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giovedì 22 giugno 2017

Lucia


Ieri era il compleanno di un’amica vicentina e, grazie al social che me l’ha ricordato, ho potuto mandarle un piccolo messaggio di auguri. Un attimo, un soffio solo per ricordare all’altro che per un instante hai pensato a lui/lei. Poi però l’associazione di idee mi ha fatto andar a cercare notizia di un’altra Lucia, che tornava a casa dopo aver organizzato uno splendido evento in Piazza Maggiore a Bologna.

Con lei e Norman ci conoscemmo decenni fa, causa un articolo relativo al progetto che lui stava dirigendo in Eritrea e che gli pubblicai nella rivista della FAO di cui mi sono occupato per lunghi anni. Finito quel progetto, ne apparve uno ancor più interessante all’orizzonte, finanziato dagli italiani, in vari paesi dell’America Latina. Lui venne scelto per il Nicaragua, e siccome era interessato al tipo di lavoro che facevo all’epoca, ci trovammo a collaborare in modo più organico.

Tanto che a un certo punto, io mia moglie e figlia piccolina, decidemmo di andar a fare un giro a salutare oltreché loro anche altri vecchi amici in Costa Rica.

Ci ricordiamo quelle vacanze come fosse oggi. Sia per l’assoluta novità che Norman tiro fuori dopo cena (anche quella avrebbe meritato un post a parte, andammo nel ristorante di Casimirri, un italiano ex-brigatista fuggito in Nicaragua e riciclatosi nella ristorazione). Vabbè di questo parleremo un’altra volta. Dopo cena Norman tiro fuori una cosa che sembrava un pacchetto di sigarette, pesante, e mi chiese se volevo ascoltare qualche canzone, italiana o no. Ben volentieri gli risposi, e lui mi passo quell’aggeggio che, scoprii, era un Ipod. Uno die primi in circolazione, e ne rimasi affascinato fino ad oggi. Ma non fu solo per quello, fu anche per le malattie di sua figlia Satya e di Charlotte che ci costrinsero a fare la navetta da casa alle urgenze dell’ospedale, ed anche per lo spavento che prendemmo noi genitori idioti, a metterci in acqua, “protetti” da una specie di scoglio, per farci fare la doccia dalle onde dell’oceano, che erano forti assai. Ne arrivò una sbilenca, e ci prese di infilata, facendoci volare tutti e tre come fuscelli. Era pieno di pietre, per fortuna Charlotte rimase aggrappata a me, e a parte la paura non successe nulla. Che idioti, ma anche che senso di fragilità estrema. Adesso ci sei e un momento dopo, finito tutto.

Anni dopo, Norman fu anche oggetto di un tentativo di rapimento a Kabul, quando lavorava per la Banca. I giornali italiani ne parlarono parecchio. Anche lì, un po’ di fortuna e un bravo autista che riuscì a scappare via.

Di Norma ho poi perso un po’ le tracce. Lei invece, lavorando nella comunicazione, e a volte anche con un amico romano, era più facile seguirla. Si capiva che nella vita personale qualcosa era cambiato, ma questo non aveva nulla a che fare sia con la stima professionale per tutti e due, sia con quei ricordi di quando si strutturo una amicizia cosi vecchia.

Oggi ci siamo, e domani… no. Come un soffio di vento. Cocciante scrisse una canzone intitolata Lucia: “Sei una farfalla che si è fatta trasportare su dal vento per girare intorno al sole…”. Lucia era tornata a casa, ma per quanto fosse spessissimo sui social, doveva essere molto stanca e andò a dormire. L’indomani ci sarebbe stato tempo e occasioni per raccontare a tutti le belle cose fatte a Bologna.

Ma non si è risvegliata più. E la storia è finita li. Devono farsene una ragione i figli, Norman e tutti gli amici e amiche che le sono state vicine in questi anni. E anche noi qui a pensare di usare la nostra vita, le nostre vane risorse, per un mondo diverso, migliore magari.  

Non ci sono parole per dire come ci si sente. Ritorniamo alla nostra fragilità, al nostro essere poca cosa.

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