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martedì 22 febbraio 2022

Putin bocciato all’esame di Storia contemporanea


 Difficile capire cosa passasse per la mente di Putin mentre leggeva sul gobbo l’interminabile discorso di ieri sera. La sua personale ricostruzione della storia sovietica e dell’Ucraina sembrava preparata su un Bignami mal fatto e letto peggio. Tutta colpa di Lenin, prima, che ha creato l’Unione Sovietica nel 1922, e poi di Stalin che ha cambiato ma senza cambiare le basi di Lenin. Detto da uno nato, cresciuto e che ha fatto carriera dentro quella forma mentis, siamo rimasti stupiti: Putin campione dell’anticomunismo? Allora vedi che l’influenza di Berlusconi è stata sottovalutata. Gli avrà regalato Il libro nero del comunismo e con quello gli ha indicato la strada per andare a Canossa. Ci ha messo del tempo, ma ieri sera ha esternato chiaramente che il vero combattente del comunismo è lui, Vladimir Poutine. 

 

Continuando nella sua ricostruzione storica, abbiamo imparato che l’Ucraina non esiste, è una invenzione storica (di quel bastardo di Lenin) e che quel territorio lì ha sempre fatto parte della cultura russa. Punto e basta, anzi no. Gli ucraini, cattivi peggio del diavolo, hanno compiuto genocidi, sono un popolo di corrotti, guidati da oligarchi … a questo punto ci siamo chiesti se non avesse confuso la Russia con l’Ucraina. E invece no, i cattivi sono loro, che hanno depredato la cultura russa, hanno rubato l’energia russa, insomma è un paese che non esiste e adesso, usando lo slogan del ex-Cavaliere: Ghe pensi mi!

 

Siccome i cattivi non sono solo loro, il buon Vladimiro ha elencato anche tutti gli altri paesi ex-membri dell’URSS, in particolare i paesi baltici, tutti irriconoscenti dei benefici che avevano a quel tempo. 

 

Facciamo una pausa. Tutto sto casino è nato a causa della dichiarata volontà dell’Ucraina di voler entrare nella Nato, tanto da aver scolpito questo principio anche nella nuova Costituzione. Su questo Vladimiro ha ragione da vendere, nella Real-Politik mondiale, soprattutto quando ha ricordato che l’accordo, verbale, del 1990 era, da parte americana, di non voler spingere la Nato dentro i nuovi paesi indipendenti emersi dalle ceneri dell’URSS. Promessa mai mantenuta, e questo va detto e ricordato. Quindi quando Vladimiro dice di non potersi fidare, una parte di ragione ce l’ha, che ci piaccia o meno.

 

Ha anche ragione quando ripete che negli accordi di Minsk era scritto che il governo Ucraino avrebbe dovuto dare una larga indipendenza alle regioni russofone dell’Est, un po’ come la Catalogna in Spagna o le regioni a statuto speciale nostre. Anche su questo non si è fatto nulla. Quindi, 2 a zero.

 

Certo poi che Vladimiro ha dimenticato di ricordare che lui, in barba a tutti i trattati internazionali, è andato a riprendersi in maniera illegale la Crimea e poi ha fomentato le rivolte nelle regioni dell’Est. Saremmo quindi sul 2 a 2. Palla al centro.

 

A questo punto, la logica voleva che le negoziazioni operassero per trovare un modo che piaccia a tutti per dire che l’Ucraina può scordarsi la Nato, indipendentemente da quello che vogliono gli ucraini, perché il principio che difende Vladimiro (no missili Nato davanti casa mia) è lo stesso che difendono da 100 anni gli americani (la crisi dei missili di Cuba insegna).

 

Sembrava cosa fatta, onestamente. Vladimiro portava a casa le sue truppe, potendo dire di aver vinto il braccio di ferro, e gli occidentali potevano affermare di aver calmato le acque (e mantenuto aperto il gas per scaldare i tedeschi che, ricordiamolo, giocano più da soli che col resto dell’Europa).

 

L’interesse occidentale, ed europeo in particolare, al di là del gas, è legato, per quelle persone capaci di guardare oltre il proprio naso, al fatto che, volente o nolente, il popolo russo fa parte della cultura europea, quindi non abbiamo nessun interesse a rompere i ponti e a spingerlo ad abbracciare il cinese, che se lo mangerebbe in un boccone, salvando le apparenze, ma facendone un vassallo nello schieramento contro l’America. Ricordiamo ancora che Ici Git Ping (Qui Giace Ping) ha un disegno pubblico ripetuto mille volte: fare della Cina la prima potenza mondiale e questo prima del 2049, l’anniversario della sua creazione. Questo vuol dire imporsi economicamente ma anche riprendersi Taiwan (e anche il controllo del mare della Cina meridionale). Insomma, se giochiamo male la partita con Vladimiro, vale il detto che tra i due litiganti… il terzo (Cina) gode.

 

Questo principio basico non sembra essere chiaro a molti, e spiace che l’unica che continui a ripeterlo, sia l’impresentabile Marine Le Pen in Francia.

 

Allora, ritorniamo a noi. Vladimiro ieri sera sembrava particolarmente incazzato, come se nelle conversazioni private qualcuno gli abbia fatto saltare la mosca al naso. Ci potrebbe essere un’altra ipotesi che spieghi lo stralunato discorso e la decisione finale, e cioè che Vladimiro soffra di un male incurabile e che ne abbia per pochi mesi. A quel punto tanto varrebbe buttare tutto per aria e vada come vada. Ma siccome non abbiamo segnali in quella direzione, viene da pensare che qualcosa sia successo nelle trattative private, e cioè che nessuno, a Ovest, abbia preso l’impegno di spiegare a Zelenskyj (da non confondere con Zielinski, bravo giocatore del Napoli, polacco), presidente ucraino, che la storia della Nato se la può mettere in saccoccia. Qualche giorno fa il cancelliere tedesco aveva detto pubblicamente che l’entrata dell’Ucraina nella Nato “non era all’ordine del giorno”, ma logicamente Vladimiro non poteva accontentarsi di parole ma voleva un impegno scritto. Penso che sia su questo che tutto si è bloccato, perché nessuno, a Ovest, ha voluto essere sputtanato in pubblico da Vladimiro che, ovviamente, avrebbe mostrato il patto scritto e firmato a tutto il mondo. Il povero Sleepy Joe per primo, dopo aver tanto detto che avrebbe difeso l’integrità territoriale ucraina, si era messo in una strada senza uscita. Se avesse ricordato, soprattutto ai suoi cittadini, che anche loro hanno fatto la stessa cosa con Cuba, magari restava uno spazio di negoziazione, ma così è probabile che il dialogo si sia rotto su questo principio: uno (Vladimiro) voleva l’impegno scritto e firmato, e gli altri (l’Ovest) non volevano spingersi fino a questo.

 

A Vladimiro gli sono girati i cosiddetti, e quindi ha mandato tutti a cagare dichiarando che riconosce queste repubblichette bananiere e mandando i carri armati (sembra siano già entrati) in missione di Peace-Keeping (vietato ridere!).

 

Siamo quindi incartati. L’Ovest deve reagire, con quelle sanzioni tanto promesse ma che stentano ad essere accordate, tanto gli interessi sono divergenti. E’ probabile che i tedeschi metteranno il veto a sanzioni troppo dure che includano il NorthStream2 (sempre per la storia del gas che serve a scaldare casa loro), e che l’idea di escludere i russi dal sistema di pagamenti e garanzie interbancarie SWIFT non possa essere messo in pratica, stante il rischio di un autogol finanziario di dimensioni colossali. Quindi, qualcosa va fatto, per mostrare che l’occidente sostiene nei fatti quanto ha detto a parole, ma nello stesso tempo non devono essere troppo forti per non rompere il tenue filo con Vladimiro. Da parte sua Zelenskyj sarà invitato a non fare troppo la voce grossa rispetto alle regioni dell’Est e soprattutto non mandare altre truppe, altrimenti la polveriera rischia di saltare per aria. Zelenskyj sembra aver capito il messaggio, tanto che il suo discorso pubblico, in risposta a Vladimiro, è stato ritardato di ore, sicuramente per metterlo a punto con gli alleati occidentali.

 

Cosa può succedere ora? Noi occidentali abbiamo un problema in più rispetto a Vladimiro: l’opinione pubblica! Se le sanzioni sono “percepite” come troppo morbide dal nostro pubblico, i governi occidentali (pensiamo all’elezione presidenziale francese fra meno di due mesi e alla necessità della nuova coalizione al potere in Germania di consolidare le sue basi politiche) rischiano grosso. La guerra della (dis)informazione è quindi altrettanto importante dell’altra. I nostri governi devono mantenere l’appoggio dell’opinione pubblica, un problema che non esiste per Vladimiro dato che comanda lui e basta. In più noi europei abbiamo il problema Orban, chiaramente filo-russo, per cui qualsiasi decisione europea che dovesse essere presa all’unanimità, rischia di non passare.

 

Complichiamo ancora un po’ una faccenda già complessa: se non riusciamo a calmare Vladimiro, questi può sempre mettere il fuoco nei Balcani vicini casa nostra, data la crescente insofferenza della minoranza serba all’interno della Bosnia, con segnali inquietanti di armamento e di decisioni politiche unilaterali che vanno nella direzione di dichiarare l’indipendenza. Profittando della confusione, anche la minoranza croata sta iniziando a fare lo stesso, per cui il rischio che riparta una guerra nella ex-Jugoslavia, è quanto mai alto. Vladimiro ha in mano (parzialmente) la carta serba, potendo giocare sul nazionalismo filo-russo dei serbi; ma non ha in mano la carta economica, data la dipendenza crescente della Serbia da Ici Git Ping. Quindi anche questo scenario non dipende solo da Est ed Ovest, ma si gioca a tre (ripeto: le volontà dei popoli locali, strumentalizzate o meno, contano come il due di spade con briscola bastoni – principio base della RealPolitik).

 

Vladimiro potrebbe anche ricordare che l’enclave di Kalinigrad è roba sua, e che potrebbe mettere anche lui ancora più missili di quanti ce ne siano già (poco più di 700 Km in linea d’aria per arrivare a Berlino, cioè dietro l’angolo, vedi: https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/05/24/piano-militare-usa-contrastare-kaliningrad-enclave-russa-preoccupa-la-nato/). La Nato è già abbastanza preoccupata con questo avamposto, e probabilmente Vladimiro non ha nemmeno bisogno di ricordarlo. Potrebbe ricordare anche la buona amicizia che lo lega a Cuba, Nicaragua e Venezuela, per chi avesse orecchie per intendere.

 

Il punto è che adesso si è andati un po’ troppo lontani. Vladimiro non può tornare indietro su una decisione presa davanti a tutto il mondo, e l’occidente non può accettare il principio dell’annessione di territori altrui senza ribattere. 

 

L’impressione mia è che i due contendenti (ricordando il gatto cinese che sorride sotti i baffi), si siano infilati in un cul-de-sac, dal quale sarà molto ma molto difficile uscire. Nessuno vuole la guerra, nessuno ha interesse alla guerra, ma oramai basta un cerino perché scoppi tutto.

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