando uma sua atenção quase artesã: o cuidado de tear uma teia de pessoas de boa vontade, de boa fé, comprometidas com um ideal.

Calmo e comedido, viveu em um momento histórico particular, para um católico de esquerda, em um país que finalmente redescobria a democracia. Além de profundo conhecedor de um tema próximo aos nossos corações, a reforma agrária, que até hoje nos causa tanta pena e tristeza.

Com ele conheci Josué de Castro, outro nordestino limpo, puro, simples e firme nas suas convicções, e que também representa para mim um outro farol na escuridão.

Ecco, quero lembrá-lo assim: com sua força e fibra de juntar pessoas e idéias, com aquele seu sorriso e gestual, tão brasileiros, que até hoje nos diz: “tá bom”.

martedì 19 luglio 2011

Ne valse la pena?

Ecco l’articolo che avrei voluto leggere in questi mesi, proveniente dai movimenti sociali e ONG varie.

Cinque anni fa, mese più mese meno, arrivammo all’approvazione della Dichiarazione finale della Conferenza mondiale sulla riforma agraria e lo sviluppo rurale (ICARRD, www.icarrd.org). Una serie di principi chiari e di proposte di azione su alcuni degli aspetti più controversi dell’eterna questione dell’accesso alla terra, il tutto legato al tema dello sviluppo di quelle stesse aree e con una difesa chiara e forte dei diritti dei soggetti più deboli.

Cinque anni dopo, in questi mesi e settimane, la stessa organizzazione, lo stesso dipartimento, ha presentato, per discussione e negoziazione, una bozza di linee guida per la buona governance delle terre. Al di là di quel che sarà il cammino futuro durante le negoziazioni fra gli Stati membri (e dopo una settimana così intensa da necessitare una sospensione dei lavori), la vera questione che dovrebbe esser posta riguarda quella del titolo di questo post: ne valse la pena?
La lettura comparata dei due testi, la dichiarazione finale da un lato e la proposta per le VG come vengono chiamate, lascia chiaramente intravvedere una serie di similitudini di contenuti, con alcune piccole differenze. Riporterò solo il commento di un rappresentante di uno dei paesi membri che, in plenaria, ha detto: questo documento (riferendosi alle VG) non fa sognare, non propone una visione come era quello dell’ICARRD, è un passo indietro.

Cinque anni fa si arrivò ad un risultato molto positivo a detta di tutti, in primis i movimenti contadini, per il modo in cui fu organizzata e per la conduzione sapiente che seppe assicurare il tandem Filippino-Brasiliano fin dalle riunioni preparatorie. Il fatto che organizzazioni come la banca mondiale avessero deciso di non partecipare, quasi avessero paura di processi democratici non controllati da loro, non toglie (o forse proprio per quello) che si trattò di un risultato alquanto positivo.

Ricominciare lo stesso processo, con una spesa che alla fine supererà vari milioni di dollari, per ritrovarsi a negoziare parola per parola dei principi che erano già stati raggiunti, lascia molto perplessi. I Paesi membri sono soliti giudicare, periodicamente, quello che la FAO fa o non fa, ed è giusto così. Altrettanto corretto sarebbe poter riflettere assieme sul senso di operazioni come queste: perché mai paesi come la Germania e la Norvegia hanno sentito il bisogno, invece di appoggiare un processo democratico come fu quello dell’ICARRD, di rilanciare da capo una discussione che, nel migliore dei casi, porterà agli stessi principi della precedente? Dico nel migliore delle ipotesi perché è chiaro che il ruolo paritetico che le organizzazioni contadine si erano guadagnate durante l’ICARRD non potrà essere ripetuto nelle negoziazioni finali del testo che, per definizione, saranno guidate dai paesi membri e le loro delegazioni.

Riportare indietro le lancette dell’orologio. Ecco a cosa assomiglia questa operazione. Se va bene, e ovviamente lo speriamo di cuore, le negoziazioni in corso porteranno ad ottobre alla approvazione di un testo emendato e concordato, cinque anni dopo che gli stessi principi erano stati approvati a Porto Alegre. Verrebbe da dire che si sono persi cinque anni, anni nei quali sarebbe stato possibile agire, paese per paese, per testare e mettere a prova i principi per un accesso più democratico alla terra, per il rispetto dei diritti delle donne sulla terra e per i riconoscimenti dei diritti territoriali dei popoli indigeni.

Tutto questo non è stato fatto, per l’opposizione di paesi, del nord, che non hanno mai osato dire apertamente la loro paura di un processo che era stato troppo democratico per i loro gusti. Adesso riprendiamo gli stessi e ricominciamo. Tempo perso, soldi spesi per rifare le stesse discussioni e nel frattempo la riconcentrazione della terra va avanti, così come l’accaparramento delle terre.
Che poi tutto questo abbia trovato anche l’appoggio dei movimenti contadini, resta una domanda alla quale un giorno dovranno (forse) dare una risposta.

Cosa succederà una volta approvato questo documento, anche questo resta avvolto nella nebbia, dato che si è visto come le resistenze per tradurre in pratica questi principi fossero forti. Il rischio che il tutto si esaurisca nella negoziazione ed approvazione di un testo da mettere in bacheca esiste, come confermatomi in questi giorni da un delegato di uno dei paesi partecipanti alla discussione. Ritorneremo su questo tema a fine ottobre, dopo la sessione del Comitato di Sicurezza Alimentare che chiuderà questo tema ed allora gli scenari futuri saranno (forse) più chiari.

domenica 17 luglio 2011

L. 37: La briscola in cinque - Marco Malvaldi



2007, 163 p., brossura
Editore Sellerio Editore Palermo (collana La memoria)

La rivalsa dei pensionati. Da un cassonetto dell'immondizia in un parcheggio periferico, sporge il cadavere di una ragazza giovanissima. Siamo in un paese della costa intorno a Livorno, l'immaginaria Pineta, "diventata località balneare di moda a tutti gli effetti, e quindi la Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l'architettura del paese: dove c'era il bar con le bocce hanno messo un discopub all'aperto, in pineta al posto del parco giochi per i nipoti si è materializzata una palestra da body-building all'aperto, e non si trova più una panchina, solo rastrelliere per le moto". L'omicidio ha l'ovvio aspetto di un brutto affare tra droga e sesso, anche a causa della licenziosa condotta che teneva la vittima, viziata figlia di buona famiglia. E i sospetti cadono su due amici della ragazzina nel giro delle discoteche. Ma caso vuole che, per amor di maldicenza e per ammazzare il tempo, sul delitto cominci a chiacchierare, discutere, contendere, litigare e infine indagare il gruppo dei vecchietti del BarLume e il suo barista. In realtà è quest'ultimo il vero svogliato investigatore. I pensionati fanno da apparato all'indagine, la discutono, la spogliano, la raffinano, passandola a un comico setaccio di irriverenze. Sicché, sotto all'intrigo giallo, spunta la vita di una provincia ricca, civile, dai modi spicci e dallo spirito iperbolico, che sopravvive testarda alla devastazione del consumismo turistico modellato dalla televisione.


vale quanto detto per l'altro: un posto in classifica Malvaldi se l'è guadagnato. Bravo!

L. 36: Sono venuto per servire - Don Andrea Gallo Loris Mazzetti



2010, 171 p., ill., rilegato
Editore Aliberti (collana Storie e personaggi)

Drogati di merda". Così Don saluta i suoi ragazzi che gestiscono l'osteria marinara A' Lanterna in via Milano dove si mangia un pesce da favola. "Solo io li posso chiamare così". Nel saluto c'è tutto l'affetto del mondo per i suoi giovani, per i tanti che sono passati dalla comunità di San Benedetto al Porto, che lui ha aiutato a uscire dal tunnel della droga e del malaffare. Don lo avevo incontrato altre volte, durante un dibattito o un suo intervento in qualche mia trasmissione. Le sue parole mi hanno sempre affascinato, non sono mai buttate al vento, hanno sempre un senso, ti rimangono dentro, ti fanno pensare. Quando è stato ospite a Che tempo che fa, mentre Fazio lo intervistava, io ero seduto dietro la scena, seguivo la ripresa attraverso un monitor di servizio, ascoltandolo pensavo: "Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader". È facile fare il rivoluzionario con il fucile in mano, anche se a volte è inevitabile, soprattutto quando si lotta contro il dittatore o l'usurpatore. Di Andrea Gallo conosco quasi tutto e mi sono reso conto, studiando la sua vita, che è quella di un grande rivoluzionario non solo per il bene che fa, ma per la forza della sua parola, l'esempio dato dal suo modo di vivere, per la capacità di rendere semplice tutto quello che è complicato.

Una frase che mi è piaciuta:
Don Milani mi ha aiutato a capire che l'umanità si divide in due categorie: le persone che contano qualcosa e quelle che non contano. Quando si appartiene alla seconda, dopo un po' diventa naturale pensare di non contare niente. Questo non allevia la sofferenza.

Un'altra: domanda:Se tu fossi in possesso di una bacchetta magica e avessi la possibilità di far sparire un male, un difetto, un'ingiustizia, su cosa cadrebbe la tua scelta?
Non ci devo pensare tanto, perchè non ho dubbi. Farei sparire quello che io ho definito l'ottavo vizio capitale: l'indifferenza. A questo proposito Antonio Gramsci scrisse un testo nel 1917 che ritengo ancora oggi fondamentale:
Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è èarassitismo, è vigliaccheria, non è vita.

sabato 16 luglio 2011

I commenti promessi


Dato che il post precedente era già abbastanza lungo, ho deciso di separare i commenti e metterli qui sotto. Sono venuti spontanei dopo esserci lasciati guidare in questi Sud da una voglia trasparente di osservare, senza preconcetti, ascoltare, chiedere ed assaggiare. La strada verso Matera, passando per Benevento che ci chiede di tornare a visitarlo con calma, Matera e una Basilicata molto al di sopra di quanto potessimo immaginare. Agricolture diverse, sicuramente povere e con gli stessi problemi dell'immigrazione, ma con colori che ti chiamano e ti avvolgono. Un pezzetto di Puglia che ti lascia a bocca aperta. Un sentimento generale di freschezza, pulizia e gentilezza, nonchè di apertura, di voglia di conoscere, gente che fa uno sforzo per parlarti in lingue straniere, piacevole sorpresa i tanti giovani che parlano un po' di francese, insomma un' idea generale di un Paese, l'Italia, più ricco e vario di quanto me lo immaginassi. Un Sud, dei Sud anzi, diversi, specifici, da conoscere e da amare.

Ti immagini allora la povertà di spirito di quelli che stanno lassù nel Varesotto e che votano Lega convinti di esser figli di una tribù celtica. Poveracci, perchè ti rendi conto, visitando alcuni di questi posti, scelti a caso e non certo i posti di grande turismo (a parte Lecce magari, ma non certo Matera, San Foca o Vasto), che chi ci perde sono quei conterronei miei del Nord così greti e chiusi in se stessi.
Quanto avremmo da guadagnarci tutti ad imparare a conoscere l' ALTRO, sia esso paesaggio, cultgura, persona, cibo o bevanda. Ma per far questo, un gesto d' amore, bisogna innanzitutto uscire da se stessi e ricordarsi che siamo tutti figli di una stessa tribù partita dall'Etiopia milioni di anni fa. Gettare ponti e non costruire muri ecco il succo del discorso. Io torno innamorato dell'Italia bella e diversa, ma torno anche infelice per chi semina tanto odio e disprezzo senza conoscere nemmeno l' abc di quello che va spargendo.

Quelli della Lega e quelli che li segfuono dovrebbero essere condannati a una gita forzata in uno dei tanto sud: andarci magari in motocicletta o con una vecchia macchina, pochi soldi in tasca e il bisogno di comunicare con gli altri per arrangiarsi, in modo da capire l'umanità che esiste anche lì, il fatto che siamo tutti uguali, difetti ne abbiamo tutti, ma che abbiamo un capitale incredibile giù ai Sud.

Lecce e Vasto per concludere questa gita e per pensarci su




Di Lecce capitale del barocco se ne parla dappertutto. Posso solo dire quanto impattante sia il colore della pietra leccese, un calcare facile da lavorare che ha dato molte idee agli architetti locali. Le facciate delle chiese sono uno splendore, così come molti dei palazzi signorili.

Ma non voglio parlare di questo, sarebbe sufficente prendere una guida. Voglio parlare della pulizia della città, da livelli nordeuropei. Complimenti. Così come la gentilezza e la preparazione dei leccesi per quanto riguarda la nascente industria turistica. Ti senti a tuo agio, mai invadenti e sempre premurosi.

Prima di arrivare in città ci siamo fermati a Manduria, terra del Primitivo. Avevamo un indirizzo sicuro, già sperimentato da nostra figlia. La qualità si è confermata più che buona e la sorpresa è stata il Primitivo rosato, forte (13-14) e secco.

Abbiamo assaggiato anche il Negroamaro rosato, più leggero e facile da bere. A Lecce ricordiamo con piacere il bar Doppiozero, vicino al Duomo, dove abbiamo assaggiato una "stracciatella" (l'interno della burrata) veramente di alta qualità. Anche le verdure hanno un tocco speciale, così come certi formaggi duri e forti da morire (dalla puzza).

Globalmente un'impressione molto ma molto positiva. Diversa ovviamente da Matera, molto più movimentata nella zona centrale, ma con volumi di suono molto più bassi di quelli romani. Le macchine quasi sembra non abbiano il clacson e nell'insieme sembrava quasi troppo bello per essere vero. Siamo andati quindi al mare, non San Cataldo che ci hanno sconsigliato, ma a San Foca, un po' più giù. Spiaggia e lungomare ben attrezzati, una spiaggia libera proprio in centro, in modo che tutti possano accedervi, la solita pulizia dappertutto, e un ristorantino (Il vecchio molo) che proprio vi consiglio.

Lasciando Lecce siamo partiti a Alberobello, almeno da poter dire di aver visto i Trulli. Sotto un sole africano abbiamo svolto il compito, visita, camminata e una mangiatina quanto più tipica si possa immaginare: orecchiette con le cime di rapa (congelate perché non è stagione).

Poi via attraversando il tavoliere fino a fermarci a Vasto, appena passato il confine del Molise ed entrati in Abruzzo. Una ultima serata tranquilla, altro clima, più fresco, ottimo hotel e cena, gente diversa ma la stessa premura e gentilezza. Venendo su abbiamo fatto l' Adriatica, con calma, così da vedere il paesaggio e le tante spiagge diverse. Stamattina poi, prima di tornare, siamo andati alla cantina di Tollo, per assaggiare dei vini locali, fra i quali l'ottimo Pecorino ma anche un buon Cerasuolo che i tanti passanti che avremo nelle prossime settimane potranno sperimentare di persona.

Ed eccoci a casa, con un problema d' acqua, per cui stiamo aspettando l'idraulico per vedere come riparare. Intanto io scrivo.

giovedì 14 luglio 2011

L. 35: Il gioco delle tre carte - Marco Malvaldi



Editore Sellerio Editore Palermo (collana La memoria) - 2008

Ritorna, con la seconda avventura dopo "La briscola in cinque", la squadra di investigatori del BarLume di Pineta, detto anche "l'asilo senile". A parte il barista Massimo e la sua banconista, la bella e comprensiva Tiziana, il più giovane del gruppo è Aldo, ultrasettantenne gestore dell'osteria Boccaccio. Seguono Nonno Ampelio, Pilade, il Del Tacca del Comune, il Rimediotti. La loro attività, unica, più che principale, si svolge nel presidiare il BarLume e, dietro il paravento della partita a carte, passare al setaccio tutti gli avvenimenti di Pineta, in un pettegolezzo toscano senza eufemismi e senza ritrosie. Qualche volta resta nelle maglie fitte della rete, un fatto criminale. In realtà è Massimo, pronto all'intuizione ma svogliato all'azione, che è spinto a investigare, richiesto casualmente dal commissario Fusco. I vecchietti fanno da polo dialettico in un contraddire minuzioso che però facilita la sintesi: corale ambientazione umana, provinciale e antiglobalizzata (lenta, senza preoccupazione di efficienza mezzo-fine). Uno sfondo di commedia italiana a dei gialli enigmistici la cui soluzione è affidata alla virtù del ragionamento e alla fortuna del caso. Nel gioco delle tre carte un esercizio di abilità e di elusione fornisce lo schema per risolvere un enigma criminoso consistente nel nascondere ostentando. Nel corso di un congresso, viene ucciso un professore giapponese. La chiave del mistero è in un computer che in apparenza non contiene niente di significativo.

Non ha l'ambizione di essre uno dei più grandi giallisti, ma questa serie di Malvaldi si legge che è un piacere. Si sente forte l'impronta casalinga, storie pensate a partire da gente conosciuta, il nonno e lo stesso barista. Pensando a libri d' estate (e non solo) questa è proprio la serie giusta. Un piacere leggerli. Questo è il mio primo, fra poco prenderò in mano la briscola a cinque.. un divertiumento assicurato. Penso che un posto in classifica, ad honorem, se lo meriteranno proprio.

mercoledì 13 luglio 2011

Andar per Matera - Basilicata





Le prime impressioni iniziano passando per la provincia di Benevento. Grandi vigneti (Falanghina e Aglianico del Taburno). Non ci fermiamo, ma la sensazione è che valga la pena tornare un giorno con calma. Il cammino suggeritoci per Matera ci porta ad uscire dall' autostrada a Candela, provincia di Foggia.
Candela e i suoi mulini a vento su un panorama spagnolo. Un tema scottante, sul quale le opinioni sono MOLTO divergenti. Ammetto di non avere una opinione definitiva sul tema. Fattomi portare dalla passione, devo dire che mi piacciono, che secondo me l'impatto "negativo" sull'ambiente sembra un po' sopravvalutato. Comunque sul sito qui sotto potete seguire (http://www.viadalvento.org/informazioni-sulleolico-in-puglia/nuovo-eolico-a-candela-fg/ un po' la problrematica sul parco di Candela, approvato dalla giunta Vendola e le critiche della sinistra ambientalista.
L'entrata in Basilicata, una sensazione di esser cullati da quelle vallate di grano. Le case della riforma agraria, abbandonate e una ricomposizione fondiaria che fa pensare alla ricostituzione di grandi proprietà. Ho comprato qulache libro per saperne di più. La sera do' un occhio a internet (basilicata+agricoltura) e subito casco sulle stesse notizie che trovo oramai in molte altre regioni. Un' agricoltura che dipende sempre più dal lavoro nero, sia di nome che di fatto. Condizioni "raccapriccianti" come dice un soindacalista della UIL (http://www.newsfood.com/q/62939e1c/agricoltura-in-basilicata-lavoratori-stranieri-versano-in-condizioni-raccapriccianti/). Leggerò e poi un giorno tornerò a raccontare di questa riforma agraria e di quel che troviamo oggi.
Bel tempo e belle strade. Deviazione per il Vulture alla ricerca dell'Aglianico: Rionero, bel posto, pochi vigneti, orari impossibili. Zero acquisti. Un peccato perchè proprio quest'anno l'aglianico ha appena vinto un grosso riconoscimento nazionale: Sette etichette di quattro case vinicole di Aglianico del Vulture sono state premiate quest’anno al 39° Concorso Enologico Nazionale - Premio Douja d'Or, prestigioso e tradizionale appuntamento ideato dalla Camera di Commercio di Asti per i vini D.O.C. e D.O.C.G..http://www.basilicatanet.it/basilicatanet/site/Basilicatanet/detail.jsp?sec=1005&otype=1012&id=562453
Matera e il tom tom pazzo. Nel vulture ci manda su stradine sterrate dove rischiamo di restarci. Poi gli ultimi 40 Km verso Matera dove proprio perde la testa. Matera e i suoi Sassi.
Un bel B&B, raccomandabile (http://www.hotelcasalnuovo-matera.it/ buon rapporto qualità prezzo ma state attenti che l'aria condizionata funzioni bene perchè dato il calore rischiate di non raffreddarvi mai..).
Vino in enoteca, (Vino e Dintorni, via Ridola 32): Aglianico e un Greco in bianco. Gente gentile.
Una bella cittadina, girata con piacere anche se c'erano 39 gradi.
Una bella libreria in centro (Libreria dell'Arco) e Giovanni, un nome da ricordare se avete bisogno di un libro. A noi ha consigliato Marco Malvaldi, quello dei vecchietti al bar per capirci.. e li stiamo divortando in serie....
Per cena alla trattoria del Caveoso in via Buozzi: (http://www.qristoranti.it/trattoria-del-caveoso/) Cavatelli, pasta fresca locale, verdure interessanti (zucchine con un po' di menta, otime cipolle). Carne podolica locale, ottima tagliata e ancor migliore il Greco che abbiamo bevuto.
Una gita da raccomandare. Grazie Gassman che con il film Basilicata coast to coast ci ha convinti a fermarci qui. E adesso partenza per Lecce.

lunedì 11 luglio 2011

A futura memoria

Intervista con Joao Pedro Stedile, del MST e della Via Campesina Brasile,sull¹elezione del nuovo direttore della FAO, Josè Graziano e sui problemi alimentari del mondo

Fabiana Frayssinet, IPS, Rio de janeiro, 27 giugno 2011.

1) Che importanza ha l¹elezione di un brasiliano, o di un non-europeo, come direttore della FAO?

J.P.Stedile: C¹è un simbolismo importante per i militanti dei movimenti sociali brasiliani, poiché, al momento della fondazione della FAO, negli anni 50, il primo segretario generale è stato Josué de Castro, brasiliano, un ³militante sociale², autore della ³Geografia della fame², che è morto in esilio durante la dittatura militare. Ora, l¹incarico torna ad essere assunto da un altro brasiliano, che sostiene la riforma agraria e la lotta contro la fame. E c¹è un significato politico, poiché la candidatura Graziano è stata scelta dai paesi del sud, dai paesi poveri e agricoli, contro la candidatura del capitale, delle transnazionali, che era
rappresentata dal candidato spagnolo, che non voleva cambiare niente.

2) Quindi un brasiliano, Jose Graziano è stato eletto come direttore generale della FAO. Quali sfide ha di fronte?

JPS: Dovrà affrontare molte sfide. La Fao è una istituzione in cui sono presenti i rappresentanti dei governi, svilita, poiché, dopo la famosa rivoluzione verde degli anni 60, è aumentato solo il numero degli affamati in tutto il mondo. E questo numero ha raggiunto la cifra di un miliardo di persone che soffrono la fame tutti i giorni. Il ruolo della FAO, secondo me, è costruire proposte di politiche agrarie e agricole, che garantiscano sovranità alimentare in tutti i paesi del mondo. Ossia, ogni popolo deve avere le condizioni necessarie a produrre i propri alimenti nel proprio territorio. E per questo, i governi devono applicare politiche agrarie e
agricole corrette. La FAO deve riunire ricercatori seri di tutto il mondo, deve ascoltare i movimenti contadini e procedere nella costruzione di queste proposte d¹accordo con la realtà di ogni paese e tenendo conto di ciò di cui i popoli hanno bisogno.

3) Che cosa Graziano, durante la sua direzione della FAO, può utilizzare della gestione del programma Fame Zero e cosa deve invece evitare?

JPS: Il principale contributo del programma Fame Zero è nel segno della politica della sicurezza alimentare, che è diversa dalla sovranità alimentare. Sicurezza alimentare c¹è quando i governi assumono la responsabilità di non far mancare cibo al proprio popolo. Qui in Brasile, il programma Borsa Famiglia ha sottratto alla fame 10 milioni di famiglie, circa 40 milioni di persone| Sarebbe un primo passo se tutti i governi adottassero questa politica. Ma deve comunque essere vista come un
provvedimento temporaneo, di emergenza, per far superare la fame a un miliardo di persone, poi vanno costruite politiche che portino alla sovranità alimentare, in base alla quale ciascun paese deve produrre gli alimenti fondamentali necessari al suo popolo. Ossia, il superamento della fame si deve basare su misure strutturali e durature, perché le persone non dipendano per tutta la vita dagli aiuti del governo.

4) In che modo la FAO può impedire una nuova crisi mondiale degli alimenti e l¹innalzamento dei loro prezzi?

JPS: La crisi alimentare attuale ha le sue cause, fondamentalmente:
1. Nel controllo oligopolico che alcune imprese transnazionali esercitano sul mercato mondiale di cereali, latte, ecc. Controllano i prezzi e impongono le loro condizioni, visto che il loro obiettivo principale è unicamente il profitto.

2. Nel fatto che gli alimenti si sono trasformati in mere merci in questa fase del capitalismo e i raccolti e le scorte vengono utilizzati come fonte di speculazione nelle borse. E quindi, chi controlla le borse, controlla i prezzi. Si dice che siano stati già venduti in borsa i raccolti di cereali dei prossimi cinque anni!

3. Nel fatto che viviamo in una agricoltura industriale, sempre più dipendente dal petrolio. E ogni volta che sale il prezzo del petrolio, salgono i prezzi di tutti gli input agricoli, salgono i costi e salgono i prezzi di tutti i prodotti agricoli.

4. Nel fatto che la cosiddetta rivoluzione verde ha portato molti paesi alla monocultura, alla distruzione dei contadini, all¹espulsione dalle campagne. Per la prima volta, nella storia dell¹umanità, negli ultimi anni la popolazione delle città è maggiore che nelle campagne. E i contadini sono sempre stati i principali produttori di alimenti, in ogni paese. Se la politica generale del capitale li espelle e porta all¹esodo è chiaro che l¹offerta di alimenti per loro stessi e poi per le città diminuisce. Per questo, noi movimenti contadini della Via Campesina, in tutto il mondo, sosteniamo politiche internazionali che tengano sotto controllo questo fenomeno.

Si deve partire dal principio che il cibo non è una merce, ma un diritto di ciascuna persona.
Ø E i governi dovrebbero agire, prima di tutto, per stimolare la produzione di alimenti, perché ciascun paese produca quello di cui il proprio popolo ha fondamentalmente bisogno. E il commercio agricolo internazionale si eserciti soltanto sulle eccedenze di ogni paese.

Ø Ci dovrebbero poi essere politiche di valorizzazione del mondo contadino, con la riforma agraria e migliori condizioni di vita nelle campagne perché gli agricoltori vi restino, producano alimenti sani, non usino pesticidi e organizzino le loro cooperative per sfuggire al controllo delle imprese transnazionali.

Ø In terzo luogo dobbiamo evitare che l¹organizzazione mondiale del commercio ­ OMC - continui a legiferare e fare accordi per regolare l¹agricoltura e gli alimenti. La OMC non ha un mandato né legittimità per imporre leggi ai popoli.

Ø Dobbiamo riorganizzare il modo di produrre dell¹agricoltura in tutto il mondo, recuperando e applicando le tecniche della agro-ecologia, su larga scala, con ricerche e sostegno all¹agricoltura ,per evitare la sua petrolizzazione. E ogni governo deve avere il controllo assoluto delle scorte di alimenti.

Chiaramente queste politiche non dipendono solo dalla FAO. Ma esigeranno una vera articolazione mondiale, di movimenti contadini, organizzazioni, ricercatori, opinione pubblica e governi progressisti, per fare pressione nella direzione dei cambiamenti necessari e avere le forze per affrontare gli interessi delle imprese transnazionali, le uniche beneficiate dalla crisi alimentare e dall¹aumento di prezzo degli alimenti.

5) Gli agrocombustibili sono colpevoli per questa nuova crisi?

JPS: L¹espansione delle coltivazioni di piante per la produzione di agrocombustibili contribuiscono all¹aumento di prezzo degli alimenti, anche se si tratta soltanto di una tra le diverse cause che ho indicato precedentemente. Diversi paesi, come il Brasile, stanno ampliando le loro aree e destinando terre molto buone alla coltivazione, soprattutto di canna da zucchero per produrre etanolo. In altri paesi si espandono altre monoculture. Queste monoculture danneggiano l¹equilibrio ambientale e le condizioni climatiche del pianeta poiché distruggono tutta la biodiversità che c¹era nel territorio ora occupato da immense piantagioni. E siccome i prezzi dell¹etanolo sono collegati a quelli del petrolio questo porta a un
eccezionale profitto agricolo per chi produce etanolo. Questo straordinario profitto, che si trae dalla produzione di etanolo, spinge in alto i prezzi di tutte le merci agricole. Quindi, secondo le leggi dell¹economia politica, gli alti prezzi dell¹etanolo influiscono direttamente sul prezzo di tutti i prodotti agricoli del paese e del mondo.

domenica 10 luglio 2011

L. 34. El sueño del celta - Mario Vargas Llosa



La aventura que narra esta novela empieza en el Congo en 1903 y termina en una cárcel de Londres, una mañana de 1916.

Aquí se cuenta la peripecia vital de un hombre de leyenda: el irlandés Roger Casement. Héroe y villano, traidor y libertario, moral e inmoral, su figura múltiple se apaga y renace tras su muerte.

Casement fue uno de los primeros europeos en denunciar los horrores del colonialismo. De sus viajes al Congo Belga y a la Amazonía sudamericana quedaron dos informes memorables que conmocionaron a la sociedad de su tiempo. Estos dos viajes y lo que allí vio cambiarían a Casement para siempre, haciéndole emprender otra travesía, en este caso intelectual y cívica, tanto o más devastadora. La que lo llevó a enfrentarse a una Inglaterra a la que admiraba y a militar activamente en la causa del nacionalismo irlandés.

También en la intimidad, Roger Casement fue un personaje múltiple: la publicación de fragmentos de unos diarios, de veracidad dudosa, en los últimos días de su vida, airearon unas escabrosas aventuras sexuales que le valieron el desprecio de muchos compatriotas.

El sueño del celta describe una aventura existencial, en la que la oscuridad del alma humana aparece en su estado más puro y, por tanto, más enfangado.

Una novela mayor de Mario Vargas Llosa.

Un libro bellissimo, senza dubbio entra nella top 10. Grazie Claudia. Un libro sull'avidità umana che aiuta a ricordare cosa sia stata la "colonizzazione" e lo "sviluppo" portato dall'Europa in Africa e America Latina. Uomini senza scrupoli in prima linea appoggiati da uomini con ancor meno scrupoli dietro le quinte, che si tratti del re Leopoldo del Belgio o dei banchieri della City.
Utile da leggere in questo periodo, quando sempre di più le compagnie come quella di cui si parla in questo libro stanno prendendo un posto preponderante nella vita di noi tutti, sostituendo lo Stato e le sue istituzioni. Il Congo e il Putumayo sono esempi eclatanti del futuro che abbiamo davanti, e non del passato da dove veniamo. Andiamo verso una ripetizione di quei drammi sempre per le stesse ragioni, soldi e potere.

sabato 9 luglio 2011

Poesia Xuor dedicata al nostro banano

Un bananier étoilé
meurt dans ses feuilles edentées