lunedì 30 aprile 2012
2012 L23: Ryszard Kapuscinski - In viaggio con Erodoto
Feltrinelli - I Narratori 2005
Il giornalista polacco ripercorre le proprie vicende, raccontando retroscena finora ignorati delle sue storie: dall'infanzia povera a quando, fresco laureato, venne mandato allo sbaraglio prima in India e poi in Cina, senza conoscere niente di quei paesi. Ci rivela le difficoltà incontrate e, di fronte a queste difficoltà, il suo punto di riferimento, il testo da leggere e rileggere è sempre stato Erodoto. Per Kapuscinski Erodoto è stato non tanto uno storico, quanto il primo vero reporter della storia: il suo bisogno di viaggiare, di toccare con mano, di raccogliere dati, paragonarli ed esporli, con tutte le necessarie riserve che è giusto nutrire riguardo alle storie riferite da altri, fa di Erodoto un giornalista a pieno titolo.
gran bel libro, seconda volta che lo leggo. Sarà nella top ten.
sabato 28 aprile 2012
Non solo critiche
Un buon diagnostico è importante per cominciare a porre le basi, ma poi bisogna anche sporcarsi le mani e costruire. Apro quindi uno spazio per eventuali suggerimenti in vista di quelli che potrebbero essere degli assi portanti di un programma condivisibile da varie movenze politiche:
1. Cura del territorio: ripartire dal locale, sia nella valorizzazione agro-alimentare e paesaggistico-culturale che nella dimensione economico-produttiva
2. Punizione severa delle sofisticazioni alimentari
3. Lotta contro i monopoli e posizioni dominanti in vari settori (distribuzione alimentare, carburanti ed energia, telecomunicazioni ecc.) nazionali, europei e/o mondiali
4. Giustizia rapida, umana ed efficiente
5. ....
si accettano contributi
giovedì 26 aprile 2012
Treni che non arrivano - che si fermano in mezzo al nulla, metropolitane sporche.... sogno di primavera...
Posto che se siamo arrivati al governo Monti è perchè quello precedente ci stava portando alla rovina, economica, sociale, culturale ed etica, il punto è di capire quanto il governo attuale sia all'altezza dell'insieme di sfide da affrontare.
Seguendo dal di fuori, come un normalissimo cittadino, risulta ogni giorno più evidente che si tratti di un governo attento ai numeri, a cercare di mettere delle regole di base (vedi il caso del beauty contest) e che, globalmente, sconti un'impostazione di tipo liberal borghese che vive ad anni luce dai problemi normali di tutti i cittadini.
Lodevole lo sforzo di mettere al sicuro le cifre, insufficente lo sforzo (non) fatto per capire chi siano gli italiani e che cosa chiedono, di base, a chi li governa. Le infelici uscite, del tipo: se gli italiani non mi capiscono sono pronto ad andarmene, associate al verbalismo eccessivo del ministro Fornero, lasciano l'amaro in bocca. Parzialmente, dato che l'estrazione borghese di questo governo (nelle sue componenti essenziai) non poteva che dare risposte culturalmente affini alle visioni di quel mondo che, piaccia o meno, non rappresenta la maggioranza di noi italiani.
Noi italiani siamo quelli che la mattina ci alziamo molto presto per cercare, con i mezzi pubblici a disposizione, di recarci sul luogo di lavoro (chi ce l'ha). Andiamo nelle stazioni, dei treni e della metro, là dove le scale mobili sono ferme dall'età della pietra, là dove non esiste la minima idea di dare le informazioni in tempo reale agli utenti, là dove i treni vengono cancellati, le metro aspettano sette, otto minuti prima di passare (parlo della Capitale, non di chissà dove...). Saliamo su treni sporchi, dove non passa mai un controllore a dirti il perchè... a volte ci tocca cercare un taxi, e tutti noi che non abbiamo l'autista che ci aspetta sotto sappiamo cosa voglia dire. Siamo sempre noi ad entrare negli uffici delle amministrazioni pubbliche per cercare di espletare le pratiche necessarie per continuare ad essere bravi cittadini italiani... e provate per credere: se non avete un amico, conoscente, vicino od altro che vi introduca nei meandri, non ne uscirete vivi. Siamo sempre noi ad andare a fare le file negli ospedali o altrove si somministri qualcosa che riguardi la sanità pubblica....
Ecco, siamo noi che se vedessimo dei segnali di cambio da parte di queste istituzioni, ai vari livelli, cominciando da quelli nazionali, un rispetto degli orari, un servizio di informazioni efficente, treni e metro puliti e non trasformati in cloache a cielo aperto... ecco allora probabilmente ci diremmo in cuor nostro: mannaggia sto governo, ci pela vivi, ma almeno qualcosa si vede che cambia, adesso, non fra vent'anni. Ricordiamoci di quell'altro governo, correva l'anno 1992, che ugualmente ci pelò vivi, perchè i governi precedenti avevano sfondato tutti i livelli di decenza economico-finanziaria. Grazie ad Amato e Ciampi riuscimmo a salvarci in corner, ma si trattava sempre e solo del campionato economico finanziario. Quegli altri, cultura, servizi, etica e tutto il resto, non entrarono mai nell'agenda di quei governi così come non fanno parte di questo governo.
Non è nemmeno colpa loro in fondo, questa è la loro cultura e questo possono esprimere. Dispiace che in tutti questi mesi quei partiti (penso al settore NON PDL) che in teoria avrebbero potuto essere sensibili su questi altri temi, avrebbero potuto spingere perchè qualcosa si facesse. Non sono misure care, anzi probabilmente sono a costo zero e a beneficio sociale più che positivo. Ma aspettarci notizie su questi fronti sembra che sia senza speranza.
Anni fa dicevamo che non volevamo morire democristiani, poi siamo passati a non voler morire berlusconiani, fra un po' staremo lì ad aspettare di liberarci di Monti.. ma magari un giorno avremo anche diritto di morire italiani, normali, in un paese dove l' abc delle regole sia rispettato, un po' di più.. non chiedo la luna.
Il giorno che un governo (certo non questo), riuscirà a farci sorridere noi italiani qualunque, perchè le informazioni ci saranno, perchè i treni, le metro, saranno in orari e puliti, i taxi arriveranno, i mezzi pubblici circoleranno ad orari (più o meno) certi, che la trasparenza sarà di casa nelle transazioni delle amministrazioni comunali, provinciali, regionali e nazionali, allora anche tutto il pacchetto fiscale passerà meglio, semplicemente perchè avremo la sensazione di far parte dello stesso paese. Che magari poi un giorno arrivi un governo che faccia anche pagare sul serio le grosse fortune nazionali, allora saremo realmente in paradiso. Per il momento ci tocca contentarci degli altezzosi che abbiamo messo lì perchè ci parino le pezze al culo finanziario. Siamo così mal messi che dobbiamo festeggiare le frasi di Mario Draghi, il quale ha richiamato tutti i 27 alla necessità di un patto per la crescita.Monti e compagnia continuano a promettere crescita di qua e crescita di la... tanto che la parola crescita è diventata un buzz in Italia, inflazionata senza che se ne sia mai visto il contenuto. Poi arriva Draghi e lo dice lui: sveglia compari....
Xuor Elite: Friggitelli con ripieno di carne
Ingredienti: carne macinata di manzo sceltissima
macinato per salsicce
cipolla
prezzemolo
e friggitelli
Lavare i friggitelli, togliere il peduncolo e i semi. Mescolare le varie carni, la cipolla, il prezzemolo, sale (poco perchè la carne da salsicce è già salata) e pepe e farcire i friggitelli.
In forno, con sopra una scatola di polpa di pomodoro e un filetto d'olio d'oliva. 180 gradi per 30-40 minuti almeno.
Friggitelli: nome usato qui in Italia centrale. In campania, dove sono più usati, si chiamano friarelli. Si tratta di una cultivar particolare di peperoni verdi, nani e dolci, non piccanti.
mercoledì 25 aprile 2012
Cemento amaro(ne): il Consiglio di Stato respinge l'appello di Cementirossi
seguite la storia sul blog di Fumane Futura (fumanefutura.blogspot.it)
In breve: nella terra dell'Amarone sono insediati, da decenni, delle cave di marmo e un cementificio. La convivenza tra loro è difficile ed è sintomatica di come vogliamo intendere il nostro sviluppo territoriale futuro. Alcuni produttori iniziano la streada dell'Amarone biologico mentre la ditta di cemento cerca di migliorare le sue tecniche lavorative per ridurre le particelle emesse, il che comporta la costruzione di una ciminiera di oltre 100 metri di altezza che rischia di rovinare tutto il paesaggio e mandare in rovina l'aspetto paesaggistico locale... una storia non facile che cercheremo di raccontare nel prossimo libro che io e Pierre stiamo iniziando a disegnsare.
martedì 24 aprile 2012
Ricetta Charlie: Zaeti
per chi non lo sapesse, i zaeti sono biscotti tipici di Venessia...
Ingredienti:
- 250 gr d farina gialla fioretto
- 250 gr di farina bianca normale
- 100 gr di zucchero + zucchero a velo per decorare
- 100 gr di burro
- 3 uova
- 100 gr di uvetta
- 1 scorza di un limone
- 1/2 bustina di lievito
Prescaldare il forno a 180° e mettete l'uvetta in una ciotola d'acqua a far rammollire
Setacciate le farine e aggiungete in seguito lo zucchero e il lievito.
Aggiungere al composto le uova, il burro, la scorza di limone e l'uvetta.
Lavorate la pasta in modo da renderla un composto abbastanza omogeneo ( non c'è bisogno di lavorarla molto).
Prendete una pallina di pasta e apponggiandola sulla teglia del forno (inburrata o con carta forno) schiacciatela per darle la forma ovale. Fate tante palline in modo da terminare tutto l'impasto.
Mettete in forno per circa 15-20 min.
Spolverate di zucchero a velo quando li togliete dal forno.
2012 L22: Francesca Ventura - Giallo Etrusco
Sovera Edizioni 2010
Il maresciallo Mezzetti è impegnato,questa volta, nella testarda ricerca di un ipotetico assassino e di un tesoro etrusco forse tornato alla luce. Nel cercare la verità il giovane ufficiale incontra numerosi personaggi, su cui aleggia costantemente l'ombra del sospetto, del tradimento e dell'inganno. Il racconto si svolge in Toscana, in un'atmosfera quasi gotica, pur non mancando dell'ironia e della leggerezza che contraddistinguono la scrittura dell'autrice. La trama è estremamente movimentata ed avvincente, ricca di colpi di scena e suspance. Chi ha amato il precedente volume, Rosso d'annata, potrà ritrovarvi la stessa suggestiva ambientazione.
Un po' così... dopo la lettura di Gilmore avevo bisogno di riposarmi, ma questo mi ha fatto quasi dormire; soprattutto la fine dove in due pagine spiega una storia complicatissima con russi, esplosioni, traffici di arte etrusca e romana.. tutto ex post.. boh, si poteva far meglio. Poi quel bellone del maresciallo che tutti si girano a guardare, insomma, roba da adolescenti...
domenica 22 aprile 2012
Presidenziali francesi. le lezioni del terzo incomodo Melenchon
Vincerà Hollande, non ci sono dubbi. La questione è capirne il significato, nell'ottica europea e, magari, mondiale.
Dico subito che non voterei per Hollande, per una serie di ragioni (personali) che vanno da una mancanza storica di carisma, per lo scarsissimo appoggio dato alla moglie Segolene cinque anni fa quando avrebbe potuto vincere se il partito, da lui condotto, avesse fatto gioco di squadra. Quel gioco di squadra che ha preteso per sè al momento di queste elezioni. Poca o nulla esperienza vera di gestione, a parte il PS (che comunque non è male come nido di vipere), ha sempre dato l'impressione di seguire onde di pensiero che non dominava e non determinava. Detto questo, di fronte all'impresentabile Sarkò, con Hollande si cambia aria.
Ma la vera aria fresca è venuta chiaramente dal candidato del fronte di sinistra Jean Luc Melenchon. Una capacità di empatia col popolo che non si sentiva da anni, una chiarezza nelle posizioni (sulle quali si può essere d'accordo o meno) che non trovi in nessuno dei principali candidati e un "parler vrai" che gli dà un plus di credibilità. La speranza, personale, è che sia lui a vincere, ma ovviamente non esiste questa possibilità. Il punto sarà quanto questa forza riuscirà a spingere per un tentativo di cambiamento serio delle politiche fin qui portate avanti dal governo francese.
Siamo di fronte a un fronte europeo, guidato dalla Merkel, che continua a portar avanti delle politiche scellerate che ci stanno portando sempre più nel profondo di una crisi dalla quale non si vede via d'uscita. Una crisi che, ripetiamolo ancora una volta, è stata creata dalle banche da un lato e da un capitalismo turbo-finanziario senza più regole e controlli dall'altro. Cioè, ripetiamo anche questo, non da articoli 18 o simili. Per venirne fuori si è scelto di dare soldi a chi? Alle volpi che hanno svuotato il pollaio.Capirne la logica, se la si guarda con gli occhi della classe media svuotata ogni giorno di più, è impossibile. Ma se invece si segue il filo dell'antico proverbio veneto: "schei fa schei e peoci fa peoci" allora forse capiamo meglio. L'indifferenza rispetto ai problemi sentiti dalla maggioranza delle popolazioni è caratteristica comune di una classe aristocratica che si crede oramai tutto permesso. Da trent'anni tutte le strade le sono state aperte, da quando Reagan e la Tatcher hanno aperto i rubinetti del diluvio universale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, non solo a livello nazionale o europeo, ma a livello mondiale. Istituzioni rovinate, governi ridotti al minimo, budget nazionali ridotti ai minimi termini, aperture al settore privato sempre favorito con legislazioni e trattamenti di favore, truffe mondiali portate a livello di pratiche commerciali normali (oramai non esiste una trattativa mondiale importante, per petrolio, armamenti, grosse infrastrutture etc. che non si risolva via mazzette e servizi segreti). Trent'anni di sodoma e gomorra ci hanno portato all'anticamera di quella crisi che, continuando così, arriverà nei prossimi anni.
Quello che stiamo vivendo non è ancor nulla rispetto a quello che ci attende. Ma lasciare che a curarci siano quelli che ci hanno ficcato dentro questa situazione non può che preoccupare. E non sarà un Hollande qualsiasi a cambiare i dati di fondo. Ma se per caso Melenchon riuscisse a fare il miracolo di imporsi come terzo incomodo, forse il futuro governo socialista avrà la forza per imporre ai tedeschi un cambio di rotta indispensabile.
Il cammino che lo ha portato lì è quello che ci interessa. Mettere assieme delle forze che, globalmente, non valevano neanche un cinque per cento, imporre un passo indietro ai particolarismi di ogni micro partito, elaborare una visione chiara e coerente e non aver paura di dire pane al pane, il tutto condito con uno stile oratorio che, al contario della Le Pen o di Sarkozy che cercano di squalificare l'uso della lingua, infarcendola di parolacce e un gergo da bar del porto, ha portato una qualità alta, dimostrando che la ricerca dei voti "poveri" può andare assieme alla ricerca del sogno, della qualità della parola e della chiarezza delle idee.
Sognare si può. Soprattutto si deve. Ricordiamoci che non basta votare, bisogna tradurre questo in energia da mettere a disposizione per ricreare la forma aggregazionale necessaria ad affrontare le sfide che ci attendono. Guardando il panorama nazionale siamo alla disperazione. Nessuno dei partiti e movimenti in giro ha un respiro internazionale degno di questo nome. Si continua a guardare a questa crisi come a una cosa locale, cambio l'articolo 18 e ti risolvo il problema: roba da poveracci. Non si vuol capire che si tratta di una crisi che viene da lontano e che come tale va trattata, con cure strutturali che non possono non passare per un imbrigliamento del sistema turbo-finanziario e bancario. Capiamoci bene, non siamo qui a chiedere l'eliminazione del capitalismo o della globalizzazione. Siamo qui a dire che ci vogliono più regole e organismi al di sopra dei mercati, nazionali ed internazionali, più forti, che devono imporre - non negoziare, imporre! - queste regole ai banditi che continuano ad approfittare del sistema attuale. Non è una lotta contro persone, ma contro istituzioni, banche e roba del genere. Stati più forti ma nello stesso tempo più imbrigliati dentro regole (rights based approach) da dover rispettare anche loro. Bisogna tagliare la testa all'idra che si presenta con le facce di Bernanke al Tesoro americano, con quella della Monsanto per lottare contro la fame del mondo, e quelle di compagnie come la Standard & Poor o simili agenzie di rating. Sono le facce dello stesso modello dove comandano loro, pochi, e dove la maggioranza soffre: chi la fame e chi la povertà. Un' idra così non si può "gestirla", bisogna farla fuori. Il potere deve tornare ad essere di chi è maggioranza. Ma sarà una lotta difficile. L'idra ha capito che il controllo globale passa anche da un controllo dell'educazione e della cultura. Una volta votavano i "signori", pochi e ben ammanicati fra loro. Adesso i nuovi signori sono quelli che hanno accesso all'informazione: mandano i loro figli nelle stesse grandi scuole, la pensano tutti allo stesso modo e alla fine si ritrovano nei consigli di amministrazione pèer portare avanti le stesse politiche. Quelli comandavano, prima e questi comandano adesso. Ma la grande novità, è che più che affidarsi ai nuovi signori, quello che interessa all'idra è la massa di "simil ignoranti" che hanno un accesso subordinato all'informazione, cioè sono malleabili e le loro posizioni possono essere predeterminate. I "cornuti e mazziati": gli stessi che pagano il prezzo della crisi votano per quelli che l'hanno creata. Bisogna ammettere che un livello di cinismo tale era difficile da immaginare nei secoli passati. L'idra non ha più paura del popolo puzzone, adesso può anche permettersi di prenderlo in giro e farne quel che vuole. L'idra può lasciar fare i vari indignados, gli occupy wall-street e altri movimenti del genere, tanto alla fine quando si vota, come abbiamo visto in Spagna, la massa dei "simil ignoranti" va a rinforzare il potere di quelli che li hanno tosati. Pecore erano e pecore saranno. La chiave quindi torna nella cultura: leggere, leggere e leggere. Da questo si parte, per impegnarci ed organizzarci. Coraggio.. iniziamo ...
Dico subito che non voterei per Hollande, per una serie di ragioni (personali) che vanno da una mancanza storica di carisma, per lo scarsissimo appoggio dato alla moglie Segolene cinque anni fa quando avrebbe potuto vincere se il partito, da lui condotto, avesse fatto gioco di squadra. Quel gioco di squadra che ha preteso per sè al momento di queste elezioni. Poca o nulla esperienza vera di gestione, a parte il PS (che comunque non è male come nido di vipere), ha sempre dato l'impressione di seguire onde di pensiero che non dominava e non determinava. Detto questo, di fronte all'impresentabile Sarkò, con Hollande si cambia aria.
Ma la vera aria fresca è venuta chiaramente dal candidato del fronte di sinistra Jean Luc Melenchon. Una capacità di empatia col popolo che non si sentiva da anni, una chiarezza nelle posizioni (sulle quali si può essere d'accordo o meno) che non trovi in nessuno dei principali candidati e un "parler vrai" che gli dà un plus di credibilità. La speranza, personale, è che sia lui a vincere, ma ovviamente non esiste questa possibilità. Il punto sarà quanto questa forza riuscirà a spingere per un tentativo di cambiamento serio delle politiche fin qui portate avanti dal governo francese.
Siamo di fronte a un fronte europeo, guidato dalla Merkel, che continua a portar avanti delle politiche scellerate che ci stanno portando sempre più nel profondo di una crisi dalla quale non si vede via d'uscita. Una crisi che, ripetiamolo ancora una volta, è stata creata dalle banche da un lato e da un capitalismo turbo-finanziario senza più regole e controlli dall'altro. Cioè, ripetiamo anche questo, non da articoli 18 o simili. Per venirne fuori si è scelto di dare soldi a chi? Alle volpi che hanno svuotato il pollaio.Capirne la logica, se la si guarda con gli occhi della classe media svuotata ogni giorno di più, è impossibile. Ma se invece si segue il filo dell'antico proverbio veneto: "schei fa schei e peoci fa peoci" allora forse capiamo meglio. L'indifferenza rispetto ai problemi sentiti dalla maggioranza delle popolazioni è caratteristica comune di una classe aristocratica che si crede oramai tutto permesso. Da trent'anni tutte le strade le sono state aperte, da quando Reagan e la Tatcher hanno aperto i rubinetti del diluvio universale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, non solo a livello nazionale o europeo, ma a livello mondiale. Istituzioni rovinate, governi ridotti al minimo, budget nazionali ridotti ai minimi termini, aperture al settore privato sempre favorito con legislazioni e trattamenti di favore, truffe mondiali portate a livello di pratiche commerciali normali (oramai non esiste una trattativa mondiale importante, per petrolio, armamenti, grosse infrastrutture etc. che non si risolva via mazzette e servizi segreti). Trent'anni di sodoma e gomorra ci hanno portato all'anticamera di quella crisi che, continuando così, arriverà nei prossimi anni.
Quello che stiamo vivendo non è ancor nulla rispetto a quello che ci attende. Ma lasciare che a curarci siano quelli che ci hanno ficcato dentro questa situazione non può che preoccupare. E non sarà un Hollande qualsiasi a cambiare i dati di fondo. Ma se per caso Melenchon riuscisse a fare il miracolo di imporsi come terzo incomodo, forse il futuro governo socialista avrà la forza per imporre ai tedeschi un cambio di rotta indispensabile.
Il cammino che lo ha portato lì è quello che ci interessa. Mettere assieme delle forze che, globalmente, non valevano neanche un cinque per cento, imporre un passo indietro ai particolarismi di ogni micro partito, elaborare una visione chiara e coerente e non aver paura di dire pane al pane, il tutto condito con uno stile oratorio che, al contario della Le Pen o di Sarkozy che cercano di squalificare l'uso della lingua, infarcendola di parolacce e un gergo da bar del porto, ha portato una qualità alta, dimostrando che la ricerca dei voti "poveri" può andare assieme alla ricerca del sogno, della qualità della parola e della chiarezza delle idee.
Sognare si può. Soprattutto si deve. Ricordiamoci che non basta votare, bisogna tradurre questo in energia da mettere a disposizione per ricreare la forma aggregazionale necessaria ad affrontare le sfide che ci attendono. Guardando il panorama nazionale siamo alla disperazione. Nessuno dei partiti e movimenti in giro ha un respiro internazionale degno di questo nome. Si continua a guardare a questa crisi come a una cosa locale, cambio l'articolo 18 e ti risolvo il problema: roba da poveracci. Non si vuol capire che si tratta di una crisi che viene da lontano e che come tale va trattata, con cure strutturali che non possono non passare per un imbrigliamento del sistema turbo-finanziario e bancario. Capiamoci bene, non siamo qui a chiedere l'eliminazione del capitalismo o della globalizzazione. Siamo qui a dire che ci vogliono più regole e organismi al di sopra dei mercati, nazionali ed internazionali, più forti, che devono imporre - non negoziare, imporre! - queste regole ai banditi che continuano ad approfittare del sistema attuale. Non è una lotta contro persone, ma contro istituzioni, banche e roba del genere. Stati più forti ma nello stesso tempo più imbrigliati dentro regole (rights based approach) da dover rispettare anche loro. Bisogna tagliare la testa all'idra che si presenta con le facce di Bernanke al Tesoro americano, con quella della Monsanto per lottare contro la fame del mondo, e quelle di compagnie come la Standard & Poor o simili agenzie di rating. Sono le facce dello stesso modello dove comandano loro, pochi, e dove la maggioranza soffre: chi la fame e chi la povertà. Un' idra così non si può "gestirla", bisogna farla fuori. Il potere deve tornare ad essere di chi è maggioranza. Ma sarà una lotta difficile. L'idra ha capito che il controllo globale passa anche da un controllo dell'educazione e della cultura. Una volta votavano i "signori", pochi e ben ammanicati fra loro. Adesso i nuovi signori sono quelli che hanno accesso all'informazione: mandano i loro figli nelle stesse grandi scuole, la pensano tutti allo stesso modo e alla fine si ritrovano nei consigli di amministrazione pèer portare avanti le stesse politiche. Quelli comandavano, prima e questi comandano adesso. Ma la grande novità, è che più che affidarsi ai nuovi signori, quello che interessa all'idra è la massa di "simil ignoranti" che hanno un accesso subordinato all'informazione, cioè sono malleabili e le loro posizioni possono essere predeterminate. I "cornuti e mazziati": gli stessi che pagano il prezzo della crisi votano per quelli che l'hanno creata. Bisogna ammettere che un livello di cinismo tale era difficile da immaginare nei secoli passati. L'idra non ha più paura del popolo puzzone, adesso può anche permettersi di prenderlo in giro e farne quel che vuole. L'idra può lasciar fare i vari indignados, gli occupy wall-street e altri movimenti del genere, tanto alla fine quando si vota, come abbiamo visto in Spagna, la massa dei "simil ignoranti" va a rinforzare il potere di quelli che li hanno tosati. Pecore erano e pecore saranno. La chiave quindi torna nella cultura: leggere, leggere e leggere. Da questo si parte, per impegnarci ed organizzarci. Coraggio.. iniziamo ...
sabato 21 aprile 2012
Anemia...(2)
Una pagina al giorno. Questo l'obbiettivo che mi sono riproposto da quando sono a casa per colpa di questa anemia che non so da dove venga.
Ma è molto difficile da mantenere. Non avendo ossigeno nel sangue i muscoli ne ricevono poco e quindi ti stanchi subito. Sensazione bizzarra: ti alzi in piedi a velocità normale e la testa comincia a girarti subito. Se esci a comprarti il giornale devi pensare a un itinerario senza scale e comunque dopo aver fatto cento metri a piedi devi stenderti sul divano.
Per chi, come me, era abituato a far mille cose assieme, è la peggior tortura. Scrivere un post mi costa molta energia e quindi devo andare all'essenziale. Basta pensieri lunghi. Pastiglie di ferro, mattina, mezzogiorno e sera..bistecche e vino rosso.. ma dopo tre giorni di carne ho già il voltastomaco...
Adesso basta, riposo....
Ma è molto difficile da mantenere. Non avendo ossigeno nel sangue i muscoli ne ricevono poco e quindi ti stanchi subito. Sensazione bizzarra: ti alzi in piedi a velocità normale e la testa comincia a girarti subito. Se esci a comprarti il giornale devi pensare a un itinerario senza scale e comunque dopo aver fatto cento metri a piedi devi stenderti sul divano.
Per chi, come me, era abituato a far mille cose assieme, è la peggior tortura. Scrivere un post mi costa molta energia e quindi devo andare all'essenziale. Basta pensieri lunghi. Pastiglie di ferro, mattina, mezzogiorno e sera..bistecche e vino rosso.. ma dopo tre giorni di carne ho già il voltastomaco...
Adesso basta, riposo....
venerdì 20 aprile 2012
2012 L 21: Mikal Gilmore - Un long silence
Sonatine Editions, 2010
Gary Gilmore est l’un des condamnés à mort les plus célèbres des Etats-Unis. Après avoir passé une partie de sa vie derrière les barreaux pour vols à main armée, il fut accusé de meurtre en juillet 1976, au moment même où la Cour Suprême, dix ans après la dernière exécution, venait d’autoriser à nouveau la peine capitale. En réclamant lui-même sa mise à mort, plutôt qu’une peine de prison à perpétuité Gilmore enflamma le débat dans tout le pays. Il sera finalement exécuté le 17 janvier 1977 au matin. Quelques années plus tard, Norman Mailer lui consacrera un de ses chefs d’oeuvre, Le Chant du bourreau. Le frère cadet de Gary, Mikal Gilmore, rédacteur en chef au Rolling Stone magazine, aura tenté pendant des années de mettre cette histoire tragique de côté. En vain. Avant qu’elle ne dévaste complètement son existence, comme elle a dévasté les siens, il s’est décidé à la mettre par écrit, pour essayer de mieux comprendre son héritage, dénouer les liens du sang et échapper à la malédiction familiale.http://www.babelio.com/livres/Gilmore-Un-Long-silence/230087
Freddo ai piedi, durante tutta la lettura del libro. Nel linguaggio dei fumetti è sinonimo di paura (quante volte Tex Willer o Kit Carson hanno usato questa espressione: Ehi, freddo ai piedi?"). Chissà perchè penso a questo, adesso che vengo a chiudere l'ultima pagina di questo libro. Una primavera strana, una giornata che continua a passare da piovaschi a brevi passaggi di sole, io steso sul divano, senza energie a causa di questa anemia che mi fa pesare anche il solo tenere il libro in mano. Sono più di 500 pagine, e la storia è di quelle che non vorresti leggere, una storia dalla quale non vuoi farti prendere: una storia di morte, senza fine, raccontata attraverso l'epopea familiare dei Gilmore.
Come sempre scrivendo un libro si lasciano passare altre cose, i non detti, cose che sembrano ovvie per chi ci vive dentro ma che per un lettore alieno sono spunti interessanti, anche se magari centrano poco con la storia narrata.
Essendo ambientato in America, e più in particolare nell'America mormona dell'Utah, le cose (per me) strane, si riferiscono a questo paese. La prima stranezza è la possibilità di cambiare nome, cognome, identità che quel paese sembra dare. Il padre dell'autore ha potuto farlo con almeno 6 nomi diversi, avere dei documenti ufficiali, cambiandoli di continuo, senza che questo creasse il minimo imbarazzo a qualcuno. Lo stesso Mikal non sembra trovare strano tutto ciò: ti svegli alla mattina chiamandoti Paolo Rossi, decidi di cambiar vita e nel pomeriggio sei Giovanni Mastrocicco, con documenti nuovi. Poi domani cambi ancora e avanti così.
Colpisce anche l'assenza totale di quella che, per noi europei, è l'essenza stessa del nostro patto sociale con i nostri governi: un sistema di diritti - salute, educazione, pensione, che non esiste laggiù e che, in vari momenti della storia familiare, si presentano come veri e propri problemi di sopravvivenza: il fratello che non viene ammesso in due ospedali perchè non ha una assicuarazione medica, la madre che, causa l'artrite, "dovrà" lasciare il lavoro - senza che l'idea di una pensione passi per la testa dello scrittore. Per noi sembra un altro mondo. Lo stesso si potrebbe dire della facilità di trovare case da affittare, cosa che si risolve, nei vari pellegrinaggi cui il padre sottopone la famiglia, nel giro di mezza giornata appena arrivato in città. Chi ha sperimentato le difficoltà di trovar casa in affitto in Italia, può avere l'impressione che si tratti di un altro mondo. E poi l'accettazione di vivere nei mobile home come una cosa ovvia, parte del American way of life: in nessun momento Mikal ha una parola di rimostranza su questo, segno di quanto sia parte del loro essere. La cosa che poi sicuramente colpisce di più è il livello di violenza famigliare che percorre tutta la storia della famiglia, dalla prima all'ultima pagina. Ma poi, quando alla fine narra dell'intervista di Nicole alla televisione e di come la violenza intrinseca al rapporto uomo donna fosse considerata "normale" dal giornalista, tanto da cercare di addossare a lei la colpa degli omicidi commessi da Gary, per il fatto di non esser rimasta con lui a continuare a prendere le legnate quotidiane che lui le dava, ti vien da pensare che stiamo ad altri livelli rispetto a quelli a cui siamo abituati. E' questo a rendere difficile la lettura all'inizio perchè le tante, troppe violenze famigliari provocano in me, lettore europeo medio, una domanda ovvia: perchè non reagiscono? Ma forse sono fatti così, una società diversa dalla nostra, più superficiale nei rapporti personali (roba da perdere la testa a star dietro ai rapporti, matrimoni etc. che vanno in frantumi nel giro di uno-due anni), più agile nella vita amministrativa ma dove la relazione basilare tanto proclamata, (la famiglia) di fatto esce completamente distrutta da questo libro.
Una bella scrittura che ti tira dentro, ma che quando arrivi alla fine del libro ti dici che sei contento di averlo finito, e che sia uscito un raggio di sole per scaldare questa giornata.
Sarà nella top ten dell'anno. Grazie Pierre.
Paul Krugman e Beppe Grillo: il dilemma de La Repubblica
Giornale di oggi: p. 39, due articoli centrali. Il primo che leggo è quello di Gad Lerner, una delle grandi firme del giornale nonchè di vari programmi televisivi. Si può tacciarlo di molte cose ma non di non essere un professionista riconosciuto e un analista attento. Lerner fa parte di quella categoria politica che vede in Beppe Grillo e il suo Movimento niente altro che una forma di populismo, pericoloso in questa fase della crisi della democrazia, in Italia ed altrove. Come lui se ne trovano altri, sempre di peso, sullo stesso giornale, come Curzio Maltese ad esempio. Nell'articolo di oggi mi ha colpito la frase seguente: "La parola d'ordine dell'uscita dall'euro, lanciata da Beppe Grillo, nella sofferenza sociale provocata dalla recessione potrebbe trovare sponsor ben più potenti". Tutto questo in un contesto dove risulta chiaro l'apparentamento di Grillo con la categoria dei populisti - e quindi le sue proposte vanno viste come parte dello stesso brodo.
Poi comincio a leggere l'altro articolo, stessa pagina, di Paul Krugman. Economista di fama mondiale, progressista notorio, di tutto può essere tacciato salvo di far parte del gruppo dei qualunquisti o populisti. E cosa dice l'articolo, a partire dal titolo? Cito: "L'Europa può salvarsi se si libera dell'euro". Il testo è interessante e facile da leggere, per cui inviterei chi sia interessato a capire come venir fuori da questa crisi a leggerlo.
Stesso giornale, stessa pagina, due tesi contrapposte ma con pochissima permeabilità. Le tesi di Krugman non sono nuove, e La Repubblica è ben contenta di poter contare questo economista fra le sue "firme" importanti. Krugman è un nome che dà visibilità, permette di far parte di quella leadership liberal-progressista che La Repubblica ha sempre cercato fin dalla sua nascita (essendo un fedele lettore dall'epoca credo poter vantare un'opinione in materia). Grillo invece fa parte di quelle persone che, per ragioni ancor poco chiare, non piacciono ai piani alti del giornale. Come lui Di Pietro, accumulati nella categoria dei populisti da quattro soldi. Certo che farebbe piacere, per quella fascia liberal progressista che si riconosce in questi dibattiti aperti e soprattutto incerti, sulla crisi politica, economica e sociale poter trovare un minimo di chiarezza e coerenza. Difficile capire perchè Grillo sia qualunquista quando propone l'uscita dall'euro e non lo sia Krugman quando indica lo stesso cammino. Non che a me stia particolarmente simpatico Grillo, ma mi sembra evidente che qui si stiano applicando due pesi e due misure. Non chiedo alla Repubblica di prendere una posizione unica, al contrario mi sembra corretto che un grande giornale possa ospitare dibattiti d'idee e di posizioni diverse; ma sicuramente un trattamento più corretto in modo da evitare questi scompensi ormonali a cui il giornale va incontro ogni tanto.
Poi comincio a leggere l'altro articolo, stessa pagina, di Paul Krugman. Economista di fama mondiale, progressista notorio, di tutto può essere tacciato salvo di far parte del gruppo dei qualunquisti o populisti. E cosa dice l'articolo, a partire dal titolo? Cito: "L'Europa può salvarsi se si libera dell'euro". Il testo è interessante e facile da leggere, per cui inviterei chi sia interessato a capire come venir fuori da questa crisi a leggerlo.
Stesso giornale, stessa pagina, due tesi contrapposte ma con pochissima permeabilità. Le tesi di Krugman non sono nuove, e La Repubblica è ben contenta di poter contare questo economista fra le sue "firme" importanti. Krugman è un nome che dà visibilità, permette di far parte di quella leadership liberal-progressista che La Repubblica ha sempre cercato fin dalla sua nascita (essendo un fedele lettore dall'epoca credo poter vantare un'opinione in materia). Grillo invece fa parte di quelle persone che, per ragioni ancor poco chiare, non piacciono ai piani alti del giornale. Come lui Di Pietro, accumulati nella categoria dei populisti da quattro soldi. Certo che farebbe piacere, per quella fascia liberal progressista che si riconosce in questi dibattiti aperti e soprattutto incerti, sulla crisi politica, economica e sociale poter trovare un minimo di chiarezza e coerenza. Difficile capire perchè Grillo sia qualunquista quando propone l'uscita dall'euro e non lo sia Krugman quando indica lo stesso cammino. Non che a me stia particolarmente simpatico Grillo, ma mi sembra evidente che qui si stiano applicando due pesi e due misure. Non chiedo alla Repubblica di prendere una posizione unica, al contrario mi sembra corretto che un grande giornale possa ospitare dibattiti d'idee e di posizioni diverse; ma sicuramente un trattamento più corretto in modo da evitare questi scompensi ormonali a cui il giornale va incontro ogni tanto.
giovedì 19 aprile 2012
Anemia...
avrete notato un certo rallentamento negli ultimi giorni e settimane. Effettivamente ho scoperto che la causa della mia fiacchezza è un'anemia di cause sconosciute. Il crollo dei globuli rossi fa si che non ci sia molto ossigeno in giro, per cui mi è anche difficile stare in piedi.
Da ieri ho cominciato a prendere dei rimedi.. per un paio di mesi.. poi si vedrà....
un caro saluto a tutti, paolo
Da ieri ho cominciato a prendere dei rimedi.. per un paio di mesi.. poi si vedrà....
un caro saluto a tutti, paolo
Lega Ladrona
Sul ponte di Caorle, certifica Curzio Maltese (ieri, La Repubblica http://triskel182.wordpress.com/2012/04/18/nel-veneto-tradito-da-bossi-adesso-maroni-fara-i-conti-con-noi-curzio-maltese/) oggi campeggia un definitivo: LEGA LADRONA.
Interessante il parere di Rocchetta, fondatore della Liga Veneta: «A Bossi del federalismo non è mai fregato niente. E’ stato al governo dieci anni e le uniche riforme federaliste le ha fatte l’Ulivo con i decreti Bassanini e la riforma del titolo V della Costituzione, soltanto che sono troppo stupidi per rivendicarla e anzi se ne vergognano. Bossi ha replicato con la devolution, che è una solenne pagliacciata».
Voglio sottolineare anche quest'altro commento del giornalista, sulla comparazione fra Padania e Serenissima: "La Padania è un falso mito senza storia e la Serenissima ne ha troppa. I padani non sono mai esistiti, mentre i veneti sono un popolo da tremila anni e da allora si lamentano dei vicini. I lombardi sono dialetti e il veneto è una lingua da prima dell’italiano. Il sole padano è paccottiglia pseudo celtica e il Leone alato è uno dei grandi simboli della civiltà europea".
A sto punto non resta che andare a vedere l'ultimo spetacolo de l' Anonima (magnagati.it) FIOIDEPADANIA....
Interessante il parere di Rocchetta, fondatore della Liga Veneta: «A Bossi del federalismo non è mai fregato niente. E’ stato al governo dieci anni e le uniche riforme federaliste le ha fatte l’Ulivo con i decreti Bassanini e la riforma del titolo V della Costituzione, soltanto che sono troppo stupidi per rivendicarla e anzi se ne vergognano. Bossi ha replicato con la devolution, che è una solenne pagliacciata».
Voglio sottolineare anche quest'altro commento del giornalista, sulla comparazione fra Padania e Serenissima: "La Padania è un falso mito senza storia e la Serenissima ne ha troppa. I padani non sono mai esistiti, mentre i veneti sono un popolo da tremila anni e da allora si lamentano dei vicini. I lombardi sono dialetti e il veneto è una lingua da prima dell’italiano. Il sole padano è paccottiglia pseudo celtica e il Leone alato è uno dei grandi simboli della civiltà europea".
A sto punto non resta che andare a vedere l'ultimo spetacolo de l' Anonima (magnagati.it) FIOIDEPADANIA....
martedì 17 aprile 2012
L'Argentina espropria la Repsol: Brava Cristina
http://www.repubblica.it/economia/2012/04/17/news/nazionalizzazione_repsol-33431731/?ref=HREC2-5
La filiale argentina della compagnia petrolifera spagnola Repsol è stata nazionalizzata ieri con un decreto d'esproprio firmato e annunciato in televisione a reti unificate dalla "presidenta" Cristina Kirchner. Poco dopo funzionari del governo argentino, guidati dal ministro per la pianificazione Julio de Vido, sono entrati nei locali della società petrolifera, l'YPF-Repsol, hanno preso possesso della sede ed espulso tutti i dirigenti spagnoli presenti. Il colpaccio - la succursale argentina rappresenta con una produzione di 472mila barili al giorno un terzo del fatturato di Repsol - era nell'aria da settimane ma la notizia è arrivata in Spagna nel momento meno opportuno per le difficoltà a contenere la speculazione sul debito. Ieri lo "spread", che volava oltre i 460 punti, ha segnato il risultato peggiore.
Agenzia ASCA: http://www.asca.it/news-Repsol_YPF__tensione_tra_Spagna_e_Argentina__Interviene_l_Ue_%28il_punto%29-1145206-ECO.html
Altissima tensione tra Madrid e Buenos Aires dopo la decisione del governo argentino di espropriare le attivita' in territorio nazionale della compagnia petrolifera YPF, di proprieta' del gruppo spagnolo Repsol.
La scelta, annunciata ieri dalla presidente Cristina Kirchner, ha scatenato una reazione molto forte del governo spagnolo, che annuncia ritorsioni, cui si sono aggiunte le critiche dell'Unione Europea.
sabato 14 aprile 2012
2012 L 20: Robert Katz - Morte a Roma (il massacro delle Fosse Ardeatine)
Editori Riuniti edizione 1996
Roma, 24 marzo 1944. Alle Fosse Ardeatine trecentotrentacinque italiani vengono fucilati dai nazisti come rappresaglia per un attacco partigiano contro una colonna militare tedesca in via Rasella. Questo libro è il racconto documentatissimo di quei tragici giorni, una riflessione sulle responsabilità delle alte gerarchie fasciste e del Vaticano, che non intervennero per evitare la strage. Pagine indimenticabili, scandite da un ritmo incalzante, in cui si muovono personaggi come Herbert Kappler, il tenente colonnello della Gestapo principale artefice della strage, il feldmaresciallo Kesselring, capo di stato maggiore tedesco in Italia, e i grandi partigiani come Rosario Bentivegna e Carla Capponi.
A pochi giorni dalla morte di Rosario Bentivegna, questa lettura si è confermata di struggente attualità. Riporto solo un paragrafo finale dell'autore, sul ruolo del Vaticano:
"Come Hochhuth ha mostrato nel Vicario, Pio XII mancò di protestare contro la grande razzia e deportazione ad Auschwitz degli ebrei del ghetto romano. Non protestò neppure contro i movimenti attraverso Roma delle truppe tedesche avviate al fronte di Cassino e alla testa di ponte di Anzio. Non protestò contro i metodi brutali usati dalle SS nella prigione di via Tasso. Non aprì bocca sulle violenze della polizia fascista. Non aprì bocca sui rastrellamenti di massa dei romani mandati ai lavori forzati in Germania. Non fece parola delle stanze di tortura fasciste in via Principe Amedeo e più tardi nella pensione Jaccarino. E soprattutto guardava con un silenzio grottesco all'eccidio dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine".
Questo è il PIO XII che la chiesa ha reso beato!
RICORDATE GENTE, RICORDATE!
2012 L 19: Yasmina Khadra - Ce que le jour doit à la nuit
Editions Julliard, Pocket, 2008
L'itinéraire, des années 1930 à nos jours, d'un garçon algérien au destin jalonné par les tragédies. Issu d'une famille de paysans ruinés, Younes est arraché à sa mère à l'âge de 9 ans, puis confié à son oncle, notable d'Oran. Marié à une Française, l'homme rêve d'offrir une vie meilleure à ce jeune et charmant neveu. Rebaptisé Jonas, Younes intègre alors la jeunesse pied-noire de l'Algérie des années 1950. Mais la douceur de son existence sera bientôt troublée par les conflits qui agitent le pays.
Gran bel libro, che avrebbe potuto portare un titolo diverso: l'indeciso. La storia, letta al maschile di una serie di non scelte, sul piano personale e politico (lotta per l'indipendenza dell'Algeria). Notevole l'assenza di riflessioni più profonde sul femminile nel mondo islamico. Ma come sempre un libro va letto anche per quello che non dice e non trovi. Bravo l'autore, che ci fa capire, per omissione, quanto resti da fare in quel paese e in quella visione dei rapporti di genere per arrivare a una vera parità.
giovedì 12 aprile 2012
Crisi: Stiglitz, in Europa troppi tagli peggiorano situazione
dovremmo fargli un monumento a questo Stiglitz. Uno che cosa andare controcorrente, nella patria del turbocapitalismo finanziario... chapeau.. leggete l'articolo sulla Repubblica di oggi:
"Troppi tagli in Europa peggiorano soltanto la situazione. Lo afferma Joseph Stiglitz, premio nobel per l'economia, al quotidiano tedesco 'Sueddeutsche Zeitung', criticando pesantemente la gestione della crisi da parte dei leader europei e avverte che "l'Europa ammalata sarà minacciata da una nuova recessione in poco tempo".
Stiglitz, sottolinea che nella storia a livello mondiale, non esiste un solo caso di un Paese che sia riuscito a risanare i conti attraverso tagli a salari, pensioni e welfare. Secondo l'economista, l'Eurozona avrebbe dovuto permettere il fallimento della Grecia perché la bancarotta, anche di Stati, fa parte del capitalismo moderno. E' stato proprio il tentativo di evitare il default greco, secondo Stiglitz, che ha fatto diventare il tutto un grosso problema per l'Europa".
http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?code=640&dt=2012-04-12&src=TLB
L'austerity per il premio Nobel è quindi la via sbagliata, e lancia un appello ai Governi europei perché aumentino la spesa pubblica invece di tagliarla. Sarebbe necessario, sottolinea ancora Steglitz, introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e permettere alla Bei di aumentare i prestiti alle Pmi.
"Troppi tagli in Europa peggiorano soltanto la situazione. Lo afferma Joseph Stiglitz, premio nobel per l'economia, al quotidiano tedesco 'Sueddeutsche Zeitung', criticando pesantemente la gestione della crisi da parte dei leader europei e avverte che "l'Europa ammalata sarà minacciata da una nuova recessione in poco tempo".
Stiglitz, sottolinea che nella storia a livello mondiale, non esiste un solo caso di un Paese che sia riuscito a risanare i conti attraverso tagli a salari, pensioni e welfare. Secondo l'economista, l'Eurozona avrebbe dovuto permettere il fallimento della Grecia perché la bancarotta, anche di Stati, fa parte del capitalismo moderno. E' stato proprio il tentativo di evitare il default greco, secondo Stiglitz, che ha fatto diventare il tutto un grosso problema per l'Europa".
http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?code=640&dt=2012-04-12&src=TLB
L'austerity per il premio Nobel è quindi la via sbagliata, e lancia un appello ai Governi europei perché aumentino la spesa pubblica invece di tagliarla. Sarebbe necessario, sottolinea ancora Steglitz, introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e permettere alla Bei di aumentare i prestiti alle Pmi.
mercoledì 11 aprile 2012
Morre Raymond Aubrac, símbolo da resistência francesa ao nazismo
http://oglobo.globo.com/mundo/morre-raymond-aubrac-simbolo-da-resistencia-francesa-ao-nazismo-4613543
PARIS — Raymond Aubrac, uma das principais figuras da resistência francesa contra a ocupação nazista, morreu na noite de terça-feira, aos 97 anos, em Paris. Ele era um dos últimos ativistas que lutaram contra a ocupação nazista na França ainda vivos.
Segundo a família, Aubrac morreu no hospital militar Val-de-Grace. Ele estava hospitalizado há alguns dias por fadiga.
Nascido Raymond Samuel, Aubrac contribuiu para a criação da Liberação do Sul, um dos primeiros grupos de resistência contra a ocupação nazista na França. Junto com sua mulher, Lucie, morta em 2007, o engenheiro de tendência esquerdista trabalhou para a resistência nacional, após ver seus planos de estudar nos Estados Unidos interrompidos pela Segunda Guerra Mundial. Seus pais morreram em Auschwitz durante a guerra.
Em 1943, foi preso junto com Jean Moulin, outro símbolo da resistência francesa, que morreu após ser torturado. Aubrac escapou graças a uma ação orquestrada por Lucie. Após o episódio, o casal se refugiou em Londres e depois na Argélia.
Raymond Aubrac ocupou diversos cargos públicos depois da guerra e dirigiu a Organização das Nações Unidas para Agricultura e Alimentação (FAO) entre 1964 e 1975.
Ativo até o final de sua vida, Aubrac pediu aos eleitores francesas para a candidatura do socialista Fronçois Hollande, que disputa neste mês e no próximo a liderança do Palácio do Eliseu.
French Resistance legend Aubrac dies at 97http://news.yahoo.com/french-resistance-hero-aubrac-dies-97-110325976.html
One of the last surviving senior French Resistance leaders, Raymond Aubrac, whose pregnant wife famously led a daring commando raid to rescue him from the Nazis, has died in Paris aged 97.
Aubrac, whose parents were deported to their deaths at Auschwitz, and his wife Lucie formed the most famous couple of the French resistance and waged a fierce underground battle against the German World War II occupation.
Already involved in left-wing politics before the war, Aubrac went on to become a close friend of Vietnamese Communist leader Ho Chi Minh and acted as a messenger between the US and Vietnamese governments in the early 1970s.
President Nicolas Sarkozy paid homage to "a heroic Resistance figure" whose "escape, thanks to the bravery of his wife Lucie Aubrac, has entered into the legend of the history of the Resistance".
"These heroes of the shadows who saved France's honour at a time when it appeared lost are disappearing one after the other. It is our duty to keep their legacy alive in the heart of our collective memory," Sarkozy said.
Aubrac had urged his compatriots to vote for Sarkozy's Socialist opponent in next week's presidential election, Francois Hollande, who hailed a couple who "found within themselves... the strength to resist Nazi barbarity".
Aubrac gave his definition of resistance in 2010, during the opening of a school in his name.
"Watch what's going on, try to understand what's happening around you in society. And when you get the feeling there's an injustice, react to the injustice without being content just to notice it but try to do something."
"For me, that's resistance, that covers small gestures but also some adventures," he said.
Aubrac was born Raymond Samuel to a Jewish family on July 31, 1914 in the northeastern Haute-Saone region and studied engineering in France and the United States.
Aubrac and Lucie, who died in 2007 at the age of 94, formed one of the first underground Resistance groups -- Liberation Sud -- in the southeastern city of Lyon in 1940.
In June 1943, Aubrac was captured alongside Charles de Gaulle's Resistance chief Jean Moulin in a Gestapo raid commanded by "The Butcher of Lyon", Klaus Barbie, on a doctor's surgery in a Lyon suburb.
Aubrac was freed in October 1943 when a pregnant Lucie and a group of fighters ambushed a truck carrying 14 resistance members from Gestapo headquarters in Lyon.
The ambush became one of the most celebrated Resistance exploits of World War II and was immortalised in Claude Berri's 1997 film "Lucie Aubrac", with former Bond girl Carole Bouquet playing the heroine.
Hunted by the Gestapo, the couple escaped to de Gaulle's resistance base in London where their daughter Catherine was born in February 1944.
Returning to France after the war, Aubrac was appointed a commissioner for the new government in Marseille, where he oversaw demining and reconstruction efforts.
His relations with de Gaulle were sometimes tense because of Aubrac's Communist leanings. When Vietnam's Ho Chi Minh came to France to negotiate independence in 1946, he decided to stay in the Aubracs' home.
Aubrac later founded an institute to promote trade with Communist countries and served in a series of international roles, including as head of the UN's Rome-based Food and Agricultural Organisation (FAO) from 1964 to 1975.
In his later life, Aubrac paid frequent visits to schools to educate the younger generation about the perils of totalitarianism.
"I can't stand solitude after 67 years of married life," he said in 2010.
"So when I found myself alone, I was happy to have invitations to schools which gave me the feeling I was still a bit alive."
Aubrac died at the Val de Grace military hospital in Paris on Tuesday night, his family said. He leaves behind three children and 10 grandchildren.
PARIS — Raymond Aubrac, uma das principais figuras da resistência francesa contra a ocupação nazista, morreu na noite de terça-feira, aos 97 anos, em Paris. Ele era um dos últimos ativistas que lutaram contra a ocupação nazista na França ainda vivos.
Segundo a família, Aubrac morreu no hospital militar Val-de-Grace. Ele estava hospitalizado há alguns dias por fadiga.
Nascido Raymond Samuel, Aubrac contribuiu para a criação da Liberação do Sul, um dos primeiros grupos de resistência contra a ocupação nazista na França. Junto com sua mulher, Lucie, morta em 2007, o engenheiro de tendência esquerdista trabalhou para a resistência nacional, após ver seus planos de estudar nos Estados Unidos interrompidos pela Segunda Guerra Mundial. Seus pais morreram em Auschwitz durante a guerra.
Em 1943, foi preso junto com Jean Moulin, outro símbolo da resistência francesa, que morreu após ser torturado. Aubrac escapou graças a uma ação orquestrada por Lucie. Após o episódio, o casal se refugiou em Londres e depois na Argélia.
Raymond Aubrac ocupou diversos cargos públicos depois da guerra e dirigiu a Organização das Nações Unidas para Agricultura e Alimentação (FAO) entre 1964 e 1975.
Ativo até o final de sua vida, Aubrac pediu aos eleitores francesas para a candidatura do socialista Fronçois Hollande, que disputa neste mês e no próximo a liderança do Palácio do Eliseu.
French Resistance legend Aubrac dies at 97http://news.yahoo.com/french-resistance-hero-aubrac-dies-97-110325976.html
One of the last surviving senior French Resistance leaders, Raymond Aubrac, whose pregnant wife famously led a daring commando raid to rescue him from the Nazis, has died in Paris aged 97.
Aubrac, whose parents were deported to their deaths at Auschwitz, and his wife Lucie formed the most famous couple of the French resistance and waged a fierce underground battle against the German World War II occupation.
Already involved in left-wing politics before the war, Aubrac went on to become a close friend of Vietnamese Communist leader Ho Chi Minh and acted as a messenger between the US and Vietnamese governments in the early 1970s.
President Nicolas Sarkozy paid homage to "a heroic Resistance figure" whose "escape, thanks to the bravery of his wife Lucie Aubrac, has entered into the legend of the history of the Resistance".
"These heroes of the shadows who saved France's honour at a time when it appeared lost are disappearing one after the other. It is our duty to keep their legacy alive in the heart of our collective memory," Sarkozy said.
Aubrac had urged his compatriots to vote for Sarkozy's Socialist opponent in next week's presidential election, Francois Hollande, who hailed a couple who "found within themselves... the strength to resist Nazi barbarity".
Aubrac gave his definition of resistance in 2010, during the opening of a school in his name.
"Watch what's going on, try to understand what's happening around you in society. And when you get the feeling there's an injustice, react to the injustice without being content just to notice it but try to do something."
"For me, that's resistance, that covers small gestures but also some adventures," he said.
Aubrac was born Raymond Samuel to a Jewish family on July 31, 1914 in the northeastern Haute-Saone region and studied engineering in France and the United States.
Aubrac and Lucie, who died in 2007 at the age of 94, formed one of the first underground Resistance groups -- Liberation Sud -- in the southeastern city of Lyon in 1940.
In June 1943, Aubrac was captured alongside Charles de Gaulle's Resistance chief Jean Moulin in a Gestapo raid commanded by "The Butcher of Lyon", Klaus Barbie, on a doctor's surgery in a Lyon suburb.
Aubrac was freed in October 1943 when a pregnant Lucie and a group of fighters ambushed a truck carrying 14 resistance members from Gestapo headquarters in Lyon.
The ambush became one of the most celebrated Resistance exploits of World War II and was immortalised in Claude Berri's 1997 film "Lucie Aubrac", with former Bond girl Carole Bouquet playing the heroine.
Hunted by the Gestapo, the couple escaped to de Gaulle's resistance base in London where their daughter Catherine was born in February 1944.
Returning to France after the war, Aubrac was appointed a commissioner for the new government in Marseille, where he oversaw demining and reconstruction efforts.
His relations with de Gaulle were sometimes tense because of Aubrac's Communist leanings. When Vietnam's Ho Chi Minh came to France to negotiate independence in 1946, he decided to stay in the Aubracs' home.
Aubrac later founded an institute to promote trade with Communist countries and served in a series of international roles, including as head of the UN's Rome-based Food and Agricultural Organisation (FAO) from 1964 to 1975.
In his later life, Aubrac paid frequent visits to schools to educate the younger generation about the perils of totalitarianism.
"I can't stand solitude after 67 years of married life," he said in 2010.
"So when I found myself alone, I was happy to have invitations to schools which gave me the feeling I was still a bit alive."
Aubrac died at the Val de Grace military hospital in Paris on Tuesday night, his family said. He leaves behind three children and 10 grandchildren.
domenica 8 aprile 2012
Triste Pasqua.... è morto Tigre, il nostro vecchio, ma sempre abile gatto...
Va donc pas pleurer
Y s'baladait peinard
Il avait pas d'collier
Il était libre d'aller
Et d'rev'nir pour bouffer
Il était même pas prisonnier
De ton amour insensé
T'aurais quand même pas
Voulu qu'y vive comme un con
Sur le canapé
Loin des gouttières des pigeons
C'était un aventurier
T'aurais pas voulu qu'on l'attache
Y t'aurais miaulé: "Mort aux vaches!"
Le petit chat est mort
Il est tombé du toit
C'est comme ça
Il a glissé sur j'sais pas quoi
Et patatras
On l'enterr'ra demain j'te jure
Dans un joli carton à chaussures
Le petit chat est mort
Et toi et moi on va couci-couça
A cause de quoi ? A cause que c'est
Chaque fois comme ça
Pourquoi c'est toujours les p'tits chats
Et jamais les hommes qui tombent des toits?
parole e musica Renaud
Y s'baladait peinard
Il avait pas d'collier
Il était libre d'aller
Et d'rev'nir pour bouffer
Il était même pas prisonnier
De ton amour insensé
T'aurais quand même pas
Voulu qu'y vive comme un con
Sur le canapé
Loin des gouttières des pigeons
C'était un aventurier
T'aurais pas voulu qu'on l'attache
Y t'aurais miaulé: "Mort aux vaches!"
Le petit chat est mort
Il est tombé du toit
C'est comme ça
Il a glissé sur j'sais pas quoi
Et patatras
On l'enterr'ra demain j'te jure
Dans un joli carton à chaussures
Le petit chat est mort
Et toi et moi on va couci-couça
A cause de quoi ? A cause que c'est
Chaque fois comme ça
Pourquoi c'est toujours les p'tits chats
Et jamais les hommes qui tombent des toits?
parole e musica Renaud
venerdì 6 aprile 2012
Lega ladrona: Bossi è il tuo Leader
Ci ricorderemo di questo giovedi 5 aprile 2012 per le dimissioni del vecchio Bossi. Ovviamente non ha saputo resistere alla tentazione di scaricare la colpa sui magistrati, ma poi ha dovuto accettare il principio del chi sbaglia paga. Quindi exit Bossi e, speriamo, exit quell’inutile replica casalinga del Trota.
Ma al di là delle ruberie, degne di uno Scaloja qualsiasi, questo momento ci consente di fermarci a chiederci cosa sia stato questo ventennio di Lega nel nostro Nord italiano. Arrivati dal nulla lasciato dai precedenti partiti di massa, l’imbianchino Bossi aveva avuto l’intuizione giusta e cioè che per rispondere a quelle pulsioni basse che agitano tutti i popoli usciti di recente dalla povertà e che cominciano ad assaporare il gusto della ricchezza, una ricchezza ancora fragile, a rischio di esser perduta a causa dei mille “pericoli” esterni, bisognava dare delle risposte semplici, inventandosi una storia, magari improbabile, ma che parlasse alle trippe della gente e non alla testa. Fare un partito, movimento o altro che cercasse di tirare verso l’alto era un passaggio troppo complicato per uno che aveva avuto sempre rapporti complicati con la lingua e la letteratura italiana; più facile fare l’opposto, un Partito che tirasse verso il basso. E così, copiando quello che i veneti avevano già fatto a casa loro, creò la Lega.
Ci fu anche un epoca in cui provarono a metterci un po’ di intellettualità, col vecchio Professor Miglio riciclato da questa armata Brancaleone, giusto il tempo necessario per capire che il pubblico servente della Lega non arrivava a capire e quindi a seguire le elucubrazioni del Professore, che venne quindi buttato via come carta straccia. Meglio i Borghezio, lo “Sceriffo” Gentilini di Treviso, Speroni e Calderoli… gente dallo slogan facile, sparare ai leprotti, tagliare le panchine per impedire che gli immigrati si siedano per riposarsi, insomma un po’ di sano razzismo per scaricare su qualcun altro colpe di una crisi che era, ed è, morale, economica ed ecologica. Ramificazioni locali di qualcosa di troppo grande perché la dirigenza leghista riuscisse a capirla, l’unica formula era quella di sempre: un nemico (o più nemici) su cui scaricare le colpe, in modo da ricreare il solito mondo del Noi e Voi. I peccatori da un lato e gli onesti cittadini dall’altro. Stesse categorie usate poi dal Cavaliere, Noi (gli operosi imprenditori) e Voi (i Comunisti). Aveva fatto scuola l’imbianchino di Gemonio, anche se dietro di se restavano gli stessi problemi di prima, malgrado fossero al potere un po’ dappertutto. Due decenni di occupazione sistematica di tutte le poltrone possibili e immaginabili hanno dato alla Lega la stessa cultura “ladrona” di quel mondo che, a parole, voleva combattere. I vizi hanno riempito più facilmente la forma mentis che le virtù. Vuotare le casse è sempre più facile che riempirle, perché questo significa avere idee, capire i fenomeni, interpretarli e trovare risposte adatte. Ma essendo la società attuale troppo complicata da capire per chi ragiona ancora col Dio Po e cazzate del genere era inevitabile che a un certo punto qualcosa succedesse. La speranza era che fosse la gente comune, quelli che li hanno votati, che si risvegliasse e li mandasse a cagare; ma forse era troppo chiedere questo in un paese dove oramai il controllo mediatico è tale per cui la gente comune, gli ordinary people non hanno altre forme per informarsi che i giornali e telegiornali di regime. Quindi se il risveglio esterno non arrivava, ecco arrivare l’implosione interna. Provocata ovviamente da quella assenza totale di contropoteri tipica dei regimi (e partiti) con tendenze dittatoriali. L’ascesa imposta del figlio Trota è stato l’indicatore chiaro che oramai il vecchio Leader non ci azzeccava più: noi del Nord possiamo ingoiare tante cose, ma di fondo resta l’idea che ci si fa da soli, e non perché papà ti raccomanda. Nel momento in cui il Trota è apparso sulla scena (cioè da quando le tribolazioni per fargli avere un diploma di scuola superiore sono diventate pubbliche), si è capito che per Bossi era oramai una questione di tempo, in attesa della buccia di banana che, prima o poi, sarebbe apparsa per farlo scivolare.
Poco importa che siano queste ruberie da poveracci, roba da Mastella o giù di lì, qui conta quello che si vede dietro l’albero della cartellina “The Family”, e cioè il nulla. Non avevano nulla da dire, hanno occupato lo spazio politico per vent’anni per farsi gli affari loro, non hanno risolto uno solo, dico uno, dei problemi del nord, penso per esempio alle infrastrutture tipo la Pedemontana, hanno contribuito ad aprire la porta (almeno per omissione) alle varie mafie del sud … insomma speriamo che adesso cali il sipario, ma soprattutto che qualcosa di nuovo, diverso, parta dalla gente comune, dalle organizzazioni sociali, movimenti locali… Se il tutto si limitasse a cacciare Bossi per avere Maroni al suo posto ricordiamoci che sarebbe solo un cambio generazionale ed estetico, ma Maroni non porta nulla di nuovo. Spazzarli via è cosa buona e giusta, ma non sufficiente. Ripeto che dobbiamo rimboccarci le maniche, altrimenti continueremo con la stessa solfa, ancora e ancora.
Ma al di là delle ruberie, degne di uno Scaloja qualsiasi, questo momento ci consente di fermarci a chiederci cosa sia stato questo ventennio di Lega nel nostro Nord italiano. Arrivati dal nulla lasciato dai precedenti partiti di massa, l’imbianchino Bossi aveva avuto l’intuizione giusta e cioè che per rispondere a quelle pulsioni basse che agitano tutti i popoli usciti di recente dalla povertà e che cominciano ad assaporare il gusto della ricchezza, una ricchezza ancora fragile, a rischio di esser perduta a causa dei mille “pericoli” esterni, bisognava dare delle risposte semplici, inventandosi una storia, magari improbabile, ma che parlasse alle trippe della gente e non alla testa. Fare un partito, movimento o altro che cercasse di tirare verso l’alto era un passaggio troppo complicato per uno che aveva avuto sempre rapporti complicati con la lingua e la letteratura italiana; più facile fare l’opposto, un Partito che tirasse verso il basso. E così, copiando quello che i veneti avevano già fatto a casa loro, creò la Lega.
Ci fu anche un epoca in cui provarono a metterci un po’ di intellettualità, col vecchio Professor Miglio riciclato da questa armata Brancaleone, giusto il tempo necessario per capire che il pubblico servente della Lega non arrivava a capire e quindi a seguire le elucubrazioni del Professore, che venne quindi buttato via come carta straccia. Meglio i Borghezio, lo “Sceriffo” Gentilini di Treviso, Speroni e Calderoli… gente dallo slogan facile, sparare ai leprotti, tagliare le panchine per impedire che gli immigrati si siedano per riposarsi, insomma un po’ di sano razzismo per scaricare su qualcun altro colpe di una crisi che era, ed è, morale, economica ed ecologica. Ramificazioni locali di qualcosa di troppo grande perché la dirigenza leghista riuscisse a capirla, l’unica formula era quella di sempre: un nemico (o più nemici) su cui scaricare le colpe, in modo da ricreare il solito mondo del Noi e Voi. I peccatori da un lato e gli onesti cittadini dall’altro. Stesse categorie usate poi dal Cavaliere, Noi (gli operosi imprenditori) e Voi (i Comunisti). Aveva fatto scuola l’imbianchino di Gemonio, anche se dietro di se restavano gli stessi problemi di prima, malgrado fossero al potere un po’ dappertutto. Due decenni di occupazione sistematica di tutte le poltrone possibili e immaginabili hanno dato alla Lega la stessa cultura “ladrona” di quel mondo che, a parole, voleva combattere. I vizi hanno riempito più facilmente la forma mentis che le virtù. Vuotare le casse è sempre più facile che riempirle, perché questo significa avere idee, capire i fenomeni, interpretarli e trovare risposte adatte. Ma essendo la società attuale troppo complicata da capire per chi ragiona ancora col Dio Po e cazzate del genere era inevitabile che a un certo punto qualcosa succedesse. La speranza era che fosse la gente comune, quelli che li hanno votati, che si risvegliasse e li mandasse a cagare; ma forse era troppo chiedere questo in un paese dove oramai il controllo mediatico è tale per cui la gente comune, gli ordinary people non hanno altre forme per informarsi che i giornali e telegiornali di regime. Quindi se il risveglio esterno non arrivava, ecco arrivare l’implosione interna. Provocata ovviamente da quella assenza totale di contropoteri tipica dei regimi (e partiti) con tendenze dittatoriali. L’ascesa imposta del figlio Trota è stato l’indicatore chiaro che oramai il vecchio Leader non ci azzeccava più: noi del Nord possiamo ingoiare tante cose, ma di fondo resta l’idea che ci si fa da soli, e non perché papà ti raccomanda. Nel momento in cui il Trota è apparso sulla scena (cioè da quando le tribolazioni per fargli avere un diploma di scuola superiore sono diventate pubbliche), si è capito che per Bossi era oramai una questione di tempo, in attesa della buccia di banana che, prima o poi, sarebbe apparsa per farlo scivolare.
Poco importa che siano queste ruberie da poveracci, roba da Mastella o giù di lì, qui conta quello che si vede dietro l’albero della cartellina “The Family”, e cioè il nulla. Non avevano nulla da dire, hanno occupato lo spazio politico per vent’anni per farsi gli affari loro, non hanno risolto uno solo, dico uno, dei problemi del nord, penso per esempio alle infrastrutture tipo la Pedemontana, hanno contribuito ad aprire la porta (almeno per omissione) alle varie mafie del sud … insomma speriamo che adesso cali il sipario, ma soprattutto che qualcosa di nuovo, diverso, parta dalla gente comune, dalle organizzazioni sociali, movimenti locali… Se il tutto si limitasse a cacciare Bossi per avere Maroni al suo posto ricordiamoci che sarebbe solo un cambio generazionale ed estetico, ma Maroni non porta nulla di nuovo. Spazzarli via è cosa buona e giusta, ma non sufficiente. Ripeto che dobbiamo rimboccarci le maniche, altrimenti continueremo con la stessa solfa, ancora e ancora.
mercoledì 4 aprile 2012
The proof that something can be done to control mining companies
Australian Government imposes mining tax but court battles lay ahead
Source: The Information Daily - formerly eGov Monitor
Published Thursday, March 29, 2012 - 21:19
http://www.egovmonitor.com/node/48563
In what is seen as a major victory for prime minister Julia Gillard's minority government, Australia's parliament approved controversial legislation imposing 30% tax on iron ore and coal mine profits.
The Mineral Resources Rent Tax (MRRT) Bill 2011, will come into force on July 1 2012 and affect about 30 companies including global mining companies BHP Billiton and Rio Tinto.
The tax is expected to raise about A$10.6 billion in its first three years and aims to spread the revenue earned from the country's mining industry to other less bullish sectors of the economy, fund a cut in the company tax rate, put higher payments into pensions funds and add to the infrastructure budgdet.
Treasurer Wayne Swan called it an “historic day for economic reform, and an historic day for a fair go in Australia”.
The Association of Mining and Exploration Companies, however, has condemned the tax. Mining giant Fortescue plans to seek legal advice on a constitutional challenge to the new tax. WA Premier Colin Barnett said his Liberal-National government would join the Fortescue action if it went ahead.
Source: The Information Daily - formerly eGov Monitor
Published Thursday, March 29, 2012 - 21:19
http://www.egovmonitor.com/node/48563
In what is seen as a major victory for prime minister Julia Gillard's minority government, Australia's parliament approved controversial legislation imposing 30% tax on iron ore and coal mine profits.
The Mineral Resources Rent Tax (MRRT) Bill 2011, will come into force on July 1 2012 and affect about 30 companies including global mining companies BHP Billiton and Rio Tinto.
The tax is expected to raise about A$10.6 billion in its first three years and aims to spread the revenue earned from the country's mining industry to other less bullish sectors of the economy, fund a cut in the company tax rate, put higher payments into pensions funds and add to the infrastructure budgdet.
Treasurer Wayne Swan called it an “historic day for economic reform, and an historic day for a fair go in Australia”.
The Association of Mining and Exploration Companies, however, has condemned the tax. Mining giant Fortescue plans to seek legal advice on a constitutional challenge to the new tax. WA Premier Colin Barnett said his Liberal-National government would join the Fortescue action if it went ahead.
domenica 1 aprile 2012
Xuor Platinum: Terrina di cinghiale
attenzione che la cottura è a bagnomaria al forno, diversa dalle ricette che si trovano su internet.
Carne di cinghiale
Pancetta
Bocconcini di maiale
Tritare il tutto (la carne deve essere fresca), mettere in una ciotola, aggiungere un uovo, 4 scalogni tagliati fini, due cucchiai di timo, 3 cl. di cognac, 10 cl. di vino bianco. Mescolare tutto. A scelta si può aggiungere: quattro fichi secchi e cinque prugne secche, tagliati a dadetti. Due foglie di alloro (più che altro per la decorazione).
Far cuocere a bagnomaria in una terrina (con coperchio) al forno per due ore e mezza.
Lasciare almeno due giorni in frigo prima di consumare.
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