Ci ricorderemo di questo giovedi 5 aprile 2012 per le dimissioni del vecchio Bossi. Ovviamente non ha saputo resistere alla tentazione di scaricare la colpa sui magistrati, ma poi ha dovuto accettare il principio del chi sbaglia paga. Quindi exit Bossi e, speriamo, exit quell’inutile replica casalinga del Trota.
Ma al di là delle ruberie, degne di uno Scaloja qualsiasi, questo momento ci consente di fermarci a chiederci cosa sia stato questo ventennio di Lega nel nostro Nord italiano. Arrivati dal nulla lasciato dai precedenti partiti di massa, l’imbianchino Bossi aveva avuto l’intuizione giusta e cioè che per rispondere a quelle pulsioni basse che agitano tutti i popoli usciti di recente dalla povertà e che cominciano ad assaporare il gusto della ricchezza, una ricchezza ancora fragile, a rischio di esser perduta a causa dei mille “pericoli” esterni, bisognava dare delle risposte semplici, inventandosi una storia, magari improbabile, ma che parlasse alle trippe della gente e non alla testa. Fare un partito, movimento o altro che cercasse di tirare verso l’alto era un passaggio troppo complicato per uno che aveva avuto sempre rapporti complicati con la lingua e la letteratura italiana; più facile fare l’opposto, un Partito che tirasse verso il basso. E così, copiando quello che i veneti avevano già fatto a casa loro, creò la Lega.
Ci fu anche un epoca in cui provarono a metterci un po’ di intellettualità, col vecchio Professor Miglio riciclato da questa armata Brancaleone, giusto il tempo necessario per capire che il pubblico servente della Lega non arrivava a capire e quindi a seguire le elucubrazioni del Professore, che venne quindi buttato via come carta straccia. Meglio i Borghezio, lo “Sceriffo” Gentilini di Treviso, Speroni e Calderoli… gente dallo slogan facile, sparare ai leprotti, tagliare le panchine per impedire che gli immigrati si siedano per riposarsi, insomma un po’ di sano razzismo per scaricare su qualcun altro colpe di una crisi che era, ed è, morale, economica ed ecologica. Ramificazioni locali di qualcosa di troppo grande perché la dirigenza leghista riuscisse a capirla, l’unica formula era quella di sempre: un nemico (o più nemici) su cui scaricare le colpe, in modo da ricreare il solito mondo del Noi e Voi. I peccatori da un lato e gli onesti cittadini dall’altro. Stesse categorie usate poi dal Cavaliere, Noi (gli operosi imprenditori) e Voi (i Comunisti). Aveva fatto scuola l’imbianchino di Gemonio, anche se dietro di se restavano gli stessi problemi di prima, malgrado fossero al potere un po’ dappertutto. Due decenni di occupazione sistematica di tutte le poltrone possibili e immaginabili hanno dato alla Lega la stessa cultura “ladrona” di quel mondo che, a parole, voleva combattere. I vizi hanno riempito più facilmente la forma mentis che le virtù. Vuotare le casse è sempre più facile che riempirle, perché questo significa avere idee, capire i fenomeni, interpretarli e trovare risposte adatte. Ma essendo la società attuale troppo complicata da capire per chi ragiona ancora col Dio Po e cazzate del genere era inevitabile che a un certo punto qualcosa succedesse. La speranza era che fosse la gente comune, quelli che li hanno votati, che si risvegliasse e li mandasse a cagare; ma forse era troppo chiedere questo in un paese dove oramai il controllo mediatico è tale per cui la gente comune, gli ordinary people non hanno altre forme per informarsi che i giornali e telegiornali di regime. Quindi se il risveglio esterno non arrivava, ecco arrivare l’implosione interna. Provocata ovviamente da quella assenza totale di contropoteri tipica dei regimi (e partiti) con tendenze dittatoriali. L’ascesa imposta del figlio Trota è stato l’indicatore chiaro che oramai il vecchio Leader non ci azzeccava più: noi del Nord possiamo ingoiare tante cose, ma di fondo resta l’idea che ci si fa da soli, e non perché papà ti raccomanda. Nel momento in cui il Trota è apparso sulla scena (cioè da quando le tribolazioni per fargli avere un diploma di scuola superiore sono diventate pubbliche), si è capito che per Bossi era oramai una questione di tempo, in attesa della buccia di banana che, prima o poi, sarebbe apparsa per farlo scivolare.
Poco importa che siano queste ruberie da poveracci, roba da Mastella o giù di lì, qui conta quello che si vede dietro l’albero della cartellina “The Family”, e cioè il nulla. Non avevano nulla da dire, hanno occupato lo spazio politico per vent’anni per farsi gli affari loro, non hanno risolto uno solo, dico uno, dei problemi del nord, penso per esempio alle infrastrutture tipo la Pedemontana, hanno contribuito ad aprire la porta (almeno per omissione) alle varie mafie del sud … insomma speriamo che adesso cali il sipario, ma soprattutto che qualcosa di nuovo, diverso, parta dalla gente comune, dalle organizzazioni sociali, movimenti locali… Se il tutto si limitasse a cacciare Bossi per avere Maroni al suo posto ricordiamoci che sarebbe solo un cambio generazionale ed estetico, ma Maroni non porta nulla di nuovo. Spazzarli via è cosa buona e giusta, ma non sufficiente. Ripeto che dobbiamo rimboccarci le maniche, altrimenti continueremo con la stessa solfa, ancora e ancora.
venerdì 6 aprile 2012
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